“143”, perché l’ultimo album di Katy Perry non funziona?

“143”, perché l’ultimo album di Katy Perry non funziona?

Nel momento in cui scrivo, 143, ultima fatica discografica di Katy Perry, non ha ancora fatto la sua comparsa nelle classifiche, ma le previsioni del debutto sono tutt’altro che rosee.

Diciamocelo però, un po’ lo sapevamo: o Katy tirava fuori l’album del millennio, capace di risollevarle la carriera, oppure il destino del disco era già segnato ancora prima della sua pubblicazione. Colpa, purtroppo, dei due precedenti album, Witness (2017) e Smile (2020), non esattamente campioni di vendite, che hanno appannato l’aura di invincibilità di cui la Perry si era circondata nei primi anni ’10, ai tempi di Teenage Dream (2010) e Prism (2013). Due album fortissimi, che le hanno fatto guadagnare record su record. Basti ricordare che grazie ai singoli estratti da Teenage Dream, Katy Perry è stata l’unica artista – al pari di Michael Jackson – ad aver piazzato 5 canzoni dello stesso album al vertice della classifica americana. E poi sono arrivati, Roar e Dark Horses, estratti da Prism, entrambi certificati diamante negli USA.

Insomma, fino a una decina di anni fa Katy Perry sembrava l’incarnazione terrena del pop, l’artista capace di mettere d’accordo tutti. Se Madonna iniziava a perdere appeal sul pubblico più giovane, Britney e Christina erano in una fase calante della carriera, Lady Gaga destabilizzava con i look eccessivi e le scelte musicali non sempre digeribilissime (vedi alla voce Artpop), Katy era tutto ciò che al pop si poteva chiedere: canzoni super catchy e immagine rassicurante.

Poi, dicevo, è arrivato Witness, e quel magico mondo fatto di colori pastello e suoni zuccherati ha perso il suo mordente. Peggio ancora è andata a Smile, tre anni più tardi. Si potrebbe star qui ad analizzare il perché di quella débâcle, ma sarebbe un esercizio inutile. Accontentiamoci di sapere che è andata così.

Lo scorso luglio, a distanza di 4 anni, Katy torna è tornata, e ovviamente la notizia del suo comeback ha fatto tremare i muri e nutrito le aspettative. Aspettative che si sono però afflosciate come un sufflè malriuscito non appena è stato pubblicato il singolo della nuova era discografica, Woman’s World. Una canzone mediocre e facilona, che oggi troverebbe forse la sua giusta collocazione nel disco di qualche emergente. Invece è stato il brano di punta per il lancio del nuovo progetto. Catastrofe…
Troppo scontato, troppo semplice, troppo sfacciatamente ruffiano; e non è bastato neanche il messaggio femminista, davvero troppo annacquato per il mercato discografico del 2024.

La scelta di pubblicare in fretta e furia un secondo singolo (Lifetimes) e poi un terzo (I’m His, He is Mine) in poco più di un mese è stata la famosa pezza che ha fatto più danni del buco.
Troppo evidente la necessità di correre ai ripari, ma niente da fare, i due brani sono passati praticamente inosservati.

Restava da sperare che il resto fosse migliore.

Ora che l’album è uscito, possiamo tirare le somme, e capire perché poteva essere – e probabilmente sarà – un altro flop.

Molto semplicemente, 143 è un disco anonimo e superficiale. Un album che sembra essere rimasto fermo al 2013: forse per non correre rischi, Katy Perry ha scelto di riproporre le stessa ricetta che l’ha portata alla gloria. Peccato che siano passati più di 10 anni da allora, e che le cose siano cambiate un po’.
Prima di tutto, ci si augura che il pubblico che seguiva Katy anni fa sia cresciuto insieme a lei, e oggi si aspetti qualcosa di più maturo. E poi in questi anni il mondo del pop è stato rivoluzionato: solo per restare nell’universo femminile, sono arrivate creature come Billie Eilish e Taylor Swift (che nel 2013 esisteva già, ma era pressochè “confinata” al country) che ci hanno mostrato che si può essere pop e mainstream senza puntare tutto sulla semplicità. Non che loro siano state innovative in questo, ma sicuramente hanno abituato il pubblico di oggi a un ascolto diverso.

Presentato come un disco celebrativo dell’amore fin dal titolo – 143 sarebbe una forma in codice di “I love you”, sai che roba… – il settimo lavoro di Katy Perry si rivela essere una raccolta di pezzi buoni per ballare una sera, può essere la colonna sonora di un pigiama party, ma non è, oggi, quello che ci si aspetta da un nome del suo calibro.

I suoni pescano a pienissime mani dalla dance degli anni ’90 (I’m His, He’s Mine contiene anche un sample di Gypsy Woman, successo house del 1991), e questo poteva essere un buonissimo fil rouge. Ma oltre c’è ben poco di scoprire.

La sensazione è Katy Perry si sia fatta contagiare dalla sindrome di Peter Pan, e sia rimasta incagliata in una sorta di eterna giovinezza, convinta che dare ai fan un nuovo carico di canzoni-confetto sarebbe bastato ad accendere il loro entusiasmo come in passato. Ma così non è stato.

Quello che è mancato è stato prima di tutto la voglia di cambiare, evolversi, far vedere di essere altro rispetto a quello che tutti già conoscevano; e poi è mancato il coraggio di alzare la famosa asticella.

Intendiamoci, non tutto quello che è in 143 è da cestinare: Crush per esempio è un buon pezzo, ed è uno dei pochi che si fanno ricordare (anche qui c’è stata una ripresa dal passato, da My Heart Goes Boom). Così come non sono male Nirvana e Wonder. Ma tre pezzi passabili non sono abbastanza a fare un buon disco.

Infine, una considerazione a margine: tra le critiche mosse all’album vi sono state anche quelle di chi ha biasimato la scelta della Perry di lavorare con Dr. Luke, figura assai controversa nel musicbiz per via della vicenda processuale che lo ha visto coinvolto dopo le accuse mosse da Kesha.
Senza entrare nel merito della questione, sono abbastanza sicuro che il tallone d’Achille del disco abbia ben poco a che spartire con la condotta morale di Dr.Luke.

143 è un disco mediocre, punto e basta.

Non hai il biglietto per il concerto di Taylor Swift? Scopri come poterlo vincere!

Non hai il biglietto per il concerto di Taylor Swift? Scopri come poterlo vincere!

Il 13 e il 14 luglio Taylor Swift porterà in Italia il suo The Eras Tour con due date evento allo Stadio San Siro di Milano andate completamente sold out nel giro di poche ore dalla messa in vendita dei biglietti.

Per l’occasione, Universal ha deciso di dare l’opportunità ad alcuni fortunatissimi fan accaparrarsi un posto per assistere allo show.

Come fare?

Con ogni acquisto dell’album The Tortured Poets Department in formato fisico su shop.universalmusic.it entro le ore 23:59:59 del 4 luglio 2024 si ha la possibilità di vincere vincere 2 biglietti per la data di domenica 14 luglio.

Un’ultima, unica possibilità per i fan italiani che non sono riusciti a prendere in tempo il biglietto per lo show.

Per l’occasione, sullo store online di Universal Music Italia The Tortured Poets Department è disponibile nel formato CD con 3 esclusive cover inedite, ciascuna con una bonus track acustica diversa tra Down Bad (Acoustic Version), Guilty as Sin? (Acoustic Version) e Daddy I Love Him (Acoustic Version).

Inoltre, oltre al formato che contiene la traccia bonus The Manuscript, tornano acquistabili anche le versioni alternative del progetto discografico a cui, per ciascuna cover, è abbinata una bonus track diversa: The Bolter, The Albatross e The Black Dog.

 

Taylor Swift: a una settimana dall’arrivo del nuovo album, di nuovo disponibili in pre-order le edizioni limitate

Taylor Swift: a una settimana dall’arrivo del nuovo album, di nuovo disponibili in pre-order le edizioni limitate

Il prossimo 19 aprile sarà finalmente disponibile The Tortured Poets Department, l’attesissimo nuovo album di Taylor Swift.

A quasi una settimana dall’uscita dell’undicesimo album della popstar americana, è ancora possibile per una manciata di ore acquistare in preorder sullo shop di Universal, oltre ai 4 format LP, LP “Phantom Clear”, CD e cassetta che contengono la traccia bonus “The Manuscript”, anche le versioni alternative del progetto discografico a cui, per ciascuna cover, è abbinata una bonus track diversa: “The Bolter”, “The Albatross” e “The Black Dog”.

A questo link è possibile preordinare l’album.

The Tortured Poets Department arriva dopo 1989 (Taylor’s Version), uscito il 27 ottobre 2023 e certificato disco d’oro in Italia.
È la quarta re-incisione della discografia di Taylor Swift, dopo Fearless, Red e Speak Now, uscito il 7 luglio 2023.

BITS-CHART: Le 30 canzoni del 2017 secondo BitsRebel

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Eccole qua, le magnifiche 30 del 2017.
Arrivati a fine anno, fare un bilancio musicale degli ultimi 365 giorni resta un gioco divertente e spietato, a cui anche stavolta non ho voluto sottrarmi nonostante qualche difficoltà. Ovviamente, si tratta di una selezione parziale e soggettiva: questa non è la classifica di vendita o degli streaming registrati o delle visualizzazioni dei video, ma semplicemente la classifica di BitsRebel, stilata con gusto e giudizio totalmente personali.
30 canzoni scelte e ordinate tra quelle pubblicate durante l’anno, tra mainstream e panorama indipendente, nella scena italiana e internazionale, tra singoli e brani rimasti nascosti all’interno degli album.
Ecco allora il 2017 secondo BitsRebel.
Stay Rebel, forever!
30. Lady Gaga, The Cure
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29. Angelo Sava, Merlo
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28. Fabri Fibra, Fenomeno
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27. Pula +, Addio a modo mio
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26. Sophie, It’s Okay To Cry
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25. Fabio Cinti, Amore occasionale
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24. Taylor Swift, Look What You Made Me Do
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23. Samuel, La luna piena
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22. Fiorella Mannoia, Siamo ancora qui
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21. Francesco Gabbani, Occidentali’s Karma
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20. Giso featuring Romina Falconi, Solo sesso

19. Mannarino, Un’estate

18. Francesco Gabbani, Spogliarmi

17. Noemi, Autunno

16. Nina Zilli, Il mio posto qual è

15. L’aura, Il pane e il vino

14. Ilaria Porceddu, Sette cose

13. Brooke Candy, Living Out Loud

12. Amara, Grazie

11. Arca, Piel

10. unòrsominòre., Varsavia
Un’aria greve, nuvolosa e desolante fa da sfondo a questo brano in cui riferimenti storici e letterari si accumulano in un denso flusso di pensieri. Una canzone maestosa che avanza lenta e inesorabile, partorita nell’underground nostrano dalla mente di Emiliano Merlin, celato dallo pseudonimo di unòrsòminòre., e che meriterebbe un posto di riguardo nel moderno cantautorato italiano.

9. Fergie, Love Is Pain
Se ascoltando Love Is Pain avrete (o avete avuto) l’impressione che qualcosa vi suonasse famigliare, non siete proprio fuori strada, perché anche se nei crediti ufficiali non se ne fa menzione la canzone è una sorta di omaggio a Prince. “Il dolore è amore e l’amore è dolore”, canta Fergie, e lo spettacolo è tutto lì, negli occhi e nelle orecchie.

8. Miley Cyrus, Malibu (Lost Frequencies Remix)
Quando il remix fa meglio dell’originale. Il country-rock dell’album version di Malibu mi aveva lasciato un po’ l’amaro in bocca, ma poi tra i remix ufficiali è spuntata fuori questa versione house firmata Lost Frequencies: leggerissima e semplicemente magica.

7. Fabrizio Moro, Pace
Un grido disperato di aiuto, una preghiera levata altissima, e nello stesso tempo un manifesto di intenti e di speranza. Fabrizio Moro ha messo in Pace tutta la carica viscerale di cui è capace, regalandoci un momento di autentico amore. 

6. Christaux, Surreal
Christaux, ovvero Clod, ovvero la metà maschile degli Iori’s Eyes, quest’anno ha pubblicato Ecstasy, un album di pop elettronico dal profilo magniloquente, barocco e liturgico. Tra i momenti più struggenti e paradossalmente più scarni, Surreal si fa strada con la sua melodia disarmante e accecante.

5. Noemi, I miei rimedi
Per il suo nuovo album, in arrivo presumibilmente appena dopo Sanremo, Noemi sembra aver optato per l’elettropop. La sua versione di I miei rimedi dei La Rua (ma inizialmente proposto a lei per Sanremo 2016) ha il graffio giusto per parlare delle disillusioni e degli equivoci con cui troppo spesso ci difendiamo inutilmente dai colpi dell’amore. E il video è una delizia.

4. Baustelle, Amanda Lear
Primo singolo estratto da L’amore e la violenza, Amanda Lear non è semplicemente un omaggio all’icona degli anni ’70 e ’80, ma soprattutto un esempio di pura poesia “bianconiana” con la sua patina di malinconia, il racconto di qualche amore vissuto di sfuggita e un pungente profumo di vita. I Baustelle sono e restano una certezza.

3. Brooke Candy, Volcano
Se il pop ha un volto sporco e cattivo, non può che essere quello di Brooke Candy. Il 2017 sarebbe dovuto essere l’anno del grande salto verso il mainstream, ma i disaccordi con la Sony hanno bloccato l’uscita del suo primo disco. Lei però si è rimessa al lavoro e ha riesumato Volcano, un pezzo che aveva da un po’ nel cassetto: il risultato è una seduzione tra pop elettronico e rap, con un testo che esplode di metafore incandescenti.

2. Romina Falconi, Cadono saponette
Nessuno in Italia sa fare pop come Romina Falconi, mescolando ironia e spietata verità. In Cadono saponette tutto questo è evidente: chi altro avrebbe il coraggio di dirvi che “il pessimismo in amore può far bene”? Eppure sappiamo tutti quanto sia maledettamente vero. Perché almeno una volta tutti ci siamo piegati… alle regole della vita.

1. Miley Cyrus, Younger Now
Diciamolo pure, la svolta country di Miley Cyrus non ha particolarmente convinto il pubblico e Younger Now, il suo ultimo album, ha fatto registrare numeri piuttosto miseri. Resta il fatto che la titletrack è una delle cose che sprizzano più gioia tra quelle sentite quest’anno: un inno al cambiamento e un manifesto di rinnovata giovinezza. Mi è entrata nelle orecchie ad agosto e non ci è mai uscita, marchiando definitivamente il mio 2017.

La playlist dei brani è disponibile a questo link.

BITS-RECE: Shania Twain,Now.

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
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L’ultima volta che Shania Twain ha pubblicato un album di inediti era il 2002, cioè 15 anni fa, e il disco era Up! Shania Twain abitava sulle vette del mondo discografico, ben al di là dei confini del country, affiancata dal marito e super-produttore Robert “Mutt” Lange.
Da quel periodo, di tempo e di cose ne sono passati e cambiati molti: il divorzio, i problemi di disfonia che hanno rischiato di lasciarla senza voce, e poi l’evoluzione nel mondo discografico, con l’arrivo di una nuova generazione d country – genere aureo americano – guidata tra gli altri da Carrie Underwood, Lady Antebellum, e ovviamente Taylor Swift (che però il country sembra averlo messo da parte).
E in questi anni l’assenza di Shania Twain si è sentita: potevo anche immaginarmela felice nella sua casa sull’oceano a vivere di rendita con il successo mastodontico dei suoi dischi precedenti concedendosi solo i concerti a Las Vegas, ma speravo di vederla, e soprattutto sentirla, tornare con canzoni nuove.
E finalmente è successo, con Now.
15 anni non si nascondono facilmente sotto il tappeto, non si buttano via con una manciata di canzoni, e nei nuovi brani la differenza si sente, come d’altronde è giusto che sia.
Shania del country è stata una fuoriclasse, e oggi lo è ancora, perché ci si muove dentro con una dimestichezza da padrona e signora: oggi però la sua voce si è fatta più scura, quasi da soul (al punto che in certi momenti viene il dubbio che a cantare sia Anastacia), e il suo country ha perso un po’ della leggerezza del passato per farsi più mordace, muscolare e ricco di contaminazioni che arrivano dal pop (ovviamente), dal rock o dal reggae, come nella gaudente apertura affidata a Swingin’ With My Eyes Closed o nella nerboruta Roll Me On The River, o ancora negli inserti blues di We Got Something The Don’t.
Dappertutto comunque, traspira un calore rassicurante che il country ha in sé per sua natura e che Shania trasmette magnificamente.
E poi ci sono le ballatone emozionali, come Because Of You e Soldier, episodi immancabili quando si parla di country.
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In definitiva, Now suona come il disco di un ritorno naturale, un nuovo capitolo del gloriosissimo percorso di un’artista che non ha perso la strada e oggi sa benissimo dove si trova.
E se guardando la copertina del disco l’occhio vi cadesse se quei guanti maculati che sembrano voler riportare agli anni ’90 (si legga alla voce That Don’t Impress Me Much), è facile capire che si tratta solo di un dettaglio, un filo sottile con il passato, perché la Shania di oggi è ben piantata con i piedi nel presente.
D’altronde, non è certo un caso che le prime parole dell’album siano proprio “Summer Is Here”.
Ecco, ci sono voluti 15 anni, ma Shania adesso c’è.

Cadono saponette, il pop terapeutico di Romina Falconi

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L’ho sempre detto, Romina Falconi è nata nel posto sbagliato.
Sarebbe dovuta nascere all’estero, possibilmente in America, dovunque, ma non in Italia. Perché a quest’ora probabilmente sarebbe una superstar, una iper-diva del pop che se ne va alle feste con Lady Gaga e Taylor Swift. Invece è nata in Italia, orgogliosamente in Italia certo, ma qui deve accontentarsi di stare in seconda fila, ferma con le quattro frecce dopo aver toccato da vicino le intricate dinamiche del mondo discografico “alto”. Fortunatamente ha una fanbase molto affezionata e in continuo aumento (lei li chiama Circi o Falconers), che negli ultimi anni l’ha supportata parecchio nei suoi coraggiosi progetti.

Ma che cos’ha di speciale questa Falconi? Beh, Romina ha tutto quello che quasi tutte le sue colleghe italiane non hanno il coraggio di mostrare: una femminilità naturale e sfacciata e una immensa capacità di raccontare le pieghe storte dell’amore e della vita.
Lo sa fare con ironia, con versi affilatissimi e caustici, senza paura di infilare nelle canzoni parole scomode e – vivaiddio – sincere.
Il mondo di Romina Falconi è esploso in tutta la sua potenza con suo primo album, Certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio, pubblicato ormai quasi due anni fa: una raffica di confessioni sulle delusioni di coppia, sulla voglia di vendetta verso lo stronzo di turno, sul dolore che urla più forte anche nel completo silenzio. Non per niente sulla copertina lei aveva in mano una mannaia, come a dire “siete avvisati di quello che stare per ascoltare”.

Le storie che Romina mette nei suoi brani sono pezzi di vita di uno specchio rotto, frammenti che riflettono potenzialmente tutti, perché le sfighe e le inculate la vita non le risparmia proprio a nessuno.
Ecco perché il suo pop elettronico ha quasi un effetto terapeutico, perché ti fa sentire meno solo in questa vita che in un momento è una giornata di sole e l’attimo dopo è pieno inverno, e tu non capisci il perché, ti chiedi dove hai sbagliato, senza neanche provare a pensare che forse non hai sbagliato, ma è andata così e basta.
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L’ultimo singolo di Romina, Cadono saponette, parla di quella corazza di cui ci armiamo tutte le volte che sta per nascere una nuova storia, memori delle esperienze passate e ormai sicuri che le fregatura prima o poi arriverà. Una sorta di pessimismo diventato quasi congenito, al punto che quando la saponetta ci scivolerà dalle mani noi saremo bravissimi a piegarci per raccoglierla, con tutte le conseguenze del caso.
Eppure, sappiamo anche che niente sarà in grado dal trattenerci da quell’ennesimo tentativo, quell’ennesima occasione inaspettata, perché niente è così bello e così bastardo come l’amore.

Tanto, se proprio andrà male, ci sarà sempre una canzone di Romina ad asciugarci i rivoli di mascara sulle guance e a dirci che no, non siamo davvero soli.

… Ready For It?, il nuovo inedito di… Tayloncé

Taylor Swift deve soffrire di una qualche crisi d’identità: dopo aver spiazzato tutti con l’r’n’b elettronico e tagliente di Look What Me Made Me Do, ha rilasciato a sorpresa … Ready For It?, un altro inedito tratto dal nuovo album Reputation.
E se possibile, qui l’avanzata di Taylor nel territorio dell’universo urban si è fatta ancora più decisa, arrivando a sfiorare il rap.

… Ready For It? è un brano che troverebbe tranquillamente posto in un album di Beyoncé o di Rihanna, ma non sfigurerebbe nemmeno come una delle innumerevoli opere sfornate dalla prolifica Nicki Minaj, sempre in equilibrio tra hip hop, pop ed elettronica.
Sarà un caso che dopo aver sentito l’inizio del pezzo la memoria mi è corsa subito a Hey Mama?

Insomma, la vecchia Taylor Swift è morta, lo abbiamo capito: al suo posto sembra essere arrivata … Tayloncé, o Taylor Minaj, fate voi!

Look What You Made Me Do: Taylor Swift, Katy Perry e la noia

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Fino a qualche anno fa Taylor Swift era solo una cantante biondina e col faccino pulito che vendeva vagonate di milioni di dischi (in America soprattutto) facendo country, senza per giunta eccellerne.

Andava tutto liscio, nessuno rompeva le scatole a nessuno, fino a quando Kanye West – eravamo ai VMA del 2009 – non ha fatto l’imperdonabile errore di salire sul palco per interrompere il discorso di ringraziamento di Taylor: lei si era appena aggiudicata il premio per il miglior video femminile con You Belong With Me battendo tra gli altri Beyoncé candidata con Single Lady, che secondo il rapper sarebbe stata la legittima vincitrice.
Ovviamente, la figura dell’imbecille in quell’occasione l’ha fatta West e la Swift è passata agli occhi di tutti come la poverina che si è vista violare la scena dal collega sbruffone. Il momento è rimasto naturalmente negli annali di MTV come uno dei più trash e iconici di sempre.

Non sono passati molti anni ed ecco che ha insediare il regno di marzapane di Taylor ci ha pensato un’altra collega, questa volta proveniente dalle schiere del pop: Katy Perry. Nessuno scontro diretto tra le due, ma tante allusioni lanciate e distanza su Twitter, infilate nelle interviste o messe di traverso in mezzo ai versi delle canzoni. Il tutto pare essere partito da un “prestito” di tre ballerini chiesto da Taylor a Katy in vista della tournée, salvo poi accusare la collega di voler sabotare i suoi concerti quando quest’ultima ha richiamato i collaboratori tra le sue schiere. Da lì si sarebbe generata una serie infinita di malignità, cattiverie e pettegolezzi reciproci.
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Ed è stato così che l’immagine fino a quel momento immacolata di Taylor (la “regina George”, come l’avrebbe apostrofata la Perry in un tweet, riprendendo il nome di un personaggio di Mean Girls) ha iniziato a macchiarsi di ombre e la cantante si è fatta la reputazione di una viperetta mordace. Per tutta risposta – ed eravamo nel 2014 -, nell’album 1989 lei si è difesa con Bad Blood, in cui prendeva di mira un misterioso avversario. Ad accompagnare il brano, un video corale per il quale Taylor ha chiamato a raccolta uno squadrone di celebri amiche, come a sottolineare che dalla parte della ragione c’era lei, con tutte le sue compagne pronte a difenderla.
Il tutto si è trascinato fino ad oggi, con l’uscita di Look What You Made Me Do, singolo anticipatore dell’album Reputation. Non solo il titolo del disco, il testo del brano e le ultime mosse promozionali, ma anche il nuovo video, tutto pare ruotare attorno agli attacchi degli avversari (mai apertamente nominati) e quindi al bisogno di Taylor di difendersi o almeno contraccambiare. E visto che passare da vittima rischia a volte di rivelarsi un boomerang, ecco che la Swift vira all’elettropop, si sfila la chitarra (già comunque appesa al chiodo da qualche anno), e nel video si mette addosso un po’ di latex, marca i colori del makeup e si circonda di serpenti. “Dite che sono una vipera? Sì, avete ragione, e mo so’ cazzi vostri”, sembra essere il sottotesto dell’operazione.
Una strategia che – lungi dal brillare per originalità – almeno per ora sembra pagare molto bene: lo dicono i 28 milioni di visualizzazioni del video nel primo giorno e i numeri di debutto in classifica del singolo, roba che non si vedeva da anni.
E non importa se dell’artista country degli esordi non resta niente (“La vecchia Taylor è morta”, lo dice lei) e quella di oggi preferisce fare il verso sexy a Madonna, Gaga, Christina e Miley: quello che conta è prendersi la scena e tenersela stretta con le unghie e con i denti, possibilmente buttando polvere addosso agli altri.

È il solito gioco del pop, dopotutto, con la differenza che mentre le altre lo fanno con le loro forze, la Swift calca la mano sulla presunta guerra che le sta muovendo contro il mondo intero.
Non sappiamo ancora cosa ci sarà nel nuovo album, ma mi chiedo esattamente dove voglia andare a parare questo teatrino e quanto potrà durare ancora. Forse sarebbe il caso di ricordare a Taylor che l’universo non è un gigantesco occhio di bue puntato su di lei e non vorrei che a lungo la ragazza si ritrovasse a combattere una battaglia contro un avversario che nel frattempo si è girato dall’altra parte.
Le vere faide tra primedonne sono un’altra cosa, e la storia dello spettacolo, con i suoi esempi celebri, lo testimonia.

Dai Taylor, neanche Madonna e Lady Gaga hanno fatto tanta caciara, perché devi farlo tu? Lo sbadiglio è dietro l’angolo, io te lo dico.

Taylor Swift: il ritorno elettronico e velenoso della “vipera” bionda

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Non c’è dubbio: quello di Taylor Swift è il primo vero grande ritorno discografico della nuova stagione. Lo si poteva immaginare fin da quando è stato annunciato, e così è stato.

Dopo il mezzo buco nell’acqua di pubblico e critica raccolto da P!nk con What About Us, singolo attesissimo, uscito quando eravamo tutti in vacanza e passato pressoché inosservato, è la biondina della Pennsylvania a inaugurare con gran chiasso mediatico il lungo ciclo di comeback che ci attende nei prossimi mesi.
Il nuovo singolo è Look What You Made Me Do e apre una nuova era sotto tutti i punti di vista: non solo anticipa il nuovo album, Reputation, atteso per il 10 novembre, ma ci mostra anche una nuova Taylor.
Messo (definitivamente?) da parte il country – da cui comunque si era già parecchio allontanata con gli ultimi lavori -, la Swift si butta ora in un pezzo elettro-spigoloso quasi più vicino all’urban che al pop, con inserti di I’m Too Sexy dei Right Said Fred, mentre il testo del brano è una velenosa dichiarazione di guerra a un acerrimo nemico, da molti riconosciuto in Kanye West (ricordate i VMA?) o Katy Perry (ricordate Bad Blood?). O forse entrambi, vista l’abilità della Swift nell’aprire faide con i colleghi.

La vecchia Taylor è morta, e a dirlo è proprio lei nella canzone (Mi dispiace, la vecchia Taylor non può venire al telefono in questo momento. / Perché? / Oh, perché è morta!). Per rimarcarlo, con abilissima mossa di marketing, dalle sue pagine social alcuni giorni fa sono spariti tutti i vecchi post, sostituiti dall’immagine di un serpente in assetto d’attacco.
Un chiaro riferimento alla reputazione che negli anni Taylor si è costruita e che lei stessa sembra ora divertirsi ad alimentare: la première del video è stata infatti fissata per domenica 27 agosto durante la cerimonia dei VMA, che quest’anno saranno condotti da Katy Perry.
Pare che toccherà proprio alla padrona di casa dell’evento presentare in diretta mondiale il video e la curiosità di vedere la scena vale più dell’intero show.

Ah, che viperetta questa Taylor…..