Rolling Stone lancia la campagna Imagine – L’arte sostiene l’arte

A 40 anni esatti dalla morte di John Lennon, Rolling Stone lancia la campagna Imagine – L’arte sostiene l’arte. Così è stata sintetizzata, per raccontare il formidabile gesto di generosità di 40 artisti italiani, ciascuno dei quali dona una propria opera originale ispirata alle tante sfumature della personalità e dell’opera dell’ex Beatle e la cui vendita andrà a sostenere il fondo “Scena Unita – per i lavoratori della Musica e dello Spettacolo”.

La campagna, curata da Alice Manni, ha avuto le adesioni di artisti come Paolo Troilo, Marco Lodola, Max Papeschi, Anna Godeassi, Paolo Maggis, Mr.Wany, Giulio Vesprini, Giordano Floreancig, ma anche di direttori d’orchestra, cantanti e musicisti come Morgan (suo il disegno-manifesto dell’iniziativa), Sascha Goetzel, Andy, Enrico Gabrielli e Gianluca De Rubertis. Ognuno con un contributo unico, frutto di vocazioni e appartenenze le più diverse, in una scansione che verrà svelata e raccontata dall’8 dicembre in avanti. Le opere – anche le più importanti – saranno vendute a prezzi accessibili a tutti. L’intento è anche quello di avvicinare più persone possibili ad un mondo, quello dell’arte, spesso considerato come elitista.

Le opere saranno messe in vendita dall’8 dicembre sul sito di Rolling Stone (lennon80.rollingstone.it), a scaglioni giornalieri fino al 14 dicembre, quando tutte le opere saranno state presentate.

Imagine nasce insieme ai quattro musicisti ideatori di Lennon80 (Danysol, Roberto Dellera, Lino Gitto e Andrea Pesce) come naturale continuazione del grande concerto/happening tenuto il 16 novembre a Milano, in collaborazione con LIVE ALL, promotore e organizzatore del concerto in diretta live streaming e main partner dell’iniziativa, che si occuperà della gestione degli aspetti logistici, fiscali, legali e di coordinamento dell’operazione di charity.

Deodato Arte (deodato.com), una delle più autorevoli gallerie d’arte online, mette a disposizione la propria esperienza e professionalità nella vendita di opere d’arte e rappresenta l’ideale partner tecnico dell’iniziativa.

Scena Unita – per i lavoratori della Musica e dello Spettacolo (scenaunita.org) è il fondo in cui il mondo degli artisti si è unito a quello degli enti privati per dare un contributo concreto alla filiera. Il Fondo Scena Unita è gestito da Cesvi in collaborazione con La Musica Che Gira e Music Innovation Hub.

La trap, X Factor, la politica e la voglia di fermarsi. Salmo si racconta a Rolling Stone

Un tempo ha rischiato di fare l’uomo sandwich, ora è numero 1 in classifica. Tra orgoglio hardcore, l’odio per il razzismo e la depressione, l’invito a fare il giudice di X-Factor e il desiderio di smettere un po’ di fare musica per dedicarsi allo studio della regia, per la prima volta Maurizio Pisciottu, meglio conosciuto come Salmo, si racconta fino in fondo a Rolling Stone, che gli dedica la cover in edicola dall’8 novembre.
Il suo nuovo album, Playlist, esce il 9 novembre.
Cover nov. RS
Si parte proprio dall’ultimo disco, il nuovo capitolo nella carriera della più luminosa anomalia del rap italiano: “Ci sono dentro elementi nuovi e classiconi, c’è una grande varietà di temi e suoni. Per me è una Playlist, appunto, quindi ognuno ci può trovare dentro quello che vuole. E ogni pezzo fa storia a sé”.

“Mi sono chiesto per anni cosa sia il rap, e ora credo di avere la risposta: è una chiacchierata al bar con gli amici. Grazie alle commistione tra rap e pop ora molti di noi scrivono per farsi capire da tutti”. E ora tocca parlare di trap: “La versione italiana, con i ragazzini pallidi che cantano di troie e fattanza, rende decisamente meno. Il fatto è che questi ragazzi diventano famosi a vent’anni, senza aver mai sparato né imparato a rassettare il letto. Ma sul palco sei solo con le tue strofe e devi essere preparato; altro che money, money”.
Si finisce inevitabilmente a parlare di politica, visto che nel secondo singolo di Playlist, 90 Minuti, Salmo fa detonare una rima come “aprono i conti, ma chiudono i porti”.
E a differenza di molti suoi colleghi che si trincerano dietro a dichiarazioni  di diplomatica prudenza, lui non si trattiene: “Quello non è un pezzo schierato, ho solo cercato di fotografare l’Italia ‘media’ di oggi, dove la gente pensa solo a scopare e al pallone, vuole le pistole e parla in dialetto’, dice. “Io non so se quella dei porti sia una mossa di comunicazione politica, o questi siano davvero stronzi. Quello che mi manda fuori di testa sono i ragazzini rappusi che dicono ‘che grande Salvini’ e mi scrivono in privato che sono delusi perché ho infamato il loro idolo. Vi dò una notizia: io sono sempre stato dalla stessa parte, siete voi che non avete capito un cazzo. Non puoi stare con Salvini e ascoltare hip hop, non è giusto. Strappa le mie magliette, brucia i cd. Oppure riflettici su, e cambia la tua idea del cazzo”.

Nell’intervista c’è spazio anche per parlare di X Factor: “Qualche settimana fa mi hanno chiamato per fare un provino. Sai qual è la cosa più figa di X Factor? Che ci sono le band, gente che suona per davvero. Tipo i Måneskin: oh, secondo me sono bravi. Ero tentato, perché mi sono divertito, ma ho detto di no, come ho fatto anche con Sanremo in passato. Ho sempre avuto la fissa di farcela da solo, senza la radio e la tv. Magari in futuro, chi lo sa”.

“Sono stati sei anni vissuti intensamente e dopo quest’album mi voglio fermare“. “Sono stanco, mi sono rotto il cazzo del rap game e della competizione. Voglio smettere un po’ con la musica, imparare un po’ la dizione, approfondire il discorso della regia. Non ho mai studiato in vita mia, è la volta buona che comincio”.
La sua città, Olbia, l’ha salvato tre anni fa, nel momento più duro della sua vita: “Un giorno mi sono detto: allora è questa la famosa depressione. Avevo capito di avere un problema, ma non capivo quale fosse e quindi non potevo risolverlo. Cadere nel buco è facile, so di altri rapper cui è capitato. Allora vado da mio papà, che a 72 anni ha un fisico che fa spavento perché da giovane faceva le gare di body building. ‘Sei uno straccio’, mi fa, ma non mi chiede nulla’. Lo riempie di frutta e beveroni, lo fa allenare duro. “Sono stato blindato in casa per sei mesi; mi riposavo, non mi drogavo e non ascoltavo musica. Dopo qualche tempo ho visto le costole sparire, il mio corpo era come se fosse sbocciato”.

Thom Yorke a Rolling Stone: “Se ti senti troppo a tuo agio allora sei nel posto sbagliato”

L1520106_Credit Greg Williams
In esclusiva per l’Italia, Thom Yorke racconta sul numero di ottobre di Rolling Stone (in edicola da venerdì 5) la creazione della colonna sonora del remake di Suspiria di Luca Guadagnino, che verrà pubblicata il 26 ottobre e che si è già aggiudicata il Soundtrack Stars Awards per il miglior brano originale (Suspirium) alla Mostra del Cinema di Venezia.

“Ti avevano già proposto di scrivere musica per film?
No, Luca è stato l’unico abbastanza pazzo da credere che io potessi farcela. Anni fa ho incontrato Edward Norton, che è un mio buon amico. C’era la possibilità di fare la musica per Fight Club, ma non era il momento giusto.

Hai ascoltato la colonna sonora originale, quella dei Goblin, prima di metterti al lavoro sulle musiche di Suspiria?
Certo. Mi piace molto la roba dei Goblin, e in realtà ho conosciuto prima loro del film. Non sono mai stato un grande cinephile, e non conoscevo l’opera di Dario. La cosa interessante è che all’inizio, prima di iniziare a scrivere, avrò guardato decine di volte il film di Dario Argento: mi ha colpitola velocità e la tensione con cui devono aver scritto tutto. È davvero estrema, fuori tempo, in qualche modo è la narrativa del film. É come se il film fosse un videoclip rock molto esteso, mentre questa è una cosa diversa. In un certo senso è stato un sollievo guardare la nuova versione, ho pensato: “Meno male, non c’entra nulla col primo Suspiria”. Luca ha creato un mondo completamente diverso.

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La cover del numero di ottobre di Rolling Stone

Hai chiesto qualche consiglio a Jonny Greenwood – chitarrista suo sodale nei Radiohead nonché autore delle musiche per i film di Paul Thomas Anderson da Il Petroliere a Il Filo Nascosto – per la tua prima colonna sonora?
Mi ha dato qualche dritta, tipo: “Scrivi in astratto, non scrivere per lo schermo perché non ci sei abituato. Fallo solo quando devi”. Un buon consiglio.

Hai visto gli altri film di Guadagnino?
Non ho ancora visto Chiamami col tuo nome, perché pensavo che mi avrebbe confuso. Ho visto Io sono l’amore.

Ti è piaciuto?
È bellissimo.

Come hai incontrato Luca?
Mi ha cercato lui. Mi ha scritto una bella lettera, la mia compagna ci ha messi in contatto. C’era qualcosa nel modo in cui parlava, sembrava sicuro che io potessi fare quello che stava cercando.

Porti avanti solo progetti di altissimo livello, avrai una sorta di “segreto del tuo successo”…
Sono incapace di fare quello che la gente vuole che io faccia. Sembra una maledizione, ma è una benedizione. Il motivo per cui ho scelto questo film, in primo luogo, è stato proprio quello di uscire dalla mia comfort zone. Se ti senti troppo a tuo agio allora sei nel posto sbagliato. Devi sentirti un po’ fuori, come se non sapessi cosa sta succedendo. Questo è il mio segreto, inseguire quel posto e riuscire a tornarci. È così che getto fuori tutta la merda, così da ritrovarmi e dire “Ok, sono nel posto giusto per creare”.”

Intanto, dopo Suspirium, è stato rilasciato il secondo brano tratto dalla colonna sonora del film, Has Ended.

Le piccole, grandissime verità di Fabio Rovazzi

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Quando il rap italiano alza troppo lo spirito, il risultato è purtroppo quello di un provincialismo e di un a noia sconfortante. Se ancora non lo avessimo capito, mettiamocelo in testa (e i rapper nostrani per primi): qui non è l’America. Se nei sobborghi di Detroit le guerre fra rapper hanno una loro ragione di essere e finiscono talvolta a colpi di pistola, nella nostra italietta il massimo a cui si può aspirare sono qualche migliaio di live su Facebook o un servizio in chiusura su Studio Aperto.
Prendete il recente scontro tra Salmo e Fabio Rovazzi: ce n’era davvero bisogno? Davvero uno come Salmo, con la sua esperienza e con la sua intelligenza, ha sentito il dovere di mobilitarsi contro il giovanissimo collega?
Ma andiamo con ordine.
La querelle Rovazzi-Salmo inizia il 2 dicembre, quando il primo rilascia il video del suo nuovo singolo, Tutto molto interessante. Tempo qualche ora e dal fronte Salmo arriva l’accusa, che più o meno suona così: “Rovazzi ha copiato l’idea del produttore discografico-squalo dal mio video Mr. Thunder, in riferimento alla scena iniziale della clip in cui Fabio De a Luigi interpreta la parte di un discografico che chiede, anzi intima, a Rovazzi di sfornare al più presto un nuovo successo. Tutta la storia è però raccontata molto meglio in questo articolo di Rolling Stone, a cui molto calorosamente vi rimando.
E non a caso cito proprio questo pezzo, perché da queste righe il 7 dicembre Salmo ha preso le mosse per ribattere e dire (nuovamente) la sua in un video pubblicato su YouTube, in cui tira ballo – senza nominarlo direttamente – non solo Rovazzi, ma anche Fedez e pure Rolling Stone, con il quale c’era già stato un po’ di attrito nei mesi scorsi.

A questo punto, come si può ben immaginare, la questione aveva già sollevato in mezzo pandemonio nel web, dando vita a tweet, post, like e un infinito ribollire di flora mediatica.
A tentare di riportare finalmente la calma in questo provincialissimo maremoto è stato di nuovo Rovazzi, che l’8 dicembre ha messo on line un video che più che come una difesa personale suona come un bruciante schiaffo morale.
Rovazzi, con un’ironia che tocca vette da manuale, torna sulla questione, argomenta punto per punto le sue scelte, ma va molto oltre, arrivando a parlare di internet e dell’immensa libertà che concede ai suoi utenti e del suo (non) essere un cantante e un musicista, in una carrellata di verità tanto lucide quanto banali, ma che forse si sono un po’ perse di vista nella foga di suscitare il “caso” mediatico.

Un confronto da cui Rovazzi, appena 22enne e da poco arrivato nel rutilante mondo della musica (ma mediaticamente geniale), massacra virtualmente e moralmente il ben più navigato Salmo(ne), dando un piccolo insegnamento anche a tutti noi: il modo migliore per vincere una guerra non è brandire l’ascia e colpire più forte, ma è sotterrarla appena dopo averla presa in mano.

C’è poi un’altra ipotesi da considerare, quella cioè che il buon Salmo abbia davvero mosso tutta questa montagna per un mero tornaconto pubblicitario. Beh, se così fosse le chiacchiere starebbero proprio a zero, e ci saremmo cascati dentro tutto quanti.
Quel che è certo è che sono e resteranno sempre solo canzonette…. per giunta bruttine.