Back To The Future: i Soul System presentano la loro libera repubblica dei whiteniggas

I Soul System tornano al futuro, Back To The Future, come dichiara apertamente il titolo del loro primo album omaggiando la pellicola di Robert Zemeckis. Il riferimento è nella musica che riempie le 11 tracce del disco: soul, funk, dance, reggaeton, pop, tutto miscelato con echi del passato e rivisitato con i suoni di oggi.
Un album coloratissimo, una festa in musica dalla prima all’ultima nota che fa delle differenze e della varietà un punto di forza, proprio come hanno deciso di fare i cinque ragazzi.
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Tutti di origine ghanese, ad accezione dell’italiano Alberto, e cresciuti tra Verona e Brescia, i Soul System parlano di sé come di una grande democrazia, in cui ognuno svolge un ruolo ben definito e il contributo di tutti serve per la buona riuscita del progetto.
Dopo essersi fatti le ossa con un po’ di date dal vivo e dopo la vittoria all’ultima edizione di X Factor, hanno iniziato a mettere mano al progetto del disco, arrivando ad avere tra le mani più di 20 tracce, per poi scremare eliminando tutto ciò che poteva apparire troppo azzardato a livello di contaminazione: “Non abbiamo potuto fare tutto quello che avremmo voluto, certe cose erano davvero troppo avanti e troppo alternative, per cui ci siamo affidati al nostro produttore, Antonio Filippelli, che ci seguiva già a X Factor, e che è in grado di far stare il nostro suono nel bacino commerciale senza però toglierci l’identità. Ci stiamo costruendo poco per volta e adesso era essenziale proporre al pubblico qualcosa di immediato e che facesse venir voglia di ballare. I conti con mercato discografico vanno fatti”, confessa Leslie, l’anima rap della compagnia.
I riferimenti al passato si colgono immediatamente nel singolo Liquido, che riprende il nome della band tedesca che nel 1999 è arrivata al successo internazionale con Narcotic, di cui la canzone riprende la melodia; ma echi leggendari si ascoltano anche in Single Lady, che va invece ancora più indietro nel tempo fino a What Is Love, successone dance di Haddaway dei primi anni ’90.
È infatti soprattutto dal bacino sonoro degli anni ’80 e ’90 che hanno pescato i Soul System, dalla musica che ascoltavano sui vinili i loro genitori e dalla musica che hanno ascoltato loro sulle cassette quando erano piccoli, fino a Michael Jackson, James Browne, Earth, Wind & Fire, il gospel. Un salto nel tempo di almeno un ventennio, che oltre a marcare una profonda differenza stilistica mostra anche un diverso approccio alla musica: “Prima si stava in studio di registrazione per delle ore prima di arrivare ad avere la base di un brano, si provavano e riprovavano le sequenze di percussioni, oggi la tecnologia permette di accelerare i tempi”, dice Joel. “Oggi poi è tutto molto più contaminato, basta pensare che Drake ha fatto un album intero con i campionamenti. Bisogna star dietro a questi cambiamenti per non risultare vecchi”, gli fa eco David.
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Back To The Future è un omaggio al glorioso passato, ma nello stesso tempo è un manifesto di ciò che è il gruppo oggi. Anche per questo non sono stati coinvolti ospiti, per lasciare alla band tutto lo spazio di agire in libertà e fare in modo che al centro dell’album ci fossero solo i Soul System.
Tra le parole d’ordine pronunciate con più frequenza dai membri della band ci sono naturalmente beat, groove, flow, funky. E swagga, ormai slogan abituale del gruppo. E poi c’è un titolo, Whiteniggas, ovvero “negri bianchi”: un manifesto della filosofia del gruppo, un messaggio di uguaglianza e nello stesso tempo un invito a sfruttare le differenze. Se la musica è bella, lo è dappertutto e lo è senza distinzione di colori, pur essendo pienissima di colori. E chi potrebbe spiegarlo meglio di loro, quasi tutti africani che sono cresciuti in Italia e che cantano in inglese? Ecco perché siamo tutti whiteniggas.
Ma c’è ancora qualche frangente musicale su cui i Soul System non hanno ancora messo le mani? E’ Don Jiggy a parlare: “Già in questo primo album abbiamo toccato parecchi generi, ma forse non ci siamo addentrati molto nel reggae: lo abbiamo sempre fatto dal vivo, ma nei brani ne abbiamo messo poco, anche perché oggi il reggae si è evoluto nel reggaeton e nell’afrobeat”.
Evoluzione, varietà, fusione: è questa la democrazia dei Soul System.

Magazzini Generali: dal 22 settembre la nuova stagione con l’hip hop e l’r’n’b di Habitat

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Dopo il successo dello scorso anno, da venerdì 22 settembre, ritorna ufficialmente la nuova stagione dei Magazzini Generali di Milano (via Pietrasanta 16), con un inedito e straordinario special opening new season party firmato Habitat, il party a ritmo hip hop, r’n’b e reggaeton, che con cadenza mensile conquisterà il venerdì notte di moltissimi giovani irriducibile del party.

In linea con la scena internazionale e sull’onda della crescita degli ultimi anni anche in Italia, della musica hip hop, Habitat #TheRealHipHopAttitude è un format che nasce con l’idea di dar vita ad una serata dalle sonorità hip hop e non solo, per soddisfare le esigenze di un pubblico appassionato sia del filone “Old school” sia delle nuove tendenze rap.

Durante l’evento ai Magazzini i resident dj proporranno un set musicale armonico in grado di spaziare dall’hip hop made in U.S.A (Old school, R‘n’B e Trap) sino ai ritmi più latini del reggaeton e dembow.

Per la speciale serata di apertura ad alternarsi in consolle saranno dj Blitz e dj Telaviv.
I biglietti per assistere allo show sono già disponibili in prevendita o acquistabili direttamente in loco.

Ingresso entro 00:00 donna gratuito e 10€ uomo con drink incluso
Ingresso dopo 00:00 10 € donna e 15€ uomo con un drink incluso
Con tessera universitaria 10€ con drink tutta la notte.

Pónteme: tra Macarena e dembow, l’estate d’oro di Jenn Morel

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Tra tormentoni e tormentini di questa estate, ce n’è uno uscito in primavera e rimasto per qualche mese in sordina, ma che adesso si sta facendo strada a colpi di vigorose fiancate di dembow, una sorta di “cugino” del reggaeton e della dancehall: si tratta di Pónteme, il super pezzone d’esordio di Jenn Morel, cantante, ballerina e modella domenicana.

Nata e cresciuta nelle montagne della Repubblica Dominicana, Jennifer – nome poi tagliuzzato in Jenn – è emigrata negli Stati Uniti a 6 anni. Il suo inizio nel mondo dello spettacolo è stato come go-go dancer e cubista a New York, per poi fare l’ingresso nel corpo di ballo di LMFAO e Neyo e apparire nei video di Drake, Nicki Minaj e Trey Songz.
Alla musica è arrivata quasi per caso, proprio grazie a Pónteme: il brano è apparso sul profilo Instagram di Jenn come uno dei suoi #FlowFridays, una vetrina rap settimanale in cui improvvisava rime su basi strumentali: “Il mio passaggio alla musica è stata un’esperienza straordinaria. Quello che era iniziato come uno dei miei ‘flow’ da un minuto è cresciuto fino a diventare qualcosa di più grande di me, un modo per altre donne di avere fiducia ed esprimere loro stesse”.
Complici un astuto campionamento della Macarena e una coreografia sufficientemente provocante, Pónteme si è diffusa su Instagram con l’hashtag #PóntemeChallenge e i video di utenti alle prese con le sue mosse non si contano.

E proprio mentre la canzone stava facendo il giro dei dancefloor e delle radio di mezzo mondo, Jenn ha assestato un nuovo colpo con un nuovo singolo, 1990.
Anche in questo caso c’è di mezzo la ripresa di un altro successo, 1977 di Ana Tijoux, mentre il testo racconta la storia di una ragazza cresciuta nella Repubblica Dominicana con grandi sogni in testa.
Il pezzo è tratto dal mixtape #FlowFriday Vol.1.

E’ nata una stella o sta passando l’ennesima meteora? Vedremo. Intanto, nel dubbio balliamo…

#MUSICANUOVA: Jennifer Lopez, Ni Tú Ni Yo (feat. Gente de Zona)

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A 10 anni da Como ama una mujer, Jennifer Lopez torna allo spagnolo e a suoni latini con Ni Tú Ni Yo, singolo in collaborazione con Gente de Zona, duo cubano esperto in reggaeton e suoni urban.
Il brano fa da apripista al nono album di Jennifer – a quanto sembra intitolato Por Primera Vezin arrivo a settembre e realizzato completamente in spagnolo.

L’anteprima del nuovo singolo si è svolta a New York, durante un concerto offerto in occasione dei festeggiamenti per il 4 luglio.

Sono ormai anni che la Lopez non imbrocca un singolo di forte impatto internazionale e forse questa non è la via migliore per tornare ai fasti che furono, ma se c’è una cosa che non manca a Jennifer è il coraggio, anche solo per gli outfit…. 

BITS-RECE: Shakira, El Dorado. Scusi, permette un reggaeton?

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Ci sono state tre occasioni in cui mi sono davvero esaltato per una canzone di Shakira: la prima è stata per Whenever Wherever, che poi è stato quando l’hanno conosciuta più o meno tutti gli altri, la seconda è stata per Don’t Bother, l’altra è stata per She Wolf, che al momento rappresenta una delle sue più grandi delusioni discografiche. Per il resto, la (finta) biondona colombiana non mi ha mai entusiasmato più di tanto, nemmeno quando il mondo intero è andato in giuggiole per il tormentone di Waka Waka.
Ogni suo album è sempre stato una grande incognita, un dubbio diviso tra le sonorità latine (più o meno inevitabili, viste le sue origini) e quelle pop internazionali, e ammetto che alcuni capitoli della sua discografia me li sono proprio persi, eccezione fatta per i singoli passati in radio.

Per questo El Dorado un po’ di curiosità mi è venuta, vuoi per l’attesa che lo ha circondato, vuoi per il buon responso raccolto dai singoli usciti nei mesi scorsi. Il rischio di incappare in un tripudio di varie latinerie e stucchevoli ballate in spagnolo c’era, e lo sapevo, ma ho voluto rischiare almeno un ascolto.
Ecco, a giro di brani ultimato, posso dire che le cose sono andate meno peggio di come pensavo: il latin pop la fa da padrone alla grande (con un titolo come quello era ovvio…), ma senza portarsi dietro quelle atmosfere da spiaggia che di solito lo accompagnano come insopportabili cliché.
El Dorado è un disco che difficilmente ricorderò come tra i più entusiasmanti in cui mi sia imbattuto, ma alcuni episodi – anzi, forse anche più di alcuni – sono sicuramente da salvare, soprattutto quelli in cui Shakira concede spazio al ritmo, primo fra tutti il reggaeton, meglio ancora se lo irrobustisce con un po’ di elettronica (Me Enamoré, Chantaje, When A Woman), e poi l’r’n’b (Trap), che già tante volte ha fatto capolino nella sua produzione.

Un disco che in qualche modo cerca di far convivere anima latina e anima internazionale senza che una prenda a botte l’altra: come a dire, il mondo latino è il padrone di casa, ma i suoni internazionale sono ospiti più che graditi.
A conti fatti, non cambio idea, e continuo a preferire Shakira quando sceglie di uscire di casa e dedicarsi al pop di matrice statunitense, per cui resto in attesa di un nuovo album che ricordi i tempi in cui “c’era una lupa che ululava nell’armadio”, ma mi terrò El Dorado per quando, nelle sere d’estate, sentirò salire una voglia selvaggia di reggaeton.

#MUSICANUOVA: Baby K, Voglio ballare con te (feat. Andrés Ceballos)

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Si è fatta bionda e ha in testa una sola missione: ripetere il botto che due anni fa ha fatto diventare Roma-Bangkok un successo da 8 dischi di platino (ovvero 400 mila copie certificate) e oltre 170 milioni di views su Youtube.
Quest’anno Baby K ci prova con Voglio ballare con te e ad affiancarla è Andrés Ceballos, membro degli spagnoli Dvicio.

La formula del singolo con la Ferreri è stata replicata (un po’ troppo) al dettaglio: suoni reggaeton, testo estivo che più estivo non si può e Takagi & Ketra chiamati alla produzione.

La guerra a Despacito è aperta: ne riparliamo a settembre.

#MUSICANUOVA: Shakira, Chantaje feat. Maluma

Shakira torna con un bel reggaeton!
Chantaje arriva dopo la collaborazione con Carlos Vives in La Bicicleta ed il è primo singolo ufficiale in lingua spagnola della star colombiana dopo La la la.
Shakira è attualmente in studio a lavorare al nuovo album in lingua spagnola di prossima uscita.