Si intitola Cinico il nuovo singolo di Caspio, primo estratto dal prossimo album, in uscita alla fine del 2024.
Un brano di stampo rock anni ‘90 che riflette sulla nostra incapacità di dire di no a un mondo che sembra volersi prendere tutto di noi: il tempo, lo spazio, il futuro.
Crediamo di essere davvero liberi, ma non lo siamo mai fino in fondo se continuiamo a collezionare rimpianti.
Nonostante sia musicalmente diverso dalle passate pubblicazioni, il nuovo singolo rappresenta di fatto l’anello di congiunzione con il precedente EP fugit (pubblicato due anni fa).
Il disco si chiudeva infatti con il brano non è la fine, dove si ripete infatti lo stesso riff di Cinico.
“La mia storia musicale inizia con l’adolescenza, quando ormai gli anni ‘90 stavano volgendo al termine. Ma gli anni ‘90, a quel punto, c’erano stati, eccome se c’erano stati!
Così, legati un po’ al passato, io e la mia musica siamo perennemente fuori, non di tendenza. Proprio per tornare a quelle che considero le mie radici, oggi chiudo con l’elettronica e torno all’essenziale, al grunge, al rock, alla musica suonata davvero, talvolta distorta, talvolta pure imprecisa.
Lo faccio nel tentativo di raccontare la mia generazione e per rivolgermi a quelle successive, per raccontare a tutti di quel futuro tanto promesso ma che non arriva mai, per raccontare un mondo tutt’altro che perfetto che, però, ti chiede di esserlo.”
BITS-RECE: Amalfitano, “Tienimi la mano, Diva!” Se Dioniso s’innamora
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Se appena appena avete qualche familiarità con la cultura classica, vi sarà capitato di sentir parlare della dualità fra apollineo e dionisiaco, due elementi complementari alla base della natura dell’Uomo: due spiriti contrapposti, rivali, ma necessari l’uno all’altro per mantenere un equilibrio vitale.
Da una parte l’apollineo, la sfera razionale, luminosa, ordinata, ubbidiente; dall’altra il dionisiaco, lo spirito folle, ombroso, disordinato e ribelle. Due forze ataviche in costante lotta.
Ad apollineo e dionisiaco Nietzsche ha dedicato alcune delle sue pagine più celebri: secondo il filosofo tedesco, nella fase aurea della tragedia greca – massima espressione della cultura classica – si poteva riconoscere il trionfo del dionisiaco, che soccombendo progressivamente all’apollineo avrebbe portato alla corruzione del dramma.
Il dionisiaco è la forza dell’amore che arriva, devasta, fulmina, brucia, rende assetati; è la bellezza che acceca e quasi spaventa. E non c’è dubbio che ci sia stato proprio lo spirito dionisiaco ad animare l’ispirazione di Amalfitano per il suo nuovo album.
Il lavoro si intitola Tienimi la mano, Diva!, proprio come recita il primo verso della prima traccia, che è stata anche il primo singolo presentato al pubblico, Fosforo: un incipit epico, altisonante, spirituale, una dichiarazione d’intenti fin troppo chiara.
Se Omero – sempre per restare nel classico – invocava la Musa perché gli infondesse l’ispirazione per cantare le mitiche imprese degli eroi, Amalfitano sembra chiamare la sua dea perché corra a soccorrerlo, a sostenerlo, a tenergli la mano appunto, perché a lui “ballo lo sguardo”, proprio a causa di un amore che lo ha folgorato, un amore che brucia come il fosforo.
Ma nonostante tutto, potremo mai fare a meno di amare? Potremo mai rinunciare alla bellezza, alla sua forza disarmante? Ovviamente no.
Ed è proprio sui temi dell’amore e della bellezza che si concentra il cantautore romano nel suo secondo album: lo fa impregnando gli otto brani di rock e di blues, marchiando ogni canzone con il suo canto viscerale, stropicciato e sincero.
L’apertura con Fosforo è fulminante: sicuramente, uno dei migliori brani italiani usciti negli ultimi anni. Un pezzo incandescente, costruito su un climax che sembra tendere alle stelle. La collaborazione con Francesco Bianconi, che dell’album è anche produttore insieme a Ivan A. Rossi, calza alla perfezione: è la manifestazione al quadrato del dionisiaco.
Al posto di cimbali e crotali, tradizionali strumenti del corteo dionisiaco, di brano in brano Amalfitano conduce la sua danza pagana tra chitarre e archi: ogni pezzo è un concentrato di tensione, furore, erotismo, sarcasmo.
Tenerezza, ancora con Bianconi, ha il sapore intimo e agrodolce di una caramella che si scioglie lenta; E… ancora tu! ha il tocco di una carezza urticante; Cafona suona stralunata come una composizione di dallaniana memoria, mentre Battisti riecheggia nelle note di Lisbona.
Ma fino alla fine il disco non risparmia sorprese, quando Faccia di caffè, forse l’episodio dal tocco più felpato, si carica di pathos e si spalanca in una trionfale conclusione che guarda all’universo imaginifico dei Pink Floyd.
“Ho capito chi sono veramente quando ho smesso di raccontarmi per quello che credevo di essere. Orchestra di silenzi è un invito ad abbandonare l’immagine che abbiamo di noi stessi per aprirci al cambiamento, alla trasformazione e all’evoluzione. Nasciamo partendo da un nucleo meraviglioso e fragile, cresciamo aggiungendo strati protettivi che, nel tempo, si induriscono come roccia. È anche un invito al maschio, figlio sano del patriarcato (di cui mi sento pienamente parte), ad abbandonare l’immaginario dell’uomo forte, stabile, a cui non è concesso aprirsi troppo perché fuori luogo, fuori ruolo.”
Orchestra di silenzi è il singolo d’esordio di Pugni.
gni nota è intenzionale, ogni parola ponderata. Gli echi grunge si intrecciano con il pop in un modo che va oltre la mera fusione di suoni, ma piuttosto si trasforma in un’esperienza narrativa. Le liriche sono dense di significato, mentre la struttura e la voce si svelano come un viaggio emozionale nella rabbia e nella bellezza, sfidando le convenzioni e portando avanti il concetto di autenticità nella musica pop contemporanea.
Il singolo, che anticipa l’album d’esordio dell’artista previsto per ottobre 2024, esce non a caso l’8 marzo.
Racconta il cantautore: “La piaga della violenza sulle donne è spesso uno specchio della violenza, fisica e psicologica, a cui sono stati sottoposti gli uomini durante la crescita. Il patriarcato esercita sul maschio una pressione insostenibile che rischia troppo spesso di esplodere in rabbia e violenza. C’è sicuramente necessità di denunciare, ma anche di rieducare, comprendere e curare. In questo giorno così importante, faccio la mia piccolissima parte dicendo che non è possibile curarsi guardandosi allo specchio. Il “ce la faccio da solo” è l’ennesimo tentativo di mantenere un’immagine di sé costruita su principi vecchi e malati. Puoi smettere di orchestrare i tuoi mostri nascondendoti e rimanendo in silenzio. Non c’è da vergognarsi. Parlane, confrontati, fatti aiutare. Non sarai meno uomo per questo. Questa incapacità di trattare le emozioni porta alla necessità di nasconderle nei cessi delle feste e dei concerti, dove le droghe abbondano come sedativi e diversivi alla libera espressione di sé. Dentro questo pezzo c’è anche il significato del mio nome d’arte: Pugni, oltre ad essere un gioco di parole col mio cognome, è il ricordo di un periodo in cui la rabbia e l’aggressività mi impedivano di cogliere la complessità e la bellezza di tutti i vari colori emotivi che non mi permettevo di usare per dipingere i miei giorni. Questo pezzo è nato in studio, di pari passo con la produzione. Assieme a Kendo abbiamo cercato di esprimere una sensazione di liberazione, come una corsa in riva al mare dopo essere stati incarcerati per anni. È probabilmente il mio pezzo preferito, quello che mi fa urlare fuori i blocchi emotivi.”
Lorenzo Pagni, in arte Pugni, nasce a Pisa il 19/06/1993.
Si avvicina allo studio della musica a 11 anni, suonando la batteria come primo strumento, che nel corso degli anni sostituisce con la chitarra per poter avere più possibilità espressive, ma per anni la sue principale attività è lo sport. Passa le giornate in canoa, sorretto dall’acqua e circondato dagli alberi del suo caro fiume Arno, ripetendo e affinando lo stesso gesto milioni di volte.
La musica rimane sempre con lui, ma è una cosa troppo bella che non riesce a concedersi totalmente. Col tempo, però, si accorge di quanto sia ampio il divario tra i suoi desideri e le sue azioni quotidiane.
Le sue canzoni rimangono segretamente nascoste in camera sua per anni, nel frattempo Pugni inizia a lavorare nei locali notturni come barman, musicista e dj e recupera la mondanità e il divertimento perso durante l’adolescenza, forse pure troppo.
Nel 2020 saluta il fiume, il mare e i pescatori per spostarsi a Torino.
È qua che Pugni inizia a esprimersi per quello che è.
L’incontro con Danny Bronzini (Jovanotti, Willie Peyote, Venerus), suo concittadino trasferitosi a Torino, è determinante nel proprio percorso di crescita artistica e nell’adozione di una visione matura del processo creativo.
Parallelamente all’attività di musicista, Lorenzo si laurea in psicologia e inizia a lavorare come psicologo in una clinica psichiatrica, dove ascolta storie di vita al limite del credibile.
La complessità delle persone che incontra gli fornisce il materiale emotivo per scrivere, che diventa non solo una necessità espressiva, ma un vero e proprio strumento terapeutico con cui poter esorcizzare il dolore.
Prende sempre più forma il nuovo progetto discografico di Amalfitano, la cui uscita è prevista per il prossimo 22 marzo.
Dopo la prima, potentissima, anticipazione con il singolo Fosforo, scritto e interpretato insieme a Francesco Bianconi, il cantautore romano torna ora non con uno, bensì con due nuovissimi brani.
Una doppia uscita che lascia ben sperare in quella che sarà la natura dell’album: un cantautorato pop-rock teso e viscerale, che canta la forza immensa dell’amore con un romanticismo personale, dalla parvenza forse più ruvida che dolce, ma profondamente sincero.
E…Ancora Tu racconta di come tutto potrebbe essere messo in discussione, tutto potrebbe essere opinabile, tranne la bellezza.
In Quanto dolore ci servirà per smettere d’Amare, il titolo è invece una domanda su cui si interroga l’artista.
Una domanda scomoda e paradossale, perché lo sappiamo, l’amore sa fare male, ma mentre il dolore offre sempre una via di uscita, dall’amore difficilmente si esce.
E quindi? Davvero il dolore è l’unico antidoto all’amore?
Amalfitano e Francesco Bianconi: bruciare d’amore. Anzi, di fosforo
Hai mai provato l’effetto fosforo?
Io l’ho sperimentato diverse volte, sempre con le canzoni, ma magari tu lo hai provato con un film, o con un quadro. Con il tempo ho anche imparato a riconoscerlo da subito.
Non sapendo come definirlo, lo chiamerò “effetto fosforo”, e ti spiego anche il perchè.
Succede così: sento una canzone per la prima volta e penso “bah…”. Cioè, non è che non mi piaccia proprio, ma tutto sommato mi lascia indifferente. Anzi no, non è esattamente indifferenza, è più un “sì, carina, ma nulla di che”.
Poi, dopo qualche giorno, o la riascolto per caso o mi si ripresenta in testa da sola, ed è lì che si innesca “l’effetto fosforo“. Perchè inizio a capire che in quella canzone c’è qualcosa di magnetico, qualcosa che non so spiegare: forse è nel giro melodico, forse nel canto, forse in uno strumento, ogni volta può cambiare, e mi accorgo che quel brano lo voglio riascoltare, e ancora, e poi ancora, a loop, anche per giorni, fino a quando mi si pianta in testa e capisco che sarà amore. Anzi, lo è già.
Negli anni questa cosa mi è capitata diverse volte: andando a memoria, con “That don’t impress me much” di Shania Twain, “Bruci la città” di Irene Grandi, “Stand inside your love” degli Smashing Pumpkins, ma persino con “Poker face” di Lady Gaga.
Ogni volta sono farfalle nello stomaco.
Ovvio che col passare del tempo l’entusiasmo si ridimensiona, ma il bello sta proprio in quei primi momenti in cui capisci che da un “meh..” stai passando a un “WOW!!”
Come dicevo, con il tempo ho imparato a capire subito quando una canzone mi provocherà ‘l’effetto fosforo”. Ed è proprio quello che è successo in questi giorni – appunto – con “Fosforo” di Amalfitano e Francesco Bianconi.
L’ho sentita giorni fa, non mi ha colpito, ma sapevo che lo avrebbe fatto, e così è stato. Ci ha messo quasi una settimana, ma poi è esplosa come un’atomica, e lo ha fatto senza che forzassi nulla.
È entrata a gomitate nel cervello, e ancora adesso sta ferma lì. Anzi, non sta ferma per nulla, gira vorticosamente!
“Fosforo” è un brano matto, disgraziato, di quelli che ti fanno ridere e gridare.
“Tienimi la mano diva / che mi balla lo sguardo”, un incipit che sa di moderna saga epica. Una suggestione abbagliante che dura giusto il tempo di un lampo, prima che si inneschi la detonazione sonora: percussioni, chitarre, basso, persino archi. Tutto freme, arde, si scalda, brucia.
Il giro armonico è una giostra selvaggia, le note crescono e si scaldano mano a mano, mentre sotto scalpita e si agita una commistione salmastra di sensualità ustionante e disperazione d’amore.
Perché “Fosforo” è anche la più folle canzone d’amore uscita negli ultimi anni. Anzi, “Fosforo” è soprattutto una canzone d’amore.
Io l’amore non potrei immaginarlo diversamente, un’onda incandescente che ti arriva addosso “e mi prende la testa e scende giù nel cuore / e poi risale come di rimbalzo e mi fa lacrimare”.
“Come indica il titolo, questa è una raccolta di alcune canzoni d’amore che ho scritto durante il mio percorso. Ci sono le mie storie più importanti, quelle che sono rimaste irrisolte e quelle da cui sono nati i miei figli. Ci sono le storie che mi hanno fatto male e quelle che mi hanno migliorato come uomo. Ci sono tanti frammenti fondamentali del mio passato o fra queste parole, canzoni che sono rimaste sconosciute al grande pubblico e che ho voluto ri-arrangiare, ri-produrre e soprattutto ri-cantare con la vita accumulata fino ad oggi…canzoni d’amore nascoste parla di me, parla di tanti di voi, ma soprattutto parla d’amore”.
La nuova raccolta di Fabrizio Moro, Canzoni d’Amore Nascoste, è disponibile in versione CD e vinile, in digitale e sulle piattaforme streaming. Prevista anche una special Edition a tiratura limitata e numerata, disponibile solo nello shop ufficiale. Il vinile sarà autografato e conterrà la riproduzione del manoscritto originale di “Nun c’ho niente”, una foto inedita e autografata e un’esclusiva bandana.
La accolta contiene 2 brani inediti, Nun c’ho niente e Voglio stare con te, e altre 9 canzoni ricantate, risuonate e con nuovi arrangiamenti, ed è stata anticipata a maggio dalla nuova versione di Il Senso di Ogni Cosa, pubblicato originariamente nel 2009. La copertina dell’album è firmata da Giada Domenicone.
Questa la tracklist:
Melodia di giugno
Domani
Nun c’ho niente (inedito)
Il senso di ogni cosa
Canzone giusta
Sangue nelle vene
Intanto
21 anni
Voglio stare con te (inedito)
L’illusione (sempre w l’amore)
Non è la stessa cosa
Da sempre molto attento alle tematiche sociali, Fabrizio Moro, attualmente è impegnato nella sceneggiatura di un film insieme al regista Alessio De Leonardis La trama è incentrata sulla vita di un pugile, a Roma, in un quartiere immaginario, che uscirà nelle sale cinematografiche nel 2021.
Splendere, cadere e poi rivedere di nuovo la luce.
Se volete sapere come si fa, chiedete a Miley Cyrus.
Nel 2017 il flop del tutto inaspettato di Younger Now aveva appannato un po’ la stella della ragazzaccia del pop, che per qualche anno si è barcamenata tra qualche singolo di tiepida accoglienza. Anche un pezzo più che valido come Slide Away si era portato a casa solo bricioline. Ma esattamente come la Baby di Dirty Dancing, sappiamo bene che anche Miley non poteva essere messa in un angolo. Si trattava solo di aspettare il singolo giusto al momento giusto.
Poi, quest’estate, fatto uscire forse senza troppa convinzione, ecco arrivare Midnight Sky, pezzone pop con marcate influenze disco e rock. C’è voluto un po’ perché il pubblico se ne accorgesse, ma settimana dopo settimana, esibizione dopo esibizione, il nome di Miley è tornato a farsi leggere nella parte alta delle classifiche di streaming e radiofoniche, mentre anche la stampa concordava nell’elogiare il comeback dell’ex stellina di Disney Channel.
E che le cose stiano andando per il verso giusto lo prova ora la pubblicazione di Edge of Midnight, remix ufficiale del brano realizzato con un mashup di Edge of Seventeen della leggendaria Stevie Nicks, accreditata addirittura nel featuring.
Intanto il 27 novembre è atteso il nuovo album, Plastic Heart: dopo la virata al country di qualche anno fa, si parla ora di una svolta verso nuove sonorità rock, come testimonierebbero le recenti cover live di Zombie e Heart of glass, che saranno incluse nell’edizione digitale dell’album, mentre tra le collaborazioni compaiono anche i nomi di Billy Idol e Joan Jett.
Uscirà il 5 febbraio in digitale, CD e vinile Medicine At Midnight, l’atteso nuovo album dei Foo Fighters.
Si tratta del decimo disco della band, che quest’anno ha festeggiato 25 anni di carriera. Prodotto da Greg Kurstin e dai Foo Fighters, registrato da Darrell Thorp e mixato da Mark “Spike” Stent, Medicine At Midnight racchiude in 37 minuti 9 tracce.
È già disponibile in digitale Shame Shame, il primo singolo che anticipa l’album.
Il 7 novembre la band, ospite dell’amico Dave Chappelle, ha trasformato il Saturday Night Live in una festa rock’n’roll eseguendo il brano per la prima volta dal vivo.
Questa la tracklist di Medicine At Midnight:
Making a Fire Shame Shame Cloudspotter Waiting on a War Medicine at Midnight No Son of Mine Holding Poison Chasing Birds Love Dies Young
I Foo Fighters si esibiranno in Italia il 12 giugno 2021 agli I-Days a Milano (per info: www.livenation.it/).
15 anni. Tanto è il tempo passato da quando i System Of A Down hanno pubblicato musica inedita.
Poi il richiamo all’impegno civile si è fatto sentire e la band non si è tirata indietro.
Il mese scorso John Dolmayan, profondamente scosso dagli attacchi a sorpresa ingiustificati e dai bombardamenti di civili perpetrati da Azerbaigian e Turchia (la Turchia è stata responsabile del genocidio di 1,5 milioni di armeni nel 1915 e di oltre 100 anni di negazionismo), ha mandato un messaggio ai tre compagni della band: «Ho scritto ‘non importa cosa pensiamo l’uno dell’altro, non importa quali problemi ci siano stati nel passato, dobbiamo metterli da parte perché quello che sta accadendo è più grande dei System Of A Down e più grande di tutti noi… dobbiamo fare qualcosa per sostenere il nostro popolo’».
Insieme, in una successiva call, tutti i membri del gruppo – Daron Malakian, Serj Tankian, Shavo Odadjian e John Dolmayan – hanno espresso la stessa preoccupazione e convenuto sull’importanza vitale di aiutare in qualche modo, nel modo in cui conoscevano meglio: la musica.
Da questa urgenza civile sono quindi nati due inediti rilasciati ora in digitale, Protect The Land e Genocidal Humanoidz.
Entrambe le tracce sono prodotte da Malakian, che ha anche scritto la musica e i testi.
Le royalties provenienti dallo streaming e dalla vendita sono destinate all’Armenia Fund.
«Le aggressioni e le ingiustizie continue contro il popolo armeno in Artsakh e in Armenia da parte dell’Azerbaigian e della Turchia sono una violazione dei diritti umani e un crimine di guerra – ha affermato Tankian – Tutti noi System ci rendiamo conto che questa è una battaglia esistenziale per la nostra gente, quindi è molto personale per noi. Ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento è che il mondo metta da parte la politica e sostenga l’Armenia sanzionando la Turchia e l’Azerbaigian e riconoscendo l’Artsakh».
Nel video di Protect The Land sono presenti filmati recenti delle proteste e dei combattimenti sul campo in Artsakh, rivisitati in modo molto personale.
Come sempre, Odadjian ha prodotto il video musicale e ha curato la copertina e la grafica del progetto: «Volevo mostrare l’unione della nostra gente in tutto il mondo per una causa comune, illustrando il potere in numeri – ha spiegato – quindi abbiamo riunito persone di tutte le età e professioni che credono e lottano per questa stessa causa. Una cosa è avere un’idea, ma vederla prendere vita come è successo con questo video, è stato semplicemente incredibile».
Tea for the Tillerman, l’album che nel 1970 ha segnato il successo di Yusuf / Cat Stevens, compie 50 anni.
Per festeggiare questo importante anniversario, il prossimo 18 settembre l’artista britannico pubblicherà una nuova versione del’album, Tea for the Tillerman², con nuovi arrangiamenti a distanza di mezzo secolo.
La nuova copertina dell’album illustra la stessa pittoresca scena Tea-Time dell’album originale, ma cinquant’anni dopo. Tillerman è tornato da una spedizione nello spazio e ha scoperto un mondo decisamente più oscuro. I due bambini stanno ancora suonando accanto a lui ma questa volta ascoltano in streaming la musica più recente e comunicano via FaceTime sui loro telefoni cellulari.
Il concept di Tea for the Tillerman² nasce da una conversazione tra Yusuf e suo figlio su come celebrare il cinquantesimo anniversario dell’album. Da lì l’idea di re-immaginare e ri-registrare le canzoni. Paul Samwell-Smith si è occupato della produzione nel Sud della Francia nell’estate del 2019 ai Fabrique Studios, vicino a St Remi. Lo studio ha una storia interessante, essendo stato in passato una fabbrica per tingere le prestigiose giacche rosse degli ussari di Napoleone, oltre ad essere sede di una delle più grandi collezioni di cinema classico francese e dischi in vinile. L’intera esperienza di registrazione è stata inoltre filmata.
“Anche se il mio cammino di cantautore non è limitato a Tillerman, le canzoni di quell’album mi hanno sicuramente definito ed hanno indicato la strada per il viaggio della mia vita misteriosa. Da quelle session originali ai Morgan Studios di Willesden nel 1970, Tillerman è cresciuto ed ha sviluppato la propria influenza sulla storia della musica e come colonna sonora per la vita di così tante persone. Come se il destino fosse in attesa di accadere, T4TT² sembra che il tempismo del suo messaggio sia arrivato di nuovo”. ha dichiarato Yusuf.
Molte delle 11 canzoni del Tillerman originale furono scritte da un Cat Stevens ventiduenne immerso nella sua Soho alla fine dei swinging sixties; ora vengono riproposte dopo una vita di introspezione e sono viste da una nuova prospettiva.
Tea for the Tillerman² vede Yusuf riunirsi con due dei personaggi chiave dell’album originale: il produttore Paul Samwell-Smith e il chitarrista Alun Davies. A loro si aggiungono il bassista Bruce Lynch, membro della band di Yusuf dalla metà degli anni ‘70, il chitarrista Eric Appapoulay e il polistrumentista Kwame Yeboah (percussioni e tastiere) che fanno parte dell’attuale live band di Yusuf; hanno inoltre partecipato alle registrazioni il chitarrista Jim Cregan, il tastierista Peter Vettese e David Hefti, che ha contribuito al sound di Yusuf dal vivo e in studio per quasi dieci anni, engineer delle session di registrazione.
Side A Where Do The Children Play? Hard Headed Woman Wild World Sad Lisa Miles From Nowhere
Side B But I Might Die Tonight Longer Boats Into White On The Road To Find Out Father And Son Tea For The Tillerman