“Successo esterna con ironia la ciclica frustrazione di chi, come me, vive e lavora nel mondo della musica, che ho scoperto non essere solo mio ma un sentimento condiviso che, ogni tanto, viene a bussare alle nostre porte. Ma questa canzone racconta anche tanto altro: col tempo mi sono accorta che parla di così tante cose che sarebbe riduttivo dare una chiave di lettura unica. Altre dinamiche, fatti di cronaca, politica, storie di mille persone, di rapporti, di sogni. Successo è semplicemente una fotografia di quello che ho attorno, quello che ho visto in questi ultimi anni, quello che accade nel mio mondo e oltre. Vorrei che fosse il manifesto di chi lavora con tenacia a testa alta, di quelli che non mollano mai nonostante le difficoltà”.
Il ritorno di Giorgieness si gioca sul riff di una chitarra rock, quasi un ritorno alle origini per la cantautrice Giorgia D’Eraclea, in attesa del nuovo album ,previsto per la primavera 2021.
“Maledetta sono io, maledetta sei tu, maledetti siamo noi ogni volta che portiamo qualcuno al limite, senza superarlo, sapendo chiedere scusa. Maledetta è la voglia che ci incolla l’uno all’altro, anche quando non vorremmo. Maledetta è una risata fragorosa alla fine di una litigata, è tutte le volte che volevo lasciarti ma poi è tutto più bello se ci sei”.
Prodotto da Ramiro Levy (voce e chitarra della band brasiliana Selton), Marco Olivi (Ghemon, Ex Otago), e Davide Napoleone (Michele Bravi, Booda, Gaia Gozzi), Maledetta inaugura la nuova fase artistica di Giorgia D’Eraclea, meglio conosciuta come Giorgieness, anima e voce del progetto nato nel 2011.
Una ballad che esplode in un climax di sonorità intense e vibranti in cui trova dimora un testo autobiografico. A farne da base è un tessuto acustico ed elettronico, a tratti ruvido, che trasporta il “verbo al futuro” proiettato “tra presente e per sempre”.
“Era fine estate, sul tappeto dove sono cresciuta a casa di mia madre” spiega Giorgia D’Eraclea. “Non scrivevo da un mese, immagazzinavo vita, paesaggi, salsedine, sorrisi, persone, volti amici, vita. Fuori dalla veranda, il mondo al tramonto. Dentro, alcune delle persone a cui tengo di più. Ho pensato a tutte le volte che ci si delude senza farsi male, ai cambiamenti necessari, a quanto poco ci conosciamo, al falso mito della coerenza che spesso è una scusa per non saltare nel vuoto, a come la vita mi ricordi un treno sul quale qualcuno scende e qualcuno sale, ma senza fermate, anzi, solo una, si spera il più lontano possibile. Sono cambiata tanto in questo lungo silenzio, quanto mi è servito lo capisco solo ora. Ho plasmato la rabbia in determinazione, il rumore in vento leggero, distorto quanto basta. Più di tutto ho trovato la voce che ha il mio viso di oggi e l’ho usata tutta, senza paura di parlare piano”.
Maledetta il primo dei singoli che anticiperanno il terzo album di Giorgieness, in uscita il prossimo autunno per la label Sound To Be.
“Prendi una band che ha perso un componente, parlaci per giorni, guarda con chi occhi affamati suonano in saletta e unisci la voglia di raccontare qualcosa che sia vero. Ecco, I Sospesi sono questo e io, da amica e da musicista, non potevo che appoggiarli e accompagnarli verso questa nuova avventura che inizia da Le nostre foto. Un pezzo di pancia e di testa, un’analisi lucida di qualcosa che è molto vicino alla fine di una relazione sentimentale. Abbiamo scherzato sul fatto che fossi la loro produttrice, ma alla fine lo abbiamo fatto davvero e sono contenta di aver camminato con loro per un po’”. A parlare così è Giorgia D’Eraclea, voce e volto dei Giorgieness, che si è presa a cuore la storia dei Sospesi, curando la produzione del singolo d’esordio della band milanese.
La loro storia è quella di una nascita e di una ripartenza dovuta all’abbandono di un componente del gruppo. Da lì la necessità di ritrovarsi e decidere di ripartire, ritrovandosi da quattro in tre (Emanuele Salvi, chitarra e voce; Daniele Briganti, basso; Alessio Del Ben, batteria). Per un anno I Sospesi si sono chiusi in sala prove un anno e ora sono pronti al ritorno con il singolo Le nostre foto, “un modo di guardare al passato e accettare con serenità che ciò che è stato non potrà più essere e che quindi bisogna reagire e andare avanti”.