Quattro dischi per raccogliere oltre 40 anni di carriera, segnati da una costante e folle spinta verso il futuro. TVB – The Very Best è la nuova raccolta pubblicata da Sony Legacy dedicata alla PFM – Premiata Forneria Marconi, una delle realtà più innovative della musica italiana. Non è forse un caso se dopo tanti anni di attività, la band si è portata orgogliosamente a casa il premio come Band internazionale dell’anno ai Prog Music Awards UK 2018.
Tante cose sono cambiate da quel 1970 che ha decretato la nascita ufficiale del gruppo: diversa era la società, diverso era il clima politico, diversa era la musica, e diversa era la PFM, che poi uguale a se stessa non lo è mai stata.
“All’inizo la PFM era come un tir lentissimo, procedeva per tentativi, un passo alla volta: un giorno si imparava un passaggio, il giorno dopo un altro, poi si dimenticava tutto e si doveva ricominciare fino a quando non si arrivava alla frase completa. Però questo ci ha permesso di restare nel tempo, perché oggi la musica va molto più veloce, come le macchie da corsa. Gli artisti però non sono tutti Hamilton e alla prima curva molti sbandano”, spiega Patrick Djivas, che dopo aver fondato gli Area, nel 1973 è entrato nella PFM diventandone una colonna portante insieme a Franz Di Cioccio.
Nei quattro dischi del cofanetto nessuno degli album della PFM viene trascurato, dal Storia di un minuto all’ultimo Emotional Tattoos, pubblicato lo scorso anno: la tracklist di quasi 50 brani è arricchita di chicche e il booklet curato da Sandro Neri racchiude commenti, aneddoti e un’intervista a Di Ciocco e Djivas, mentre la parte fotografica porta la firma di Guido Harari.
Parlando di questa nuova raccolta (“è una storia di vita”), Di Cioccio e Djivas lo ripetono più di una volta: se c’è qualcosa che è rimasto costante nella storia della PFM è proprio l’incapacità di restare ferma, uguale, perché era troppo forte la voglia di scoprire: c’era “l’intrigo“, come lo definisce Di Cioccio, quella spinta a continuare a ricercare, sperimentare, magari partendo da una semplice improvvisazione sul palco durante un concerto. Mai un live uguale all’altro, e mai una canzone riproposta nello stesso modo: anche la celeberrima Impressioni di settembre è stata incisa e riproposta in tante versioni, una diversa dall’altra.
“Per arrivare a quel suono abbiamo fatto un po’ di tentativi”, spiega Djivan. “Ervamo arrivati a superare la forma-canzone, ma mancava il suono giusto, e alla fine l’abbiamo trovato con il moog. All’apoca però non esisteva la strumentazione digitale, non c’erano i computer che si potevano programmare e che potevano riproporre lo stesso identico suono, per cui tutte le volte che suonavamo la canzone il suono era sempre un po’ diverso. La versione del singolo, che in origine era il lato B di La carrozza di Hans, è diversa da quella dell’album. Ancora oggi ci rifiutiamo di suonare con i computer durante i concerti, perché dovremmo essere noi a loro servizio: noi invece vogliamo essere liberi di improvvisare e di far durare una canzone anche 10 minuti”.
“Ecco perché noi non facciamo ‘serate’, ma sempre dei ‘concerti’, non ce n’è uno uguale all’altro”, gli fa eco Di Cioccio, che definisce l’ultima raccolta la “storia di una vita”.
Continua Djivas: “Una volta la musica era un mezzo di aggregazione e di libertà. In casa mi ricordo che per poter parlare a tavola dovevo chiedere il permesso a mio padre, così come per prendere un pezzo di pane: la musica invece permetteva a tutti di esprimersi, ognuno a suo modo. Anche per questo non mi piacciono molto i talent show, perché mettono gli artisti in competizione tra loro”.
“All’epoca dei Festival di Re Nudo la musica non aveva barriere: chi faceva rock frequentava chi suonava il blues, mentre oggi se fai rap non puoi essere amico di chi fa rock. Ci sono molti artisti con cui avremmo magari voglia di lavorare per sperimentare e fare qualcosa di folle, un salto nel buio come quello che abbiamo fatto insieme a Ivan Cattaneo o Alberto Fortis, che all’epoca era un ragazzo molto vitale e un po’ sperduto, ma vorremmo che siano gli altri a farci la proposta. Noi siamo sempre qua, non chiudiamo nessuna porta: se qualcuno si sente pronto a fare una follia deve solo chiedercelo. Con De Andrè questo salto nel buio lo abbiamo fatto: l’unica cosa che chiediamo è di lasciarci lavorare in totale libertà. Se quello che proponiamo non piace, lo possiamo cambiare, ma non nessuno deve metterci dei vincoli”.
E a proposito di Faber, a vent’anni dalla morte del cantautore genovese e a quaranta dalla pubblicazione del live Fabrizio De Andrè e PFM in concerto, la band ha annunciato un nuovo tour teatrale dedicato interamente al repertorio di De Andrè e in partenza da Bologna il 12 marzo: “Non sarà una rievocazione, ma una celebrazione, con una parte tutta dedicata a La buona novella e qualche novità. Per l’occasione abbiamo anche allargato la formazione con Flavio Premoli alle tastiere e Michele Ascolese, storico chitarrista di Fabrizio”.
I biglietti e le informazioni per PFM canta De Andrè – Anniversary sono disponibili a questo link.
Dal 4 al 9 febbraio inoltre la PFM è stata invitata per la terza volta a prendere parte alla Cruise To The Edge, una speciale crociera che partirà da Tampa, in Florida, per concludersi a Gozumel, in Messico: durante il viaggio la band, unica italiana presente, suonerà a bordo della nave insieme ad alcuni dei più importanti nomi del prog mondiale.