Sono solo al disco d’esordio, ma hanno già dato una bella scossa alla scena hip hop italiana, e da qui in avanti hanno tutta l’intenzione di imprimere ancora più a fondo la loro impronta.
D’altronde, che The RRR Mob sia qui per fare sul serio e non abbia paura di niente lo si capisce fin dal titolo dell’album, solenne e minaccioso nello stesso tempo: Nuovo impero.
Se fino a qualche anno fa la trap si muoveva piuttosto silenziosa nel sottobosco musicale, oggi sta scuotendo la scena mainstream con colpi sempre più forti, contendendosi i piani alti delle classifiche con il pop e il rock: la nascita di un vero e proprio impero, dunque, una sorta di evoluzione più estrema dell’ondata rap che da ormai qualche anno è entrata a gamba tesa nel mercato discografico nostrano.
Ma quello della RRR Mob è un “nuovo impero” anche per motivi che vanno ben al di là della musica: si tratta infatti della prima crew interamente composta da italiani di seconda generazione. Un collettivo nato in Italia, a Torino per la precisione, dall’incontro di Laïoung, Isi Noice, Momoney e Hichy Bangz, tutti nati tra l’89 e il ’94 e tutti con alle spalle storie famigliari di sogni e speranze in fuga, immigrazione, clandestinità. Hanno conosciuto, e conoscono, l’ombra del razzismo, della diffidenza, del sentirsi stranieri, e la loro musica pulsa di tutto questo.
Il loro è un progetto di rottura e di sdoganamento culturale, che potrebbe addirittura trasformarsi in un modello per le nuove generazioni di figli di stranieri, ma anche per le nuove generazioni di italiani. Loro lo sanno, e mentre ne parlano nei loro occhi c’è il fuoco della rabbia e della passione, della voglia di farcela e della consapevolezza di potercela fare.
La sentono la responsabilità di essere i primi rappresentanti di un modello multiculturale diverso, e non ne hanno paura, anzi, per il loro pubblico vogliono diventare come dei fratelli maggiori, quelli che ti dicono cosa è giusto fare e di cui tu non puoi fare altro che fidarti. E oggi, la cosa giusta da fare è aprire gli occhi sul mondo, guardarlo in tutte le sue sfaccettature, in tutta la sua varietà umana. In una parola, integrare, anche nella musica. “Se ci pensiamo, nell’uso delle terzine e delle onomatopee la trap ha qualcosa che la lega all’Africa, ai suoni delle tribù. È un elemento che accomuna tutti gli afroamericani e quelli che hanno origini in Africa”, sottolinea Laïoung, “oggi si sta assistendo a un nuovo ritorno dell’Africa, il seme gettato secoli fa sta portando i suoi frutti, anche grazie a Internet”.
Nel suo obiettivo dichiarato di riempire un vuoto culturale e musicale, la trap della RRR Mob potrebbe assumere anche contorni politici e arrivare dove le istituzioni e l’opinione pubblica ancora vacillano.
In Nuovo impero le lingue utilizzate sono quattro, talvolta all’interno dello stesso brano: c’è l’italiano, lingua d’adozione, l’inglese, lingua internazionale per statuto, il francese, lingua madre di Laïoung, nato in Belgio, e l’arabo, lingua delle origini comuni a quasi tutti i componenti della crew. Una convivenza pacifica, frutto di un lavoro di affiatamento tra tutti i componenti. È Isi Noice a spiegare: “Quello che ci interessava mantenere nel disco era la spontaneità. Ci fidiamo uno dell’altro e sappiamo che quando uno di noi propone qualcosa lo fa dando sempre il massimo per rispetto agli altri”. Fa eco Laïoung: “Produciamo tantissimo, ma per mantenere la genuinità ognuno deve trovare l’ambiente ideale per lavorare: io mi sono attrezzato con una postazione in casa. Perché devo per forza uscire? Registrare al momento mi permette di restare spontaneo, cosa che non farei se dovessi sempre andare in studio”.
Nata nel 2013, The RRR Mob (il nome sta per The Real Recognize Real Mob) si è presto creata una grande credibilità nell’ambiente dell’hip hop, che oggi le ha permesso di avere nell’album ospiti come Guè Pequeno e Luchè, accanto a nomi meno noti come Malcky G e Sedrick (“Era con noi all’inizio, quando le cose andavano male, ed era con noi quando abbiamo lavorato all’album, c’è sempre stato: alcuni di noi hanno iniziato a fare trap in italiano grazie a lui, è uno zio e un nipote, doveva esserci”, dice orgoglioso Momoney), fino a rapper marocchini come 7Liwa, Inkonnu e The Wind.
L’album arriva a pochi mesi della pubblicazione di Ave Cesare: Veni, vidi, vici di Laïoung. Anche in quel caso nel titolo c’era un riferimento altisonante all’antica Roma. Un motivo in particolare? “In comune ci sono anche i riferimenti alla strategia militare. È come un film, una successione di capitoli: prima è arrivato Cesare, poi per Roma si è aperta l’era dell’impero”.
Ecco, ci siamo, l’era della RRR Mob è iniziata, e ci siamo dentro tutti.
#MUSICANUOVA: The RRR Mob, Don’t Call Me
Chi l’ha detto che la trap non è adatta ai tormentoni estivi?
Prendete Don’t call me, ultimo singolo di The RRR Mob, e avrete un concentrato di è energia e spensieratezza da vivere sotto al sol leone, con buona pace dei puristi.
Dopo Flus 2 (nessun limite), brano dedicato ai migranti in cerca di una vita migliore, Laioung, Isi Noice, Momoney e Hichy Bangz, fanno conoscere il loro lato più leggero, in pieno mood vacanziero.
Trainati dai successi solisti di Laioung, The RRR Mob – prima crew nata in Italia interamente composta da ragazzi di seconda generazione, meticci o figli di immigrati – hanno iniziato a lavorare al loro album d’esordio a Milano, città dove si sono trasferiti dopo vari spostamenti e vicissitudini personali.