Un brano si intitola Aladin Samba, un altro Napoli caput mundi, un altro ancora Bossa de Sheila, poi c’è Passeggiando per New York, e più avanti Reggae lake. In Pitagora pensaci tu Renato Caruso fa giro del mondo in un giro di album.
Crotonese, chitarrista e compositore con una solida base classica ma le orecchie aperte al pop, Caruso ha fatto tesoro delle lezione del filosofo greco che proprio a Crotone diede vita alla sua scuola filosofica, e ha allargato i suoi interessi alla matematica e all’informatica musicale, mentre il suo nuovo lavoro raccoglie le esperienze fatte sul campo e mostra contaminazioni eclettiche e cosmopolite.
In una parola, fujabocla.
Il primo elemento che colpisce all’ascolto del disco è il suo carattere cosmopolita: si va dall’oriente al Brasile, passando per Napoli.
Fa tutto parte di un bagaglio che mi sono formato con il tempo: da una parte ci sono i classici che ho studiato in conservatorio, dall’altra c’è stata la necessità di adattarmi alle diverse occasioni che mi sono capitate, e che mi hanno portato a cimentarmi con generi diversi: ad alcuni mi sono appassionato, come è successo con la bossanova. Nell’album ho riportato la contaminazione di esperienze che avevo in testa.
Quali sono stati gli artisti con cui ti sei formato?
Come chitarrista mi sono formato soprattutto con i classici, Gangi, Giuliani, Segovia, poi con chitarristi che mi hanno mostrato una veste più pop di quello che facevo, come Alex Britti, Eric Clapton, Pino Daniele, fino a Jimi Hendrix, Santana, Mark Knopler. Come musicista e compositore ho imparato molto anche da Sting, dai Beatles, dai Rolling Stones, Chopin, Schubert, Beethoven, Puccini. Ho una base classica che arriva al pop, l’unico ambito che non mi appartiene è quello dell’hard rock e del metal.
Hai citato Pino Daniele ed Eric Clapton, di cui nell’album riproni le cover rispettivamente di Quando e Tears In Heaven. La scelta di quei brani è dovuta a qualche motivo in particolare?
Sono due brani rappresentativi della loro carriera e sono due brani che ho sempre suonato. Inoltre, considero Pino Daniele un mio “maestro nascosto”: anche se non l’ho mai conosciuto ho imparato molto da lui, e Quando è una canzone perfetta per far incontrare melodia e armonia. La mia è una versione molto semplice riproposta con la chitarra classica, non ho voluto stravolgere niente. Lo stesso vale per la cover di Clapton: ho provato a farne una versione con la chitarra classica e visto che il risultato mi piaceva ho deciso di inserirlo nell’album.
Il titolo del disco richiama Pitagora, che ha vissuto proprio a Crotone, la tua città d’origine. Hai avuto modo di studiare un po’ anche la musica degli antichi greci?
Ho letto parecchi libri sull’argomento. Pitagora è stato il primo teorico della musica, il primo a parlare di frequenza, di ottava, consonanza, dissonanza, è stato il primo a usare la parola “armonia” e ha lui si deve il primo utilizzo del termine “filosofia”. Nell’antica Grecia i diversi generi musicali prendevano il nome dalla regione d’origine, e quindi si parlava di melodia eolica, lidia, misolidia, ionica. Poi con il passare del tempo alcuni di questi generi si sono persi, altri si sono evoluti, e quelle che oggi chiamiamo scala maggior e scala minore non sono altro che l’evoluzione di alcuni di quei sottogeneri.
La tua cultura variegata comprende anche studi di informatica musicale: come ci sei arrivato?
Mi interessa tutto quello che riguarda la scienza, la matematica. Sono partito con degli studi di informatica, e dopo diversi anni sono arrivato all’informatica musicale: nell’era digitale odierna credo sia interessante capire come il suono di una chitarra entra in un computer.
Cos’è il fujabocla?
Non ho ancora ben capito se è un genere, uno stile o qualcos’altro (ride, ndr). Il nome l’ho coniato io e non è altro che la fusione di quattro parole: funk, jazz, bossanova e classico, i quattro generi che rientrano nella mia musica. È la contaminazione di cui parlavo prima, ed è stato anche l’argomento della mia tesi di laurea. Lo considero un po’ come uno sguardo sul futuro, una contaminazione che guarda avanti e che riassume quella varietà musicale che si può trovare per esempio andando in giro una sera per i locali di Milano.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Credere fino in fondo in una cosa, fino a far capire agli altri che quello che stai dicendo è giusto. Penso per esempio a Steve Jobs e all’introduzione del palmare, o ad Einstein e alla teoria della relatività. Quella è stata ribellione.