“La mia testa non ha più pareti, non ha più barriere né confini. Riesco a vedere, riesco a sentire ogni profumo, chiudo gli occhi e mi godo la salita. Sono in cammino verso chissà dove, spengo la mente, i pensieri e accendo la pancia e le sensazioni. Questa volta ho detto no, non permetterò a niente e a nessuno di rovinare il mio viaggio. Te lo prometto. Questa volta vengo prima io. Me lo prometto. Stavolta dico di no. Ho spento la tua voce nella testa e ho ritrovato la mia.
Con ogni pezzo che raccolgo risalgo, e i sorrisi adesso hanno un altro sapore, perché la fatica della salita è miele. Mi chiedo ancora chi sono, ma da oggi rinasco da solo”.
Con queste parole Ainé descrive Pareti – Agosto, il suo nuovo singolo, seconda anticipazione dell’EP BUIO in uscita il 19 aprile dopo Scappare – Giugno.
In ogni canzone del nuovo progetto discografico, Ainé, uno dei più importanti esponenti del nu soul italiano, descrive le emozioni derivate, mese dopo mese, da una separazione importante.
In Pareti – Agosto si racconta la voglia di cercare un percorso libero e autonomo, districandosi dai fili che ci legano a qualcosa che oramai non esiste più.
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
C’è una cosa che mi è sempre piaciuta particolarmente in quello che fa Andrea Nardinocchi, ed è una forma di gentilezza e un’innocenza che immancabilmente emerge – forse inconsapevolmente – nella sua scrittura e nel suo modo di cantare. Era così in Un posto per me, il singolo che lo ha lanciato nel 2013 ed è così ancora oggi che torna con il terzo album, La stessa emozione, il primo dopo cinque anni di relativo silenzio rotto solo da alcuni singoli.
Nardinocchi sa raccontare l’amore, la felicità, la rabbia e la delusione con incredibile trasparenza, e allo stesso tempo con una leggerezza non comune. Lo ascolti cantare ed è come se ogni volta lui voglia aprire completamente il suo mondo a te, affidandoti pensieri e confidenze come si farebbe con un amico, e lo fa nel suo linguaggio personale che come sempre comprende pop, nu soul, funk, r’n’b ed elettronica.
Prodotto dai Mamakass, La stessa emozione è il risultato di una gestazione lunga, in cui sono racchiusi gli ultimi tre anni “di trip” di Andrea, come ha lui stesso dichiarato.
Ad aprire l’album è Tutto perfetto, un piccolo manifesto di felicità quasi silenziosa, il funk illumina la già raggiante dichiarazione d’amore di Quando ti ho visto, mentre Droga gioca su un’efficace metafora. Ma a caratterizzare l’atmosfera del disco è soprattutto l’introspezione, che torna tra le righe di Ridicolo e di Sanremo amore scusa, racconto agrodolce in cui si incrocia l’esperienza sanremese del 2013 e la fine di una relazione, e poi ancora di Solo pensieri, Sono sicuro, fino ad arrivare alla conclusione di Ti voglio bene, dichiarazione di affetto sincera e senza retorica.
La stesso emozione è un disco dai toni sfumati e dal carattere defilato, che non si vergogna però di mostrare anche un certo lato agrodolce. E proprio per questo il ritorno di Nardinocchi fa ancora più piacere.
Ainé è nato nel 1991, ma quella che ha alle spalle è un’esperienza già molto variegata, che lo ha portato anche in giro per il mondo. Animato da passione per la cultura della musica black in tutte le sue declinazioni, Arnaldo Santoro – questo è il nome con cui è registrato all’anagrafe – ha studiato prima al college di musica Saint Luiss e poi all’Accademia di Musica di Roma. Successivamente si è trasferito fino a Los Angeles per frequentare la Venice Voice Accademy, mentre nel 2015 si è aggiudicato una borsa di studio al Berklee College of Music di Boston messa in palio da Umbria Jazz. Negli stessi anni è stato in tourneè teatrale con Gegè Telesforo, con cui ha anche scritto il singolo Last Goodbye, mentre per il singolo Dopo la pioggia si è guadagnato l’importante featuring di Sergio Cammariere.
Nel 2016 è arrivato il suo album di debutto, Generation One, frutto di una grande ricerca musicale e che vede presenti di ospiti come Ghemon, Gemello e Davide Shorty.
Un curriculum notevole, che dall’agosto 2017 ha acquisito ancora più valore quando Universal Music ha deciso di metterlo sotto contratto: dopo il primo EP Uni-verso uscito lo scorso anno, prossimamente è previsto anche l’arrivo di un nuovo album, già anticipato dal singolo Ormai.
Tra r’n’b, nu-soul e jazz, la voce di Ainé si sta facendo sempre più sentire nel panorama italiano, guadagnandosi anche la stima e la fiducia dei grandi interpreti: è proprio di questi ultimi giorni infatti la notizia che Giorgia lo ha voluto accanto a sé nella cover di Stay di Rihanna, che sarà contenuta nell’album Pop Heart in uscita il prossimo 16 novembre. Questo non è però il primo incontro tra i due: nel video di Non mi ami lo ritroviamo infatti al pianoforte.
In meno di un anno è passato dalla finale di Amici al palcoscenico di Sanremo, dove concorre tra le Nuove Proposte (con i suoi 20 anni è il più giovane in gara quest’anno) con Ora mai. In mezzo, Lele ha aperto alcun date di Emma ed Elisa e ha pubblicato il suo primo disco, Costruire, in cui ha messo la sua firma in molti brani e che il 10 febbraio sarà ripubblicato in una versione 2.0 con alcuni pezzi inediti.
C’è un motivo particolare per cui hai scelto di proporre alla commissione del Festival proprio Ora mai? Un motivo in particolare no: è un brano che fin da subito è sembrato adatto ad essere proposto a un’orchestra, per cui la scelta è stata quasi naturale. Inoltre, è una canzone sulla fine di una storia d’amore, ma se ne parla con consapevolezza, nonostante io abbia solo 20 anni. Cosa significa sentire per la prima volta un’orchestra che suona un tuo brano? È come immaginarsi di vedere un figlio crescere nella pancia della mamma e poi ritrovarselo tra le braccia. La sensazione che ho avuto durante la prima prova con l’orchestra è stata quella di sentire la realizzazione fisica di quello che avevo scritto insieme a Fabrizio Ferraguzzo, è stato come poter osservare a occhio nudo qualcosa che non si può vedere, qualcosa di immateriale. Rispetto a quando sei arrivato ad Amici come ti senti cambiato? Mi sento molto più consapevole. Grazie ad Amici sono cresciuto umanamente e professionalmente, anche con l’aiuto di Elisa ed Emma, e fortunatamente ho potuto vivere quel percorso fino alla fine. Quindi ho voluto trasportare tutto quello che ho imparato negli cinque nuovi brani che fanno parte della riedizione dell’album: ho proprio notato un passo in avanti sia nell’approccio tecnico sia in quello interpersonale. Per la mia età mi considero ancora in costruzione. Questa partecipazione a Sanremo per te cosa rappresenta, un nuovo inizio, un arrivo, una continuazione? È un’altra tappa del mio percorso. Un punto di partenza no, perché non lo è stato nemmeno Amici, e ancora prima nemmeno The Voice, ma è stato quando ho iniziato a studiare musica da piccolino. Tutto quello che è successo da lì in avanti lo considero parte di un cammino che ha come filo conduttore la mia passione per la musica. Come ti trovi nell’ambiente discografico? Dal primo giorno in cui sono entrato in Sony ho trovato intorno a me un ambiente coeso, determinato e affettuoso, cosa che non mi aspettavo nel mondo della discografia. Ho sempre avuto la percezione di un team di persone che lavoravano per me e con me: mi piace molto il lavoro di squadra, credo che faccia la differenza per la creazione di un progetto univoco. Spero che si possa andare avanti lavorando in questo modo. Per i nuovi brani che su quali sonorità ti sei mosso? Poco tempo fa mi è capitato di leggere una recensione in cui si parlava di Ora mai come di un classico brano sanremese, ma non penso sia così, mi risulta sia che di solito a Sanremo si usino le tastiere in quel modo. Negli altri brani mi sono spinto ancora di più attraverso le influenze dell’hip-hop straniero e del nu soul, e mi sono divertito molto. Anche alla luce dei talent, oggi partecipare al Festival tra le Nuove Proposte è diverso rispetto a dieci anni fa? Sì, è sicuramente diverso, ma arrivare a Sanremo dopo la notorietà del talent è un’arma a doppio taglio: ti porti dietro il pregiudizio di uno che vuole solo apparire e arrivare alle ragazzine, senza essere mosso da un reale interesse per la musica. Questa purtroppo è una deriva che la televisione ha preso da un po’ di anni, ma è un metro di giudizio qualunquista. Io spero di essere giudicato solo per la canzone, anche perché poi alle persone è quello che resta in testa, non se arrivi da un talent o da un’accademia. È tutta gavetta. Cosa ti aspetti e come ti aspetti Sanremo? Voglio restare concentrato sulla canzone, spero di eseguirla al meglio e che possa arrivare al pubblico. Il festival invece me lo aspetto come il grande evento che ogni anno ferma l’Italia per una settimana, un evento totale.