La “capacità negativa” è quella che il poeta inglese John Keats ha definito con queste parole: “Quando l’uomo è capace di stare nelle incertezze, nei misteri, nei dubbi senza essere impaziente di pervenire a fatti e a ragioni”.
“Capacità negativa, o meglio Negative Capability, è proprio il titolo del ventunesimo album di Marianne Faithfull, in uscita il prossimo 2 novembre. Da un punto di vista emotivo il lavoro si annuncia come il più potente e importante tra tutti quelli pubblicati nella lunga carriera della cantautrice., permeato da una brutale onestà e da riflessioni autobiografiche, tra cui quelle sulla perdita dei vecchi amici e sulla solitudine della vita parigina, la vita che la stessa artista ha scelto. E poi, naturalmente, l’amore. Questo nuovo lavoro vede Marianne confrontarsi con il problema dell’artrite, ma vede anche la partecipazione di grandi artisti come Warren Ellis, Nick Cave, Rob Ellis, Ed Harcourt e Mark Lanegan. Registrato allo Studio La Frette nella periferia parigina e prodotto da Rob Ellis, il produttore di PJ Harvey che collabora con Marianne da ormai cinque anni, e Warren Ellis, Negative Capability è inesorabilmente segnato dal lutto, dalla perdita di carissimi amici come Anita Pallenberg, Martin Stone e Martin Sharp, designer dell’album di Cream.
Guidata dalle sue incredibili doti interpretative, da quelle di autrice e dalla giornaliera, triste, battaglia con la malattia e aiutata da grandissimi musicisti, Marianne ha dato vita a un capolavoro che ritrae una donna adulta, piena di quella saggezza che soltanto il tempo sa donare. I testi, ricchi di emotività, possono essere paragonati agli ultimi lavori di Johnny Cash o Leonard Cohen.
Il primo singolo, The Gypsy Faerie Queen, ispirato da Sogno Di Una Notte di Mezza Estate di William Shakespeare, è stato scritto in collaborazione con Nick Cave, che nello stesso ha anche cantato e suonato il pianoforte: “È stato un piccolo miracolo. Avevo chiesto a Nick di dare un suo contributo musicale al brano, ma mi aveva detto che era troppo occupato. Gli ho detto che lo capivo e che mi spiaceva averlo disturbato. Dopo poco, mi ha scritto ‘Grazie per aver capito. Ecco la tua canzone’. È stato davvero stupendo”.
Le ultime notizie che si avevano degli Afterhours risalivano alla primavera dell’anno scorso, con la pubblicazione di Folfiri o folfox, uno dei capitoli più oscuri e funerei della loro lunga carriera. Manuel Agnelli doveva ancora metabolizzare la scomparsa del padre e il disco trovava nella morte uno dei suoi cardini principali.
A distanza di un anno, l’atmosfera è decisamente cambiata. Nel frattempo Agnelli è entrato nella cultura pop sedendo alla scrivania dei giudici di X Factor, ma soprattutto quest’anno la band festeggia il trentesimo anniversario di attività. Era infatti l’87 quando il gruppo ha fatto il suo esordio sulle scene, in un’epoca che, musicalmente e storicamente parlando, aveva tutto il sapore della rivoluzione. “Sembrava davvero che il mondo stesse cambiando: era l’epoca di mani pulite, il muro di Berlino stava per cadere, l’URSS si stava disgregando, e i Nirvana erano in cima alle classifiche, quasi impensabile oggi, era il periodo del grunge”, ricorda il leader del gruppo. In questo clima di rivoluzione gli Afterhours ci si sono buttati a capofitto, ponendosi come gli esponenti di una nuova era del rock italiano: si parlava di scena indie, quella da cui sarebbero venuti fuori anche i Marlene Kuntz, c’era la scena alternativa, c’era un fermento potente, ed era italiano. Tra le pietre miliari della loro carriera, l’album Hai paura del buio?, targato 1997 e riconosciuto come uno dei capolavori della musica italiana: è lì dentro Sui giovani d’oggi ci scatarro su, divenuto un brano simbolo dello spirito di quegli anni. In questi trent’anni gli Afterhours sono cambiati, nella musica e nella formazione, per esempio assoldando negli ultimi anni uno come Rodrigo D’Erasmo o passando a un certo punto – dall’album Germi, nel 1995 – dall’inglese all’italiano: “Non ho mai avuto la spinta a cantare in italiano per una ragione artistica, anche se tutti intorno a me insistevano. Però ci siamo accorti che c’era un pubblico che stava crescendo con noi e con il quale dovevamo iniziare a comunicare direttamente, e non potevamo continuare a farlo attraverso l’inglese. Per un periodo siamo andati a suonare anche negli Stati Uniti e potevamo avere la possibilità di sfondare, ma per avere successo negli USA devi stare là, non puoi viverli da lontano, e questo avrebbe comportato un trasferimento quasi definitivo. Il fatto di non aver aver avuto successo in America però ci ha permesso di crescere qui in Italia, diventando parte di un momento. Se fossimo cresciuti in America, lo avremmo fatto forse poi in fretta e con più mezzi a disposizione, ma non avremmo rappresentato nulla né qui né là”, afferma Agnelli.
L’occasione di celebrare degnamente questi primi trent’anni è arrivata dopo un incendio che ha distrutto l’edificio in cui la band aveva lo studio di registrazione, dal quale sono stati miracolosamente recuperati tutti i materiali accumulati negli anni: “Le fiamme sono arrivare fino alle pareti esterne, ma non sono entrate e neppure il calore ha rovinato i nastri dei vecchi materiali. Nel recuperarli abbiamo trovato tantissime registrazioni di cui non ci ricordavamo, molte demo, e anche qualche inedito. I trent’anni del gruppo sono stati il momento giusto per pubblicare una parte di queste rarità, insieme ai successi che il pubblico ha conosciuto: una raccolta per chi non conosce gli Afterhours, ma destinata anche a chi li conosce già ma non ha mai ascoltato le prime versioni di alcuni brani, molto più pazze di quelle finite sugli album.” La raccolta, mastodontica, si intitola Foto di pura gioia, e prende nome dalle prime parole di Quello che non c’è: si compone di quattro dischi, di cui tre di Best of e uno di rarità, e a parte le demo, tra i 76 brani non ha al suo interno inediti. Nella versione deluxe anche un libro con foto e interviste. “Questi trent’anni sono stati un po’ un mattone, come questo cofanetto – scherza Agnelli -, ma realizzarlo serviva prima di tutto a noi per razionalizzare, per capire che quelle cose le abbiamo davvero fatte. Avevamo pronto del materiale inedito, ma non aveva senso buttarlo qui dentro, sarebbe andato perso. Per promuovere il progetto serviva un brano rappresentativo, e Bianca è sembrata la scelta giusta. Dopo averla suonata in studio nella nuova versione abbiamo pensato che per completarla servisse una donna, una come Carmen Consoli. È una personalità forte, un’artista dotata di una voce antica, di quelle cioè che riconosci subito; anche lei ha esordito negli anni ’90 e ha una matrice rock in comune con noi. Abbiamo fatto percorsi paralleli, ma non ci eravamo mai incontrati”.
Ispirata a quegli stessi versi di Quello che non c’è è anche la foto in copertina, che ritrae Manuel bambino: “È stata scattata ad Abbiategrasso, davanti alla casa dove abitavo. La pistola che ho in mano è un regalo che mio padre mi ha portato da uno dei suoi viaggi in Africa, penso l’abbia presa in aeroporto ricordandosi del mio amore per i western. È una foto che mi fa pensare alle mie radici, e per questo è molto importante. Ho letto che Springsteen quando aveva un momento di crisi prendeva la macchina e guidava fino a casa di suo padre, faceva qualche giro intorno e poi tornava indietro. È una cosa che facevo anch’io, perché mi aiutava a ricordare che la mia storia era anche altro rispetto a quei momenti, era iniziata altrove”.
Il 10 aprile 2018 gli Afterhours approderanno al Forum di Assago per una data live celebrativa del trentennale: “Sarà un concerto più che uno spettacolo, e di sicuro durerà almeno tre ore, perché vogliamo riproporre il più possibile. Recentemente ho assistito al concerto di Nick Cave, proprio al Forum, ed è stato forse uno dei più belli che abbia visto: scenografia ridotta al minimo, luci sul pubblico e gli spettatori in un silenzio quasi liturgico. Si è creato un contatto vero tra l’artista e gli spettatori, cosa che oggi capita raramente”. Continua Agnelli: “Oggi se non riempi gli stadi, se non suoni a Wembley non sei nessuno, tutto ruota sui numeri e sulla visibilità: ecco, anche noi ad aprile potremo vantarci di aver suonato in un palazzetto e non soffriremo più di inferiorità verso gli altri gruppi”, dice con un tono ironico.
Ma oggi, dopo trent’anni, dopo essere usciti vivi (“ma un po’ malconci”) dagli anni ’90, quel profumo di rivoluzione si sente ancora nell’aria? “No, non c’è più, ma semplicemente perché oggi alla musica non viene più chiesto di essere rivoluzionaria, ma solo intrattenimento”, dichiara Rodrigo D’Erasmo. “La colpa però è anche un po’ nostra, perché non abbiamo saputo trasmettere niente alla nuova generazione: noi abbiamo imparato l’arte dell’autoproduzione, dell’autodeterminazione, della controcultura, del concepire la musica come una professione, ma cosa abbiamo insegnato a chi è venuto dopo? Non nascondo di essere rimasto un po’ male quando mi sono accorto che per il pubblico di X Factor io non ero nessuno, se non un cinquantenne con i capelli lunghi, ma mi ha fatto bene, perché mi ha costretto a rimettermi in gioco. Per una nuova rivoluzione ci vorrebbe qualcosa come il punk, qualcosa che dia una scossa e che abbia una forza propulsiva, ma oggi c’è in giro qualcosa di simile? L’unico genere che potrebbe rappresentare una rivoluzione è la trap, ma non ha la stessa spinta del punk, è molto più passiva. Oggi si preferisce aspettare che la rivoluzione venga fatta da altri, non c’è la rabbia di volerla scatenare. E sì, è un po’ anche colpa nostra”.
Sarà presentato in anteprima alla 73esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Fuori Concorso One More Time With Feeling di Andrew Dominik .
La proiezione precederà l’uscita nelle sale di tutto il mondo del film (in programma in Italia il 27 e 28 settembre, elenco sale a breve su www.nexodigital.it) e sarà un’occasione straordinaria per ascoltare per la prima volta le canzoni del nuovo album di Nick Cave & the Bad Seeds, Skeleton Tree., in uscita il 9 settembre.
Inizialmente pensato come un film live, One More Time With Feeling si è evoluto in qualcosa di molto più significativo quando Dominik ha posato il suo sguardo sullo sfondo tragico che ha accompagnato la scrittura e la registrazione dell’album. Performance live delle nuove canzoni si intrecciano a interviste e riprese, accompagnate dalla narrazione intermittente e da improvvisazioni e riflessioni estemporanee di Cave.
Lo stile fotografico del film – girato in bianco e nero, a colori e in 3D – riflette l’intimità e l’austerità dell’album.
Il film sarà distribuito in più di 650 cinema nel mondo.