BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
Si presto a dire jazz. Si fa presto a dire contaminazione.
Ci sono casi in cui i confini dell’uno e dell’altra sono così labili, così fluidi che la musica scorre da sola, qualche volta restando in territorio puramente jazz, altre volte espandendosi all’esterno, per diventare quasi pop. Vecchio, e inutile discorso, quello delle etichette di genere, in cui però tendiamo a cadere ogni volta: la cosa migliore sarebbe sempre quella di lasciar fluire tutto, suoni e sensazioni, godendosi il momento.
Prendiamo per esempio Altre strade, nuovo lavoro di Francesca De Mori.
Otto tracce, di cui cinque inedite e tre reinterpretazioni: un disco in cui tutto suona estremamente leggero, diafano, e tutto brilla estremamente vivo. È evidente che alla sorgente ci sia il jazz, ma altrettanto evidenti sono gli innumerevoli sconfinamenti nella canzone d’autore e nel pop. Fosse anche solo per gli spunti.
Se posso osare, jazz nella forma, pop – nella sua più alta accezione – nello spirito.
La scelta delle cover annovera infatti L’isola di Ornella Vanoni, A che servono gli dei di Rossana Casale e E ti vengo a cercare di Battiato, quest’ultima particolarmente impreziosita all’inizio da un inserto di archi. Brani che non nascondono un gusto sofisticato, e che fanno incontrare sentieri raramente in contatto tra loro.
Tra gli inediti, a firma di Daniele Petrosillo, esercitano particolare fascino il pezzo d’apertura che dà titolo album, sospeso sulla serena ricerca del sogno, e il commovente Come l’acqua, dedicato alle “anime fragili”.
Tutto è stato pensato e realizzato in italiano con un moto di orgoglio, perché se è pur vero che il jazz parte molto lontano da qui, spesso nei musicisti di casa nostra c’è un po’ troppa sudditanza verso l’estero.
Un disco da lasciar scorrere senza troppi pensieri, in tutte le sue strade.