“Garagara Yagi”: torna la filosofia necronaif delle Capre a Sonagli


A due anni dall’uscita del loro ultimo album tornano Le Capre a Sonagli, band bergamasca che ha fatto della follia e dei live incandescenti i propri marchi di fabbrica.

Garagara Yagi, questo il titolo dell’album, è il videogioco sonoro delle Capre ed uscirà l’8 marzo per Woodworm: 8 tracce prodotte da Tommaso Colliva, un mix impavido con batterie in faccia e pantoni sonori ricercati, il sogno di un incontro tra Gorillaz e CCCP in un live dei QOTSA.

Garagara Yagi vive di una poetica cafona e molto tamarra che parla di vita quotidiana, lavoro, droghe, alcool e morte, il tutto raccontato sempre con un ghigno ironico sulla faccia.
Rock, post rock, stoner, blues e tanto altro: “Giochiamo con i generi e li sfottiamo pure” dice la band “consapevoli di non essere simpatici alle categorizzazioni.”
Tommaso Colliva (Muse, Afterhours, Calibro 35, Damon Albarn, Ghemon e molti altri), produttore del disco, lo racconta così: “Ho avuto la fortuna di lavorare con tanti artisti bravissimi ma pochi riescono a essere più testoni di me e al contempo aperti a idee, direzioni e suggerimenti. Garagara Yagi è frutto di un paio di anni fatti di esperimenti, prove, errori, cose nuove, cose vecchie, strumenti, chiacchiere. Il tutto alla ricerca di un suono personale che rappresentasse a pieno una band unica, a partire dal nome.”

Ad anticipare l’album è il singolo Elettricista, un brano che parla di “lavoro, droghe e morte, la storia di una tranquilla giornata di lavoro”.
Il video, girato da Silvano Richini, segue la linea del pezzo in un crescendo di psichedelia e assurdo.

Le Capre a Sonagli sono dure, sfacciate, malate e divertenti, il tutto racchiuso in una sola parola: necronaif, un’ossessione per l’estetica della morte che tutto ferma e trasforma.

Animamia, torna l’indie-rock de Il Matteo. Nel video anche Nick Luciani

“Viviamo tempi complicati, in cui sembra indispensabile monetizzare tutto ciò che si ha per restare a galla; ma in un periodo storico in cui l’immediatezza sembra un valore irrinunciabile, quanto può valere la propria anima? E, soprattutto, quanto può durare?”

Capitanati alla voce e alla chitarra da Matteo Mammucari, i romani Il Matteo tornano sulle scene con Animamia, nuovo singolo che fa da apripista al nuovo lavoro della band.
Il videoclip del brano vede la partecipazione di una guest star d’eccezione, il platinatissimo Nick Luciani, per oltre vent’anni cantante dei Cugini di Campagna, qui in un inedito ruolo mefistofelico di un sedicente mago pronto a far firmare con il sangue contratti di vendita delle anime per realizzare i più intimi desideri dei clienti.
Ma in questi tempi di svilimento generale, le nostre ambizioni saranno davvero all’altezza del prezzo che paghiamo? La risposta arriva nel finale…

Il Matteo è una band indie/rock nata ufficialmente nel 2012 a Roma. Ispirandosi a grandi autori italiani come De André e Rino Gaetano, ma anche band come The Lumineers, Imagine Dragons, Coldplay, Lucius, Oliver Onions, il gruppo cerca di raccontare la distanza che separa la realtà che abbiamo dentro da quella, spietata e invincibile, che ci tocca condividere con il resto del mondo.

Canzoni indie: dalla Sardegna, l’esordio di Modigliani

Dalla Sardegna, Modigliani è il progetto solista di Francesco Addari, cantautore trentenne con alle spalle un’esperienza di oltre 10 anni con I Cheyenne, band pop-rock formatasi a Iglesias nel 2006.

Il suo singolo d’esordio si intitola Canzoni indie, “una canzone che ho scritto circa un anno fa.È nata riflettendo sul fatto che in Italia ci sono artisti che riescono a riempire i club o addirittura i palazzetti pur non passando in radio, non c’è nessuna polemica, è stato solo un pretesto per parlare un po’ di me”.

“Sono pronto, carico, determinato ed entusiasta di iniziare questo nuovo progetto, e ad essere sincero ho anche una bella dose di ansia addosso, ma a questo ormai ci sono abituato. Sono soddisfatto delle canzoni che ho scritto, mi piacciono tanto, mi piace cantarle, mi piace suonarle e mi piace ascoltarle. Non vedo l’ora di farle sentire, di sapere se piacciono, se emozionano, se rimangono in testa o meglio ancora nel cuore”.

Goodbye Goodbye: l’amara dedica dei Canova a Londra

“Ho scritto questa canzone dopo un viaggio a Londra fatto con tutta la band”, commenta Matteo Mobrici dei Canova, autore del testo di Goodbye Goodbye.
“La City ha sempre avuto un fascino particolare su di noi perché la maggior parte dei nostri eroi musicali arrivano da lì. Mi sono scontrato però con la Londra di oggi e non con quella dell’immaginario brit, trovando un posto senza anima. Abbiamo avuto la possibilità di entrare agli Abbey Road studios e di mettere le mani sul pianoforte suonato da John Lennon. Poeticamente, sento questa canzone, come se fosse arrivata grazie a quel contatto. Il videoclip è opera del collettivo Bendo Films, professionisti nonché amici di lunga data, già al lavoro in passato su brani come Manzarek e Santamaria. Siamo stati d’accordo sul chiudere il cerchio e girare le immagini di questa canzone proprio nella città nella quale è nata. Per assurdo, il ‘non ci tornerò mai’ è stato infranto proprio nell’andarci a girare il video. Chabeli Sastre Gonzalez, già attrice dell’acclamato Baby, è la protagonista di questo videoclip dove i ricordi e i luoghi si miscelano in un’atmosfera malinconica. Riguardando a mente fredda il girato, ho trovato anche una chiave di lettura macabra e non cercata: il goodbye goodbye è un addio, io sono morto e lei ricorda quella casa e quella città vissuta da entrambi, dove il bacio assume un simbolico valore memoriale, quasi liturgico, à la “Ghost”. Questo punto di vista è per i pazzi appassionati di dietrologie, quindi la mia preferita.”

Dopo Groupie e Domenicamara, Goodbye Goodbye è il nuovo passo della band milanese verso l’uscita del nuovo album, in arrivo a marzo.

Sempre a marzo partirà inoltre il nuovo tour della band, i cui biglietti sono già disponibili sul circuito TicketOne e nei punti vendita autorizzati:

13 marzo 2019 – PERUGIA – AFTERLIFE (DATA ZERO)
20 marzo 2019 – MILANO – ALCATRAZ
22 marzo 2019 – VENARIA REALE (TO) – TEATRO DELLA CONCORDIA
26 marzo 2019 PADOVA – GRAN TEATRO GEOX
28 marzo 2019 – ROMA – ATLANTICO
29 marzo 2019 – NAPOLI – CASA DELLA MUSICA
30 marzo 2019 MODUGNO (BA) – DEMODE’
3 aprile 2019 – FIRENZE – OBIHALL TEATRO DI FIRENZE
5 aprile 2019 –BOLOGNA – ESTRAGON

BITS-RECE: Esma, Ending. E (non) vissero felici e contenti…

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Quattro brani.
Tanto basta a Enrico Esma per racchiudere nel suo ultimo lavoro un’identità cantautorale viva e personale, che dal blues passa al pop più danzereccio, fino a seguire la vena elettronica.
Ending, un EP di quattro tracce che, come lascia presagire il titolo del progetto, puntano lì, sul finale di ogni storia, sull’epilogo delle sceneggiature dei sentimenti, qualunque esso sia: malinconico, imprevisto, qualche volta anche felice.
E quello che Esma riesce a fare è tracciare i racconti ogni volta con mano diversa: c’è il tratto uggioso di Tempesta, o quello più sarcastico usato per descrivere il triste e imperante consumismo di Centro commerciale, delineato con tratti brillanti e un beat incalzante; c’è la tragica intimità di I registi sotto la pioggia, che mette al centro la storia di una distanza tremenda e incolmabile.
Si chiude infime con la solarità di Dejavu, dove forse si nasconde la risposta e la soluzione a tutte le domande che ci hanno da sempre tormentato quando un amore faceva un capitombolo: potrà succederci di tutto, potremo perderci, lasciare o essere lasciati, o restare soli. In fondo “basta spostarci a cercare un raggio di sole. E lui ci scalderà”.

Facile, no? E poi magari finirà così, tutti felici e contenti, come nel più bello degli happy ending…

La “masturnazione” di Il Tipo di Jesi, tra grunge e indie-pop

La storia di Il Tipo di Jesi, nome d’arte di Tommaso Sampaolesi, è quella di un cantante, chitarrista e compositore nato nel 1986 e cresciuto a Jesi, nella provincia di Ancona.
La prima esperienza discografica in carriera arriva nel 2009 con la band .cora, mentre nel 2016 è arrivata la decisione di mettersi in proprio e di raccogliere il materiale scritto negli anni per farne un disco da solista. Con la collaborazione di Davide Lasala quelle che erano solo bozze prendono la forma di brani musicali e danno vita a Pranzo Rock in via Trieste, il primo album album solista del progetto Il Tipo di Jesi.

Tra influenze che vanno dai Beatles a Neil Young, dai Flaming Lips a Lucio Dalla e Rino Gaetano, Sampaolesi ha saputo unire il suo spirito grunge con basi che sanno di elettronica e di indie-pop, restando immerso nella rassicurante realtà della provincia e nello stesso tempo provandone un insopportabile repulsione.

L’ultimo estratto del disco è il singolo Masturnazione.
Se fossimo ancora vivi sarebbe difficile guardarsi allo specchio di lunedì, canta in una sorta di mantra Sampaolesi. E come potremmo dargli torto?

Harp: l’elettropop cosmopolita dei Pashmak

Sono nati artisticamente nella periferia milanese, ma nel loro DNA ci sono anche geni balcanici e statunitensi e influenze che dall’elettropop arrivano ad abbracciare l’art rock, il progressive e i suoni tribali.
Sono i Pashmak, band attiva sulla scena dal 2014: il loro nome in persiano significa “come la lana” e a far parte del gruppo sono Damon Arabsolgar, Antonio Polidoro, Giuliano Pascoe e Martin Nicastro.

Nel 2015 hanno pubblicato il loro primo album, Let The Water Flow, a cui è seguito nel 2016 l’EP Indigo, che li ha portati in tour non solo in Italia, ma anche in diverse città dell’Europa balcanica.
Ora è la volta di Harp, il singolo che anticipa l’uscita del loro secondo album, Atlantic Thoughts, prevista per gennaio.
Un ponte sonoro in cui si concentrano suggestioni eclettiche e cosmopolite, dall’elettronica agli etnicismi, dall’occidente all’est. 

“In un territorio semi-disabitato fra il Montenegro, il Kosovo e la Serbia, capitiamo in una valle silenziosa.Da un campo rialzato abbiamo la possibilità di abbracciare tutta la vallata con un solo sguardo. Davanti a noi i covoni e l’orizzonte in fiamme, mentre dietro sta sorgendo una luna sovradimensionata. Si alzano in volo dei corvi sopra le nostre teste e sentiamo le ali sbattere l’aria; si allontanano fino a sparire mentre continuiamo a sentire il suono rimbalzare nella valle muta. Ci separiamo per commuoverci ognuno da solo con se stesso, sapendo che più spazio ci si lascia, più spazio si crea, più possibilità si possono abbracciare.”

Timbuktu, il viaggio folk e onirico di Fabrizio Cammarata

“In un certo senso, mi piace l’idea di tirare l’ascoltatore fuori dalla sua “comfort zone”, verso un luogo in cui è costretto a rapportarsi senza difese con i suoi sentimenti più nascosti (i più belli ma anche i più “pericolosi”). Mi piace che questo accade in quel momento in cui io evoco con tutta la forza i miei di sentimenti, sul palco o attraverso una registrazione. Le mie canzoni non vogliono essere compagne di una serata comoda al calduccio di un camino, semmai devono fare ridere e piangere, senza controllo, in una sorta di rito collettivo di purificazione. È quello che ho imparato da Chavela Vargas e che provo a fare anche io.”

Fabrizio Cammarata parla così di Timbuktu, il suo nuovo singolo: un racconto folk in cui l’amore si intreccia al fascino di una città lontana a e quasi mitologica
Il brano anticipa l’uscita dell’album Lights, prevista per il 29 marzo 2019.

Il 30 novembre uscirà inoltre la deluxe version di Of Shadows, l’album pubblicato lo scorso anno, che conterrà materiale esclusivo, tra cui versioni acustiche e live recordings.

DarKer, il blues made in Mumbai di Tum

Dai Pocket Chesnut al primo progetto solista, passando per Mumbai.
Si può riassumere così il percorso che ha portato Tum, al secolo Tommaso Vecchio, alla realizzazione di DarKer, il singolo che lo vede per la prima volta in solitaria, senza la band con cui per otto anni ha condiviso lo studio di registrazione e il palco.

DarKer è stato scritto a Mumbai ed la storia di un viaggio, che come spesso accade non è solo fisico ma anche metaforico: a Mumbai Tum ha imparato a suonare l’ukulele, l’unico strumento che potesse portarsi nello zaino durante le sue migrazioni, e insieme a Vernon Noronha, musicista indie-folk conosciuto durante il suo soggiorno in India, ha iniziato a scrivere canzoni.
Al ritorno in italia i brani sono stati ri-arrangiati con l’aiuto di Gabriele Galbusera (Doc Brown), Stefano Elli (Impression Material), Lorenzo Fornabaio (The Remington), Raffaele Bellan (Canada) e il giovanissimo batterista jazz Pietro Gregori.  

DarKer è diventato così un “rotten blues” con influenze ipnotiche.

Il videoclip che accompagna il brano è un montaggio onirico di vita quotidiana indiana tra Mumbai, Agra, Matheran e Nuova Delhi, e montato dal regista Alessandro Valbonesifilmato.

Le nostre foto: il ritorno dei I Sospesi firmato Giorgieness

“Prendi una band che ha perso un componente, parlaci per giorni, guarda con chi occhi affamati suonano in saletta e unisci la voglia di raccontare qualcosa che sia vero. Ecco, I Sospesi sono questo e io, da amica e da musicista, non potevo che appoggiarli e accompagnarli verso questa nuova avventura che inizia da Le nostre foto. Un pezzo di pancia e di testa, un’analisi lucida di qualcosa che è molto vicino alla fine di una relazione sentimentale. Abbiamo scherzato sul fatto che fossi la loro produttrice, ma alla fine lo abbiamo fatto davvero e sono contenta di aver camminato con loro per un po’”.
A parlare così è Giorgia D’Eraclea, voce e volto dei Giorgieness, che si è presa a cuore la storia dei Sospesi, curando la produzione del singolo d’esordio della band milanese.

La loro storia è quella di una nascita e di una ripartenza dovuta all’abbandono di un componente del gruppo. Da lì la necessità di ritrovarsi e decidere di ripartire, ritrovandosi da quattro in tre (Emanuele Salvi, chitarra e voce; Daniele Briganti, basso; Alessio Del Ben, batteria). Per un anno I Sospesi si sono chiusi in sala prove un anno e ora sono pronti al ritorno con il singolo Le nostre foto, “un modo di guardare al passato e accettare con serenità che ciò che è stato non potrà più essere e che quindi bisogna reagire e andare avanti”.