#MUSICANUOVA: Pugni, “Foglie morte”

#MUSICANUOVA: Pugni, “Foglie morte”

“L’autunno è solo una primavera
con le foglie morte”

Dopo Orchestra di silenzi,  Spigoli e Falco Ubriaco, Pugni torna con Foglie morte, quarta anticipazione dell’album d’esordio in uscita l’11 ottobre.

Una canzone per fuggire dai nostri autunni più difficili, quelli interiori, dall’immobilismo del tempo, dal vortice di nulla che a volte sembra risucchiarci.

In Foglie Morte Pugni riflette sulla ciclicità dell’esistenza, sull’importanza del saper ripartire da zero anche quando sembrano non esserci prospettive, trovando il coraggio di affrontare i momenti e i sentimenti negativi e anzi facendone anche una risorsa.

“Le foglie morte in autunno si depositano sulle radici dell’albero da cui sono cadute, marciscono e fanno da concime all’albero stesso, permettendogli di crescere più forte di prima. Racconta Pugni. Questa canzone nasce proprio da questa riflessione ed è un invito a fare come gli alberi, capaci di fiorire ancora più rigogliosi in primavera proprio grazie a ciò che hanno perso durante l’autunno.”

Le emozioni sono cicliche, come le stagioni, e quindi nessun autunno è per sempre.

Pugni presenterà il suo disco d’esordio in un release party l’11 ottobre a OFF TOPIC a Torino. Biglietti qui

Stasera non vorresti esistere

Sulle stesse righe da tre ore

E non la guardi la televisione

E la musica è troppo rumore

sei solo stanco o forse debole?

sei strano o sei super sensibile?

ti tocca tutto, l’allegro chirurgo

di un cuore di lacrime

ma puoi stare tranquillo

è questione di tempo

se sta arrivando freddo

l’autunno è solo una primavera

con le foglie morte

con le foglie morte

l’autunno è solo una primavera

con le foglie morte

con le foglie morte

ripensi così tanto al passato

che hai fatto il giro e parli dal futuro

una voce all’orecchio

ci sei tu da bimbo

ti spiega perché

l’autunno è solo una primavera

l’autunno è solo una primavera

con le foglie morte

con le foglie morte

l’autunno è solo una primavera

con le foglie morte

con le foglie morte

#MUSICANUOVA: PUGNI, “Falco ubriaco”

#MUSICANUOVA: PUGNI, “Falco ubriaco”

Una canzone che precipita in picchiata per poi riprendere quota, raccontando di un crollo e di una ricostruzione dell’anima.

Falco Ubriaco è il nuovo singolo di PUGNI.

Un brano dallo spirito rock, inquieto e tormentato, e dal testo profondamente personale, capace di raccontare con coraggio e consapevolezza un proprio periodo buio e la conseguente rinascita.

Il brano fa riferimento infatti a un episodio realmente accaduto all’artista. 

“Nel 2018 avevo 25 anni, mi stavo laureando in psicologia, ma al tempo stesso ero un paziente che oggi seguirei con molto trasporto. Non era un bel periodo per la mia salute mentale e usavo l’alcol come farmaco.

Una mattina stavo tornando a casa dopo una serata in compagnia di persone con cui condividere la necessità di spegnere il cervello. Barcollando, camminavo sul muretto dell’argine dell’Arno, a Pisa, con la netta percezione che fosse qualcosa di estremamente pericoloso ma con un’insensata fascinazione verso il vuoto sotto di me. Alla fine la mia ombra ebbe la meglio: sono caduto (Scivolato? Buttato? Non l’ho mai capito) sul cemento. Dopo non so quanto tempo, mi sono risvegliato a terra con il bacino rotto, qualche graffio e l’incapacità di respirare per alcuni secondi. 

Quella piccola morte è stata la mia risurrezione: fui obbligato a restare immobile per due mesi, ritrovai la mia strada e mi rimisi in piedi con rinnovata energia. Poco dopo poi conobbi una ragazza che mi aiutò a ritrovarmi nella luce dei suoi occhi”.

Falco Ubriaco è una lettera di PUGNI a sé stesso, per ricordare i propri limiti e i propri errori, ma al tempo stesso è una lettera di ringraziamento alla persona che l’ha salvato e gli ha fatto ritrovare la luce.

È un’esplosione di dolore, liberazione e redenzione, in cui la voce grida con forza, in tutta la sua dolce e potente ruvidità, il groviglio di sentimenti e riflessioni che quella caduta ha risvegliato. E lo fa volando sopra un riff dagli echi grunge di Danny Bronzini, e a un mondo di emozioni tribali trasmesso nell’uso delle percussioni. Il tutto cucito insieme con armonie ben studiate e melodie intense: quello stile sonoro che, fondendosi al suo costante lavoro di introspezione testuale, dà a ogni canzone di Pugni un’intensità speciale.

Torni da solo dopo troppa compagnia

Anche stavolta sei fuggito grazie a una bugia

Con una bussola che punta su improvvisa

Corri sui tetti dei palazzi tu sei pazzo

Falco ubriaco tu fai cose eclatanti

Tipo ti butti da sei metri per vedere se ancora rimbalzi

Son troppo veri questi tuoi nuovi salti

E lo faresti davvero se non pensassi sempre agli altri

Sempre agli altri

Magari è vero che la cura sono i sentimenti

Certe cose tu le immagini ma non le senti

Poi tra la polvere una chimica improvvisa

Sorride pure quando scopre che sei pazzo

La tua saliva mi fa cose eclatanti

Tipo ti scrivo una canzone poi ti immagino nuda mentre la canti

Per questo volo non mi servono salto

Falco ubriaco dall’alto cado in picchiata sui tuoi sguardi

Sui tuoi sguardi

Colpi d’ali nello spazio-tempo senza gravità

Sono ai limiti dell’universo, cosa c’è di là?

Non mi chiedo più a che cosa servo

Ora sono qua

Ora sono qua

Ora sono qua

Falco ubriaco tu fai cose eclatanti

Tipo ti butti da sei metri sfiori il suolo e ti rialzi

Sei decollato per fuggire dagli altri

Falco ubriaco alla fine ci sei riuscito a ritrovarti

Nei suoi sguardi?

#MUSICANUOVA: PUGNI, “Spigoli”

#MUSICANUOVA: PUGNI, “Spigoli”

Dopo la disarmante sincerità del brano d’esordio Orchestra di silenziPUGNI torna con Spigoli, una canzone che parla di amore, o perlomeno del tentativo di amarsi.

“Stavo attraversando un periodo difficile in una relazione molto importante” racconta Pugni, “un momento in cui le reciproche parti oscure stavano venendo a galla, fino a rendere impossibile l’incastro dei diversi pezzi. C’è sempre il rischio di farsi del male con le parti più spigolose delle nostra personalità: nessuno spigolo può essere veramente smussato a certi livelli di profondità. Non resta che ribaltarli, trasformare gli spigoli in angoli, in cantucci caldi dove nascondersi insieme.

La scrittura di Lorenzo Pagni, di giorno psicologo e di notte artista, non si ferma mai a una visione superficiale, ma scava in profondità e nella complessità dei legami umani, mettendosi a nudo con rara onestà e introspettività.

Nei suoni e nelle parole di Spigoli riecheggia il mare: i protagonisti del pezzo sono in balía dei loro sentimenti e, come naufraghi, affrontano le tempeste della relazione.

La canzone si muove come una marea: da una quiete e dolcezza iniziali, l’intensità e la tensione aumentano fino a esplodere in un finale tempestoso, sporco e liberatorio, una sorta di orgasmo emotivo in cui si fondono eros e thanatos per poi chiudersi in un abbraccio finale, una carezza che porta con sé la consapevolezza del distacco imminente.

“Orchestra di silenzi”, l’urgenza di scrittura di Pugni

Ho capito chi sono veramente quando ho smesso di raccontarmi per quello che credevo di essere.
Orchestra di silenzi è un invito ad abbandonare l’immagine che abbiamo di noi stessi per aprirci al cambiamento, alla trasformazione e all’evoluzione. Nasciamo partendo da un nucleo meraviglioso e fragile, cresciamo aggiungendo strati protettivi che, nel tempo, si induriscono come roccia.
È anche un invito al maschio, figlio sano del patriarcato (di cui mi sento pienamente parte), ad abbandonare l’immaginario dell’uomo forte, stabile, a cui non è concesso aprirsi troppo perché fuori luogo, fuori ruolo.

Orchestra di silenzi è il singolo d’esordio di Pugni.
gni nota è intenzionale, ogni parola ponderata. Gli echi grunge si intrecciano con il pop in un modo che va oltre la mera fusione di suoni, ma piuttosto si trasforma in un’esperienza narrativa. Le liriche sono dense di significato, mentre la struttura e la voce si svelano come un viaggio emozionale nella rabbia e nella bellezza, sfidando le convenzioni e portando avanti il concetto di autenticità nella musica pop contemporanea.

Il singolo, che anticipa l’album d’esordio dell’artista previsto per ottobre 2024, esce non a caso l’8 marzo.
Racconta il cantautore: “La piaga della violenza sulle donne è spesso uno specchio della violenza, fisica e psicologica, a cui sono stati sottoposti gli uomini durante la crescita. Il patriarcato esercita sul maschio una pressione insostenibile che rischia troppo spesso di esplodere in rabbia e violenza. C’è sicuramente necessità di denunciare, ma anche di rieducare, comprendere e curare.
In questo giorno così importante, faccio la mia piccolissima parte dicendo che non è possibile curarsi guardandosi allo specchio. Il “ce la faccio da solo” è l’ennesimo tentativo di mantenere un’immagine di sé costruita su principi vecchi e malati.
Puoi smettere di orchestrare i tuoi mostri nascondendoti e rimanendo in silenzio. Non c’è da
vergognarsi. Parlane, confrontati, fatti aiutare. Non sarai meno uomo per questo.
Questa incapacità di trattare le emozioni porta alla necessità di nasconderle nei cessi delle feste e dei concerti, dove le droghe abbondano come sedativi e diversivi alla libera espressione di sé.
Dentro questo pezzo c’è anche il significato del mio nome d’arte: Pugni, oltre ad essere un gioco di parole col mio cognome, è il ricordo di un periodo in cui la rabbia e l’aggressività mi impedivano di cogliere la complessità e la bellezza di tutti i vari colori emotivi che non mi permettevo di usare per dipingere i miei giorni.
Questo pezzo è nato in studio, di pari passo con la produzione. Assieme a Kendo abbiamo cercato di esprimere una sensazione di liberazione, come una corsa in riva al mare dopo essere stati incarcerati per anni.
È probabilmente il mio pezzo preferito, quello che mi fa urlare fuori i blocchi emotivi.

 

Lorenzo Pagni, in arte Pugni, nasce a Pisa il 19/06/1993.
Si avvicina allo studio della musica a 11 anni, suonando la batteria come primo strumento, che nel corso degli anni sostituisce con la chitarra per poter avere più possibilità espressive, ma per anni la sue principale attività è lo sport. Passa le giornate in canoa, sorretto dall’acqua e circondato dagli alberi del suo caro fiume Arno, ripetendo e affinando lo stesso gesto milioni di volte.
La musica rimane sempre con lui, ma è una cosa troppo bella che non riesce a concedersi totalmente. Col tempo, però, si accorge di quanto sia ampio il divario tra i suoi desideri e le sue azioni quotidiane.
Le sue canzoni rimangono segretamente nascoste in camera sua per anni, nel frattempo Pugni inizia a lavorare nei locali notturni come barman, musicista e dj e recupera la mondanità e il divertimento perso durante l’adolescenza, forse pure troppo.
Nel 2020 saluta il fiume, il mare e i pescatori per spostarsi a Torino.
È qua che Pugni inizia a esprimersi per quello che è.
L’incontro con Danny Bronzini (Jovanotti, Willie Peyote, Venerus), suo concittadino trasferitosi a Torino, è determinante nel proprio percorso di crescita artistica e nell’adozione di una visione matura del processo creativo.
Parallelamente all’attività di musicista, Lorenzo si laurea in psicologia e inizia a lavorare come psicologo in una clinica psichiatrica, dove ascolta storie di vita al limite del credibile.
La complessità delle persone che incontra gli fornisce il materiale emotivo per scrivere, che diventa non solo una necessità espressiva, ma un vero e proprio strumento terapeutico con cui poter esorcizzare il dolore.