Romina Falconi, scosse elettriche e poesia

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Lo ha intitolato In certi sogni canto nuda, riprendendo in parte il titolo del primo album Certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio, e in parte lasciando emergere l’intenzione di spogliarsi, per dare alle parole ancora più peso di quanto già non ne avessero con la loro precedente veste pop.

Chi si è già imbattuto tra le pagine di questo blog sa quanto grande sia la stima che nutro per Romina Falconi, forse l’unica che in Italia possa ambire al titolo di popstar rivaleggiando con le colleghe straniere, quelle a cui tutte le nostre cantanti guardano, ma che poi nessuna si azzarda a sfidare.
Romina no, Romina ha la stessa attitudine sfrontata delle superstar, Romina osa, gioca con la sua femminilità e con l’immagine, se ne frega dei moralisti e ci mette la testa, consegnando nelle sue canzoni testi che non risparmiano il dolore, il volto crudo della vita, ma che nello stesso tempo sa mostrare anche il suo scintillio. Tutto questo Romina lo fa con il pop, e con il primo album – uscito ormai più di due anni fa – aveva steso un manifesto di vita ricoperto di glitter e di spine, sorprendente, probabilmente inedito qui nel Bel Paese.

Ora, la Falconi fa un passo in più: fa una selezione di quel disco (10 brani per la precisione), la spoglia e la riveste di sintetizzatori, tastiere, corde elettriche e percussioni. In una parola, ne fa una versione elettroplugged, tutta rigorosamente suonata, e la intitola, appunto, In certi sogni canto nuda.  
Ecco allora un tappeto sintetico spalmarsi come una scie di stelle cadenti su Playboy, scelta per l’apertura, ecco l’incedere solenne di La tempesta perfetta, per la prima volta accompagnata dalla musica (nel primo disco era presente come ghost track a cappella), ecco i poderosi muri di suono sintetico al confine dell’indie rock innalzati su Circe, ecco l’ipnosi elettronica di Stupida pazza

Lista nera si trasforma in un’oscura e vibrante prova synthpop che potrebbe essere uscita dalla darkwave degli anni ’80, così come la rivoluzione tra club e rock compiuta per Il mio prossimo amore.
Infine, a chiudere è un medley tra Viva e lei e Un filo d’odio, aperto da un onirico velo di sintetizzatori che volge all’improvviso in un’articolata piano version.

Con In certi sogni canto nuda il pop dell’origine tramuta, cambia pelle con metallo ed elettricità, compiendo virate a volte drastiche, violente, vorticose, con arrangiamenti che sembrano ideali anche per una riproposizione dal vivo.
E poi c’è la poesia di Romina Falconi, che rimane una garanzia.