BITS-CHAT: Musica per allontanare l’inferno. Quattro chiacchiere con… Lenny

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Se siete abituati ad ascoltare la radio, molto probabilmente più di una volta vi sarete imbattuti in Hell.O, un brano dall’alto tasso di adrenalina pop-rock e dalla forte capacità di appiccicarsi in testa. Ma attenzione, perché qui il saluto c’entra ben poco: il titolo è un giochino di parole che richiama l’inferno, in particolare quello generato dai vari demoni che ci portiamo dentro.   
A cantarlo è Lenny, giovanissima artista – classe 1993 – che a dispetto delle apparenze non arriva dall’Inghilterra, ma dalla Repubblica Ceca.
Lenka Filipova, è nata infatti a Praga, e lì ha mosso i primi passi nella musica: a 4 anni ha iniziato a suonare il piano, a 11 ha composto la prima canzone e a 16 ha formato la prima band.
Nel 2013 ha lasciato la sua città per studiare composizione a Londra, in un’esperienza che l’avrebbe segnata profondamente sia sul lato umano che su quello artistico e che, dopo l’uscita di due EP, l’ha portata oggi a pubblicare il suo primo album, Hearts, già uscito in patria e in arrivo in Italia il 10 marzo.
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Come sei arrivata alla musica?
In realtà sono cresciuta in una famiglia di musicisti, mia madre è una cantante abbastanza conosciuta in Repubblica Ceca, e grazie a questo ho potuto conoscere le due facce della musica, gli alti e bassi: da una parte c’è il lato più leggero, la libertà di esprimersi, il divertimento, ma dall’altra la musica ti porta ad avere forti pressioni quando diventa un lavoro. È un grande insegnamento che ho avuto la fortuna di ricevere direttamente in casa e che mi sta tornando utile adesso.
Due facce che si ritrovano in Hell.O.
Sì, in quel brano parlo proprio dei demoni, delle paure che ogni persona può trovarsi dentro, e di come si debbano affrontare per annientarle. Nella vita si sente troppo spesso parlare di malattia e depressione, fattori che si scatenano quando non riusciamo ad affrontare le paure e i nostri demoni personali. Non mi aspettavo che il brano venisse accolto così positivamente, ne sono felicissima, e so che devo ancora crescere molto, ma vorrei far capire che anche molto altro da dire nelle mie canzoni.

Da quali artisti ti senti maggiormente influenzata?
Tanti, e molto diversi. Janis Joplin, Aretha Franklin, la Motown, James Brown, il rock, i Rolling Stones, gli AC/DC, ma anche Adele, Ed Sheeran. Mi tengo aperta a ogni possibile stimolo, perché non sai mai da dove ti arriverà l’ispirazione per il prossimo pezzo. Mi piace molto anche Zucchero. Mi ha colpito vedendolo tempo fa in concerto: era seduto su una specie di trono, e quando si è alzato tutto il pubblico ha fatto altrettanto ed è iniziato un vero rock show. A mia mamma invece piace molto Gianna Nannini.
Se dovessi dare un colore alla tua musica quale sarebbe?
Quando ero a Londra ho seguito alcuni corsi di scrittura musicale, e una delle prime cose che mi è stato chiesto di fare era proprio scrivere una canzone su un colore. Io ho scelto ho scelto il blu e ho scritto My Love, che poi è finita nel disco. Adesso però se dovessi scegliere un colore sceglierei il rosa, che infatti è anche il colore della copertina.
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Puoi spiegare il significato delle immagini presenti sulla cover del singolo?
Per questa copertina ho lavorato con un grafico italiano che aveva già lavorato con i Bring Me The Horizon. Gli ho mandato una lunga mail in cui gli spiegavo l’atmosfera del brano, la sensazione che volevo comunicare, e ho voluto riprendere lo stile di icone usate dalla band. Lui ha pensato a quattro immagini chiave che rappresentassero i concetti che gli avevo descritto.


Pensi che oggi la forte presenza di Internet aiuti gli artisti a farsi conoscere di più?

Da un lato sì, e sono contenta di essere nata in un’epoca come questa, con così tanti mezzi a disposizione, ma spesso che guida l’industria discografica pensa solo al primo posto nello streaming o nelle classifiche di download, senza tenere in considerazione il fatto che magari la forza di un artista sta nel live. Io per esempio amo stare sul palco e cantare nei locali e sono fiera di averlo fatto. Uno come Ed Sheeran per esempio ha passato anni ha fare musica in strada prima di arrivare al successo. Oggi è difficile capire in che modo la gente si potrebbe avvicinare alla tua musica: quello che conta è che l’artista trovi la sua dimensione.
Cosa ti ha lasciato l’esperienza in Inghilterra?
Mi ha aperto tantissimo la mente. Gli artisti del mio paese molto speso non hanno larghe vedute e non hanno la giusta dose di ottimismo e intraprendenza. A Londra invece ho trovato una realtà completamente diversa, e per il mio cervello è stato come andare sulle montagne risse. Lì ci trovi gente di ogni parte del mondo, un sacco di ispirazioni diverse: in questo spero di poter essere uno stimolo per altri artisti del mio paese, mi piacerebbe che trovassero la giusta motivazione nel continuare a credere in ciò che fanno.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
È come la libertà, con la differenza che la ribellione ti porta a combattere per un motivo preciso, a volte per la libertà stessa. Quando sei un ribelle, sei libero di fare ciò che vuoi.