BITS-RECE: Michelangelo Vood, “Non c’è più tempo”. Nonostante tutto, sperare ancora

BITS-RECE: Michelangelo Vood, “Non c’è più tempo”. Nonostante tutto, sperare ancora

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Lasciate ogni speranza, o Voi che ascoltate. Perché in questo disco di speranza ce n’è davvero poca.

In compenso, c’è tanto, tantissimo cuore, e tanta, tantissima poesia. Questo è uno di quei dischi fatti prima di tutto di parole, di pensieri, di riflessioni, di confidenze, e solo dopo di musica e melodie.
E non perché la musica sia secondaria, ma perché qui più di tutto emerge un’urgenza di scrivere, di buttare fuori un mondo di paure, di ansie, di aspettative disattese, di promesse che qualcuno là fuori non ha mantenuto.

Non c’è più tempo, album d’esordio di Michelangelo Vood, è un bilancio di vita alla soglia dei 30 anni, un resoconto di pagine parecchio disilluse. Perché avere 30 anni oggi non è facile, e può fare paura. Anzi, ha sempre fatto paura, perché i 30 anni hanno sempre rappresentato una sorta di punto di non ritorno.

Ne L’ultimo bacio, pellicola diventata simbolo di una generazione, Gabriele Muccino aveva tratteggiato magnificamente la crisi dei trentenni: ma lì era diverso, molto diverso. Erano i primissimi anni ’00, e i trentenni di allora soffrivano soprattutto per la fine della loro “età dell’oro”, quella fatta di spensieratezza e di mancanza di grandi responsabilità.

Ma chi ai 30 anni ci arriva oggi si trova davanti uno scenario ben più complesso. Certo, ognuno vive la propria età e il proprio presente a modo suo, ma che avere 30 anni oggi sia una sorta di sciagura non è difficile crederlo, anche per chi – come il sottoscritto – ci è già passato da un po’.

Quello che Michelangelo Vood ha fatto nel suo primo album è stato mettere a fuoco il quadro della sua generazione e consegnarcelo con i tratti nitidi e sensibili della sua scrittura.

“Siamo nomadi, figli dei dollari, del Millennium Bug, di una madre in provincia sola”, canta in Millennium Bug, un brano-manifesto su cui domina una malinconia che fa stringere il cuore. E poi prosegue: “Chissà se è questo che volevo quel giorno di novembre solo dentro a un treno, che corre verso nord”.
In quanti questa domanda se la saranno fatti?

Lasciare la provincia, lasciare gli affetti, i genitori, raggiungere la metropoli, tenere accesi i sogni e i progetti, nonostante tutto. E poi veder finire un amore, sentirsi vulnerabili, ma avere la forza di riconoscerlo, e poi, inspiegabilmente, sentir nascere una forza che ti spinge avanti. Ancora, nonostante tutto. Istinto di sopravvivenza? Incoscienza? O forse un barlume di speranza?

C’è proprio così tanta vita raccolta nei brani di Non c’è più tempo. E Michelangelo Vood la racconta senza pudore. O meglio, con il pudore di chi sa dare peso alle parole, e riesce a volgere in poesia anche la notte più nera.

Non c’è più tempo è un album disarmante, sicuramente uno dei dischi più pessimisti che mi siano capitati tra le orecchie negli ultimi tempi. Pur nella sua infinta delicatezza, in certi momenti è un disco capace di aprirti buchi in fondo al cuore.

Ma è un disco che fa bene, perché ci ricorda che siamo umani. E quando intorno a noi vedremo solo macerie sarà probabilmente la nostra umanità a salvarci, a farci andare avanti ancora una volta, a farci pensare che forse di tempo ne è avanzato ancora un po’. Che non tutto è perduto.

E quindi forse non era vero quello che ho scritto all’inizio, che non c’è speranza. C’è e ci sarà sempre.
Ci sarà il tempo della paura, il tempo della delusione, il tempo dell’abbandono, il tempo dello smarrimento. E ci sarà il tempo per sperare ancora.
Ci sarà sempre tempo.

“Non c’è più tempo”: le angosce e le paure dei 30 anni nel primo album di Michelangelo Vood

“Non c’è più tempo”: le angosce e le paure dei 30 anni nel primo album di Michelangelo Vood

Anticipato dai singoli 2000 anni, Due morsi e Scemo, esce venerdì 10 maggio per Carosello Records Non c’è più tempo, il primo album di inediti di Michelangelo Vood.

L’album rappresenta una sorta di taccuino un po’ consumato e pasticciato, in cui Michelangelo racchiude e racconta il suo punto di vista e le sue riflessioni su cosa significa e cosa comporta avere 30 anni oggi.

«Tutti i giorni penso che io della vita non ci ho capito niente. Alla mia età i miei genitori avevano già una casa, un lavoro stabile e due figli, io invece sto a Milano in affitto con altre 3 persone, ho un lavoro precario e a malapena potrei prendermi cura di un cane, figurati di un figlio. Nella testa sento un orologio che non si ferma mai, mi dice che non c’è più tempo, che devo muovermi se non voglio rimanere un fallito per tutta la vita. E io mi muovo, ma non so dove sto andando. Paura, amore, futuro, solitudine, sacrifici, rassegnazione, speranza, metropoli, genitori, amicizie, provincia, delusione, fame, treni, scelte, dipendenze, fallimenti, insonnia, verità. Ho messo tutto questo nel mio primo disco»

In mezzo a frammenti di vita ordinaria la sua penna scrive fitta, cancella, mette punti, ricomincia, con un’urgenza espressiva che manifesta la necessità di condividere ciò che prova con chi può e ha voglia di capirlo.
I 30 anni significano consapevolezza, domande, ancora poche risposte, significano impegno, volontà, rimpianti, provare a  perdonarsi, un continuo tentativo di accettazione e di capire quale sia il nostro posto nel mondo.

E significano preoccupazioni: c’è il costante pensiero di non essere più in tempo per realizzare ciò che si è sempre sognato.
Questo provoca frustrazione, mina l’autostima, ci fa sentire falliti talvolta. Ci sono situazioni in cui ci sembra impossibile cambiare il nostro stile di vita ma esiste sempre una via d’uscita, una strada “nostra” da percorrere.
I 30 anni sono il momento in cui è ancora tutto in discussione, e finché è così, paradossalmente, la mancanza di certezze può rappresentare l’opportunità giusta di tracciare percorsi alternativi per realizzare ciò che si vuole e in cui si crede.

L’album è disponibile in pre-save e pre-order (https://orcd.co/michelangelovood-noncepiutempo).

Michelangelo Vood, nome d’arte di Michelangelo Paolino, è un cantautore originario della Basilicata.
Vood non è solo il cognome della madre, alla quale egli dedica il suo percorso artistico, ma anche un richiamo alla parola “wood” (bosco), omaggio alla natura selvaggia e incontaminata della sua terra. Dopo il trasferimento a Milano, città in cui la mattina insegna italiano e storia agli studenti delle scuole superiori, nel 2019 pubblica “Ruggine”, il suo primo singolo autoprodotto. Nello stesso anno vince il concorso per autori Genova per voi, indetto da Universal Music Publishing. Nel 2020 pubblica da indipendente il suo EP di debutto “Rio nero”.
Nel 2022 firma con Carosello Records e pubblica il singolo “Souvenir”, seguito da “Sotto il diluvio (nessuno tranne te)” .
Inaugura il 2023 con il brano “I love you” e prosegue a distanza di qualche mese con il singolo “Senza mani”. L’estate del 2023 è l’occasione per portare live nei principali festival italiani le canzoni che ha scritto in questi anni.

#MUSICANUOVA: Michelangelo Vood, “Scemo”

«Scemo è una canzone che prova a non prendersi troppo sul serio, giocando sull’allontanamento di una presenza tossica dalla propria vita. “Ma mi credi scemo?” è una frase che avrò detto mille volte e che mi andava di urlare in una canzone»

Michelangelo Vood pubblica Scemo, il terzo singolo che anticipa l’album di esordio in uscita a maggio.

Il brano racconta la fine tumultuosa di un rapporto, col ritornello che esplode in una “dedica” poco lusinghiera per la controparte, colpevole di cercare a tutti i costi un contatto decisamente poco gradito.

Una dedica a quella persona di cui vorremmo liberarci per sempre, un vecchio amore che ritorna, un vicino di casa antipatico, un amico che ci ha deluso profondamente, un capo troppo esigente.

Dietro l’atmosfera apparentemente leggera del brano, il cantautore prova a esplorare tematiche complesse, come l’accettazione della solitudine, le pressioni derivanti dalla paura del giudizio altrui e l’istinto di sopravvivenza in una metropoli mangia-sogni.

Vood ha una vocazione naturale nel far vibrare il suo vissuto sulle stesse note di chi lo circonda, condividendo frammenti di una vita eccezionalmente ordinaria: è un cultore delle piccole cose quotidiane e sta costruendo la propria carriera da cantautore tra i live club e gli studi di registrazione di Milano, città in cui ha iniziato anche l’insegnamento di italiano e storia in alcune scuole superiori locali.

Il brano – realizzato con il sostegno del MiC e di SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea” – è stata prodotta da Giordano Colombo e si arricchisce delle chitarre di Nicolò Carnesi e dai synth di Donato Di Trapani (già musicista per Colapesce Dimartino, Paolo Nutini).

Non mi scuserò
Per le cose fatte in due
In questa città
Che brucerò  
Che brucerò vedrai
È troppo tardi ormai
Tutti i miei sogni son morti già

Ma mi credi scemo
Se vuoi te lo spiego
Dillo a chi vuoi
Ai preti o all’FBI
Ma per chi mi hai preso scemo
porta sta faccia da scemo lontano da qua

Non do peso a foto e like
Dormo male lo stesso
Ma tu di me cosa ne sai
Ti prendi tutto ciò che vuoi 
L’ha detto pure Freud
Tutti i miei sogni son morti già

Ma mi credi scemo
Se vuoi te lo spiego
Dillo a chi vuoi
Ai preti o all’FBI
Ma per chi mi hai preso scemo
Porta sta faccia da scemo lontano da qua (x2)

Ascolta bene 
Questa è l’ultima volta che te lo dico
Che poi è inutile che mandi
100 messaggi su whatsapp
Hai scritto a chiunque
in DM, Messenger
Addirittura una mail
Ma tutto a posto
Ma pensi che so scemo
Questo è l’ultimo messaggio che ti mando perché poi ti blocco
Mo avast

Ma mi credi scemo
Se vuoi te lo rispiego
Dillo a chi vuoi
Ai preti o all’FBI
Ma per chi mi hai preso scemo
porta sta faccia da scemo lontano da qua

Scemo scemo scemo scemo scemo (x2)

Porta sta faccia da scemo lontano da qua (x2)

Gli avanzi dell’amore in “Due morsi” di Michelangelo Vood

Due morsiDove sei mi hai lasciato a metàMi scordiTra gli avanzi di 2 giorni faE non è cambiato nienteTi spogliDue morsiE te ne vai
Giocavamo a non ridere e tu non vincevi maiTi ho cercato per tutta la notte fino alle sei
Sotto la luna na na naCantare prova sa sa saCi provo a non amarti, anziA non vederti mai

«L’atmosfera sospesa di Due morsi riflette gli strascichi di un amore finito, ma che fatica a tramontare nell’animo di chi l’ha vissuto. Il sentimento di abbandono si fa strada nel protagonista, sale la delusione di esser stato lasciato “come gli avanzi di 2 giorni fa”.

Lo sconforto si trasforma in una preghiera, in una disperata fuga notturna alla ricerca dell’altra persona. Ma lì fuori non c’è nessuno, solo la Luna a farci compagnia», racconta Michelangelo Vood.

«É il secondo singolo tratto dal disco, è un’altra tessera del puzzle che ci condurrà al mio primo lavoro discografico. Con una sfumatura di romanticismo diversa rispetto al precedente singolo 2000 anni, questo è un brano che si muove in un contesto urbano costellato di immagini vivide e quotidiane, vicine alle esperienze vissute da ognuno di noi».

Michelangelo Vood, nome d’arte di Michelangelo Paolino, è un cantautore originario della Basilicata. Vood non è solo il cognome della madre, alla quale egli dedica il suo percorso artistico, ma anche un richiamo alla parola “wood” (bosco), omaggio alla natura selvaggia e incontaminata della sua terra.

Dopo aver preso parte ad alcuni dei principali festival italiani nell’estate 2023, Michelangelo Vood è al lavoro sul suo primo disco di inediti in uscita nel 2024.