Dunque, succede che Cher, presa dall’entusiasmo per la partecipazione al film Mamma mia! Here We Go Again (per l’Italia, Mamma mia! Ci risiamo) decide di fare un intero album di cover degli ABBA, intitolandolo (ma guarda un po’) Dancing Queen.
Sulla carta, un’operazione esaltante e discograficamente golosissima: una delle più iconiche popstar del globo rimette mano al repertorio di una delle più glitterate band che la storia ricordi. Un’idea forse non originalissima, ma con un potenziale enorme.
Poi succede che qualche giorno dopo l’annuncio dell’album esce il primo estratto, Gimme! Gimme! Gimme! (A Man After Midnight), e si inizia a presagire qualcosa di poco rassicurante nell’aria. Già la scelta del primo singolo è stata quantomeno azzardata, visto che tutti abbiamo ancora nella memoria quel capolavoro dance-pop che Madonna ci ha regalato con Hung Up, campionando proprio lo stesso brano degli ABBA: la scelta di Cher sembra quindi più una sfida alla collega che non un tributo al quartetto svedese (non si dimentichi che Madonna e Cher si contendono il trono dell’universo queer, e ogni loro mossa va quindi in una precisa direzione di pubblico). Ma la “colpa” ancora più grave è che il risultato non sembra quello del lancio di un nuovo album, ma una prova al karaoke portata a casa senza infamia e senza lode.
La fiducia nell’intramontabile Cher non può certo però svanire per un solo, primo assaggio di album, e quindi si attende l’uscita dell’intero pacchetto. Che arriva il 28 settembre, di poco preceduta da un secondo antipasto, SOS, e purtroppo ogni timore trova conferma.
Dieci brani tra i più celebri degli ABBA raccolti e riproposti quasi pari pari agli originali, senza lo sforzo di pensare a qualche personalizzazione di stile o anche solo a qualche variante che giustifichi l’idea di mettere in piedi un progetto del genere: no, niente, un compitino pulito pulito, all’altezza forse di qualche dilettante, ma non certo di Cher. Fa eccezione forse One Of Us, alleggerita di cassa e resa in ballatona.
Sì, ovvio che poi il disco è bello e che appena pigiamo play il piedino e la testa fanno su e giù, ma possiamo accontentarci? Le canzoni che ci sono dentro hanno fatto la storia, e Cher è una che non ha certo bisogno di insegnamenti, ma da questo album non ci arriva niente che non conoscessimo già, compresi i pesanti strati di autotune che sono ormai un marchio di fabbrica della voce della arci-diva.
La sensazione di aver perso una grandissima occasione mi arriva soprattutto se penso che, per esempio, già nel lontano 1999 gli A Teens, un quartetto di teen-idol svedesi, avevano realizzato un progetto praticamente identico a quello di Dancing Queen, con solo qualche differenza in tracklist. L’album si intitolava The ABBA Generation e trasformava i successi del gruppo in pezzoni dance, anche un po’ tamarri.
Ecco, persino un gruppetto pop di ragazzini, pur senza tirarne fuori un lavoro memorabile, è riuscito a rivisitare gli ABBA in chiave più originale di quanto non abbia fatto ora Cher.
Quindi arrivato alla fine di Dancing Queen, la domanda che mi viene subito in testa è: perché??