Di cui una cosa possiamo essere sicuri: Nicki Minaj non si sta annoiando in questi giorni.
La grande signora dell’hip-hop si sta infatti dando un gran da fare tra nuovi singoli e collaborazioni.
Dopo aver rilasciato la bellezza di tre nuovi brani in un giorno solo alcune settimane fa, probabili anticipazioni del nuovo lavoro, Nicki ha preso parte alle collaborazione in sapore di dance hall con Jason Derulo e Ty Dolla Sign in Swalla, uno di quei pezzi che sembrano voler già scaldare la pista per la prossima estate, e ora rincara la dose insieme a David Guetta, con cui aveva già avuto occasione di lavorare (vedi alla voce Turn Me On), in Light Up My Body. A completare la squadra c’è anche l’amicone Lil’ Wayne. Un miscuglio di rap ed elettronica tanto di moda ultimamente, ma dove ad emergere sembra soprattutto la componente urban, e la presenza di Guetta la si capisce un po’ poco. Ma tant’è.
Quello che comunque sembra di capire è che i lavori per il nuovo album di Nicki siano più che avviati, se non addirittura quasi al traguardo, e nonostante le numerose incursioni nel pop e nella dance, il grande amore della Minaj resta l’hip-hop.
Noi aspettiamo un po’ impazienti qui…
BITS-REPORT: Tra hip hop e Versace. Emis Killa live all'Alcatraz di Milano. 20 marzo 2017
Dunque, facciamo un paio di conti: quando è iniziata la stagione d’oro dell’hip-hop in Italia? Quando, cioè, da genere di periferia e dei sobborghi, il rap è salito fino all’attico più esclusivo della musica italiana? Se non sbaglio, era circa il 2012, quindi cinque anni fa abbondanti. Da allora tanto è cambiato: la quantità di rapper che sono nati o emersi dall’underground è incalcolabile, tanti hanno fatto il botto, altrettanti sono durati il tempo di un paio di singoli, altri ancora sono rimasti a galla cambiando pelle e cedendo ai richiami delle radio e del mainstream.
Tra i primi nomi che si sono fatti strada nella nuova generazione dei rapper c’era anche quello di Emis Killa.
L’hip-hop, si sa, è il genere sporco per antonomasia, quello poi nudo e più crudo che ci sia, e i rapper sono i ragazzacci più tremendi che si possano incontrare. Almeno in teoria. E almeno nella scena indipendente. E almeno in America, dove si sparano e si scazzottano per davvero. Perché se guardiamo quello che succede qui da noi, spesso il confine tra il rapper e la popstar da giornaletto teen è davvero sottilissima.
Non però Emis Killa. Lui teen idol non lo è, e non lo è mai stato. Lo ha detto più volte, e lo dimostra adesso che sta portando in tour le canzoni del suo ultimo album, Terza stagione. In questi cinque anni, Killa avrebbe potuto concedersi ai duettoni pop, ai tormentoni balneari, ai testi gigioni, ma non lo ha fatto quasi mai, e quando è successo è stato il primo a riconoscerlo.
Quello andato in scena all’Alcatraz di Milano il 20 marzo, oltre a essere una delle due anteprime del tour vero e proprio (la seconda è fissata all’Atlantico di Roma per il 27 marzo), è stato un concerto hip-hop senza ruffianate, una raffica di brani sparati fuori uno dopo l’altro senza troppi giri di parole. Pur griffato da capo a piedi e con la collanona di Versace di ordinanza, Emis Killa ha dato in pasto al suo pubblico rime fredde e sanguigne, racconti di vita di un ragazzo cresciuto sulla strada e catapultato d’un tratto sotto i riflettori.
In un allestimento scarno e ispirato al ring e con una band totalmente al femminile, il ragazzone di Vimercate ha guidato uno show che più che ad un concerto assomigliava a tratti a un rave organizzato tra amici. Tanti gli ospiti chiamati sul palco, da Maruego a Coez, da RRR fino a Jake La Furia, vera sorpresona.
In scaletta soprattutto i brani dell’ultima album, ma non potevano mancare i successi più spudorati, le parentesi melodiche, la quota pop, come Maracanà: avrebbe voluto evitarla, è stato un brano composto su commissione, lo dice senza problemi, ma al solo pensiero di non averla in scaletta il manager ha visto rosso. E quindi eccola, quasi in chiusura, a far sussultare tutta la sala, perché in fondo gli è stata subito perdonata. Subito dopo, il momento topico, con Non è facile, uno dei manifesti musicali di questo artista rimasto fedele a se stesso negli anni.
Per affondare bene i denti nella carne avrebbe forse potuto giocarsela fino in fondo con pezzi come 3 messaggi in segreteria o Su di lei, che invece non ci sono stati, ma quello che si è visto è il giusto compromesso di un rapper che senza perdere la faccia ha imparato a convivere tra la strada e i riflettori. Tra il cemento e Versace.
La gallery della serata è visibile a questo link (foto di Luca Marenda).
#MUSICANUOVA: Coez, Faccio un casino
3 singoli in un giorno: il prepotente ritorno di Nicki Minaj
Regret In Your Tears
No Frauds feat. Drake & Lil Wayne
Changed It feat. Lil Wayne
Ben tre brani rilasciati nello stesso giorno: Nicki Minaj non ha usato le mezze misure e già che c’era ha coinvolto due amiconi come Drake e Lil Wayne.
In compenso, ha risparmiato sulle copertine…..
Nuovo album in vista?
Il periodo pop di qualche anno fa sembra essere ormai un ricordo: Nicki è tornata nello sporco ghetto dell’hip-hop e sembra non volersene più allontanare.
#MUSICANUOVA: Emis Killa, Non è facile
Non è facile se sei un numero primo ed indivisibile
Dare un peso alle persone con due anime
Salutare e poi diventare invisibile
Mentre gridano il mio nome, non è facile
Non è facile è uno dei più bei pezzi hip-hop degli ultimi anni, e per realizzarlo Emis Killa ha voluto un asso come Jake La Furia.
Adesso ne ha fatto un video e un nuovo singolo di Terza stagione.
“Io e Jake La Furia siamo molto simili, per mille cose C’è molto feeling sia artistico che umano quindi non ho avuto dubbi sul chiamarlo per dare il suo contributo a questo brano. Quello che tratto in questa circostanza è un tema a me caro, già affrontato diverse volte in passato, anche se in chiave diversa. Parlo di come crescendo si cambi punto di vista su molte cose, o di come dietro a un successo ci siano sacrifici e lati scomodi, insomma, la faccia della luna che nessuno vede mai. È un po’ come se avessi voluto dare una visione del mio io più recente”.
BITS- CHAT: Un rap verso l'assoluto. Quattro chiacchiere con… Peligro
È nato nel 1992 – quindi quest’anno fa 25 anni -, ma dietro di sé ha già una discografia invidiabile.
Andrea Mietta, aka Peligro, è un rapper milanese. Lo scorso dicembre ha pubblicato il suo ultimo EP, Assoluto, quattro tracce che dall’hip-hop trovano spazio per accogliere influenze EDM, acustiche e soul, e che nei testi arrivano a parlare anche di razzismo e discriminazione citando Jesse Owens, l’atleta divenuto simbolo della lotta razza nelle Olimpiadi di Berlino del 1936.
Il 9 marzo, nell’ambito dell’Emergenza Festival, Peligro sarà sul palco milanese del Legend 54, dove presenterà i nuovi brani ma promette anche sorprese.
È la prima volta che ci “incontriamo”, per cui parto con una domanda quasi doverosa: perché questo nome?
Quella sul nome d’arte è una storiella simpatica: oltre ad Assoluto, anche i miei primi due dischi sono stati prodotti da Hernan Brando, originario di Buenos Aires, quindi di madrelingua spagnola. Una mattina mi ha telefonato euforico e mi ha detto: “L’ho sognato, l’ho sognato! Tu ti chiamerai Peligro!”. Ci siamo fatti una risata, però poi a mente fredda ci siamo confrontati e ci siamo detti: “Suona bene… perché no?”
Quando hai iniziato ad avvicinarti all’hip-hop? E quali sono stati i primi artisti che ti hanno fatto appassionare al genere?
Non saprei dire, credo che sia il genere a scegliere l’artista e non il contrario. La prima volta che sentii un pezzo rap ero alle scuole medie, avevo appena iniziato ad approcciarmi alla musica – merito della mia famiglia, che la ama da sempre e l’ha sempre suonata e fatta suonare in casa -, ma i miei ascolti andavano in tutt’altra direzione. Poi non so, il pezzo giusto sentito al momento giusto, quel codice comunicativo è entrato nei miei tessuti quasi inconsapevolmente, ed ora eccomi qui. Il primo artista per cui ho avuto una vera predilezione e che mi ha avvicinato al rap è stato Bassi Maestro, poi ci sono stati i Club Dogo, gli Articolo 31. Quando ho “scoperto” il rap però, in Italia non erano tantissimi a fare questa musica.
Sei giovanissimo, ma hai già alle spalle una discografia piuttosto nutrita: riusciresti a riassumere quello che è stato il tuo percorso fino ad oggi?
Mi viene difficile fare un vero e proprio riassunto: da quando ho iniziato a scrivere canzoni mi sono buttato a capofitto in questa avventura e molti dei miei lavori sono, diciamo, usciti da soli. Mi rendo conto di avere già all’attivo diversi album, nonostante l’età; ho sempre cercato di non avere un atteggiamento “schizzinoso” nei confronti delle mie canzoni, anche delle prime, perché è per merito di ciò che siamo stati che oggi siamo quello che siamo.
L’ultimo tuo EP, Assoluto, è arrivato a pochi mesi dall’uscita dell’album Tutto cambia: come mai un intervallo così breve?
In realtà, quando Tutto cambia è stato pubblicato, Assoluto era già pronto. L’idea di pubblicare entrambi prima della fine del 2016 ha un significato: volevamo tirare una riga su quanto era stato fatto fino a quel momento e iniziare il 2017 come un nuovo capitolo, con nuovi stimoli e nuove destinazioni.
Cosa rappresenta per te l’Assoluto?
Sono contento che tu me lo chieda! Il termine “assoluto” deriva dal latino ab solutus, cioè “sciolto da vincoli”. Quando dico che “la mia musica mi porta verso l’assoluto” intendo dire che mi porta a non avere vincoli, il che ha un duplice significato: da un lato quello prettamente musicale, perché questo EP è molto sperimentale e per noi era fondamentale non porci limiti di genere, dando totale libertà alla sperimentazione, e dall’altro quello della vita, mi piace pensare che la mia musica sia un mondo all’interno del quale sono libero di essere completamente me stesso.
Mi ha colpito la quarta traccia, Jesse Owens/Farenheit: da dove ti è arrivato lo spunto per un brano dal contenuto così importante?
Questa canzone è in assoluto l’esperimento creativo più stimolante che abbia mai realizzato. Nel rap le “canzoni doppie” non sono un’invenzione recente, ci sono innumerevoli esempi sia in Italia che nel mondo: la vera sfida era creare una canzone che, pur essendo “composta”, mantenesse una certa unità, come se fossero due facce della stessa medaglia. Ho deciso di affrontare delle tematiche importanti, anche delicate. Parlare di riscatto razziale dal punto di vista di un ragazzo bianco nato e cresciuto in Italia vuol dire assumersi il rischio costante di cadere nel banale e nel luogo comune. Così ho deciso di approcciare la cosa partendo da un fatto storico, dalle vicende di Jesse Owens, che oltre ad essere simbolo del riscatto razziale è anche simbolo del riscatto personale e del superamento dei limiti. È stato un modo per rendere più vicina a me questa vicenda. Per Farenheit, invece, è stato Ray Bradbury ad ispirarmi, col suo capolavoro Farenheit 451: il punto di vista è lo stesso del libro, quello del vigile del fuoco che ha il compito di cercare i criminali possessori dei libri, arrestarli e bruciare i volumi. Quel libro è illuminante, fa vedere chiaramente come senza la cultura sia più difficile avere un pensiero autonomo e come sia facile diventare vuoti e manipolabili. La stessa mancanza di cultura può portare all’odio verso il diverso, che poi è la tematica affrontata nella prima parte del brano.
Il 9 marzo salirai sul palco del Legend 54 di Milano: cosa rappresenta per te questo live e quanto Milano ha influito sulla tua musica?
Sono molto contento di poter suonare al Legend 54. È un locale che negli anni ha ospitato tantissimi rapper ed è un onore per me portare questo genere musicale su quel palco. Milano è una città piena di stimoli musicali e di costante ispirazione: sono contento di viverci e quando sono altrove ne sento la mancanza. A conti fatti, non credo che nella mia musica si possa riscontrare una marcata territorialità, gli stimoli che mi portano a scrivere arrivano spesso da me stesso, dall’interno.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Per me la ribellione è innanzitutto personale. Trovo che non ci sia niente di più “sovversivo” della consapevolezza: essere consapevoli di quello che si sta facendo e del contesto in cui si sta operando ci dà il potere di compiere scelte libere. C’è qualcosa di più ribelle di questo?
Denny lahome: il nuovo singolo arriva il 17 marzo. Rovazzi dirige il video
Era da un po’ che lo avevamo perso di vista.
Ma Denny lahome si prepara alla grand rentrée, fissata per il 17 marzo con il singolo Irreversibile. Anzi, IRЯEVƎRSIBILE.
Alla regia del video, Fabio Rovazzi.
https://www.facebook.com/plugins/video.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2FDennylahomeOfficial%2Fvideos%2F1455548587788737%2F&show_text=1&width=560
#MUSICANUOVA: Fabri Fibra, Fenomeno
Clementino: il 24 marzo arriva Vulcano
“Ho deciso di chiamare il mio album Vulcano perché io stesso mi sento un po’ come un vulcano: tutto il fuoco che ho dentro è uscito fuori attraverso le rime. Ho scritto i testi interamente e per la prima volta ho interpretato ogni canzone da solo, senza alcun featuring. In Vulcano ho messo al centro me stesso, Clementino, sperimentando anche sonorità che non avevo usato prima”.
Vulcano, il nuovo album di Clementino uscirà il 24 marzo: tredici tracce inedite interamente scritte da Clementino, tranne il brano presentato in gara a Sanremo, Ragazzi Fuori, composto nel testo insieme a Marracash.
Questa la tracklist:
UE’ AMMO (prodotto da Deliuan)
STAMM CCA’ (prodotto da TY1)
CENERE (prodotto da Shablo)
TUTTI SCIENZIATI (prodotta da Marz)
KEEP CALM E SIENTETE A CLEMENTINO (prodotto da Amadeus)
RAGAZZI FUORI (prodotto da Shablo e Zef)
DESERTO (prodotto da Shablo)
JOINT (prodotto da Yung Snapp)
COFFEE SHOP (prodotto da Swan)
LA COSA PIU’ BELLA CHE HO (prodotto da Deleterio e Fabrizio Sotti)
SPARTANAPOLI (prodotto da Shablo)
A CAPA SOTTO (prodotto da Swan)
PAOLO SORRENTINO (prodotto da David Ice)
Sfera Ebbasta: il 3 e 4 marzo le ultime date del tour ai Magazzini Generali di Milano
Sulla scia dello straordinario successo del 2016, venerdì 3 e sabato 4 marzo Sfera Ebbasta arriva ai Magazzini Generali di Milano (via Pietrasanta 16) per un doppio appuntamento live già sold out, che chiude il suo Sfera Ebbasta tour.
“La dimensione live è quella che preferisco– dichiara Sfera Ebbasta – mi permette di entrare in contato diretto con il mio pubblico. Con il supporto dell’organizzazione diretta da Thaurus Live abbiamo in riservo tante sorprese e special guest che sul palco dei Magazzini si alterneranno sul palco, insieme a me e al producer Charlie Charles, dando vita ad un vero e proprio show”.
Accanto ai brani del suo ultimo lavoro, l’artista riproporrà al contempo i successi che hanno segnato l’inizio della sua carriera musicale da XDVR a Panette, Rapina, Mercedes Nero, e Blunt & Sprite, fino a Ciny, inno alle proprie origini.
Dallo scorso dicembre è inoltre disponibile il cofanetto Sfera Ebbasta – Special Box contenente l’album omonimo e per la prima volta, in formato fisico, anche lo street album XDVR in versione reloaded, che nel 2015 lo ha fatto conoscere al pubblico.