“Hello World” è la canzone ufficiale dei Giochi olimpici di Parigi ’24. Ma quasi nessuno lo sa
Lo scorso 26 luglio, tra le piume di Lady Gaga, una rappresentazione dell’Ultima cena che ha destato qualche clamore di troppo e l’emozionante ritorno di Celine Dion, sono partite le Olimpiadi di Parigi 2024. E Olimpiadi vuol dire sport, fratellanza dei popoli, unità (nell’antica Grecia si sospendevano addirittura le guerre per far spazio alle competizioni) e… musica.
Sì, perché anche se molto spesso quasi nessuno se ne accorge, ogni edizione dei giochi olimpici ha il suo inno ufficiale.
Ma non solo le Olimpiadi: anche i Mondiali hanno “la loro canzone ufficiale” (addirittura, qui si arriva a distinguere tra “canzone ufficiale” e “inno ufficiale”), così come gli Europei. Insomma, ogni grande evento sportivo che si rispetti prevede da almeno qualche decennio anche un brano che lo accompagni e lo rappresenti. O almeno dovrebbe.
Perché poi quello che accade è che terminati i fasti delle gare di questi “official themes” e “official songs” resti molto, molto poco nella memoria popolare. Per rendersene conto basta fare un tuffo carpiato all’indietro – giusto per stare in tema – e dare un occhio ai brani ufficiali delle passate edizioni delle manifestazioni sportive.
Anche senza andare molto lontano nel tempo, di chi era l’inno degli Europei di calcio disputati proprio quest’anno in Germania?
E nell’ultima edizione dei Mondiali, quella del Qatar 2022, chi cantava l’official theme?
O ancora, se ti dicessi Boom, inno ufficiale del mondiale 2002 in Corea e Giappone, sapresti dire chi ne era l’interprete?
Certo, le eccezioni ci sono: qui in Italia Un’estate italiana – poi passata alla storia come Notti magiche – della coppia Nannini-Bennato, canzone dei Mondiali di Italia ’90, è un pezzo famosissimo, anche se probabilmente il fatto di giocare in casa (in tutti i sensi…) ne ha agevolato la notorietà. Ricky Martin dovrà essere per sempre grato a La Copa de la Vida, inno dei Mondiali di Francia ’98, per avergli dato una visibilità globale e aver notevolmente aiutato la sua carriera.
E tutti ci ricordiamo anche del tema ufficiale dei Mondiali del Sudafrica, Waka Waka di Shakira, diventato il tormentone dell’estate 2010 anche grazie alle coreografia che ne accompagnava il video.
Ma sono, appunto, eccezioni in un mare di dimenticanze.
Ebbene, anche le Olimpiadi di Parigi hanno la loro canzone ufficiale: trattasi di Hello World, realizzata in associazione con Coca-Cola, scritta e prodotta con Ryan Tedder degli OneRepublic e interpretata da Gwen Stefani e Anderson .Paak.
Ora, i giochi sono iniziati solo da qualche giorno, ma sono pronto a scommettere che anche questo inno farà la fine di molti suoi predecessori: finire dritto dritto nel dimenticatoio. Anche perché, va detto, nonostante i nomi di grande risonanza, non siamo esattamente davanti a qualcosa di epico e destinato all’immortalità.
Il punto però non è tanto sul giudizio del singolo brano, ma è un altro: da appassionato di musica, prima ancora che di sport, non posso non chiedermi che senso ha richiamare star del musicbiz internazionale, se poi nella maggior parte dei casi di queste produzioni non resta nulla. Perché avere un “inno ufficiale”, se poi il brano non viene valorizzato, spinto, sponsorizzato? Nel periodo delle competizioni, l'”inno ufficiale” mi aspetterei di sentirlo ovunque, in ogni jingle pubblicitaria, in ogni diretta delle gare, in decine di passaggi radiofonici. E invece niente, resta nascosto, rilasciato sulle piattaforme streaming come qualsiasi altro singolo del venerdì.
Sarà che non sono molto dentro a certe dinamiche, ma “sprecare” così un’occasione mi sembra da sciocchi.
Ah, a proposito: le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 hanno già il loro inno. Si intitola Fino all’alba, e lo canta Arisa. L’annuncio è stato dato durante l’ultimo Festival di Sanremo. A sceglierlo è stato il pubblico attraverso un sondaggio.
Apriamo già le scommesse su quale sarà il suo destino?
Il 15 novembre esce La differenza, il nuovo album di inediti di Gianna Nannini.
Per la rocker senese si tratta del diciannovesimo album, che arriva a distanza di due anni da Amore gigante.
In un periodo storico in cui spesso la realizzazione dei dischi è affidata prevalentemente al digitale, Gianna Nannini ha scelto di realizzare il nuovo album nei Blackbird Studio di John McBride a Nashville, nel Tennesse, nel regno dell’analogico, sede di grandi produzioni artistiche blues-rock. A Nashville importanti star hanno infatti mosso i primi passi negli anni ‘50 e ’60 e ancora oggi la città ospita eccellenti studi di registrazione, da cui sono passati artisti come Bob Dylan, Elvis Presley, Paul McCartney o, più recentemente, Jack White e Kings of Leon.
Ci sono già almeno tre inizi nella breve carriera di Enrico Nigiotti. O almeno, ci state almeno tre volte in cui il pubblico lo ha visto ripartire. La prima volta è datata 2008, quando ha partecipato alla nona edizione di Amici, quella da cui è poi uscita vincitrice Emma. La seconda risale al 2015, con la partecipazione a Sanremo tra le nuove proposte con Qualcosa da decidere. La terza partenza è di meno di un anno fa, ed è avvenuta sotto al segno di X Factor: Nigiotti non ha vinto, ma la sua partecipazione non è affatto passata inosservata, grazie alla pubblicazione dell’inedito L’amore è, a cui è seguito Nel silenzio di mille parole. A chiudere in bellezza l’annata fortunata sono state la collaborazione con Gianna Nannini in Complici e ora l’uscita del terzo album, Cenerentola: “Non volevo dare al disco il titolo di una canzone, e ho pensato a Cenerentola perché mi fa pensare al riscatto e alla vendetta. La mia storia adesso la conoscono tutti. Cenerentola sono io: in copertina mi sono voluto mostrare sporco, con i vestiti logori, e questa è Cenerentola prima del ballo, senza il principe. L’altra Cenerentola è dentro al disco, e arriva quando si schiaccia play”.
Una trasformazione che il cantautore livornese si augura non abbia fine a mezzanotte, come nella celebre favola, ma che sia solo l’inizio, questa volta l’ultimo, quello definitivo.
Cresciuto a pane e cantautori (gli americani su tutti, e con Clapton e Hendrix in testa), Nigiotti considera Fossati il più grande rappresentante della categoria nel panorama nostrano, mentre del concittadino Piero Ciampi parla come di “uno dei più grandi poeti italiani”. E poi lei, la Nannini, la Gianna, anche lei toscana, ma di Siena: “Sono cresciuto con la musica di Gianna, lei è il corrispettivo femminile di Vasco, e ha delle melodie che ne fanno il Puccini del rock. Con me è sempre stata molto carina, mi ha portato grande rispetto”. E proprio con la Nannini è il fortunato duetto di Complici, attualmente in radio: “Tutto è nato in maniera spontanea, senza niente di troppo studiato. L’idea di fare qualcosa insieme è venuta quando le ho aperto la tournée alcuni anni fa: Gianna ha sentito la canzone e l’ha provinata a Londra. Cantandola, nel ritornello ha pronunciato ‘complici’, anziché dire ‘semplice’, ed è rimasta così”.
Tanti punti di riferimento quindi, ma nessun idolo: “Non ho mai idolatrato nessuno, forse perché non sono mai stato uno sportivo, e quindi non ho mai vissuto quel tipo di competizione. Da Gianna ho avuto inoltre un grande insegnamento: un giorno mi ha detto ‘Ricordati che gli artisti passano, le canzoni restano’. Ecco perché ero contento quando le persone mi fermano per strada riconoscendomi come ‘quello di L’amore è’, ma magari senza ricordarsi il mio nome. Quello che faccio lo faccio per la musica, è questo l’importante”.
Al traguardo di questo nuovo album Nigiotti arriva conoscendo bene la paura di non essere ascoltato: “Ci ho messo dentro i brani che ho scritto in questi anni, è come una sorta di Greatest Hits di pezzi che finora conoscevo solo io. Gli ultimi 12 mesi sono stati pieni di luce, mentre prima vedevo solo buio intorno, senza neanche potermi illuminare con un accendino. Ecco perché adesso, per dirla come dalle mie parti, vivo ‘con la testa tra le nuvole e la merda sotto i piedi’. Quando sono arrivato ad Amici avevo 21 anni, e a quell’età sei istintivo: adesso so di cosa parlo, mi conosco di più, e quando vedo una buca ho imparato come schivarla oppure riesco a capire se cadendoci dentro saprò poi venirne fuori”. Tra i brani, anche Lettera da uno zio antipatico, dedicata alla nipotina Gaia.
Per dicembre sono in programma tre date live nei teatri (il 3 dicembre a Milano, Auditorium Fondazione Cariplo, il 5 a Livorno, Teatro Carlo Goldoni e il 10 a Roma, Auditorium Parco della Musica, Sala Petrassi): “Il teatro ha un’atmosfera sacra, richiede attenzione, tutto è puntato su di te. Voglio fare un tour emotivo, empatico, e mi voglio sfogare un po’ con la chitarra, più di quanto ho fatto nel disco”.
Da poco è arrivato in radio il suo ultimo singolo, Complici, che lo vede duettare con Gianna Nannini in un vero e proprio dialogo a suon di rock. Per Enrico Nigiotti si tratta dell’ultimo passo prima della pubblicazione del nuovo album, Cenerentola, in arrivo il 14 settembre, a suggellare un’annata decisamente fortunata seguita alla partecipazione nell’ultima edizione di X Factor. Il nuovo disco contiene anche i singoli L’Amore è, Nel silenzio di mille parole e altri 10 inediti, “scritti con il cuore e con la mia storia sulle spalle. Non ho scritto nulla con superficialità, nemmeno una virgola”, racconta il cantautore livornese.
“Complici è una canzone che ho scritto in maniera molto libera. La strofa è discorsiva, quasi parlata e il ritornello diventa la “morale della storia” già al primo ascolto. Alcune intuizioni di Gianna sul testo e la sua voce unica hanno reso tutto veramente magico”.
Questa la tracklist: Complici feat. Gianna Nannini Bomba Dopo Bomba Campari Soda Buonanotte Un Altro Giorno E Sarà Chiedo Scusa L’Amore è Lettera Tuo Per Sempre Nel Silenzio Di Mille Parole Devo Prendere Il Sole
Ottime news per Gianna Nannini. Le date del 4 dicembre al Mediolanum Forum di Assago e del 6 dicembre al Nelson Mandela Forum di Firenze sono già completamente esaurite e, a grandissima richiesta, si aggiunge una data milanese di Fenomenale – Il Tour prevista per il 13 aprile 2018. Il nuovo appuntamento si inserisce nel calendario del nuovo viaggio live della rocker prodotto e organizzato da F&P Group che partirà il prossimo 9 marzo e arriverà il 10 marzo all’Alte Oper di Francoforte e che la vedrà protagonista sui palchi italiani e tedeschi. I biglietti per la nuova data saranno disponibili in prevendita dalle ore 11.00 del 24 novembre online su TicketOne (www.ticketone.it) e dalle ore 11.00 di lunedì 27 novembre in tutti i punti vendita abituali. Gianna Nannini Live Rimini – 30 novembre (RDS Stadium) anteprima Roma – 2 dicembre (Palalottomatica) Milano – 4 dicembre (Mediolanum Forum Assago) SOLD OUT Firenze – 6 dicembre (Nelson Mandela Forum) SOLD OUT Firenze – 7 dicembre (Nelson Mandela Forum) Kempten – 9 marzo (Bigbox Allgau) Frankfurt – 10 marzo 2018 (Aof) Hamburg – 13 marzo 2018 (Laeiszhalle) Berlin – 14 marzo 2018 (Friedrichsstadtpalast) Düsseldorf – 15 marzo 2018 (Mitsubishi Electric Halle) Ludwigsburg – 17 marzo 2018 (Mhp Arena) München – 18 marzo 2018 (Philarmonie) Fenomenale – Il Tour Bologna – 29 marzo 2018 (Unipol Arena) Genova – 3 aprile 2018 (RDS Stadium) Montichiari – 4 aprile 2018 (Pala George) Conegliano (TV) – 6 aprile 2018 (Zoppas Arena) Padova – 7 aprile 2018 (Kioene Arena) Milano – 13 aprile 2018 (Mediolanum Forum Assago) NUOVA DATA Torino – 14 aprile 2018 (Pala Alpitour) Bari – 18 aprile 2018 (Pala Florio) Eboli (SA) – 19 aprile 2018 (Pala Sele) Acireale (CT) – 21 aprile 2018 (Pal’Art Hotel)
C’è un’aura dorata intorno a Giorgia. Un meraviglioso scintillio che traspare dai suoi occhi scuri e che riempie tutta l’aria intorno. È raggiante, totalmente serena con se stessa e trasmette un profondo senso di consapevolezza di sé.
È appena tornata sulle scene con Oronero, il suo decimo album di inediti, intitolato come il singolo che gli ha aperto la strada e che da solo faceva già intuire il tono personale che avrebbero avuto gli altri brani.
Un disco di 15 tracce, realizzato insieme al re Mida della produzione, quel Michele Canova con cui Giorgia aveva già lavorato e che tanti altri artisti nostrani cercano per dare alla propria musica una veste più internazionale. Un disco che se da un lato non lascia dubbi sul fatto che la voce di Giorgia sia tra le migliori in Europa, dall’altro mostra anche una grande libertà nel giocare tra elettronica e melodia, alternando momenti di ampio respiro ad altri di divertimento “da cubo”.
Un disco praticamente già pronto da mesi, ma che è stato lasciato fermo per un po’ per non dover dire “potevo far di meglio”.
Dopo tre anni, torni con un disco “generoso”, ricco e vario: una scelta specifica? No, non è stata una scelta: all’inizio pensavo a un disco di 11-13 pezzi, poi però non me la sono sentita di escludere gli altri, perché stavano bene nel racconto. Con il mio produttore, Michele Canova, avevo un’idea chiara del suono che volevo far emergere, con tanta elettronica. Un suono più compatto rispetto all’album precedente, Senza paura, dove invece c’erano elementi più eterogenei, con tante parti suonate. In questo caso ci siamo concessi libertà: chi lavora con Michele sa che lui usa molti arrangiamenti di respiro internazionale, ma in questo caso credo che lui sia uscito un po’ dalle regole.
Sarà difficile riproporre questa varietà dal vivo? No, sarà divertente! In un concerto è necessario alternare momenti diversi, mettere insieme i pezzi di oggi con quelli del passato: non ho ancora pensato alla scaletta, ma la varietà dei brani sarà sicuramente un elemento a favore.
Cos’è davvero questo “oronero”? Ha sicuramente a che fare con il petrolio, una risorsa preziosissima che può però diventare dannosa, velenosa se usata in maniera sbagliata, basta pensare alla plastica. È una metafora del mondo di oggi, della nostra società che ha così tanti modi per comunicare, ma che spesso li usa solo per distruggersi.
Per questo disco ti sei voluta prendere tutto il tempo a disposizione: come è avvenuta la scrittura dei brani? Mi sono voluta atteggiare un po’ a cantautrice: ho iniziato a scrivere quando mio figlio è andato in prima elementare. Mi sono trovata in un meccanismo che prevedeva la scuola, la spesa, la cura della casa e per scrivere mi sono imposta dei momenti della giornata. Volevo uscissero certe parole e non altre, e per fare questo mi sono dovuta confrontare anche con i suoni: ho ricevuto dei pezzi con la melodia già fatta, alcuni cantati in inglese, e il gioco è stato quello di mediare tra la musica e la mia lingua che è molto ricca ma con strutture molto diverse da quelle dell’inglese. Mai come in questo caso ho cercato di ignorare il giudizio esterno, quello che il pubblico voleva da me. Ho cercato di pulire tutto ciò che mi avrebbe impedito di essere sincera, eliminando ogni pudore.
È la prima volta che ti concedi così tanto spazio per lavorare a un disco? Sì, è stato un elemento nuovo per me. Raramente si ha il tempo di lasciar sedimentare le cose e riprenderle in un secondo momento. Invece sarebbe bene poterlo fare, perché riguardare ciò che si è fatto con uno sguardo più fresco ti aiuta a centrare meglio il punto, limare ciò che non serve, e magari ti stupisci anche di aver fatto cose che non ricordavi. Sono sempre arrivata alla chiusura di un disco correndo, invece questa volta ho voluto evitare quella brutta sensazione di riascoltare le canzoni e pensare che forse avrei potuto fare di meglio.
Hai scartato tanto materiale? Sì, ma non vado mai a riprenderlo, perché penso sempre che siano cose legate a quel momento e che non debbano tornare. Il passato è passato, mi dico sempre. È importante il momento in cui una canzone esce, ed è importante il momento in cui una canzone viene scritta: a volte succede che un bel disco va male semplicemente perché esce nel momento sbagliato. Non penso di avere nei cassetti un tesoro di gioielli da riscoprire, anche se forse ogni tanto farei bene a riascoltare le cose mai uscite…
Posso farcela e Non fa niente sono due brani di cui sei autrice sia della musica che dei testi: ne avevi altri che hai lasciato da parte? Paradossalmente, essere autrice di musica e parole è stato più semplice che realizzare un brano insieme ad altri, perché ho io tutto il controllo. I testi dell’album sono comunque quasi tutti miei e ogni canzone che scelgo di interpretare la sento mia. Sì, avevo altri brani completamente scritti da me, ma non ho sentito l’esigenza di inserirli nell’album, anche perché di solito non riesco a vederci la componente commerciabile, non li vedo come potenziali singoli. Per me sono semplicemente canzoni che dovevano stare nel disco ma come una sorta di spazio mio. Non fa niente non volevo nemmeno inserirla.
Qua e là nell’album parli di gente che giudica, gente che si erge a maestra di vita, ma dall’altra parte si sente una volontà di ritornare alla centralità del singolo individuo. Da dove arriva questa esigenza? Noi siamo parte di in tutto, sopratutto in questo tempo: se c’è un evento angosciante, tutti siamo angosciati. Ma questa unità troppo spesso la usiamo per farci del male. Dovremmo però pensare che alla fine si parte e si ritorna sempre a sé, si parte verso l’universale, ma poi tutto torna a noi, e se riusciamo a portare anche solo un piccolo cambiamento nella nostra vita, questo risuona come un’onda, anche se non sembra, anche se nessuno ti vede e ti dice “bravo”.
È una consapevolezza nuova? L’ho sempre avuta, ma adesso ci credo più di prima: la mia fiducia nell’essere umano rimane intatta, sono sicura che insieme possiamo fare tanto. Finora abbiamo fatto un gran casino, è evidente, ma chissà che non sia possibile dare una sterzata sul finale, usare un po’ più l’anima e meno la parte mentale. Il nostro destino non è il mondo: passiamo da qui, ma molto probabilmente siamo destinati altrove e quello che resta siamo solo noi, la nostra interiorità. Purtroppo è un lavoro interiore che nessuno ci insegna a fare, non ne abbiamo il tempo, i piccoli e grandi problemi quotidiani ci portano a pensare ad altro.
Recentemente è emersa sui giornali una tua presunta polemica sul movimento femminista: potresti spiegare meglio? Quell’intervista (pubblicata sul settimanale Io donna del 22 ottobre, ndr) è il frutto di un discorso molto ampio che poi è stato sintetizzato per poter essere pubblicato. Si partiva dalla considerazione che, a parità di condizioni, una donna deve lavorare il doppio per guadagnarsi credibilità e che mentre l’uomo fraternizza subito, la donna teme l’arrivo di un’altra donna, la vede come una minaccia al suo territorio. È una situazione che dura da millenni, ormai è un’impalcatura culturale. Le donne vengono limitate nei loro poteri e si fa di tutto per tenerle separate, mentre invece la solidarietà femminile è un elemento a cui tengo molto, sono cresciuta in una famiglia che esalta la donna, mia madre mi faceva leggere libri di donne impegnate per l’emancipazione femminile. Con le mie colleghe siamo riuscite a organizzare Amiche per l’Abruzzo, adesso capita che ci sentiamo, ci confrontiamo sul nostro lavoro, ma sono conquiste recenti. Nell’intervista si parlava anche di alcuni lavori del passato che sono stati supportati poco: ma chi se ne frega, eravamo tutti più giovani, mossi da altre logiche.
È come mai allora nell’album non ci sono duetti con altre donne? In Senza paura ho duettato con Alicia Keys, e ho fatto duetti anche con Gianna Nannini, Elisa, Laura Pausini. Non è stata una scelta quella di non inserire duetti, semplicemente le idee che giravano nell’aria non si sono concretizzate per varie ragioni. Però finalmente ho potuto collaborare con Pacifico, con cui erano anni che volevo lavorare.
Suoni internazionali, duetti internazionali, brani proposti in inglese: davvero nessuna intenzione di guardare all’estero? Io non prendo l’aereo! (ride, ndr) In realtà avrei dovuto lavorare all’estero vent’anni fa, solo che prima non mi sentivo pronta io, poi quando me la sarei sentita non ho avuto il supporto della casa discografica. Adesso però con Internet tutto è più vicino: ho saputo che il video di Oronero è stato in rotazione di VH1 in America, mi arrivano segnalazioni di apprezzamenti dall’estero e ho scoperto anche che Quincy Jones mi segue su Twitter, e io no! Michele Canova mi invita sempre a Los Angeles a suonare con i suoi musicisti: mi piacerebbe, perché ormai a questa età non ho più tante ambizioni di notorietà, mentre sono molto più interessata a sperimentare quel tipo di attività live nei club che c’è in America.
Che ruolo ha avuto Emanuel Lo in questo disco? È stato molto bravo a interpretare certe sensazioni, certi miei pensieri, ma probabilmente neanche lui se ne rende conto, gli arriva solo questa ispirazione e la riporta nelle parole delle canzoni (ride, ndr). Ci siamo confrontati molto e comunque mi sono presa degli spazi per lavorare da sola.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione? Ribellione è la capacità di non cedere al favore dell’esterno. Ribellione è coerenza e l’opposto di vanità e narcisismo. Un tempo essere ribelli voleva dire trasgredire, andare contro le regole, oggi invece sembra che il male sia un valore e il bene sia da sfigati. Ribellione è recuperare il bene, credere nel bene, non avere paura di essere buoni.
E mentre lo dice, il suo volto si apre in uno dei sorrisi più luminosi che abbia mai visto.