Chi si ferma è perduto, recita la saggezza popolare, che insegna anche però che la fretta è una cattiva consigliera. Forse la giusta soluzione sta come sempre nel mezzo, ed è quella di rallentare: godersi il viaggio, gustarsi il panorama, raccogliere i dettagli.
Una filosofia di vita che i Secondamarea hanno fatto propria già da tempo e che hanno trasferito in Slow, il loro nuovo disco di inediti, un concept album dedicato appunto alla lentezza e ai suoi vantaggi. Coppia nella vita oltre che nella musica, Ilaria Becchino e Andrea Biscaro ormai da 12 anni hanno preferito lasciare Milano per trasferirsi nei più selvaggi scenari dell’isola del Giglio, dove è nato anche l’album. Ma sarebbe un errore affrettarsi subito a una facile conclusione: nessun inferno metropolitano contrapposto a un paradiso incontaminato. Perché anche negli angoli di Milano si può trovare la lentezza, magari sotto forma di farfalla.
Slow, un titolo di un disco, ma forse, e soprattutto, anche un manifesto di intenti…
Andrea: Sì, è un vero e proprio manifesto, il titolo di un concept album che è anche un modo di vivere, il nostro, un invito che auspichiamo possano accogliere anche gli altri: rallentare, guardarsi intorno, prendersi tempo.
Un modo di vivere che avete sempre avuto o che avete iniziato a seguire da un certo momento in poi?
Ilaria: Non c’è stata una vera rivoluzione nel nostro modo di vivere: sicuramente stabilirci sull’isola del Giglio ci ha aiutato, perché ci permette di stare a contatto con una natura più incontaminata, possiamo osservare il mare, guardare quello che porta a riva la marea, ma questa indole selvaggia, il desiderio di vivere seguendo i ritmi della natura, tra gli animali, era già dentro di noi. Già da prima di decidere di trasferirci sull’isola, anche quando stavamo a Milano: in città ci sono i parchi e gli angoli della metropoli offrono dei bellissimi scorci. Qualche anno fa in Sempione avevo visto una farfalla particolarissima, rossa e viola, che non sono più riuscita a trovare.
A Milano, la città più caotica e frenetica per eccellenza?
Ilaria: Eppure ci sono un sacco di luoghi molto vicini al cuore, luoghi che offrono occasioni di sconfinamento. Se si vuole, anche a Milano si può cogliere il silenzio.
Andrea: Se ci fai caso, Milano ha una fortissima dimensione umana. Abbiamo imparato a misurarla a passi, perché sull’isola ci spostiamo a piedi, e quando torniamo qui percorrere la città a piedi è come attraversare un paese.
Ilaria: Milano è come un insieme di tanti paesi, ognuno con la propria vita: i Navigli, Isola, Lambrate.
Per quanto anch’io riesca a vedere la magia nella città di Milano, quello che state offrendo è un ritratto un po’ inedito della città.
Andrea: In realtà non ci piace molto il luogo comune che vuole Milano come centro della frenesia, perché quella c’è ovunque, anche al Giglio. Non vogliamo contrapporre l’inferno al paradiso, perché tutti i luoghi sono potenzialmente dei paradisi, sta a noi riuscire a vederli in un certo modo.
Ilaria: Anche quando si dice che Milano è grigia si dice una grande bugia, qui ci sono degli azzurri bellissimi.
E allora perché la scelta di trasferirvi sull’isola del Giglio?
Ilaria: Ci siamo conosciuti là e abbiamo voluto vedere cosa riservava quel luogo oltre al mese di vacanza, osservarlo nell’intero ciclo delle stagioni. A volte ci chiedono come abbiamo fatto a abituarci, visto che lì non c’è niente, ma in realtà c’è tutto quello di possiamo aver bisogno.
Andrea: È sicuramente un luogo molto energetico, ma la verità è che ogni persona porta il mondo dentro di sé, dobbiamo imparare a coltivarlo per poterlo ritrovare anche all’esterno.
Contrariamente al titolo del disco, le canzoni sono nate però abbastanza in fretta.
Andrea: Sì, sono tutti brani che ci assomigliano molto e che probabilmente ci portavamo dentro da molto tempo, forse è per questo che poi la realizzazione dell’album è stata piuttosto rapida.
Ilaria: E poi c’è anche da dire che la velocità non è sempre in opposizione alla lentezza. Quando vado a fare un giro in bici posso anche andare veloce, ma se mi lascio andare al momento che sto vivendo sto in realtà rallentando. La velocità può in qualche modo essere lenta.
Quindi quale potrebbe essere una buona definizione di lentezza?
Ilaria: Assecondare il tempo che c’è, non invadere la realtà, ma lasciarsi invadere.
Andrea: È un fatto di sensazione, non di velocità.
Il disco si apre con C’hanno rubato l’inverno, un brano sui cambiamenti climatici. Un fenomeno sotto gli occhi di tutti, anche se uno degli uomini più potenti della Terra, Donald Trump, si ostina a negarlo. Come pensate sia possibile?
Andrea: È più facile credere a una falsa ideologia che alla realtà, perché si ha paura di perdere privilegi che derivano dallo sfruttamento delle energie del pianeta. Dal Dopoguerra è così, e sarebbe un paradosso se i potenti del mondo si mettessero a far guerra per quello in cui crediamo noi, se fossero cioè disposti a rallentare, a perdere dei privilegi.
Ilaria: Non si ha più voglia di attendere, non si vogliono più aspettare i tempi delle stagioni, rispettare i tempi della natura. Non ci si rende conto che il vero benessere non sta nella quantità, ma nella qualità.
Andrea: E negare che sia in atto un cambiamento climatico è l’unico modo che un politico ha per portare avanti le sue idee, solo così può legittimarsi agli occhi della gente, con il sorriso.
In Pellegrinaggio invece citate Byron.
Andrea: Amiamo molto la poesia, e questo testo in particolare ci piaceva perché descriveva un pellegrinaggio intimo, un modo di errare, e quindi anche di sbagliare, vagabondare.
Ilaria: Un modo di fare pellegrinaggio per portarsi sulla strada giusta.
Nel mondo di oggi, la possibilità di sbagliare e di adottare la lentezza come stile di vita è un lusso per pochi o tutti possono ancora permetterseli?
Andrea: L’errore è il primo inciampo per conoscere, e quindi anche per evolversi, mentre oggi non ci si vuole più evolvere, si preferisce fermarsi al dato di fatto: “noi siamo questo”, e da lì non ci si vuole spostare. Però mi auguro che sbagliare possa essere ancora una possibilità per tutti.
Con quali riferimenti artistici siete cresciuti?
Andrea: Ce ne sono talmente tanti… sarebbe una vera enciclopedia citarli tutti.
Ilaria: Si sono stratificati nel tempo, e ormai è difficile riconoscerli.
Andrea: Negli ultimi periodi abbiamo ascoltato un disco bellissimo di Josh Tillman, e tra gli ascolti recenti potrei citare The National, Glen Hansard, che amiamo molto anche con The Frames.
Ilaria: Poi ripeschiamo molto anche dal passato, per esempio Joni Mitchell, e spesso le influenze non sono neanche dirette, ma ci arrivano dal cinema o dall’ambiente stesso.
L’album si avvale della presenza di musicisti prestigiosi, da Leziero Recigno a Lucio Enrico Fasino, Raffaele Kohler: come li avete coinvolti?
Andrea: Li conoscevamo già, ma il meriti di averli coinvolti nel disco è del nostro produttore, Paolo Iafelice, che è riuscito a ricreare il mood adatto alla nostra musica.
Pensate che la rivoluzione digitale sia stata dannosa per la musica?
Ilaria: Su di noi non ha avuto molto effetto, perché siamo due persone che ascoltano ancora i dischi e amano andare a cercarli in giro, però è un processo che ha indubbiamente accelerato i tempi, ed è paradossale che la velocità entri nel processo di ascolto e di ricerca della musica.
Andrea: Si elimina il gusto della ricerca, si ha a disposizione tutto e subito, e questo non permette di farsi le ossa con una cultura musicale approfondita, manca il sedimento. Torna un po’ il tema della lentezza. Mi ricordo che quando andavo nei negozi a cercare i dischi di De Andrè, a volte non c’erano e il negoziante doveva ordinarli, per cui dovevo aspettare per averli: anche questo è un modo in cui si crea affezione verso un artista.
Secondamarea: da dove arriva questo nome?
Ilaria: Da molto lontano (ride, ndr). La marea fa emergere cose, sensazioni, ed è un’immagine che ci piace, ed è la “seconda” perché i primi non piacciono.
Andrea: Poi ha anche un bel suono!
Per concludere, una domanda di rito di BitsRebel: che significato date al concetto di ribellione?
Passano alcuni secondi di riflessione.
Andrea: Penso che dipenda molto dal contesto e dal momento storico, ma oggi la ribellione è fare un disco come Slow. Ogni artista dovrebbe potersi esprimere in totale libertà.