Parigi è un cuore che non ha ferite ti ho scritto lettere…non le ho spedite.
Parigi è il nuovo singolo di Emanuele Barbati & L’Émancipation.
Il singolo nasce dalla lettura degli scritti di Vincent Van Gogh, in particolare “Le lettere a Theo” e “Lettere a un pittore”: le riflessioni e le esperienze biografiche dell’autore si mescolano alle più alte considerazioni del pittore olandese. “Parigi” racconta la lotta interiore del cantautore, articolata tra il voler fare arte in maniera appassionatissima e l’eterno dubbio di non riuscirci.
Si tratta del primo brano dell’artista scritto nella capitale francese, nel complesso residenziale della Galerie Perrotin, nel pieno centro città.
Il collettivo artistico L’Émancipation nasce da un’idea di Emanuele Barbati, il quale, avendo lavorato e vissuto a Parigi negli ultimi anni, ha avuto modo di osservare l’influenza della capitale francese sulle vite degli artisti che l’hanno resa celebre tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900.
Da queste ricerche e dal confronto con la poliedrica fotografa e violoncellista francese Genevieve Thirous sono nati i brani registrati, prodotti, pensati e realizzati insieme ad una serie di artisti (registi, musicisti, attori, fotografi). 7 saranno i brani che confluiranno nel disco Canzoni d’amore per cuori solitari, previsto per l’autunno/inverno 2024/2025.
Tu mi guardi, mi dici “ti trovo bene” ma io non smetto di cercarmi e se mi perdi non aver paura che sapremo ritrovarci e non temere, so come rialzarmi e soprattutto so cadere e sì non menti so che stringi al petto il peso dei miei turbamenti ma chiudo gli occhi, eccoti qua dentro ai ricordi del tempo che va…via!
Ma dimmi resterà solo il rimpianto di un sogno naufragato e andato a fondo o torneremo ad essere felici ma intanto tu non ci sei, tu non ci sei e allora me ne andrò con questo vento che sarà mai aspettarsi poi per tutto il tempo, Parigi è un cuore che non ha ferite ti ho scritto lettere
Ma tu ci pensi? Che stiamo qui a difenderci coi pugni e con i denti e quanto è dillo accontentarsi di una vita uguale ad altre mille e sì lo ammetto: cosa sarei se non un fallito se oltre al pane non ti nutrissi poi di stelle e di infinito ma chiudi gli occhi… eccomi qua, dentro ai ricordi del tempo che va…via! Ma dimmi resterà solo il rimpianto di un sogno naufragato e andato a fondo o torneremo ad essere felici ma intanto tu non ci sei, tu non ci sei e allora me ne andrò con questo vento che sarà mai aspettarsi poi per tutto il tempo Parigi è un cuore che non ha ferite ti ho scritto lettere… non le ho spedite.
“La realtà virtuale è per le arti dello spettacolo ciò che il cinema era per il teatro nei suoi primi giorni, una sorta di curiosità. Credo che la realtà virtuale diventerà domani un modo di espressione a sé stante” (Jean-Michel Jarre)
In collaborazione con la città di Parigi e con il patrocinio dell’UNESCO, il pioniere della musica elettronica Jean-Michel Jarre, in collaborazione con la start-up francese VRrOOm, pesenta Welcome to the Other Side, spettacolare evento live streaming per accogliere il nuovo anno con un concerto ambientato a Notre-Dame. Il mondo virtuale creato da Jarre sarà anche l’immagine ufficiale del notiziario di mezzanotte della città di Parigi.
Welcome to the Other Side sarà un concerto unico, mondiale e disponibile a tutti, la cui ambizione, oltre a celebrare il nuovo anno in modo futuristico e festoso, è anche un messaggio di speranza per il 2021: un invito digitale e virtuale da Parigi, la Città della Luce, vibrante metropoli dell’Arti e della Cultura e sede della cattedrale più famosa del mondo. Notre-Dame ha un posto unico nell’immaginario collettivo, è un simbolo della forza e del Patrimonio dell’Umanità e lo spettacolare concerto virtuale di Jarre invita tutti noi a festeggiare insieme il nuovo anno. La realtà virtuale ci dà la possibilità di festeggiare insieme, ovunque ci troviamo, compresi tutti coloro che sono socialmente o geograficamente isolati.
Jean-Michel Jarre si esibirà dal vivo da uno studio vicino alla Cattedrale di Parigi, mentre il suo avatar suonerà all’interno di una Notre-Dame virtuale.
Il concerto, di 45 minuti, sarà composto da brani della recente opera del producer Electronica, nominata ai Grammy, oltre a nuove versioni rielaborate dei suoi classici, Oxygène ed Equinoxe.
L’audio del concerto sarà inoltre pubblicato il 1 gennaio 2021 alle 00:15 CET su tutte le piattaforme di streaming musicale con il titolo Welcome to the Other Side – LIVE.
L’esperienza in live streaming del 31 dicembre sarà una creazione all’avanguardia di media misti in modo simultaneo:
– totale immersione attraverso la piattaforma VRchat, accessibile sia tramite PC, sia in realtà virtuale per il pubblico dotato di visori VR
– live streaming attraverso gli account di Jarre e altre piattaforme di social media tramite qualsiasi PC o Mac, smartphone o tablet
– trasmissione audio in diretta su France Inter di Radio France, radio pubblica francese
– trasmissione TV in diretta dal canale di notizie francese BFM Paris
Registrato nel 1982, poco tempo dopo il trasferimento dell’artista a Parigi, Fodder On My Wings è stato uno degli album più amati da Nina Simone, ma anche uno dei meno conosciuti. Registrato in origine per una piccola etichetta francese e difficilmente reperibile fin dai tempi dell’uscita, l’album viene ora reso disponibile in più formati.
Si comincia con la pubblicazione, per la prima volta in streaming e download, dei formati digitali standard e hi-res, mentre in maggio seguiranno le versioni in CD e vinile. Il tutto sotto l’egida del prestigioso marchio Verve.
L’album originale è ulteriormente arricchito grazie all’aggiunta di tre rare bonus track che provengono da una seduta di registrazione francese del 1988.
Capitolo poco noto ma fondamentale della vicenda artistica e umana di Nina Simone, Fodder On My Wings contiene canzoni profondamente autobiografiche, come I Sing Just To Know That I’m Alive e I Was Just A Stupid Dog To Them, così come una bruciante improvvisazione verbale dedicata alla morte del padre sulle note di Alone Again (Naturally) di Gilbert O’Sullivan (unica composizione non originale dell’album).
All’epoca della registrazione, Nina viveva in Francia sola e isolata: il suo disagio mentale peggiorava, e la sua vita familiare era in frantumi. È in questo contesto che è nata una delle gemme del disco, Fodder in Her Wings (dal titolo quasi uguale a quello dell’album).
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Così come Pitchfork ha dichiarato nel parlare delle 33 canzoni più significative di Nina Simone, la composizione “cattura con sorprendente profondità il dolore di quei giorni: su quel brano Nina ritornerà più volte in seguito, a partire a una versione (con ampio uso di elettronica) registrata in studio tre anni più tardi per l’album Nina’s Back!, per seguire con performance dal vivo apparse in più album, fra le quali la travolgente versione apparsa in Let It Be Me, nel 1987.”
Nel corso degli anni, l’album è stato rivalutato come opera fondamentale nella ricca discografia di Nina Simone. In una recensione del 2005, Jazz Times elogiava il disco, scrivendo: “Al culmine dell’album c’è un raro, poderoso esempio di Nina Simone a cuore aperto: il suo dolore viene in superficie ed esplode nel reinventare e trasformare Alone Again (Naturally) di Gilbert O’Sullivan in un’invettiva a suo padre morente, che gradatamente (e con coraggio) evolve da velenosa amarezza in cauta conciliazione.”
Registrato in un periodo in cui Nina si sentiva rinvigorita dalle persone di cui si circondava, in particolar modo dagli artisti africani che stava incontrando in Francia, Fodder On My Wings è un album fondamentale di Nina Simone, a lungo atteso e d’ora in poi di nuovo ascoltabile ovunque.
Questa la tracklist:
1. I Sing Just To Know That I’m Alive
2. Fodder In Her Wings
3. Vous êtes seuls, mais je désire être avec vous
4 Il y a un baume à Gilhead
5. Liberian Calypso
6. Alone Again (Naturally)
7. I Was Just A Stupid Dog To Them
8. Color Is A Beautiful Thing
9. Le Peuple en Suisse
10. Heaven Belongs To You
11. Thandewye
12. Stop
13. They Took My Hand
Di solito, circa a metà della primavera, arrivano delle giornate indefinite, in cui il cielo alterna continuamente i suoi colori. Nuvole di piombo lasciano posto al sole, che a sua volta si nasconde dietro a gocce di pioggia. Sono giornate imprevedibili, eppure non riescono a metterci di cattivo umore, anzi, scorrono leggere e l’odore della pioggia le fa diventare ancora più interessanti. Eclipse, ultimo lavoro di Chiara Civello, è una di queste giornate: prodotto da un gigante come Marc Collin, ossia l’anima di Nouvelle Vague, è indefinito e leggerissimo, sul confine tra ombra e colori, tra jazz e cantautorato, pop, bossanova, tra organi elettronici e canti di uccellini. Un album che alterna pezzi inediti – tra le firme, Francesco Bianconi, Cristina Donà, Diego Mancino, Dimartino, Diana Tejera – a cover celebri e rarità pescate tra le colonne sonore, come Eclisse Twist di Michelangelo Antonioni, Amore amore amore scritta da Alberto Sordi e Quello che conta firmata da Ennio Morricone e Luciano Salce. Un affettuoso tributo pagato al nostro cinema per dare al disco una forte impronta visuale. A proposito di componente visuale, partiamo dalla copertina. È opera di Matteo Basilè, un artista che oggi espone anche al PAC. Ama la sintesi di universi differenti, perché lavora con la fotografia e la grafica, e in questo è molto vicino allo spirito del disco, in cui si incontrano dimensioni diverse. È quello che accade nell’eclissi, un incontro di chiaro e scuro. L’aspetto visuale lo si ritrova poi nei riferimento al cinema, soprattutto quello italiano, che mi ha ispirato molto. Nelle colonne sonore ho visto il culmine di quella sintesi tra musica e immagini: la bossanova, il jazz, la musica classica accolti e poi stravolti al servizio dello sguardo. Incontri con universi differenti sono anche quelli con gli autori dei brani? Francesco Bianconi ama molto le colonne sonore, Diego Mancino è invece più legato alla canzone tradizionale, Dimartino incarna la poesia naïf del cantautorato. Attraverso i tanti autori dei nuovi brani ho voluto celebrare la solarità e l’oscurità, accogliendo tutto e rimestandolo a seconda delle esigenze. Certo, alcune firme presenti sono lontanissime dal jazz, a cominciare proprio da Bianconi. Gli incontri possono anche non funzionare e trasformarsi in scontri e le aspettative possono andare deluse. Per questo disco ho avuto la fortuna di fare degli incontri particolarmente fertili. Con Bianconi il tramite sono state le colonne sonore, l’amore che entrambi abbiamo per Morricone. A lui avevo manifestato il desiderio di fare qualcosa di molto rarefatto, pieno di pause, di silenzi, e credo che si sia fatto ispirare proprio dal cinema. Sempre legati al cinema sono inoltre alcuni brani tratti da colonne sonore italiane che voluto riprendere e reinterpretare. Perché hai scelto proprio quelli? Avevo un ventaglio di possibilità, poi piano piano il disco ha iniziato a prendere forma e sono apparsi gli organi anni ’70, gli strumenti elettronici, e tra tutte le canzoni che potevo interpretare ho scelto quelle più legate al cinema, quasi per chiudere il cerchio e dare la forma definitiva al progetto. Volendo, si può considerare Eclipse una sorta di Canzoni volume 2: lì c’erano canzoni del passato, qui c’è materiale originale e alcune chicche un po’ sconosciute. E poi Parole parole, un ponte perfetto tra Italia e Francia. È corretto dire che questo album è un invito ad amare i nostri vuoti? Assolutamente. I vuoti sono le intermittenze del cuore e sono del tutto naturali, ma è difficile accettarli. Nel libretto ho voluto inserire una poesia di Emily Dickinson in cui si dice che un vuoto può essere colmato solo da ciò che lo ha creato. Solo toccando i perimetri dei vuoti si possono superare le mancanze. Alla produzione dell’album c’è un gigante come Marc Collin. Come è arrivato a lavorare all’album? Ho conosciuto Marc a Parigi nel 2015, quando aprivo il concerto di Gilberto Gil e Caetano Veloso, ma in realtà lo avevo quasi già scelto. Avevo alcune canzoni e gliele ho fatte ascoltare: lui mi ha detto quale direzione avrebbe preso con quel materiale, e io l’ho seguito. Due luoghi molto presenti all’interno del disco sono Parigi e il Brasile. Cosa rappresentano per te? Parigi è stata la novità, lo charme, una cultura a cui non mi ero quasi mai avvicinata se non per qualche brano che ho cantato o per Michelle Legrand, Leo Ferrè o per il vino. Ogni disco deve essere per me una prima volta, e Parigi è stato proprio questo. Il Brasile è invece giovialità, fortissima passionalità musicale, una fertilità immensa. Come pensi sia percepito il jazz in Italia? In maniera forse un po’ provinciale. Mi sta stretta l’idea del jazz italiano, non la capisco. Il jazz è jazz, non ha senso parlare di jazz armeno, egiziano o francese. Duke Ellington diceva che esistono solo due tipi di musica: quella bella e quella brutta. Paesi come gli Stati Uniti, la Francia o la Germania sono molto più avvezzi di noi al jazz. In Italia si devono mettere etichette, il jazz soffre di questa situazione e resta confinato nella nicchia. Tu quando hai capito che nella vita volevi fare jazz? Io sapevo solo che ero intonata e volevo cantare. Vicino a casa mia c’era una scuola di jazz, mi sono iscritta e mi sono appassionata al repertorio. Poi sono andata oltre, avvicinandomi all’ambito autoriale. Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione? Ribellione è contrastare un’aspettativa, liberarsi dal prevedibile. Un atto che non deve essere per forza violento o traumatico, può anche essere silenzioso.