Ormai è evidente, il pop italiano ha trovato una nuova voce. Non una voce nel senso fisico del termine, ma una nuova modalità di espressione.
Una voce fatta di nuovi codici, nuovi stimoli, nuove influenze, nuovi standard, nuove aspettative.
Una voce che col passare del tempo si fa sempre più forte e più chiara.
Che ci fosse una rivoluzione in atto, anche se sotterranea, lo si percepiva da tempo, ma è stato nel 2019, con la vittoria di Mahmood a Sanremo, che è stato evidente a tutti che i tempi stavano cambiando. Il pop italiano non poteva più accontentarsi di bel canto e belle note, soprattutto dopo anni in cui indie, hip-hop e trap l’avevano fatta da padroni.
Ecco allora, dopo Mahmood, l’affermarsi di artisti come Madame, Blanco e, ultima solo in ordine di tempo ad aver pubblicato un album, Mara Sattei, solo per fare qualche nome. Basta dare un rapido ascolto ai loro dischi per capire che non siamo davanti a singoli episodi, ma a un fenomeno in pieno fermento. Un pop gender fluid, ma che potremmo tranquillamente definire “promiscuo”, viste le sue innumerevoli frequentazioni con gli altri generi.
Prendiamo proprio l’album di debutto di Mara Sattei, Universo.
Un progetto solido e multiforme, in cui tutto suona fresco, decisamente attuale e sfacciatamente ibrido.
Merito della produzione e della lucida supervisione di tha Supreme (che di Mara Sattei è anche fratello), certo, ma merito prima di tutto di un’attitudine nuova, una voglia e un’esigenza di comunicare che mescola evasione e intimità, ritmiche urban ed eleganza melodica, scrittura serrata adatta alle barre e distensione cantautorale.
Basterebbe citare i nomi degli ospiti per avere una macromappatura dell’album: Tedua, Carl Brave, Giorgia, tha Supreme, Gazzelle, ovvero la trap, il rap, il pop della tradizione e l’indie.
Dai beat sincopati di Blu intenso alla frenesia di Cicatrici e al tocco felpato di Parentesi, dalla cassa dritta di 0 rischi nel love ai luccichii metallici della chitarra in Scusa, niente suona fuori posto, tutto convive pacificamente e tutto brilla con la stessa intensità come in una grande costellazione.
Si scrive Arnaldo Santoro, si legge Ainé, e il suo nome appartiene a buon diritto alla nuova generazione del soul italiano.
Nonostante non abbia ancora tagliato il traguardo dei 30 anni, tra le sue esperienze può vantare un periodo di studio alla Venice Voice Accademy di Los Angeles e una borsa di studio della Berklee College of Music di Boston.
La predisposizione all’eclettismo lo porta nel 2016 anche verso il jazz e alla collaborazione con Sergio Cammariere in Dopo la pioggia, poi è la volta del primo album, Generation One, a cui segue l’anno successivo l’EP UNI-VERSO.
Pop, soul, blues, hip-hop: sono queste le lingue del mondo sonoro di Ainé. Lingue che si incontrano, si scambiano e si fondono, fino a non distinguersi più, mantenendo ferma la lezione del passato, ma aprendo gli occhi sul presente e sul futuro.
Di questo talento si accorge anche Giorgia, una che con il soul ci ha giocato da sempre, e che nel 2018 coinvolge il ragazzo nel duetto di Stay, da inserire nel suo primo album di cover, Pop Heart.
Un riconoscimento importante, ma anche l’ultimo grande atto che ha anticipato l’uscita del nuovo album, Niente di me, pubblicato lo scorso 18 gennaio.
A sancire la nascita del nuovo astro del soul nostrano è anche la benedizione di Mecna, che nel disco collabora in Mostri, e Willie Peyote, ospite in Parlo piano.
Il tuo nuovo album si intitola Niente di me, anche se ascoltandolo sembrerebbe che tu ci sia dentro fino in fondo. Una contraddizione voluta? E’ un po’ una provocazione, volevo lasciare al pubblico la possibilità di interpretare il titolo a seconda di come lo percepiva, vedendoci dentro tutto o niente di me stesso. La realtà è che in questo disco c’è molto di me.
Ti sei posto degli obiettivi prima di realizzarlo?
Crescendo si cambia sempre, umanamente e musicalmente. Anzi, più che in continuo cambiamento, preferisco vedermi in continua evoluzione: oggi non sono più quello che ero 6 mesi fa, e fra 6 mesi non sarò più quello che sono oggi. Con questo album ho voluto segnare il punto di partenza per un percorso nuovo del mio progetto. In tutti i miei lavori ho voluto sperimentare, perché è più divertente cimentarsi in cose nuove. Anche se i brani sono molto diversi tra loro, li accomuna il suono che ho voluto dare insieme alla mia band: volevo che ci fosse un suono “vecchio stile”, realizzato con una settimana in studio per stabilire gli arrangiamenti e poi registrato in presa diretta. La magia di questo disco sta proprio qui.
Rispetto al passato in cosa credi che sia davvero diverso questo album? Hai lavorato più in autonomia?
No, c’è sempre stato un equilibrio tra il mio lavoro e quello delle persone che lavorano con me, e la mia firma nei brani c’è sempre stata. Prima però con la band era sempre un lavoro di ricerca, adesso credo che siamo riusciti ad arrivare a un punto fermo.
Con quali artisti ti sei formato?
Tra gli italiani soprattutto molti cantautori, Pino Daniele, Lucio Battisti, Lucio Dalla. Tra gli stranieri invece spazio veramente tanto tra Michael Jackson, Stevie Wonder, John Mayer, Justin Timberlake, Jamiroquai, Marvin Gaye, Chet Baker, Miles Davis, e poi l’hip-hop. Ascolto tantissima musica diversa.
Direi che dall’album questa varietà di influenze esce molto bene. Forse però in Italia la cultura soul e r’n’b non ha ancora un terreno molto solido, non pensi?
Secondo me ormai i confini geografici dei generi sono stati abbattuti, come era giusto che accadesse già tempo fa. Artisti come Kendrick Lamar, Anderson Paak, Marcus Miller, Tyler, the Creator possono avere successo in America come qui in Italia, è musica che si sente tutti i giorni, non suona più estranea. Credo anche che non sia corretto parlare di r’n’b, è un termine sbagliato: bisognerebbe parlare di hip-hop e soul. Prima esisteva il rhythm & blues, che però è una cosa completamente diversa, più old school. La definizione di r’n’b viene usata soprattutto quando si vuole dare un nome diverso all’hip-hop e al soul, ma le basi sono sempre quelle. Senza contare che oggi sono entrate anche contaminazioni dal rock, dal pop o dal jazz. Sono stato tra i primi a portare in Italia questo genere e a dargli credibilità quando non lo faceva ancora nessuno, mentre oggi vedo che ci sono altri giovani artisti italiani che hanno iniziato a proporlo.
A proposito di pop e di soul, ti abbiamo sentito duettare con Giorgia in Stay. Ci eravamo già incontrati per il video di Non mi ami, a cui compaio mentre suono il piano, ma in questa occasione abbiamo lavorato davvero insieme. Tutto è nato con la massima naturalezza: lei mi ha scritto su Instagram proponendomi il brano e io sono subito andato a Milano per inciderlo.
Dopo le tue esperienze in America hai mai pensato di fermarti all’estero per fare musica o sei sempre stato convinto di voler tornare in Italia?
Ho sempre saputo di voler tornare: amo il mio Paese, la mia città, qui ho i parenti, gli amici, la fidanzata, e come si vive in Italia non si vive da nessuna parte. Sono stato tanto all’estero e sicuramente tornerò ancora in giro a suonare, ma la mia stabilità l’ho trovata qui. Ho da poco preso casa da solo vicino alla campagna di Roma.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Per me è sinonimo di libertà: libertà di espressione, di parola, di pensiero. Più che ribelli, dovremmo essere liberi. Sani e liberi.
Giorgia torna fan per Pop Heart. Dopo averci pensato per anni, il 16 novembre l’artista romana pubblica infatti il suo primo album di cover, con una tracklist dettata dalle scelte dell’istinto e del cuore: “Non ho voluto seguire un genere particolare e non c’è un ordine di tempo. Per me essere pop significa prima di tutto essere parte di un universo condiviso, e queste canzoni sono ormai tutte nella memoria della gente. Sono canzoni conosciute da tutti e sono quelle con cui sono cresciuta io: le ho scelte da ascoltatrice, mettendo al primo posto la voce, l’interpretazione. Ne avevo proposte più di 100, poi man mano la lista si è sfoltita. Da tempo nei miei live inserisco anche qualche cover, ma per questo album ho voluto eseguire anche pezzi che magari il pubblico non si aspetta da me”. E in effetti tra i 15 pezzi che vanno a comporre Pop Heart si spazia molto: da Jovanotti a Zucchero a Vasco Rossi, e poi Tiziano Ferro, Carmen Consoli, Mango, gli Eurythmics, Madonna e l’immancabile Whitney Houston: “Di tutto il suo repertorio ho scelto proprioI Will Always Love You perché è uno dei suoi pezzi più conosciuti. Forse non è il suo brano che amo di più, ma è il manifesto della sua carriera, tutti lo conoscono. Mi ricordo quando lo ascoltavo con il lettore CD portatile e l’ho amato così tanto che ancora oggi potrei riconoscere le diverse esibizioni live solo ascoltando le variazioni che Whitney fa sulle note. E’ un brano molto difficile, che mi ha dato un po’ di problemi: sono andata in ansia, mi sudavano le mani, non riuscivo più a cantarlo, e intanto il mio produttore, Michele Canova, era lì che aspettava. Poi ho fatto pace con la responsabilità, e l’ho cantato. Ho cercato di rispettare il più possibile la melodia e alla fine prendo fiato in un punto in cui lei non lo prendeva, ma pazienza, lei è Whitney Houston”.
La tracklist dell’album comprende classici italiani e internazionali degli anni ’70 e ’80 e successi più recenti, saltando quasi del tutto gli anni ’90: “In quel periodo lavoravo molto, ero già passata ‘dall’altra parte’, il mio ascolto era contaminato dall’attenzione per gli arrangiamenti, mentre negli anni ’80 ero semplicemente un’ascoltatrice”. Per ogni brano c’è un aneddoto o un ricordo: “Donna Summer è stata molto trasgressiva per l’epoca e so che quando è venuta in Italia ha avuto parole bellissime per me. La mia versione diI Feel Love è stata curata da Benny Benassi, che ho scoperto essere un mio ammiratore. Con Zucchero l’approccio è stato particolare, perché non ha neanche voluto sentire la cover, mi ha scritto solo un messaggio in cui mi ha detto ‘mi fido’. Per una come me, educata a scuola dalle suore,Dune mosse rappresentava un manifesto molto libertino con i suoi ‘grembi nudi lambi’, e poi ci ha suonato Miles Davis, non potevo non rifarla”. Tra i successi degli ultimi anni, oltre al singoloLe tasche piene di sassi (“Lorenzo ha scritto un pezzo personale, ma quelle parole esprimono un dolore universale”), ci sono Il conforto, Gli ostacoli del cuore e L’essenziale: “Più di una volta io e Tiziano siamo andati vicini a fare un duetto, ma non ci siamo mai riusciti: quando l’ho contattato e gli ho proposto Il conforto, lui era dall’altra parte del mondo ma ha accettato subito. La versione con Carmen era già bellissima, noi l’abbiamo rivisitata in chiave black, con sonorità che piacciono a entrambi. Per Gli ostacoli del cuore è stato matematico coinvolgere Elisa, che ha fatto la parte di Ligabue: mi piace molto che le nostre due voci si confondano e non si capisca chi tra le due sta cantando. L’essenziale è una canzone che avrei voluto scrivere io, e fin dalla prima volta che l’ho sentita a Sanremo ho capito che avrebbe vinto. E’ una canzone che mi fa pensare che nella vita non c’è matematica, la vita non ti avvisa quando le cose stanno per succedere, e per questo è importante capire quali sono le cose davvero essenziali. Con Marco c’è poi un rapporto speciale, perché lui ha più volte dichiarato di essere cresciuto ascoltando me, ma la distanza tra il fan e l’artista si è completamente azzerata già da quando abbiamo collaborato insieme a Come neve. Abbiamo due voci simili, molto alte, e quando gli ho comunicato che avevo ricantato L’essenziale gli ho detto che il risultato era ‘io che sembro te, che sembri me, che sembro te’. Ci abbiamo scherzato su, e lui mi ha risposto ‘sì, io sembro te, ma con molto più collagene’. Che simpatico!”.
La lista degli esclusivi è inevitabilmente lunga, e fra questi c’è James Taylor, che forse in molti si sarebbero aspettati di trovare (“Avevamo già cantato insieme a Sanremo l’anno scorso, e poi in questo disco ho voluto mettere cose che il pubblico non si aspettava”), ma anche Laura Pausini è rimasta fuori (“Avevo provato in Assenza di te, ma non mi veniva bene, non mi convinceva”).
Con le cover Giorgia ha imparato a familiarizzare fin dall’inizio della sua carriera, quando il padre le ha fatto conoscere i grandi interpreti della black music con le canzoni registrate sulle musicassette (è noto che il nome della cantante è stato ispirato da Georgia On My Mind di Ray Charles) e l’ha introdotta nel mondo del piano bar: “In casa potevo ascoltare solo artisti neri, vivevo un razzismo la contrario. Tra i bianchi ascoltavo solo Tom Jones, perché mio padre pensava che fosse nero”, scherza Giorgia. Con il tempo il suo repertorio si è fatto via via sempre più eclettico e tra le sue interpretazioni sono entrati pezzi di Jimi Hendrix, Diane Reeves, Etta James, “e facevo anche una discutibile versione di Foxy Lady. Quando studiavo canto avrei voluto provare a cimentarmi nella lirica, ma il mio maestro mi ha detto che non avevo il ‘fisico’ adatto e una cassa toracica abbastanza grande (scherzando con le mani indica un seno prosperoso, ndr), così ci siamo concentrati sul pop. Per molti anni ho cantato mantenendo un’impostazione rigida, di cui a un certo punto mi sono liberata, arrivando forse all’eccesso opposto. Oggi riesco a mediare: ho capito che non è tanto importante l’intonazione, ma la respirazione, perché è attraverso il respiro che passano le emozioni. La mente incide molto sulla voce: se si canta pensando troppo si canta male. Quello che deve arrivare al pubblico non ha un nome. L’allenamento è comunque importante, soprattutto quando devi fare un concerto, e anche se sono allenata più di concerti a settimana non riesco a farli. Ormai c’ho ‘na certa…“.
Guardando attentamente la copertina di Pop Heart, con quel cuore realizzato dall’artista romano Marco Bettini in un gioco grafico-semantico tra “art” e “heart”, si nota l’indicazione di un promettente “Vol. 1”: “Se il disco andrà bene, nessuno mi impedisce di fare un Volume due. Magari un Black Heart o un Classic Heart, spaziando tra i generi”.
Mentre per il tour c’è ancora tempo, perché partirà ad aprile (ma le prevendite sono già aperte), il 23 novembre Giorgia sarà protagonista di un evento benefico a favore dei bambini con disabilità organizzato dall’Associazione “Per Milano” in collaborazione con la Caritas Ambrosiana e che si svolgerà all’interno del Duomo di Milano: “Penso sia la prima la volta che il pop entra in Duomo, e finchè non sarò davvero lì non ci credo davvero. Sarò accompagnata dalla Roma Sinfonietta e il maestro Valeriano Chiaravalle si sta occupando degli arrangiamenti dei brani, che per l’occasione avranno una veste più sinfonica. Ci saranno E poi, Di sole e d’azzurro, Come saprei, Gocce di memoria, Credo, ma anche brani dal nuovo album come Le tasche piene di sassi, Anima. Interpreterò anche l’Ave Maria di Schubert, che sto studiando nella versione di Andrea Bocelli, e penso che farò anche (You Make Me Feel Like) A Natural Woman“.
Si fa presto a dire cover. Ci sono artisti che riescono a prendere una canzone, magari molto celebre e già assunta al titolo di classico, e darle una nuova vita, rivestirla di una personalità rinnovata. Farla diventare, insomma, una canzone nuova.
Giorgia, per esempio, c’è riuscita con Le tasche piene di sassi, il singolo scelto per anticipare l’uscita di Pop Heart, il suo album “del cuore” in arrivo il 16 novembre: la canzone, del 2011, è una delle più intense tratte dal più recente repertorio di Lorenzo Jovanotti, ma grazie al nuovo arrangiamento inedito di Michele Canova va ad inserirsi perfettamente nelle corde della cantante romana, che riesce nell’impresa, per nulla scontata, di farla propria. Il brano diventa così l’ennesima gemma di un repertorio prezioso di pop e soul costruito negli anni da una delle artiste più talentuose su cui la musica italiana possa contare.
Ad accompagnare il singolo, un video diretto da Mauro Russo e che vede protagonisti Giorgia e Filippo Nigro, di nuovo insieme dai tempi di Gocce di memoria.
Nei 15 brani che compongono la tracklist di Pop Heart ci sono successi italiani e internazionali che spaziano nel tempo e negli stili, passando da Zucchero agli Eurythmics, da Madonna a Whitney Houston. Inoltre, sono presenti anche un featuring con Tiziano Ferro per Il conforto, e le partecipazioni di Eros Ramazzotti in Una storia importante e di Elisa in Gli ostacoli del cuore.
Per tutti i fan che pre-salveranno o pre-ordineranno il disco, ci sarà la possibilità di ricevere in anteprima Stay, cover del successo di Rihanna, realizzata in featuring con Ainé.
Questa la tracklist: Le tasche piene di sassi Una storia importante (cameo di Eros Ramazzotti)
Lei verrà Gli ostacoli del cuore (cameo di Elisa)
Dune mosse Il conforto (feat.Tiziano Ferro)
Sweet dreams L’ultimo bacio I will always love you I feel love Anima Open your heart L’essenziale Vivere una favola Stay (feat. Ainé)
Si intitola Leonesse il primo album live di Emanuele Dabbono, registrato in occasione del concerto a La Claque di Genova (Teatro della Tosse) lo scorso 21 aprile e in uscita il 5 novembre.
Il disco, prodotto da Emanuele Dabbono e Raffaele Abbate, arriva a 10 anni dalla partecipazione di Emanuele a X Factor e dopo la fortuna collaborazione con Tiziano Ferro, per cui Emanuele ha scritto brani come Incanto e Il conforto, che Giorgia ha scelto di inserire nel nuovo album Pop Heart. Il disco contiene 14 brani brani live tra i più significativi della sua carriera, riarrangiati da sonorità acustiche al rock elettrico.
“Dopo 20 anni di concerti era venuto il momento di celebrare quello che per me è’ l’essenza del fare il musicista: l’incontro con gli altri. Ho sempre amato la possibilità di far entrare la gente attivamente nella dinamica e riuscita del concerto, tanto quanto i musicisti al mio fianco. E per parlare di musicisti, questa volta (a partire già dal precedente Totem), ho trovato umanità straordinarie, prima che virtuosi”.
Leonesse sarà presentato in anteprima il 3 novembre live a La Claque di Genova, proprio dove è stato registrato, con tutta la band al completo: Marco Cravero alla chitarra elettrica e classica, Fabrizio Barale alla lap steel e 12 corde, Michele Aloisi al basso, Fabio Biale al violino e ai cucchiai, Giuseppe Galgani alla chitarra elettrica, Gianka Gilardi alla batteria e percussioni e Matteo Garbarini alla chitarra elettrica.
In attesa dell’uscita del disco, è già disponibile il video dell’esibizione live di Ci troveranno qui, il brano inedito che Emanuele Dabbono aveva presentato alla finale della prima edizione di X Factor. Regia di Serena Merega.
Tracklist: 1. Piano 2. Le onde 3. E tu non ti ricordi 4. Capo di buona speranza 5. Siberia 6. Scritto sulla pelle 7. Treno per il sud 8. Pacifico 9. Le cose che sbaglio 10. Mio padre 11. Alla fine 12. Mostar 13. Corpi 14. Ci troveranno qui
Ruberai per me una barca di carta Un Boeing 737 fatto di Scottex Per i tuoi oceani di Fanta Per i disastri che ho in testa
Con Giorgia, singolo che anticipa l’uscita del nuovo album Zero Glitter, Maru visita un universo fanciullesco e quasi fantastico, come quello dipinto nei quadri di Chagall o raccontato nelle pagine di Calvino. Il brano è nato in seguito alla lettura di una fiaba per bambini scritta da un precedente amore della cantautrice siracusana, ed è un invito ad accettarsi e a rivelare quello che si è, senza paura.
“Inizialmente immaginavo questo brano in modo molto romantico e lo portavo in giro solo con l’ukulele, strumento che mi ha sempre permesso di comporre in modo semplice e delicato, ma col tempo mi sono lasciata alle spalle quel tipo di composizione”. E grazie all’esperienza e alla complicità di Fabio Grande, lo strumento hawaiano non è più il protagonista, ma regala un tocco di solarità accanto ai sintetizzatori, alle tastiere e alla batteria suonata da Francesco Aprili, in un’atmosfera squisitamente indie.
Nata a Siracusa, trasferita a Bologna per dedicarsi alla musica e con studi di liuteria a Cremona, Maria Barucco, in arte Maru, scrive canzoni dal 2012 e ha già alle spalle un primo album omonimo. Nonostante la giovane età, ha diviso il palco con Motta, Canova, Colapesce, Ex-Otago. A novembre è attesa l’uscita del suo secondo album, Zero Glitter.
Che nel petto di Giorgia battesse un passionale cuore pop lo sapevamo, ma ora lei ha deciso di farcelo anche ascoltare. Pop Heart è infatti il titolo del nuovo album dell’artista romana, una raccolta delle canzoni che più ha amato nella sua vita, ed p in uscita il 16 novembre.
Giorgia ha iniziato la sua carriera proprio cantando live i brani di altri celebri interpreti, quelli che ha scelto di reinterpretare in questo nuovo lavoro, che esce a due anni da Oronero. Un progetto concepito non solo per i fan, ma anche per chi ha ascoltato e riascoltato gli indimenticabili brani inclusi nel disco, riproposti nei nuovi arrangiamenti firmati da Michele Canova.
Il cuore della cover dell’album è un’opera di Marco Bettini, giovane artista pop originario di Roma, con il lavoro grafico dello studio BJF. Ispirandosi ai grandi maestri della Pop-Art, l’artista reinterpreta il simbolo del cuore in chiave ironica e contemporanea.
La musica l’ha avuta in casa fin da bambino, visto che è figlio di due ballerini brasiliani, e a lungo l’ha coltivata nel canto e nel ballo. A soli 28 anni, Leonardo Monteiro vanta infatti un curriculum di tutto rispetto, con esperienze Italia e all’estero: tra queste, la formazione alla Scala di Milano, il lavoro con Gheorghe Iancu allo Sferisterio di Macerata, e nel 2008 partecipazione ad Amici, il talent di Maria De Filippi, dove occupava uno dei banchi della classe di ballo.
Dopo essersi aggiudicato la finale di Area Sanremo, tra pochi giorni lo ritroveremo sul palco dell’Ariston, in gara tra le Nuove proposte con Bianca, un pezzo dalla influenze soul che parla della fine di una storia d’amore per un tradimento. Autore della musica è Vladi Tosetto, che nel ’95 aveva messo le mani anche su Come saprei di Giorgia.
Perché la scelta di andare a Sanremo con Bianca? Lo abbiamo scelto durante i provini, dopo aver ascoltato un po’ di proposte, e Bianca è sembrata la canzone più adatta. Ci tenevo molto a presentarmi con un brano che rappresentasse bene il mio mondo, e le atmosfere soul e gospel di Bianca rispecchiano le mie influenze. Ti abbiamo conosciuto qualche anno fa ad Amici come ballerino, oggi ti ritroviamo come cantante: cos’è successo in questo periodo? Ho sempre amato il canto, fin da quando studiavo danza alla Scala: cantavo e facevo il ballerino. Poi sono andato a studiare a New York, e mi sono reso conto che con la danza ero arrivato al massimo di ciò che potevo desiderare e ho iniziato a studiare canto seriamente, avvicinandomi al gospel. Quando sono tornato in Italia ho proseguito con lo studio della musica. E sei anche arrivato ad insegnare… Sì, per qualche anno ho insegnato canto alla scuola Cluster di Milano, gestita da Vicky Schaetzinger, che per anni è stata la pianista di Milva. Mi ha dato tantissimo, sia come donna che come insegnante: sono stato prima suo allievo, poi abbiamo suonato insieme tre ani all’Armani Bamboo Bar, dove lei mi accompagnava al pianoforte, e in seguito sono diventato insegnante della scuola. Avevo già insegnato danza, ma insegnare canto è diverso, ed è una soddisfazione vedere che quello che fai arriva agli allievi. Oggi come vedi il tuo futuro, più vicino al canto o al ballo? Sicuramente più vicino alla musica. Come dicevo prima, con il ballo ho ottenuto il massimo di quelle che potevano essere le mie ambizioni e le mie soddisfazioni: ho fatto esperienze bellissime, ho lavorato con il Complexion Contemporary Ballet, il Collective Body Dance Lab, ho fatto degli stage a Broadway, ma a un certo punto ho sentito che mi mancava avere davanti un pubblico che mi conoscesse, mi mancavano gli affetti di casa, e ho deciso di tornare. A un’esperienza nel musical non pensi? Sono sincero, i musical non mi entusiasmano molto, preferisco vederli da spettatore. Piuttosto, per unire musica e danza, penso a qualche esperienza con i videoclip.
Quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato? Quando ero più giovane ho ascoltato molto Stevie Wonder, Giorgia, che ha segnato a lungo la mia vita, Michael Jackson. Hai già un album in preparazione? Ho scelto alcuni pezzi e sto registrando: il disco uscirà dopo Sanremo. Abbiamo scelto di mantenere la stessa impronta stilistica di Bianca, anche se non mi tirerò assolutamente indietro se ci sarà la possibilità di spaziare. Pensando a Sanremo, come ti auguri di viverlo e cosa invece vorresti evitare? Semplicemente, visto che si parla di un palco così importante, vorrei lasciare un bel ricordo, al di là di come andrò la gara, e possibilmente vorrei evitare di steccare!
Nel 2016 ha vinto Amici e tra pochi calcherà il palco di Sanremo. A neanche un anno dalla vittoria alla quindicesima edizione del talent di anale 5, Sergio Sylvestre si prepara infatti ad affrontare il Festival tra i big con Con te, una ballad che racconta di una storia d’amore finita tra dubbi, insicurezze e tanti interrogativi alle spalle, e che può vantare la firma di Giorgia per il testo e dello stesso Sergio con Stefano Maiuolo per la musica. Nella serata dedicata alla tradizione della canzone italiana, Sergio interpreterà insieme ai Soul System la cover di Nino Ferrer Vorrei la pelle nera, un inno al suo amato Rhytm and Blues. Il 10 febbraio uscirà il suo primo, omonimo album di inediti.
Questa la tracklist: 1. The Last Kiss Goodbye 2. Running 3. Con te 4. Planes 5. Lucky Ones 6. Point of You 7. Running up the Hill 8. Come il sole ad ottobre 9. The Way You Are 10. Down We Go 11. Lie to Me 12. Honesty A marzo Sergio sarà inoltre protagonista di due anteprime live: il 30 marzo a Roma (Orion) e il 31 aMilano (Magazzini Generali). I biglietti saranno disponibili dalle ore 11.00 di mercoledì 1 febbraio su www.ticketone.it. Per info www.livenation.it – infoline 02 53006501
Raccogliere un anno in 30 canzoni non è facile, per niente, ma è tanto divertente, anche solo per il gusto di giocare a fare il piccolo musicologo. Ho scelto quindi diriassumere il 2016 – il mio 2016 – in 30 brani perché in 20 mi sarebbe stato ancora più difficile: troppi i ricordi legati a queste canzoni per lasciarne fuori alcune. E anzi, avrei fatto una classifica da 40 o 50 posti, se non fossi sicuro che a chi avrebbe letto sarebbe cresciuta una barba più lunga di quella di Gandalf.
In questa personalissima lista costruita in ordine crescente ci sono le canzoni che più di tutte hanno riempito le mie giornate in questi ultimi 12 mesi: canzoni su cui ho pianto, riso, riflettuto, goduto, amato, odiato, letteralmente e metaforicamente, sono le canzoni che mi hanno lasciato qualcosa in più delle altre, e proprio questo è stato uno dei criteri con cui ho scelto di tenerle dentro escludendone altre: queste mi hanno dato qualcosa che è andato oltre il semplice piacere dell’ascolto. L’altra regola che ho seguito è stata quella di includere solo brani usciti per la prima volta quest’anno: per il resto, non ho guardato al genere, al successo che hanno ottenuto o alla fama dell’artista.
Ho cercato di restare – pur nella soggettività della classifica – più obiettivo possibile, ma con buona probabilità, se dovessi stendere quest’elenco domani, l’ordine sarebbe diverso, soprattutto per le ultime posizioni.
In fondo, è un gioco… Stay Rebel, Forever!
30. Brooke Candy, Changes 29. Daphne Guinness, The Long Now
28. L’Orso, Chiudi gli occhi siamo nello spazio
27. Giorgia, Oronero
26. Ghost feat. Ornella Vanoni, Hai una vita ancora
25. Emis Killa feat. Jake La Furia, Non è facile
24. Stadio, Un giorno mi dirai
23. Elisa, No Hero
22. Alessandra Amoroso, Vivere a colori
21. Boosta, 1993
20. Ligabue, Made in Italy
19. Noemi, Fammi respirare da tuoi occhi
18. Alessandra Amoroso, Comunque andare
17. Loredana Errore, Luce infinita
16. Honor, You And My Nightmares
15. Lady Gaga, Grigio Girls
14. Loredana Errore, Bugiardo destino
13. Paola Iezzi, LoveNight
12. Annalisa, Se avessi un cuore
11. Patty Pravo, Cieli immensi
10. Francesco Guasti, Universo L’anno scorso Guasti si è visto sfumare la partecipazione a Sanremo a due passi dal traguardo, e pare si sia arrabbiato tantissimo. Quest’anno ci ha riprovato e ce l’ha fatta con questa canzone intensa e “scalcitante”. Inutile dire che tiferò per lui.
9. Elodie, Un’altra vita Un brano ruvido, che se la vede con il più grande rimpianto che almeno una volta ha attraversato la mente di ognuno di noi.
8. Patty Pravo, Se Samuel Romano dei Subsonica ha regalato a Patty Pravo la gemma più preziosa e splendente di Eccomi, il suo ultimo album. Una dichiarazione d’amore potente e fragile nello stesso tempo, pura come un ghiacciaio in una mattina di marzo.
7. Loredana Bertè, È andata così Ligabue ha firmato il brano del gran ritorno in scena della Bertè: pur mostrando chiarissima l’impronta del suo autore, la canzone veste alla perfezione l’anima di Loredana, al punto che può essere considerata il sincero testamento artistico di un’interprete che non si è mai risparmiata, salendo ogni volta “a cuore nudo” sul palco.
6. Raphael Gualazzi, L’estate di John Wayne In genere Gualazzi non rientra tra i miei ascolti, ma questa sua parentesi da ombrellone venata di vintage quest’estate mi ha fatto innamorare.
5. Tricarico feat. Arisa, Una cantante di musica leggera Due mondi, ognuno a suo modo folle, si sono incontrati dando vita a una bomba elettropop: prendi un testo semplicissimo e brillante, mettilo su una melodia appiccicosa come marmellata e chiama a duettare una delle voci più limpide che ci siamo in Italia. Un dialogo ideale tra un ascoltatore e la sua diva.
4. Anna Oxa, L’America non c’è È la canzone-outsider. Dopo anni di silenzio, la Oxa è tornata con un brano di grande modernità e sperimentazione: mi è bastato un ascolto per capire che non me lo sarei tolto dalle orecchie. Al momento in cui scrivo, il brano non è ancora stato ufficialmente pubblicato: l’unica traccia che se ne ha risale a questa primavera, durante una puntata di Amici.
(Piccola nota fuoricampo: provate ad ascoltare il testo alla luce dell’elezione di Trump…)
3. Soltanto, Tutta la vita davanti È il brano di apertura di Skye, secondo album del busker milanese Soltanto. Una toccante canzone-manifesto di un’esistenza, riassunto di una filosofia di vita, che lascia traspirare libertà da ogni singola nota.
2. Thegiornalisti, Completamente Una musica leggerissima per un testo di parole pesanti come macigni. Un pezzo di puro pop che odora di umano, amore e lenzuola ancora calde; un’ammissione di sconfitta da parte di un uomo che non teme di mettersi a nudo mostrando tutta la sua vulnerabilità.
1. Noemi, Amen La perfetta incarnazione di ciò che di solito chiedo alla musica, e probabilmente il più bel pezzo della discografia di Noemi fino a oggi: melodia da brivido alla schiena e testo che ti gratta l’anima. Una solenne preghiera laica in cui si parla di un cuore sanguinante, preso a calci, un’anima rotolata nel fango, stanca di camminare, si chiede scusa all’amore e al Signore e si chiede finalmente pace. Meraviglia.
La playlist dei brani è disponibile a questo link.