BITS-CHAT: Moltiplicare l’amore. Quattro chiacchiere con… Niccolò Agliardi

Niccolò Agliardi_foto di Giovanni de Sandre 3 b

“Vita: istruzioni per l’uso”.
Sugli album di Niccolò Agliardi potrebbe tranquillamente essere stampata questa dicitura, come buon viatico di ogni singolo giorno. La sua è l’opera di uno che la vita sembra conoscerla molto bene nei suoi rettilinei, nelle sue deviazioni, nei labirinti, nei suoi percorsi aperti solo a pochi, e altrettanto bene sa raccontarla in parole e musica. Lo si intuisce anche dal tono quasi intimo con cui durante questa intervista parla del suo lavoro e di quello gli sta intorno e dall’attenzione con cui sceglie le parole. Non a caso la sua penna è quella a cui si affidano spesso molti tra i più importanti interpreti della scena italiana (un nome su tutti, Laura Pausini).

Ma a quella di autore, Agliardi ha affiancato negli anni anche una carriera di cantautore, che viene riassunta ora in Resto, doppio album antologico diviso nei due dischi Ora e Ancora e in uscita il 14 settembre. Accanto a piccoli gioielli come Da casa a casa, Perfetti e L’ultimo giorno d’inverno, nella raccolta – che non ha nessun intento celebrativo, precisa lui – c’è spazio anche per tre inediti, Johnny, Di cosa siamo capaci e Colpi grossi.
Niccolò Agliardi_a_foto di Francesca Marino_b
Quando si arriva a pubblicare un’antologia, soprattutto se è doppia, è il segno che di strada se ne è fatta tanta…

Sei troppo benevolo, ma ci tengo subito a dire che dietro a questo disco non c’è nessun intento celebrativo: semplicemente sono in un momento molto fortunato della mia vita in cui faccio cose che mi piacciono molto, ma mi mancava un po’ sentirmi rappresentato dalle mie canzoni. Oggi, a 44 anni, sento di aver scritto delle buone canzoni che forse ho un po’ abbandonato a loro stesse e che meritavano un vestito diverso: con i miei adorati musicisti ci siamo guardati in faccia e abbiamo iniziato a pensare a quali sono le canzoni che amiamo suonare dal vivo perché sanno di realtà e di vita, ma che sui dischi non ci convincevano fino in fondo. È stato un lavoro di restauro corale, vissuto come un divertimento: per me questi brani sono come degli inediti.

Come ti sei sentito nel riprendere in mano canzoni che avevi scritto magari 10 o 15 anni fa? Ti sei riconosciuto in quei testi?
Sì, pienamente, ed è il motivo per cui ho scelto di mettere nell’album proprio quelle canzoni. Quelle parole mi rappresentano ancora, sono autentiche, come se le avessi scritte un mese fa. Quello che volevo cambiare era il modo in cui suonavano o come le avevo cantate.

E come hai scelto di dividerle tra Ora e Ancora?
In Ora ho messo le canzoni che avevano bisogno di un restauro o di una rivisitazione totale, perché ci siamo resi conto che non funzionavano e meritavano una seconda possibilità: siamo ripartiti da zero, cambiando anche la tonalità e la velocità. Ho voluto inserire anche due omaggi: uno a Fossati con Naviganti, un pezzo che nella sua semplicità mi dilania l’anima, e uno alle sorelle Bertè con Stiamo come stiamo, una canzone del 1993 che trovo formidabile per il suo messaggio di riscatto e dolore. E poi ci sono due inediti, Johnny e Di cosa siamo capaci. In Ancora invece c’è il terzo inedito, Colpi forti, e ci sono canzoni che andavano già bene così com’erano, ma sulle quali mi ero fissato per alcuni particolari. Ho voluto ricantare alcune parti o anche solo alcune parole, ritoccare la voce perché magari era troppo bassa: per usare una metafora, è stato un po’ come fargli un’iniezione di botulino.

Ti confesso che trovare una cover di Stiamo come stiamo è stata una bellissima sorpresa.
Credo che sia un brano potentissimo per il suo essere spaccato tra dolore e speranza, ma non ha avuto la fortuna che meritava, e per questo ho deciso di metterlo nella mia antologia. Ha avuto un destino simile a molte mie canzoni, l’ho sentito affine: non ho voluto rifarlo per ergermi a paladino della giustizia, ma ho pensato che forse riproponendolo potevo farlo conoscere a chi nel ’93 era troppo piccolo o magari se l’era distrattamente perso.
Niccolò Agliardi_foto di Giovanni de Sandre b

Gli inediti invece come li hai scelti? Sono lì dentro per un motivo particolare?
Sono tre brani accomunati dal concetto di famiglia, visto da tre punti di vista diversi. Per descriverli mi piace utilizzare il paragone, forse un po’ azzardato, con la trilogia di Titanic di De Gregori. In Johnny parlo della mia famiglia di oggi e racconto la mia esperienza di papà affidatario di un ragazzo, quindi c’è una visione paterna; Di cosa siamo capaci parla invece delle nuove famiglie, quelle formate da persone che si vogliono bene e si sentono protette pur non essendo imparentate da legami di sangue e che non necessariamente sono rappresentate della bandiera arcobaleno; il terzo inedito, Colpi forti, è un po’ più duro, ma altrettanto pieno d’amore: mi rivolgo per la prima volta a mio padre non più solo da figlio ma a mia volta da padre.

L’esperienza da papà affidatario ti sta insegnando qualcosa?
Mi sta insegnando tantissimo e mi sta facendo scoprire molte cose di me che non conoscevo: è un’esperienza che ti mette in gioco da quando apri gli occhi al mattino a quando li richudi alla sera, e non è detto che la sfida non continui poi anche durante i sogni. Devi imparare a dividere tutto per due, per scoprire che non si tratta di una divisione, ma di una moltiplicazione di amore, di affetto, di possibilità e di opportunità, non solo per Johnny, ma anche per me. Richiede impegno e coraggio, altrimenti rischia di diventare un boomerang pericoloso. Sto imparando la pazienza, e sto imparando a non desiderare che Johnny diventi una mia copia, ma a essere per lui una guida.
Niccolò Agliardi_cover RESTO
L’artwork dell’album è popolato da tante figure di origami, una per ogni brano: le associazioni sono casuali?
Non le ho fatte io, ma è tutta opera di due miei carissimi amici grafici, Simone Valentini e Manuele Capone. Non ho mai chiesto ai ragazzi se le associazioni siano state casuali o mirate. L’idea degli origami è nata una sera, guardando un cavalluccio marino che nuotava solitario e aristocratico.

Riguardo invece al titolo della raccolta, nella vita quanto coraggio pensi che serva per restare?
Tanto, tanto, tanto. Scappare è da vigliacchi, ma a volte ci salva la vita: restare significa non essere codardi e rispettare la propria coerenza, mantenere un impegno preso. Andare fino in fondo, giocando fino all’ultima carta, che spesso è quella vincente.

Cosa diresti oggi al Niccolò Agliardi che ha scritto Fratello pop?
Gli direi di andare avanti, anche se farà fatica, perché a 40 anni si ritroverà nelle tasche qualcosa di prezioso. Da un punto di vista più umano invece gli direi di non arrabbiarsi se il suo fratello pop non è come lui: anche se l’altro non gli assomiglia, non è detto che non lo capisca.

Pensi che il cantautore abbia ancora un ruolo preciso nella società di oggi?
Magari non si chiama cantautore, ma rapper, trapper o interprete. Non so se oggi il cantautore, categoria alla quale sento di far parte, sia ancora una figura necessaria: quello che invece è sicuramente necessario è la letteratura che si condivide, sono importanti i messaggi, i contenuti. La forma può cambiare come cambiano le epoche.

E tra i nuovi cantautori italiani c’è qualcuno che ti piace in particolare?
Mi piace molto Motta.
Niccolò Agliardi 6b_Credito fotografico di Francesca Marino
Come ti sei trovato nell’esperienza televisiva di Dimmidite?
Benissimo! Mi sono divertito molto anche perché ho lavorato insieme ai miei musicisti: Giacomo e Tommaso Ruggeri, Francesco Lazzari e Giordano Colombo, che è anche il produttore dell’antologia. Ho potuto fare quello che mi piace, raccontare le storie degli altri e trasformarle in canzoni, e ho potuto farlo con persone divertenti. Mi piace farmi spiegare dagli altri quello che non so fare: scrivere canzoni è una cosa che si fa spesso in solitudine, invece in televisione lo abbiamo fatto in tanti. E mi piace affidarmi agli altri, perché se sono complici e alleati ti aiutano a diventare più bravo in ciò che fai.

Di solito concludo le interviste chiedendo di darmi una definizione di ribellione, ma a questa domanda avevi già risposto in un’intervista precedente. Ti propongo allora cinque parole che ho scelto pensando a te e per quella che preferisci ti chiedo di darmi una tua definizione: parola, famiglia, silenzio, fragilità e paura.
Ti voglio dare un aggettivo per ognuna. (prima di pronunciare ogni definizione Niccolò medita alcuni secondi, ndr) Per parola ti dico “facoltativa”, per famiglia “libera”, per silenzio “necessario”, per fragilità “preziosa” e per paura scelgo… “insidiosa”.

 

Agliardi presenterà la raccolta in Feltrinelli il 22 settembre a Roma (Red Tomacelli) e il 26 settembre a Milano (Red Porta Romana).

#MUSICANUOVA: Niccolò Agliardi, Johnny

Niccolò Agliardi_cover RESTO
Johnny è il ritratto di un adolescente liberamente ispirato a ciò che recentemente è accaduto nella mia vita. Ho scelto di intraprendere un percorso da genitore affidatario ed è così che, quasi all’improvviso, mi ritrovo nel nuovo ruolo di padre di un ragazzo che ha visto ‘il mare da tutti le parti ma non il futuro’. Il mio compito è quello di insegnare a costruirselo appena dopo averlo sognato. In un paese che promette molto ma non sempre mantiene. Johnny è mio figlio, ma potrebbe essere uno dei tantissimi ragazzi italiani che, bombardati da milioni di sollecitazioni digitali, fanno fatica a immaginare per loro un progetto concreto e duraturo. Un mestiere che li gratifichi e che preveda, prima della ricompensa la necessaria fatica per ottenerla”.

Così Niccolò Agliardi parla di Johnny, uno dei tre brani inediti e primo singolo della doppia raccolta Resto, in uscita il 14 settembre, composta da Ora e Ancora
Come ha raccontato il cantautore milanese, il brano è nato da una lunga chiacchierata con Gino Pacifico.
Niccolò Agliardi 6b_Credito fotografico di Francesca Marino
L’album sarà disponibile in streaming, digitale e nella versione deluxe con un kit origami: ogni brano dell’antologia, infatti, sarà rappresentato da un particolare origami pensato appositamente da Niccolò.
Il disco è in pre-order su iTunes e nell’edizione limitata autografata sul sito di Music First (http://bit.ly/Resto-Antologia2018).

Il cantautore presenterà la raccolta in Feltrinelli il 22 settembre a Roma (Red Tomacelli) e il 26 settembre a Milano (Red Porta Romana).

Questa la tracklist di Resto:

Ora
Di cosa siamo capaci
Johnny
Una moneta nel mare
Rumore di fondo
Da casa a casa
Stiamo come stiamo
Non ci aspettiamo più
Perfetti
Le parole dell’assenza
Fratello pop
Simili
Naviganti

Ancora
Non vale tutto
Più musica e meno testo
Secondo te?
Resto
Quattro quarti
Ealing
Non importa veramente
Colpi forti
La sentinella
Alla fine del peggio
Mi manca da vicino
Qualcosa vicino all’amore
L’ultimo giorno d’inverno

Niccolò Agliardi: a settembre il doppio album antologico Resto

Niccolò Agliardi 6b_Credito fotografico di Francesca Marino
«25 anni fa ho cominciato a scrivere canzoni e non ho più smesso di farlo. 
Ne sono state pubblicate molte, cantate da artisti diversi e da me stesso. Alcune mi piacciono molto, altre con il passare del tempo, avrei voluto ascoltarle con un vestito diverso. Allora ho fatto mio l’insegnamento di Francesco De Gregori, che spesso afferma che le canzoni, per fortuna, non sono opere d’arte immobili e immutabili. Non sono quadri destinati ad esistere per sempre nella loro forma originale. Con l’aiuto dei miei musicisti abbiamo cominciato un processo di rivoluzione e restauro, lo stesso che stava accadendo alla mia vita. Resto è la fotografia fedele di quello che Ora e Ancora sono, del mio presente e della mia faccia di oggi. 25 canzoni, 3 inediti, molte risuonate da capo, alcune ricantate, altre lasciate com’erano; perché andavano già bene così.  Sono io a 44 anni, che racconto la mia nuova famiglia, i miei amici, le persone che amo e che ho amato. Qualche dolore di passaggio e una nuova serenità. Faccio l’autore, lo scrittore, conduco programmi alla radio e alla tv. Ma sono un cantante, tutto sommato.»
Niccolò Agliardi_cover RESTO

Due CD, Ora e Ancora, vanno a comporre Resto, la prima raccolta antologica di Niccolò Agliardi, autore e cantautore tra i più celebri del panorama italiano.
L’album uscirà il 14 settembre e tra i 25 brani presenti ci saranno anche 3 canzoni inedite.
Il cofanetto sarà disponibile in streaming, digitale e nella versione deluxe con un kit origami: ogni brano dell’antologia, infatti, sarà rappresentato a un particolare origami pensato appositamente da Niccolò.

Martedì 26 giugno in seconda serata su Rai 1 prende inoltre il via in prima tv assoluta Dimmidite, il primo programma di e con Niccolò Agliardi: un format originale ed innovativo, nel quale il cantautore raccoglie in giro per l’Italia storie straordinarie di persone comuni e le trasforma in altrettante canzoni, con l’aiuto della sua band e di sei amici molto speciali: Fabrizio Moro, Eugenio Finardi, Emis Killa, Chiara Galiazzo, Zero Assoluto, L’Aura.

 

BITS-CHAT: “Qualcuno torna sempre”. Quattro chiacchiere con… Niccolò Agliardi

Tutto parte da una vicenda realmente accaduta nel 2001, un fatto di cronaca vero, ma talmente surreale da sembrar uscito da un romanzo: lo strano naufragio di una nave in avaria porta sulle spiagge di Sao Miguel, alle Azzorre, un carico di 540 kg di cocaina salpato dal Venezuela e destinato alle Canarie. Le conseguenze per i giovani di Sao Miguel sono devastanti, e ancora oggi se ne vedono gli strascichi.
Proprio alle Azzorre Pietro, il
trentaduenne milanese protagonista di Ti devo un ritorno, scappa subito dopo la morte del padre e incontra il giovane Vasco. Da lì prende avvio la storia, con tutto ciò che deve succedere.

Così Niccolò Agliardi ha dato vita alla sua prima prova da autore di romanzo, intrecciando con disinvoltura realtà, finzione e “vita”. Lui che ha firmato canzoni celeberrime per Laura Pausini, Emma ed Emis Killa (giusto per fare un paio di esempi, ma la lista sarebbe lunghissima), adesso si è messo in gioco sul racconto lungo.
Il risultato è Ti devo un ritorno*.

Contemporaneamente, Agliardi non ha tralasciato la musica, facendosi nuovamente autore della colonna sonora di Braccaletti rossi, la fiction di Ra1 giunta quest’anno alla terza stagione.
Un’esperienza che per il cantautore è andata in questi anni ben al di là del semplice lavoro…

Romanzo
Come ti è venuta l’idea di partire da quel caso di cronaca e costruirci sopra un romanzo?

Avevo la sensazione di essere stato solo ascoltatore di questa storia bellissima che mi ha raccontato il mio amico Giovanni Gastel. Era una storia geniale, ma non sapevo come maneggiarla e per un po’ di anni l’ho lasciata ferma. Poi mi è arrivata la proposta di dar vita a un racconto e mi è tornata in mente: ho provato a scriverla, ma non funzionava. Aveva spunti interessanti, ma il testo non girava come volevo e avevo addirittura pensato di lasciar perdere, fino a quando mi sono ricordato di una mia compagna di Università, Maria Cristina Olati, che sapevo essere diventata un’ottima editor: l’ho contattata e prima ancora di conoscere la storia su cui volevo lavorare, mi ha chiesto di raccontarle un po’ di me, di quello che avevo fatto in questi anni. E come potevo non raccontare anche di Braccialetti rossi? A quel punto è stata lei che mi ha costruito sotto gli occhi la storia del romanzo, intrecciando elementi diversi, e ho capito che un libro così io lo avrei voluto leggere. A quel punto si è trattato di scriverlo, e non è stato come dirlo: ho dovuto mettere molto rigore, per la parte giornalistica mi sono affidato ad Andrea Amato che ha regimentato i dati reali, poi io ci ho messo dentro un po’ di vita, di mestiere, e anche di musica. È libro musicale questo, suona bene mentre lo si legge, ed è sicuramente la cosa più bella che ho fatto, figlia di tante esperienze.

Come ti sei trovato ad approcciarti alla scrittura di un romanzo rispetto alla creazione di una canzone?
E’ stato totalmente diverso: in una canzone devi dire tutto in tre minuti e mezzo, in un romanzo devi diluire una sola storia in più di duecento pagine, con la paura di non avere nulla da dire. Ho passato intere giornate senza riuscire a scrivere nulla, e ho dovuto accettare la sconfitta di quei giorni vuoti. Con le canzoni non mi è mai successo, non mi sono mai sentito inadeguato verso una canzone, o almeno non più da molti anni, con il romanzo il senso di inadeguatezza l’ho avvertito.

I personaggi come sono stati costruiti?
Pietro parla come me, anche se è più piccolino, Vasco ha tanto del Brando di Braccialetti rossi, c’è tutta la sua romanità nelle battute, la passione per il surf. Ho attinto da quello che vedevo intorno.

Mi ha colpito molto una delle dediche del libro, “A chi pensava di farcela”…
Non tutti ce la fanno, e vale la pena ricordarsi anche di loro. Non si parla necessariamente di morte: più semplicemente, nei grandi slanci che la vita ci obbliga a fare, qualcuno riesce a decollare, qualcun altro rimane a terra, ma hanno tutti la stessa dignità. Nel libro c’è qualcuno che non ce l’ha fatta.
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“So bene che scappare è da vigliacchi, ma qualche volta ti salva la vita”: nel romanzo questa frase ha un significato ben preciso, ma anche per te è così?
Io non sono mai scappato dalle cose importanti, non mi è mai capitata la fuga. Nel libro faccio fuggire Pietro, ma la fuga avviene all’inizio, poi il suo personaggio sa bene dove stare. È molto più difficile restare, ma è fondamentale: le grandi relazioni della mia vita, gli amori, le amicizie, sono quelle che ho costruito scegliendo di restare e dove anche l’altra persona ha scelto di restare, anche se era più difficile.

“Non credo di essere destinato alla felicità”, dichiara un altro personaggio, Niccolò, ma per te la felicità esiste?
Certo! Non è uno dei sentimenti che maneggio più facilmente e forse non dura molto, ma esiste e la possiamo raggiungere. Per Braccialetti rossi ho scritto una canzone che si intitola La tua felicità, in cui parlo di quando si è felici per la felicità degli altri. Non saprei come definire altrimenti quella sensazione che provo nel vedere felici certe persone a cui sono legato.

Che differenza c’è tra senso e ragione delle cose?
Qui a parlare nel libro è Cristina, la madre di Vasco. La ragione è filtrata dall’intelletto, la si può analizzare, il senso invece è pancia, non è spiegabile. Sono entrambi importanti, ma forse nella vita il senso la vince un po’ di più.

Sei davvero convinto che, come scrivi, se ti fermi ci sarà sempre qualcuno che prima o poi passerà a riprenderti?
Penso di sì, se lasci del bene qualcuno che ripasserà ci sarà sempre. Certo, può anche non succedere, ma devi proprio essere stato uno stronzo!

Tu sei mai ripassato a riprendere qualcuno?
Tantissime volte.
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Gli inediti della nuova colonna sonora di Braccialetti rossi quando sono stati scritti?
Si sono molto diluiti nel tempo: ho iniziato a scrivere con Edwin un paio di anni fa, al termine della seconda stagione. Ci abbiamo lavorato tanto nell’estate del 2015, mentre negli ultimi mesi abbiamo chiuso Ti sembra poco, il brano che fa da traino all’album insieme a Simili di Laura Pausini e che incarna un po’ l’ultima serie.

Sono passati ormai più di tre anni da quando hai iniziato a occuparti di Braccialetti rossi: cosa ha significato per te far parte di questo progetto?
Ho guadagnato una famiglia. Non c’è un giorno in cui non sento almeno alcuni dei ragazzi, vivo con loro le gioie e le crisi quotidiane, loro sanno tutto di me. Mi fanno sentire la loro vicinanza.

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato ha per te il termine “ribellione”?
Rendersi adatti a qualcosa di inadatto.

*Non sarà certo un caso che, scorrendo le canzoni dell’ultimo album di Laura Pausini, in Chiedilo al cielo, firmata da Agliardi, vengano pronunciate proprio queste parole…