“Fodder On My Wings”, l’album di Nina Simone disponibile in digitale. A maggio in CD e vinile


Registrato nel 1982, poco tempo dopo il trasferimento dell’artista a Parigi, Fodder On My Wings è stato uno degli album più amati da Nina Simone, ma anche uno dei meno conosciuti. Registrato in origine per una piccola etichetta francese e difficilmente reperibile fin dai tempi dell’uscita, l’album viene ora reso disponibile in più formati.
Si comincia con la pubblicazione, per la prima volta in streaming e download, dei formati digitali standard e hi-res, mentre in maggio seguiranno le versioni in CD e vinile. Il tutto sotto l’egida del prestigioso marchio Verve.
L’album originale è ulteriormente arricchito grazie all’aggiunta di tre rare bonus track che provengono da una seduta di registrazione francese del 1988.

Capitolo poco noto ma fondamentale della vicenda artistica e umana di Nina Simone, Fodder On My Wings contiene canzoni profondamente autobiografiche, come I Sing Just To Know That I’m Alive e I Was Just A Stupid Dog To Them, così come una bruciante improvvisazione verbale dedicata alla morte del padre sulle note di Alone Again (Naturally) di Gilbert O’Sullivan (unica composizione non originale dell’album).
All’epoca della registrazione, Nina viveva in Francia sola e isolata: il suo disagio mentale peggiorava, e la sua vita familiare era in frantumi. È in questo contesto che è nata una delle gemme del disco, Fodder in Her Wings (dal titolo quasi uguale a quello dell’album).

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Così come Pitchfork ha dichiarato nel parlare delle 33 canzoni più significative di Nina Simone, la composizione “cattura con sorprendente profondità il dolore di quei giorni: su quel brano Nina ritornerà più volte in seguito, a partire a una versione (con ampio uso di elettronica) registrata in studio tre anni più tardi per l’album Nina’s Back!, per seguire con performance dal vivo apparse in più album, fra le quali la travolgente versione apparsa in Let It Be Me, nel 1987.”

Nel corso degli anni, l’album è stato rivalutato come opera fondamentale nella ricca discografia di Nina Simone. In una recensione del 2005, Jazz Times elogiava il disco, scrivendo: “Al culmine dell’album c’è un raro, poderoso esempio di Nina Simone a cuore aperto: il suo dolore viene in superficie ed esplode nel reinventare e trasformare Alone Again (Naturally) di Gilbert O’Sullivan in un’invettiva a suo padre morente, che gradatamente (e con coraggio) evolve da velenosa amarezza in cauta conciliazione.”

Registrato in un periodo in cui Nina si sentiva rinvigorita dalle persone di cui si circondava, in particolar modo dagli artisti africani che stava incontrando in Francia, Fodder On My Wings è un album fondamentale di Nina Simone, a lungo atteso e d’ora in poi di nuovo ascoltabile ovunque.

Questa la tracklist:
1. I Sing Just To Know That I’m Alive
2. Fodder In Her Wings
3. Vous êtes seuls, mais je désire être avec vous
4 Il y a un baume à Gilhead
5. Liberian Calypso
6. Alone Again (Naturally)
7. I Was Just A Stupid Dog To Them
8. Color Is A Beautiful Thing
9. Le Peuple en Suisse
10. Heaven Belongs To You
11. Thandewye
12. Stop
13. They Took My Hand

#MUSICANUOVA: Mosè COV, Lottiamo soli

Lottiamo soli
Mosè COV
, nome d’arte di Mussie Tesfay, è un rapper e beatmaker della periferia nord di Milano e di origini eritree. Cresciuto nelle case popolari del quartiere Maciachini, si forma nella sua crew di origine, COV, vivendo l’hip hop a contatto anche con artisti di generazioni precedenti la sua.

Dopo le attenzioni ricevute grazie ai due ultimi singoli usciti di recente – L’ombra di Londra e Da sempre -, il suo rap musicale e dai tratti contemporanei fa un ulteriore passo in avanti con il suo nuovo singolo per Warner Music, Lottiamo soli.

Un pezzo in cui Mosè Cov espone i suoi pensieri e i suoi sentimenti sulla solitudine citando artisti che hanno ispirato la sua scrittura di questo testo, da Frida Kahlo, a Claude Monet, fino all’immensa Nina Simone:

Nella sua scrittura le scogliere di Monet convivono con le case popolari di una grande città e la vita del quartiere è un tema ricorrente nei suoi testi: ai palazzoni e, soprattutto alla gente che li abita, deve molto per la sua formazione, anche se con l’arte cerca un’evasione, quanto meno mentale in un flusso di versi melodico con un finale positivo, che restituisce un senso di redenzione.

L’elettro-soul di Nakhane tra emancipazione e guerre spirituali

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“Una notte, sognai una voce  che mi diede una data, quella della mia morte. Non ho intenzione di rivelarla, ma all’improvviso, avendo sempre vissuto nella paura della punizione divina, ero certo che non sarei morto il giorno dopo, o anche dieci anni dopo. È stato incredibilmente liberatorio. Ho deciso di recuperare il tempo perduto, di vivere finalmente la mia vita.”
E’ partito così il lavoro del secondo secondo album di Nakhane, You Will Not Die, in uscita il prossimo 16 marzo.

Nonostante la sua giovane età, Nakhane ha alle spalle storia fatta di accettazione e autoaccettazione, lotta per l’emancipazione e lotte spirituali. Nato ad Alice da una famiglia  Xhosa (il secondo gruppo etnico per grandezza in Sud Africa, dopo lo Zulu) e cresciuto a Port Elizabeth, ha rinunciato alla fede cristiana per accettare se stesso e il giudizio degli altri: “Quando ero cristiano e pregavo Dio tutti i giorni, provavo solo odio per me stesso. Ogni giorno della mia vita, facevo tutto il possibile per essere come gli altri, per essere eterosessuale. Ero persino convinto che sarei stato in grado di “guarire” la mia omosessualità. Vivevo nella costante paura; controllavo me stesso in ogni momento.”
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Questo bisogno di autoaffermazione si è quindi riversato nel suo secondi disco, in cui Nakhane ha ricercato suoni più audaci, passando dalla chitarra acustica al pianoforte e scrivendo utilizzando computer e sintetizzatori senza perdersi però nelle infinite possibilità offerte dall’elettronica: “Sapevo di volere dei suoni elettronici. A Johannesburg, senti molti artisti suonare in acustico solo per sembrare più “autentici”, ma non funziona. I suoni dei gay club techno sono molto più veri per me.”
Ciò che ne è venuto fuori è un disco elettro-soul sperimentale e sensuale, in cui non mancano le influenze africane: c’è la bellezza quasi liturgica di Violent Measures, con le sue armonie fraterne e i vocals cristallini; c’è l’insistenza elettrizzante in levare di Clairvoyant; il languore sensuale e spirituale di Presbyteria, dove Nakhane descrive la prima chiesa in cui si è recato, ad Alice; o l’atmosfera magica e oppressiva di The Dead con le sue chitarre blues e le sue misteriose armonie, dove Nakhane menziona i suoi antenati Xhosa. In Star Red Nakhane rende anche omaggio a sua nonna (“una ribelle alla sua religione, fu una delle prime persone a dirmi di vivere la mia vita come mi pareva opportuno”).

Sembra quindi naturale che un artista così nomini influenze eclettiche che dai musical americani, spaziano a Marvin Gaye, Nina Simone, Ahnoni, David Bowie, ma anche Busi Mhlongo, Simphiwe Dana, Mbongwana Star, TkZee.

ASPETTANDOSANREMO: "Mi tremano le gambe, ma sono una donna forte". Quattro chiacchiere con… Elodie

ASPETTANDOSANREMO: “Mi tremano le gambe, ma sono una donna forte”. Quattro chiacchiere con… Elodie


elodie1new_ph-marco-laconte_bElodie
ha due occhi bellissimi. Grandi, profondi e bellissimi, di un colore indefinibile, accompagnati da un sorriso larghissimo.
Sì, lo so che per chi si interessa di musica questi non dovrebbero essere dettagli importanti, ma io sono tra quelli che di un artista non solo ascoltano le canzoni, ma ne osservano anche i gesti, i colori, ne ascoltano il tono della voce quando parlano.
Ed Elodie ha due occhi bellissimi che sembrano parlare più della sua voce nel dire quanto lei sia sicura di quello che fa. Una donna forte, proprio così, lo dice anche lei, “Voglio che il pubblico mi veda come una donna forte”.
Pur con solo 26 anni alle spalle e neanche due di notorietà, la ragazza appare seriamente sicura di ciò che sta cercando e di ciò che vuole. In primavera si è conquistata il secondo posto ad Amici ed ora entra a Sanremo dalla porta principale, quella dei big, portando in gara Tutta colpa mia, un brano su una storia d’amore andata in frantumi firmato tra gli altri da Emma (e ascoltandolo non si potrebbe in effetti pensare altrimenti).
Il 17 febbraio sarà poi la volta dell’album dal titolo omonimo, mentre il 26 aprile Elodie è attesa a Milano per il suo primo vero appuntamento live.
Chissà se per quel giorno la gamba avrà smesso di tremare…

Nella canzone sembra di avvertire un senso di imperfezione da parte della protagonista, che quasi si rimprovera la fine di una storia: ti ritrovi in questa situazione,pur non essendo tu l’autrice del brano?
La canzone non è mia ma parte da una storia d’amore importante che ho vissuto qualche anno fa, una storia in cui avevo messo tanto coraggio, ma dall’altra parte non ho trovato lo stesso spirito. Non sono perfetta, nel brano va letta anche una certa ironia: posso dire comunque di essere felice di quello che sono oggi e che cerco di migliorarmi ogni giorno. I momenti d’ombra ci sono e vanno accettati, senza paura di toccare il fondo.
Senti qualche responsabilità nei confronti di Emma, tua coach ad Amici e ora autrice del pezzo?
Interpretare una canzone altrui è sempre un impegno, però il regalo più importante che mi ha fatto Emma è stata la possibilità di condividere il suo team: a Sanremo devo dimostrare che valgo e che tutta questa fiducia me la merito. Non sono più un’allieva della scuola di Amici, adesso devo diventare una professionista.
Emma ti ha dato qualche consiglio per Sanremo?
Per Sanremo in particolare no. Mi ha sempre detto di respirare, sorridere e di mettere tutte le mie energie, indipendentemente dal palco su cui mi trovo.
Perché la scelta di Quando finisce un amore per la serata delle cover?
Cocciante, insieme a Mia Martini e Loredana Bertè, è uno degli artisti che ho più nel cuore, perché ha messo tutto se stesso nella musica. Non so se avrò un’altra possibilità come questa, quindi ho scelto di reinterpretare un brano che mi mettesse alla prova, e questo lo sento sotto pelle.

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Come ti senti in questo momento?
Felice, molto felice e nello stesso tempo tutto mi sembra irreale. Non avrei ma pensato di poter arrivare a questo punto, Sanremo è il sogno di chiunque voglia fare questo lavoro, ma non ho aspettative tanto verso il Festival in sé, perché Sanremo è un colosso, sta fermo lì, quanto piuttosto su di me. Spero di fare bella figura e di rispettare quel palco, la sua tradizione. Voglio esibirmi con dignità nei confronti della musica italiana, restando ben a fuoco e dominando l’emotività. Le prime volte che mi esibivo in pubblico tremavo tutta, non potevo togliere il microfono dall’asta, e pochi giorni fa alle prime prove con l’orchestra ho cantato per tutto il tempo senza smettere di muovere la gamba.
C’è qualcosa che il pubblico magari non sa ancora di te e che vorresti venisse fuori n questa occasione?
Vorrei si capisca che sono una donna forte, non presuntuosa, ma forte. Qualunque cosa si faccia nella vita va portato avanti con determinazione e puntando a farlo al meglio. E sbaglia chi pensa che il talent sia una scorciatoia: ho passato periodi in cui non avevo un obiettivo, mi sentivo persa, e Amici è stato un aiuto. Non ci sono tante possibilità per noi giovani artisti, e chi le offre non va discriminato. 

Tra i tuoi punti di riferimento citi Nina Simone, un’artista che ha avuto un vissuto piuttosto pesante: in cosa la senti vicina?
Nina Simone, così come Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald e tutte le cantanti di colore di quegli anni, è stata una donna forte: sentirla vicina è come una pacca sulla spalla. Io stessa vengo da una famiglia di origini africane, mia nonna è delle Antille Francesi, per cui ho respirato un certo clima culturale. E’ bello quando le minoranze diventano di polso, è segno che se ci sono passione e spinta a reagire chiunque può farcela.

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Il 26 aprile è in programma un appuntamento live all’Alcatraz a Milano: come ti stai preparando?
Per ora mi concentro sul Festival, altrimenti impazzisco… Inizierò a lavorarci seriamente dal giorno dopo. Sarà un’altra novità, perché per la prima volta il pubblico sarà lì apposta per me, e questo non aiuterà a gestire la tremarella.

Hai un’immagine che racchiude il significato del Festival per te?
Penso a Loredana Bertè e Mia Martini: in questo momento ho in mente Amici non ne ho di Loredana. Penso ci voglia tantissimo coraggio a spiattellare quelle cose in faccia al pubblico. Loredana è una donna che stimo tantissimo.
  
Prima di salire sul palco cosa farai?
Non ho riti scaramantici né portafortuna. Semplicemente penso che farò un bel respiro, gesticolerò un po’, farò un inchino, sorriderò e poi via, quando il maestro sarà pronto, canterò.