“Premetto che sotto la doccia canto da paura… ma quel pomeriggio avevo cantato di merda. Questa volta ho aspettato un po’. Volevo fosse tutto come l’avevo immaginato. Volevo descrivere tutto quello che ho passato in quest’ultimo anno: persone che ho conosciuto, bar dove ho bevuto, relazioni che ho buttato…tutto. Sono felice. Racchiudere tutto ciò in una parola potrebbe sembrare riduttivo, ma pur sempre un bell’inizio”.
Tutto questo è finito in Uramaki, il nuovo, spiazzante singolo di Mahmood. Quello che ci vuole adesso è un bell’album…
Il 20 aprile uscirà Inesse, il nuovo album di Erio, che segue di tre anni l’esordio con Für El. Ad anticiparlo è il singolo Limerence.
Nel video – diretto da Gabriele Paoli e girato ai Blundell Street Studios di Londra- Erio canta circondato da donne e uomini che a turno interpretano il romanticismo e l’ossessione espressi nella canzone in una serie di scene sensuali e a volte inquietanti. Ogni trama mostra un lato differente dell’angoscia e paranoia causata dall’amore ossessivo, rappresentato da un liquido nero che sporca i personaggi.
“Una notte, sognai una voce che mi diede una data, quella della mia morte. Non ho intenzione di rivelarla, ma all’improvviso, avendo sempre vissuto nella paura della punizione divina, ero certo che non sarei morto il giorno dopo, o anche dieci anni dopo. È stato incredibilmente liberatorio. Ho deciso di recuperare il tempo perduto, di vivere finalmente la mia vita.” E’ partito così il lavoro del secondo secondo album di Nakhane, You Will Not Die, in uscita il prossimo 16 marzo.
Nonostante la sua giovane età, Nakhane ha alle spalle storia fatta di accettazione e autoaccettazione, lotta per l’emancipazione e lotte spirituali. Nato ad Alice da una famiglia Xhosa (il secondo gruppo etnico per grandezza in Sud Africa, dopo lo Zulu) e cresciuto a Port Elizabeth, ha rinunciato alla fede cristiana per accettare se stesso e il giudizio degli altri: “Quando ero cristiano e pregavo Dio tutti i giorni, provavo solo odio per me stesso. Ogni giorno della mia vita, facevo tutto il possibile per essere come gli altri, per essere eterosessuale. Ero persino convinto che sarei stato in grado di “guarire” la mia omosessualità. Vivevo nella costante paura; controllavo me stesso in ogni momento.”
Questo bisogno di autoaffermazione si è quindi riversato nel suo secondi disco, in cui Nakhane ha ricercato suoni più audaci, passando dalla chitarra acustica al pianoforte e scrivendo utilizzando computer e sintetizzatori senza perdersi però nelle infinite possibilità offerte dall’elettronica: “Sapevo di volere dei suoni elettronici. A Johannesburg, senti molti artisti suonare in acustico solo per sembrare più “autentici”, ma non funziona. I suoni dei gay club techno sono molto più veri per me.” Ciò che ne è venuto fuori è un disco elettro-soul sperimentale e sensuale, in cui non mancano le influenze africane: c’è la bellezza quasi liturgica di Violent Measures, conle sue armonie fraterne e i vocals cristallini; c’è l’insistenza elettrizzante in levare di Clairvoyant; il languore sensuale e spirituale di Presbyteria, dove Nakhane descrive la prima chiesa in cui si è recato, ad Alice; o l’atmosfera magica e oppressiva di The Dead con le sue chitarre blues e le sue misteriose armonie, dove Nakhane menziona i suoi antenati Xhosa. In Star Red Nakhane rende anche omaggio a sua nonna (“una ribelle alla sua religione, fu una delle prime persone a dirmi di vivere la mia vita come mi pareva opportuno”).
Sembra quindi naturale che un artista così nomini influenze eclettiche che dai musical americani, spaziano a Marvin Gaye, Nina Simone, Ahnoni, David Bowie, ma anche Busi Mhlongo, Simphiwe Dana, Mbongwana Star, TkZee.
BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
Forse il suo nome non vi dice ancora niente, ma questa ragazza va tenta d’occhio, perché si candida a diventare una delle più promettenti stelle nel futuro dell’r’n’b. Stiamo parlando di Kelela, americana con sangue etiope nelle vene e idee molto chiare in testa. Attiva sulle scena già da qualche anno, dopo alcuni EP che hanno attirato l’attenzione del pubblico e dopo essere stata coinvolta in progetti importanti come quello di Solange, lo scorso ottobre ha pubblicato il suo album di debutto, Take Me Apart, una combinazione perfetta di alternative r’n’b ed elettronica. Per capirci, Kelela è figlia di quell’r’n’b che anni fa ha reso grande una come Janet Jackson, solo che appartiene almeno a una generazione successiva, e il suo suono compie un balzo in avanti con produzioni più azzardate in favore di una fusione di stili ammaliante e un po’ più lontana dal panorama mainstream (su tutti, Arca, genio contemporaneo dell’elettronica).
Quella di Kelela è una seduzione sonora fatta di bassi felpati, spirali di sintetizzatori e linee melodiche flessuose e una voce ipnotica come poche altre. Nei testi la ragazza ci va giù abbastanza dura, nel segno di un femminismo sfrontato in cui ben poco testa del romanticismo e si afferma la figura di una donna non solo indipendente, non solo delusa dalle promesse dell’amore, ma anche fieramente spudorata, lei pantera dalla pelle d’ebano che si muove nell’industria discografica.
Se con Lemonade Beyoncé ha gridato al mondo il suo manifesto femminista con toni qualche volta bellicosi, con Take Me Apart Kelela lo sussurra, ci incanta e ci fa cadere nella sua tela fatale.
Il tempo passa, ma Justin Timberlake resta sempre lo stesso. Eccolo qui, fresco fresco di ritorno con Filthy, il singolo che anticipa il tanto atteso nuovo album, Man Of The Woods, in arrivo il 2 febbraio, giusto in tempo per il Super Bowl. Un pieno di beat tra r’n’b e funk! This Song Should Be Played Very Loud…
Giovedì 7 dicembreFarruko arriva a Milano per un imperdibile concerto live presso i Magazzini Generali (via Pietrasanta 16). Il celebre cantautore portoricano, seguito da milioni di sostenitori sui social, presenterà al pubblico italiano i suoi più grandi successi Apprezzato per la sua grande versatilità musicale e interpretativa, ha dimostrato il suo talento nella maggior parte dei sotto-generi della musica urbana come reggaeton, rap, hip-hop, r’n’b e il trap latino, che lo hanno portato a collaborare con artisti del calibro di Sean Paul, Balvin J, Nikki Jam e molti altri. L’ultima sua produzione è TrapXficante. La tappa milanese sarà l’occasione per scatenarsi sulle note dei suoi più grandi successi come il brano 6AM con J Balvin passando per il più recente Sunset. I biglietti per l’evento sono già disponibili in prevendita su www.mailticket.it, presso i circuiti di vendita abituali o acquistabili direttamente in loco.
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
11 anni. Tanto ci ha messo Fergie a tornare in pista. Cioè, a dir la verità non sono stati proprio 11 anni di silenzio questi, perché in mezzo ci sono stati due album con i Black Eyed Peas e qualche brano inedito snocciolato durante il percorso. Però insomma, il secondo capitolo della sua carriera solista si apre adesso, con Double Dutchess, un discone di 17 tracce a cui va ad aggiungersi anche il pacchetto di tutti i video (tranne You Already Know) nella Visual Experience, riuniti nel film Seeing Double. Un po’ insomma come aveva fatto Beyoncé con il Visual Album di qualche anno fa. Ampiamente anticipato da L.A. Love, M.I.L.F. $ e Life Goes On, Double Dutchess restituisce una Fergie in pienissima forma, anche se forse un po’ appannata dal punto di vista mediatico, ma desiderosa di buttarsi ancora al centro della mischia con un album generosissimo di spunti e poderoso nei suoni. Quello che colpisce da subito è l’atmosfera decisamente urban in cui è immerso Double Dutchess, capace di passare attraverso momenti molto diversi, con poco spazio riservato al puro pop: l’apertura, grandiosa e sorprendente, è affidata ad Hungry, con le sue note oscure e quasi goticheggianti di trap (dentro ci è finito addirittura il campionamento di Dawn Of The Iconoclaste, successo dei Dead Can Dance) e il featuring di Rick Ross, mentre le tracce successive sono una raffica di variazioni che dal più classico R&B toccano l’hip-hop, il reggae, l’elettronica, per arrivare a chiudere in bellezza con i fuochi d’artificio grazie il rock ardente e affilato di Love Is Pain, in cui si intravede – neanche troppo velata – l’anima di Purple Rain di Prince in un omaggio non ufficialmente dichiarato. Assolutamente spassosissimi i toni tropicali di Enchanté (Carine), insieme ad Axl Jack, il figlio di Fergie, così come il potente giro di funk di Tension, che sembra – a dirla tutta – rubata dagli archivi di Kylie Minogue.
Insomma, un album sfaccettato e studiatissimo per il ritorno di una protagonista di prima linea degli anni Duemila, che si trova oggi circondata dall’affamata schiera della nuova generazione e che sapeva quindi di doversi giocare il tutto per tutto per dimostrare che oggi c’è ancora posto lei. Almeno sulla carta, il risultato non manca di ispirazione e parrebbe darle ragione: dopo tanti anni Fergie è tornata, c’è, e tiene perfettamente il passo con i tempi.
Sul versante video invece c’è da segnalare qualche punto di domanda rimasto in sospeso, dal momento che in più di un episodio l'”esperienza visuale” si rivela essere non molto di più che un semplice contenuto bonus aggiunto alla versione audio. Portando il confronto sull’analoga operazione di Beyoncé, la signora Carter – tra l’altro citata tra le fonti d’ispirazione – si porta a casa la vittoria a mani basse. Tra i momenti da salvare, sicuramente l’intensità immaginifica di Love Is Pain.
Dopo il successo dello scorso anno, da venerdì 22 settembre, ritorna ufficialmente la nuova stagione dei Magazzini Generali di Milano (via Pietrasanta 16), con un inedito e straordinario special opening new season party firmato Habitat, il party a ritmo hip hop, r’n’b e reggaeton, che con cadenza mensile conquisterà il venerdì notte di moltissimi giovani irriducibile del party.
In linea con la scena internazionale e sull’onda della crescita degli ultimi anni anche in Italia, della musica hip hop, Habitat #TheRealHipHopAttitude è un format che nasce con l’idea di dar vita ad una serata dalle sonorità hip hop e non solo, per soddisfare le esigenze di un pubblico appassionato sia del filone “Old school” sia delle nuove tendenze rap.
Durante l’evento ai Magazzini i resident dj proporranno un set musicale armonico in grado di spaziare dall’hip hop made in U.S.A (Old school, R‘n’B e Trap) sino ai ritmi più latini del reggaeton e dembow.
Per la speciale serata di apertura ad alternarsi in consolle saranno dj Blitz e dj Telaviv. I biglietti per assistere allo show sono già disponibili in prevendita o acquistabili direttamente in loco.
Ingresso entro 00:00 donna gratuito e 10€ uomo con drink incluso Ingresso dopo 00:00 10 € donna e 15€ uomo con un drink incluso Con tessera universitaria 10€ con drink tutta la notte.
Taylor Swift deve soffrire di una qualche crisi d’identità: dopo aver spiazzato tutti con l’r’n’b elettronico e tagliente di Look What Me Made Me Do, ha rilasciato a sorpresa … Ready For It?, un altro inedito tratto dal nuovo album Reputation. E se possibile, qui l’avanzata di Taylor nel territorio dell’universo urban si è fatta ancora più decisa, arrivando a sfiorare il rap.
… Ready For It? è un brano che troverebbe tranquillamente posto in un album di Beyoncé o di Rihanna, ma non sfigurerebbe nemmeno come una delle innumerevoli opere sfornate dalla prolifica Nicki Minaj, sempre in equilibrio tra hip hop, pop ed elettronica. Sarà un caso che dopo aver sentito l’inizio del pezzo la memoria mi è corsa subito a Hey Mama?
Insomma, la vecchia Taylor Swift è morta, lo abbiamo capito: al suo posto sembra essere arrivata … Tayloncé, o Taylor Minaj, fate voi!
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Ci sono tantissimi, probabilmente infiniti modi di fare pop. E le Fifth Harmony, tornate per il nuovo album in una formazione a quattro dopo l’abbandono di Camila Cabello, hanno scelto di restare più o meno fedeli a se stesse, infarcendolo di r’n’b, più qualche passaggio di hip hop, tanto per variare un po’.
Quando si parla di loro, o delle Little Mix, si scomoda quasi sempre il “girl power”, e il pensiero non può non correre ai gloriosi anni ’90, quando la scena era occupata da band come Spice Girls e All Saints. Gente che in quel periodo spadroneggiava nel pop, dettandone le regole e scrivendone pagine divenute fondamentali. Da allora a oggi di cose ne sono cambiate parecchie, e il “girl power” – se mai esiste ancora – è passato dalle mani delle band a quelle delle soliste, che sono le vere protagoniste del pop dei giorni nostri: Katy, Rihanna, Gaga, Miley, Taylor e via dicendo. Oggi le poche band rimaste devono accontentarsi di fare da sfondo al panorama musicale, soprattutto se, come le Fifth Harmony, pubblicano un disco di un’inutilità vergognosa: un campionario di cose sentite, risentite e ripetute, senza lo sforzo di provare almeno a rendere più interessante il tema. Non bastano gli ammiccamenti sexy, non bastano i ritmi affettati, non bastano nemmeno i featuring con Gucci Mane (per quanto Down sia l’unico momento salvabile). Tutta roba già vista. Fosse almeno divertente…
Ci sono milioni di modi di fare pop, e le Fifth Harmony hanno scelto il più insipido. Il girl power era un’altra cosa.