Il 2017 partirà, almeno musicalmente, col grande botto: arriverà infatti il 20 gennaio Comunisti col Rolex, il primo e tanto atteso album in coppia di J-Ax e Fedez.
Ad anticiparlo è stato alcune settimane fa il singolo Assenzio, che vede la partecipazione di Stash e Levante.
La lista degli ospiti dell’album si annuncia però molto più lunga, da Giusy Ferreri, Sergio Sylvestre, Alessandra Amoroso, Alessia Cara, Nek, Arisa, fino a Loredana Bertè, in una illustre parata di stelle del pop.
Questa la tracklist:
1. Assenzio feat. Stash e Levante
2. Comunisti col Rolex
3. Il giorno e la notte feat. Giusy Ferreri
4. Senza pagare
5. Fratelli di paglia
6. Tutto il mondo è periferia
7. Milano intorno
8. Vorrei ma non posto
9. L’Italia per me feat. Sergio Sylvestre
10. Musica del cazzo
11. Piccole cose feat. Alessandra Amoroso
12. Cuore nerd feat. Alessia Cara
13. Anni luce feat. Nek
14. Meglio tardi che noi feat. Arisa
15. Allergia feat. Loredana Bertè
16. Pieno di stronzi
Le piccole, grandissime verità di Fabio Rovazzi
Quando il rap italiano alza troppo lo spirito, il risultato è purtroppo quello di un provincialismo e di un a noia sconfortante. Se ancora non lo avessimo capito, mettiamocelo in testa (e i rapper nostrani per primi): qui non è l’America. Se nei sobborghi di Detroit le guerre fra rapper hanno una loro ragione di essere e finiscono talvolta a colpi di pistola, nella nostra italietta il massimo a cui si può aspirare sono qualche migliaio di live su Facebook o un servizio in chiusura su Studio Aperto.
Prendete il recente scontro tra Salmo e Fabio Rovazzi: ce n’era davvero bisogno? Davvero uno come Salmo, con la sua esperienza e con la sua intelligenza, ha sentito il dovere di mobilitarsi contro il giovanissimo collega?
Ma andiamo con ordine.
La querelle Rovazzi-Salmo inizia il 2 dicembre, quando il primo rilascia il video del suo nuovo singolo, Tutto molto interessante. Tempo qualche ora e dal fronte Salmo arriva l’accusa, che più o meno suona così: “Rovazzi ha copiato l’idea del produttore discografico-squalo dal mio video Mr. Thunder, in riferimento alla scena iniziale della clip in cui Fabio De a Luigi interpreta la parte di un discografico che chiede, anzi intima, a Rovazzi di sfornare al più presto un nuovo successo. Tutta la storia è però raccontata molto meglio in questo articolo di Rolling Stone, a cui molto calorosamente vi rimando.
E non a caso cito proprio questo pezzo, perché da queste righe il 7 dicembre Salmo ha preso le mosse per ribattere e dire (nuovamente) la sua in un video pubblicato su YouTube, in cui tira ballo – senza nominarlo direttamente – non solo Rovazzi, ma anche Fedez e pure Rolling Stone, con il quale c’era già stato un po’ di attrito nei mesi scorsi.
A questo punto, come si può ben immaginare, la questione aveva già sollevato in mezzo pandemonio nel web, dando vita a tweet, post, like e un infinito ribollire di flora mediatica.
A tentare di riportare finalmente la calma in questo provincialissimo maremoto è stato di nuovo Rovazzi, che l’8 dicembre ha messo on line un video che più che come una difesa personale suona come un bruciante schiaffo morale.
Rovazzi, con un’ironia che tocca vette da manuale, torna sulla questione, argomenta punto per punto le sue scelte, ma va molto oltre, arrivando a parlare di internet e dell’immensa libertà che concede ai suoi utenti e del suo (non) essere un cantante e un musicista, in una carrellata di verità tanto lucide quanto banali, ma che forse si sono un po’ perse di vista nella foga di suscitare il “caso” mediatico.
Un confronto da cui Rovazzi, appena 22enne e da poco arrivato nel rutilante mondo della musica (ma mediaticamente geniale), massacra virtualmente e moralmente il ben più navigato Salmo(ne), dando un piccolo insegnamento anche a tutti noi: il modo migliore per vincere una guerra non è brandire l’ascia e colpire più forte, ma è sotterrarla appena dopo averla presa in mano.
C’è poi un’altra ipotesi da considerare, quella cioè che il buon Salmo abbia davvero mosso tutta questa montagna per un mero tornaconto pubblicitario. Beh, se così fosse le chiacchiere starebbero proprio a zero, e ci saremmo cascati dentro tutto quanti.
Quel che è certo è che sono e resteranno sempre solo canzonette…. per giunta bruttine.
#MUSICANUOVA: Samantha Togni, Queen Nemesis ft. Janset
Queen Nemesis è il primo singolo ufficiale di Samantha Togni, dj/producer italiana residente a Londra, dove si è costruita una forte credibilità suonando in diversi club e crendo la propria serata “Church Of Dreams”.
Il brano è in collaborazione con la rapper Janset (ex Stinkahbell), nome tra i più apprezzati nella scena grime londinese.
La trama del video è ispirata dalla storia di Medusa e vuole lanciare un messaggio di tolleranza e unione a prescindere da aspetto fisico, etnia, orientamento sessuale e cultura di riferimento.
#MUSICANUOVA: Fabio Rovazzi, Tutto molto interessante
Marracash e Guè Pequeno: il 2 dicembre Santeria Voodoo Edition
In attesa di vedere li dal vivo nel loro primo tour insieme in partenza il 27 gennaio 2017, esce il 2 dicembre Santeria Voodoo Edition, nuova versione dell’album di Marracash e Guè Pequeno: doppio CD, il DVD The Recording Sessions, docu-film sulla lavorazione del disco, e un booklet di 36 pagine con immagini inedite.
Su Amazon sarà invece disponibile Santeria (The Complete Box) che conterrà anche il doppio vinile e 12 tarocchi.
In partenza dal 27 gennaio al Gran Teatro Geox di Padova, il tour vedrà i due rapper protagonisti in una serie di concerti che comprenderanno i brani dal loro primo progetto discografico assieme e le loro singole produzioni..
Gennaio 2017
27 PADOVA GRAN TEATRO GEOX
28 VENARIA (TO) TEATRO CONCORDIA
31 MILANO ALCATRAZ
Febbraio 2017
1 MILANO ALCATRAZ
03 FONTANETO D’AGOGNA (NO) PHENOMENON
04 NONANTOLA (MO) VOX CLUB
14 NAPOLI PALAPARTENOPE
16 FIRENZE OBIHALL
18 ROMA ATLANTICO
Prevendite circuito Ticketone.it
Info fepgroup.it
#MUSICANUOVA: Salmo feat. Rose Villain, Don Medellìn
Dopo la certificazione platino per l’album Hellvisback, il disco d’oro per i singoli L’alba e 1984, oltre 25 milioni di visualizzazioni con i videoclip dell’ultimo progetto discografico e un tour sold out, Salmo torna in radio e digitale con il nuovo singolo Don Medellín che vede la partecipazione di Rose Villain.
Il brano anticipa il doppio album repack HELLVISBACK PLATINUM in uscita il 25 novembre, che conterrà 2 brani inediti – tra cui il singolo Don Medellín – e 13 brani live, oltre a Hellvisback.
HELLVISBACK PLATINUM sarà disponibile anche in versione deluxe con un nuovo fumetto.
#MUSICANUOVA: DJ Mike, A Night With The Goat
Dj Myke, si sa, ama giocherellare con i vinili e rimodellare pezzi del passato “scratchandoli” a modo suo .
Questa volta, complice la festa Halloween, è toccato A night with the goat di Jhon Carpenter.
Il dj di Orvieto ha dato vita alla saga Skratch Instinct, da cui sono già nati i rifacimenti di Volare, Eri Piccola, La gatta, L’americano, fino a Sono un simpatico di Celentano pubblicato a settembre.
Nuove date per il tour di Sfera Ebbasta
Dopo l’annuncio delle prime date, si aggiungono ancora nuove tappe per lo Sfera Ebbasta Tour del rapper Sfera Ebbasta, l’attesissimo nuovo tour che lo vedrà protagonista nelle principali città italiane per tutto l’inverno, accompagnato dal produttore Charlie Charles.
Già soprannominato King della Trap music italiana, durante il tour Sfera Ebbasta proporrà tutti i brani tratti dal suo ultimo omonimo album, uscito lo scorso 9 settembre e certificato disco d’oro.
Queste tutte le date:
NOVEMBRE
5/11- ROMA – BRANCALEONE
12/11- VOGHERA (PV) – MOM.A
13/11 – VERONA – ALTER EGO (NUOVA)
19/11- COMO – MADE CLUB
26/11- NONANTOLA (MO) – VOX CLUB – special guest IZI
DICEMBRE
3/12 – BARI – DEMODÈ
6/12 – LECCO – DANCING LAVELLO (NUOVA)
7/12 – PARMA – CAMPUS INDUSTRY MUSIC – special guest TEDUA
9/12 – TORINO – CHALET
10/12 – NAPOLI – CASA DELLA MUSICA
17/12 – CAGLIARI – COCÒ
21/12 – CATANIA – INDUSTRIE
23/12 – LECCE – OFFICINE CANTELMO (NUOVA)
26/12 – VICENZA – GILDA (NUOVA)
27/12 – BERGAMO – DRUSO
GENNAIO
5/01 – COLICO (LC) – CONTINENTAL (NUOVA)
07/01 – FIRENZE – VIPER THEATRE
14/01 – LUGANO – STUDIO FOCE
21/01 – SENIGALLIA (AN) – MAMAMIA – special guest TEDUA
28/01 – PORDENONE – TIO DISCO (NUOVA)
FEBBRAIO
04/02 – BOLOGNA – KINDERGARTEN (NUOVA)
25/02 – RAVENNA – ONYX CLUB (NUOVA)
28/02 – PORTO POTENZA PICENA (MC) – SKY CLUB (NUOVA)
MARZO
3/03 – MILANO – MAGAZZINI GENERALI
BITS-CHAT: “Non è sempre colpa della musica”. Quattro chiacchiere con… i Gemelli DiVersi
Li avevamo lasciati nel 2012 in quattro con l’album Tutto da capo, li ritroviamo in oggi in due con il nuovo Uppercut. In mezzo, un’attività live che non si è mai fermata… e qualche colpo ricevuto.
Proprio da questi “colpi” incassati, i Gemelli DiVersi hanno preso spunto per il titolo del loro ultimo album, il settimo di una carriera partita 18 anni fa, quando l’invasione hip hop non si era ancora affacciata sulle classifiche e in Italia i rapper “famosi” si contavano sulle dita delle mani.
Nel linguaggio della boxe, l’uppercut è quel colpo che il pugile sferra dall’alto verso il basso, spesso come mossa finale per mettere al tappeto l’avversario.
Ma loro, che hanno la pellaccia dura, sanno bene che per quante volte puoi cadere, nulla sarà più importante di come ti rialzerai. Nella vita e nella musica.
Tornate dopo più di tre anni con un nuovo album: cosa avete raccolto all’interno?
Thema: In Uppercut c’è un po’ tutto quello che siamo stati in questi anni, dagli inizi fino ad oggi, senza però ricalcare in tutto il passato. Ci sono tanti richiami alla nostra storia, ma questo disco segna anche una nuova ripartenza, con nuovi elementi nella musica e nei testi. Ci sono canzoni d’amore, canzoni che parlano di noi, ma fondamentalmente è un album positivo: già con il titolo, che richiama un colpo della boxe, abbiamo voluto far riferimento ai colpi che puoi ricevere dalla vita, ma dai quali devi sempre riprenderti. In questo caso non siamo noi ad averlo dato, ma è un colpo che abbiamo ricevuto, come il pugile della copertina: ci siamo rimessi in gioco, trovando la spinta grazie ai nostri fan e alla passione per la musica.
E’ evidente che in questi tre anni ci sono stati dei cambiamenti: vi ricordavo in quattro e vi ritrovo in due…
Strano: Dopo 18 anni insieme, due di noi, Grido e THG, hanno deciso di intraprendere nuovi percorsi. È legittimo: come succede nelle relazioni, si può andare avanti, ma si possono fare anche scelte diverse, e noi ne abbiamo preso atto. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo continuato a fare musica come Gemelli DiVersi, perché in realtà il gruppo non si è mai sciolto. Abbiamo cercato di non tradire quello che siamo stati.
T: Nell’album ci sono tanti riferimenti anche a quello che è successo nella band, il “colpo” che abbiamo ricevuto è legato anche a questo. Ovviamente all’inizio sei destabilizzato, ma poi devi ritrovare la speranza.
S: Dopo tutto, la storia della musica è piena di band partite con una formazione e che poi hanno subito defezioni, succede. È una delle sfide che ti si pongono davanti, e noi l’abbiamo accettata.
In questo periodo anche la musica in Italia è cambiata molto, con l’esplosione dell’hip hip: come l’avete vissuta?
S: L’abbiamo guardata dall’esterno e abbiamo notato che rispetto all’hip hip di qualche anno fa, adesso le canzoni hanno le strofe rap ma il ritornello cantato. Noi però l’avevamo già fatto alla fine degli anni Novanta, e ci sono arrivate addosso le critiche degli addetti ai lavori e della frangia più estremista del mondo hip hip. Adesso quasi tutti usano la melodia per arrivare al pubblico più ampio: possiamo dire di essere stati legittimati? A noi non può fare che piacere sapere che ci sono molti rapper della nuova generazione che dicono di essere cresciuti ascoltando noi, ma succede adesso, prima nessuno lo diceva. Sarà che mi è venuta la barba grigia, ma mi sento un uomo soddisfatto e cresciuto.
T: Va anche detto che noi non ci siamo mai sentiti pienamente parte della scena hip hop, siamo sempre rimasti sul confine, un po’ borderline se vogliamo. Abbiamo iniziato riprendendo un pezzo dei Pooh (il ritornello di Un attimo ancora, il loro singolo d’esordo, riprendeva Dammi solo un minuto, ndr), più pop di così! Abbiamo sempre fatto le scelte da soli, e oggi dà soddisfazione vedere che anche gli addetti ai lavori vanno più a fondo nella nostra musica, riescono a vedere i contenuti e non solo l’apparenza di una band di tamarri come accadeva anni fa. Purtroppo il rap soffre di tanti preconcetti, tra cui quello di essere un sottogenere fatto solo di mosse sul palco: siamo rimasti fermi al cliché di Jovanotti con il cappellino che fai gesti con le mani. Lui in Italia è stato un precursore, ma dietro al rap c’è molto di più. Non ci è mai interessato buttare nei pezzi degli skills per far vedere quanto eravamo bravi con le rime, ma abbiamo cercato di dare sempre dei contenuti.
S: Il rap è diventato cultura negli Stati Uniti già negli anni Ottanta, perché li c’era già la base: qui da noi i pionieri sono stati Jovanotti e gli Articolo 31, ma negli anni Novanta non avevamo ancora la subcultura dell’hip hop, ci sono volute due generazioni.
Tra i cliché legati al mondo del rap c’è forse anche quello di essere un genere che parla di violenza…
S: Proprio qualche giorno fa ho sentito della polemica contro Emis Killa per il testo che inciterebbe al femminicidio (3 messaggi in segreteria, ndr): non ho ascoltato il brano, forse lui avrà usato un linguaggio crudo, ma sono sicurissimo che l’intento non fosse quello di legittimare la violenza. Non è sempre colpa della musica, molto spesso il problema sta nelle interpretazioni sbagliate: un artista deve sempre stare attento a quello che scrive, perché le canzoni arrivano anche a persone che non hanno abbastanza sensibilità per cogliere tutti i significati, ma non si può dare alla musica responsabilità che non ha. Allora noi con Mary avremmo legittimato la violenza dei genitori sui figli?
T: È lo stesso discorso che si faceva anni fa con Marilyn Manson: nelle stragi che si verificavano nei college americani, si diceva che era colpa della musica che ascoltavano gli studenti, e in mezzo ci finivano sempre le canzoni di Manson. La colpa non è degli artisti, ma di chi vuole trovare un pretesto per sollevare la polemica. Sono convinto che ci sia bisogno d tutto, anche di artisti che usano parole forti e che hanno il coraggio di affrontare un certo tipo di argomenti.
S: È questo il vantaggio della democrazia, dare a ognuno la libertà di parola, invece oggi sembra che tutto deve essere criticato e messo in discussione. Qualunque cosa tu dica o faccia, arriva qualcuno che trova da dire, che si tratti di una presunta legittimazione al femminicidio piuttosto che il fatto di mangiare carne.
Siete d’accordo con chi dice che oggi i rapper sono i nuovi cantautori?
T: È un complimento! I veri cantautori sono quelli che negli anni Settanta hanno avuto la possibilità di esprimere le proprie idee, e sono d’accordo sul fatto che alcuni rapper possono essere avvicinati ai cantautori per il loro impegno nel manifestare il loro pensiero, anche se i veri cantautori restano gli intoccabili De Gregori, Guccini, Dalla…
S: Forse più che di cantautori sarebbe giusto parlare di cantastorie, perché portano avanti la pratica del cosiddetto storytelling. Ci sono alcuni nomi della nuova scena rap che lo stanno facendo bene, e penso a Ghali o a Sfera Ebbasta, che portano nella musica molto del loro vissuto. Un’aria nuova che può che fare bene a tutta la scena hip hop.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato ha per voi il termine “ribellione”?
S: Oggi la ribellione è semplicemente riuscire a esprimere il proprio parere, in un mondo in cui tutti cercano di imbavagliarci, le guerre si rivestono di ragioni economiche, il popolo è messo in ginocchio dai poteri forti. L’unico potere che ha il popolo è quello della parola, visto che anche quello del voto non sembra più così forte.
InStore:
26 ottobre, Roma, Discoteca Laziale, va Giolitti 263
27 ottobre, Milano, Mondadori, via Marghera
“Non sono un teen idol”: Emis Killa dà il via alla sua Terza Stagione
Non fatevi ingannare dalla copertina. Quello sfondo rosa dietro a lui vestito da pugile non serve a dare contrasto tra – mettiamo – la durezza dei testi e l’easy listening della musica. Anche perché in questo album di easy listening ce n’è ben poco.
No, quel color pastello, così come il super liquidator di una delle foto interne al booklet doveva essere un richiamo a un certo immaginario, quello a cui si rifà Cult, il singolo di quest’estate: doveva essere questo il tema attorno cui far ruotare l’intero disco, che infatti proprio così doveva intitolarsi, con i richiami agli anni ’90, la nostalgia per un decennio “in cui si è inventato tutto, mentre adesso il ritmo è rallentato e si continua a lavorare per migliorare le stesse cose. Oggi si tende ad addormentare l’intelligenza, si agevola la scimmia, non c’è lungimiranza, non si fa più scouting: penso che siamo nel periodo peggiore della natura umana”.
Poi il progetto è diventato Terza stagione. Quasi come una saga televisiva, il terzo capitolo discografico del rapper milanese arriva dritto come un pugno in faccia, sicuramente inaspettato.
In questi ultimi anni di grande fregola generale per l’hip hop, siamo infatti stati spesso abituati a vedere il rap sui palchi nazional popolari e in ogni radio e ci siamo convinti che in fondo non fosse altro che la nuova forma del cantautorato. Che in parte è vero, soprattutto per ciò che riguarda i messaggi contenuti nei testi, ma abbiamo forse perso per strada il dettaglio che l’hip hop parte dal buio, dal grigio delle periferie delle città, dalle situazioni più dure, ed è quindi per sua natura uno dei generi meno pettinati. Accanto a rapper che scalano le classifiche con hit da ombrellone, strizzando l’occhio ai ragazzini, c’è – vivissima – una parte del mondo hip hop che porta ancora addosso vestiti scomodi.
Ora, senza voler innescare inutili lotte intestine, ci eravamo un po’ convinti – compreso il sottoscritto – che uno come Emis Killa potesse stare tranquillamente accanto a uno come Fedez: lo avevamo creduto quando sono esplosi entrambi nel 2013, lo avevamo creduto ancora di più quando li abbiamo visti uno a X Factor e l’altro a The Voice, ci eravamo cascati quando uno duettava con la Michielin e l’altro ci proponeva il para-inno mondiale Maracanà. Pop travestito da hip hop, insomma. Lo credevamo. Ci abbiamo creduto fino a quest’estate, quando Emis Killa è tornato con Cult, che aveva tutta l’aria di essere un altro tormentone in rime.
Ma il il rap è fatto di zone di colore e di coni d’ombra, e in Terza stagione lo si capisce al volo.
A fronte di una copertina color confetto e fatti salvi un paio di brani, per il resto Emis Killa ci ha portato un album durissimo, dai suoni freddi e con i testi abrasivi. Già Non era vero lo faceva intuire, poi è arrivato Dal Basso, ed è stato chiarissimo. Qui la voglia di sorridere ai lustrini proprio non c’e, e se c’è è ben mascherata dietro a testi in cui il filtro dell’autocensura è stato completamente eliminato. I riferimenti alla periferia, al “blocco”, alla “vita di prima” non si contano, e hanno tutto l’aspetto di essere sinceri.
E quindi come si concilia il rapper di questo album con il giudice di The Voice? Beh, a quanto pare sono due facce dello stesso prisma, che hanno convissuto da sempre, ma che forse è stato il pubblico a voler separare. Tra i brani che più fanno strabuzzare gli occhi, Su di lei, praticamente un rapporto sessuale descritto in presa diretta: “All’inizio si era quasi pensato di non metterlo nel disco, mi avevano anche detto che era brutto. Sono perfettamente consapevole che una canzone così mi porterà delle critiche, soprattutto dai genitori dei ragazzi che mi ascoltano, ma io non voglio apparire migliore di quello che sono. Un pezzo come questo l’avevo già fatto anni fa, si intitolava Sexy line, ma lo conoscono in pochi e quando lo proponevo nei live vedevo l’imbarazzo sui volti delle mamme e de papà. Credo però che sia giusto che tutto il pubblico sappia chi sono e cosa faccio, non sono un teen idol, non sono Benji & Fede, se vuoi ascoltarmi devi conoscermi”.
Al di là di questo, Terza stagione è comunque un album generosissimo, che nelle sue 17 tracce (per la versione standard) affronta momenti e atmosfere molto diversi, trattando temi come il cambio di prospettive (Non è facile, una botta sonora da pelle d’oca, forse il pezzo più bello del disco), l’alcolismo (Jack) e il femminicidio (3 messaggi in segreteria).
Di tutto rispetto e numerosi gli ospiti: Neffa, Jake La Furia, Coex, Fabri Fibra, Maruego, Giso e Jami. “Non è facile collaborare con gli altri rapper, e in generale è difficile trovare le collaborazioni: per questo album ho dovuto escludere un pezzo proprio perché non ho trovato una cantante che volesse farlo. Ma questo è un problema che dura da anni: ai tempi di L’erba cattiva, avevo proposto a Nina Zilli, con cui ho bel rapporto di amicizia, il duetto per Parole di ghiaccio, ma il suo manager ha preferito non farlo”.
Su tutti, due sono i fili rossi: da una parte, come si diceva, il rimpianto per gli anni ’90 e la delusione nel vedere le nuove generazioni spente e demotivate, perse tra i messaggi delle chat e ormai orfane delle ginocchia sbucciate in strada, di qualche sano schiaffone e del corteggiamento vero, dall’altra l’appartenenza al mondo delle periferie, nonostante l’arrivo della fama.
Ma come è cambiata in questi tre anni la vita di Emis Killa? “I vantaggi ci sono stati, inutile negarlo, ma credo di non essermi pettinato, non mi sono raffinato rispetto a prima: mi vesto con lo stesso stile cafone, solo che adesso i vestiti sono più belli e costano di più. La popolarità ha però anche aspetti negativi: prima di tutto ci sono più pressioni, responsabilità e ritmi più serrati nel lavoro, che sono lontani dal concetto di arte, e poi oggi so di essere molto più esposto alle critiche, vengo attaccato più facilmente e il mio temperamento mi ha spesso portato a reagire. Ho dovuto imparare a moderarmi, mordermi la lingua e se necessario passare dalla parte del torto, perché quando sei così esposto ogni tuo comportamento viene amplificato. Continuo a frequentare i vecchi amici, esco con loro, magari non nei locali più noti, ma da quel punto di vista la mia vita non è cambiata. C’è chi dice che mi sono montato la testa e non saluto più quando passo per strada: la verità è che sono persone che non salutavo neanche prima, solo che adesso hanno il pretesto per parlare. Se c’è un aspetto in cui forse mi sento cambiato, è l’intolleranza, oggi ho un po’ di pazienza in meno”.