Dire che la musica – e l’arte in generale – non ha età e non ha razza è troppo semplice, quasi un luogo comune. Un concetto che si dà talmente per scontato che si rischia di dimenticarne il vero significato.
Poi però succede che un giorno ti trovi davanti una come Norma Miller, e allora capisci cosa vuol dire.
Per i non cultori dello swing e del lindy hop, forse il suo nome non dice molto, ma la signora in questione non solo oggi ne è considerata la regina, ma è una delle pochissime testimoni ancora viventi dell’epoca in cui quello stile trionfò nei club di New York per poi esplodere in tutto il mondo. Stiamo parlando degli anni ’30, un’epoca lontana ormai anni luce sul piano sociale e culturale, e ad Harlem era in fortissimo fermento il Savoy Club, il primo ad aver abbattuto le barriere razziali e a permettere anche le esibizioni di ballerini neri.
Da qui, proprio dalla sala da ballo del Savoy, è partita la storia straordinaria della giovane Norma Miller. Rimasta abbagliata dallo swing e dalle movenze acrobatiche del lindy hop, questa ragazza americana una domenica di Pasqua, mentre era in pista a provare le mosse che aveva visto fare dai ballerini del locale, è stata notata da Twistmouth George, uno dei precursori del lindy hop, che l’ha portata in sala prove e le ha aperto le porte della danza.
Una carriera che da quel momento non si sarebbe più fermata: Norma ha vissuto tutto il fulgore di quegli anni meravigliosi e difficili, ha visto lo swing trionfare in tutto il mondo, ma lo ha visto anche passare di moda a favore del mambo e del bee bop, ha diviso la scena con Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Chick Webb, Bill Cosby, e ha girato il mondo.
Quando si è accorta che il suo corpo non le consentiva più di eseguire le acrobazie del lindy hop ha lasciato la pista e si è messa dietro al microfono per cantare, dedicandosi allo swing e al jazz.
Oggi Norma Miller ha novantasette anni, gira ancora il mondo, calca il palcoscenico e con piglio d’acciaio e lucidissimo rilascia interviste in cui infila volentieri frasi cantate e “swingate”, muovendo a tempo le sue lunghissime dita smaltate di bianco e rosso.
I ricordi della sua vita sono stati ora raccolti in Swing, Baby Swing, una biografia scritta con l’amico e musicista Maurizio Meterangelo, pubblicata nel giorno del 103esimo compleanno di Frankie Manning, il padre del lindy hop, scomparso otto anni fa.
Pare che il suo medico le abbia detto “Norma, non so cosa prendi per essere così in forma, ma qualunque cosa sia continua a prenderla”.
L’età, così come la bellezza, non è certo un merito, ma uno spirito così deve nascondere un segreto. Forse, sta nell’ism, quello specie di flusso magico che si espande da una persona all’altra durante il ballo, oltre ogni età e ogni razza.
Erano gli anni ’30, erano gli anni di Harlem e del Savoy, erano gli anni dello swing. Erano gli anni di Norma Miller.