BITS-SANREMO: la finale

E alla fine Sanremo spiazzò tutti.
Sì, tutti quelli che non volevano vedere e sentire.

Se facessimo un rewind di tre o quattro giorni, vedremmo Fiorella Mannoia elevata sugli altari ancora prima di aver fatto sentire il suo brano, semplicemente per il nome che porta. L’effetto Vecchioni – quello cioè del grande artista impegnato che si concede al Festival e vince a mani basse – non si è ripetuto, e la Mannoia, precocemente eletta papessa, esce dal conclave con la porpora. Certo, si è pur presa il secondo posto, ma meno di una settimana fa tutti avrebbero appoggiato le mani sui carboni ardenti per scommettere che la vittoria non sarebbe potuta andare che a lei.
Poi però abbiamo iniziato a sentire le canzoni e quando Gabbani ha capovolto il palco con la micidiale formula leggerezza/elettronica/balletto/gorilla si è capito che il risultato non era poi così scontato. Ma nessuno lo ha ammesso, e alla domanda su chi avrebbe vinto, la maggior parte dei critici e degli espertoni della domenica continuava a portare avanti il nome della rossa, senza accorgersi (o senza volersi accorgere) che il suo pezzo era interpretato magistralmente, ma non aveva il mordente giusto per abbattere la corazzata Gabbani. Ma vuoi mettere una canzone impegnata ed ecumenica di un’artista che da oltre trent’anni calca le scene con un pezzo balneare di uno che fino all’anno scorso gareggiava tra le Nuove Proposte? Diamine, non sia mai!

Per fortuna però i tempi sono cambiati, e il Festival ha rinnovato la propria pelle grazie anche al lavoro di Conti, che pur cercando di accontentare tutti ha messo in gara alcuni pezzi da nvanta, che poi sono quelli che sono emersi.
In un mondo in cui la musica si divide tra bella e brutta, la canzone di Fiorella sta sicuramente nel primo gruppo, ma per un palco come quello di Sanremo la rima facile benedetta/perfetta non basta, anche se con te hai un’interpretazione da fuoriclasse. Il piazzamento sul podio le sarebbe stato comunque garantito.
Gabbani ha vinto perché è giusto così, perché Sanremo è l’anima nazional-popolare che si sfoga, e tra i 22 brani in gara Occidentali’s Karma è quello con il più alto tasso di coinvolgimento. E attenzione, se dico nazional-popolare lo intendo nella più neutra delle accezioni. Lui poi è una vera bestia da palco, capace di prendere tutto con la giusta leggerezza e di ingegnarsi balletti e mossettine da mascalzone, oltre a essere un lucidissimo osservatore della società. Dietro alla coreografia e allo scimmione, non vi sarà difficile capire che qui Francesco prende allegramente per i fondelli noi e le nostre inutili manie radical-chic, fatte di misticismo di plastica e agognato equilibrio interiore. Se sarà lui il nostro rappresentante all’EuroFestival possiamo star sicuri che se anche non vincerà farà un gran figurone.


Sul terzo gradino del podio Ermal Meta, che torna a casa con un bel pacchetto di soddisfazioni, tra quella di essersi finalmente guadagnato lo status di cantautore agli occhi del pubblico italiano.
Ottimo piazzamento per Michele Bravi, che serata dopo serata si è fatto largo con Il diario degli errori, un brano delicatissimo e di una bellezza lunare.
Quinta la Turci, che con questo Festival ha segnato una specie di riscatto personale: molti la davano vincente o comunque sul podio, e sicuramente in altre edizioni sarebbe stato così, quest’anno però l’impresa era davvero troppo ardua.
Da segnalare infine la grande rimonta di Bianca Atzei: inizialmente finita a rischio eliminazione anche in questo caso forse più per il suo nome che non per la qualità della canzone, è poi riuscita a convincere, chiudendo tra i primi dieci. Sarà anche una raccomandata speciale, ma a questo giro portava un brano giusto che ha buonissime possibilità di girare bene in radio – voglio dire in tutte le radio, non solo sulle frequenze di RTL. Sta a vedere che dopo questo Sanremo ci diventa pure simpatica…

Ecco, questo è stato l’epilogo del Festival 2017, con i suoi pronostici in larga parte ribaltati, le sue sorprese e le sue conferme. I ragazzi dei talent, ancora tanto vituperati, non hanno regalato particolari scintille, ma si sono difesi: giusta o sbagliata che si voglia considerare la loro presenza, dall’anno prossimo penso non ci sia davvero più motivo di attaccargli ancora inutili etichette, senza dimenticare che Sanremo deve essere lo specchio di ciò che si ascolta davvero, e non di ciò che si vorrebbe ascoltare. Dovrebbe essere ovvio, ma spesso ce lo dimentichiamo.

Buona musica allora, e con l’Ariston ci si rivede l’anno prossimo.

BITS-SANREMO: "Scusa, ma… Ermal chi??"


di Francesca Binfarè
(allyoucanpop)
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Non c’è spazio più adatto delle pagine virtuali di BitsRebel per scrivere di Ermal Meta, che con il brano Vietato morire ci ricorda la necessità di disobbedire e di ribellarci alla violenza.
La sua canzone è un inno alla vita e alla ricerca della felicità, e sta piacendo molto. Ermal ha vinto la serata dedicata alle cover del Festival di Sanremo, con un’emozionante interpretazione di Amara terra mia di Domenico Modugno. Sommerso di complimenti da ogni parte, immaginiamo cosa si è scatenato sui social.
Bene, ho pensato, adesso non mi chiederanno più “Ermal chi?”. Invece poi ho cambiato idea: visto che lo chiedono in tanti, vuol dire che molte persone l’hanno notato, che la sua musica è arrivata (Simona Ventura e la ‘pancia’ della gente insegnano). Non che fosse mai stato un problema spiegare chi fosse e cosa avesse fatto, anzi. L’ho considerato bravissimo fin dagli inizi e – per un certo periodo – sottovalutato, quindi ne ho parlato sempre volentieri. E poi, se c’è un senso profondo in questo lavoro io lo trovo nel proporre quello che sento di bello e nel cercare di farlo conoscere: io e gli amici di BitsRebel, che così gentilmente mi ospitano in questo spazio, abbiamo l’opportunità di vivere la musica quotidianamente, e possiamo assicurarvi che di cose belle e persone interessanti ce ne sono. Come Ermal Meta, che adesso sta su un palcoscenico importante, forse il più importante. Vi assicuro che questa platea il ragazzo con il fiore all’occhiello che ci ricorda di ribellarci, se l’è sudata.
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Grazie a Sanremo, dicevo, in tanti mi chiedono “Bravo, ma chi è?”. Rispondo qui:
• La fame di Camilla era una band conosciuta, che ha calcato palchi importanti (Heineken Jammin’ Festival, per dire), ma non così famosa – eravamo dalla parte dell’indie pop. Potrei aggiungere purtroppo, ma comunque il succo è che quando nominavo Ermal Meta quasi nessuno sapeva che fosse il cantante del gruppo, e autore principale delle canzoni.
La Fame di Camilla ha partecipato a un Festival: 2010, con Buio e luce. Per Ermal era il secondo Sanremo, dopo quello come chitarrista degli Ameba 4.
• “Ermal chi?” è continuato anche quando si è affermato come autore. Ha scritto canzoni per Marco Mengoni, Patty Pravo, Chiara Galiazzo, Elodie, Lorenzo Fragola, Francesco Renga – e qua mi fermo. Vi assicuro che queste canzoni le conoscete. Negli ultimi due anni le sue canzoni hanno guadagnato 6 dischi di platino e 4 d’oro… Visto che lo conoscete?
Ermal ha scritto le canzoni che hanno vinto The Voice (per Alice Paba) e Amici (per Sergio Sylvestre).
• L’anno scorso ha partecipato al Festival di Sanremo, con Odio le favole. Arrivando terzo tra le Nuove Proposte, pubblicando l’album Umano, facendo un tour. Mettetevi in ginocchio sui ceci: è arrivato terzo tra le Nuove Proposte a Sanremo 2016, e oggi chiedete “Chi è?”. Si scherza, ma questo vuoto di memoria non sarà più concesso: si è ‘carneadi’ una volta sola nella vita, dai.
Ermal Meta è al suo quarto Festival e finalmente è entrato di nome oltre che di fatto nella categoria dei Campioni.
Il suo nuovo album si intitola Vietato morire, come la canzone che ha presentato al Festival. La perla è Piccola anima, che canta in duetto con Elisa.
I suoi fan sono I lupi di Ermal.
Ah, visto che mi è stato chiesto: sì, il nome è suo, è quello vero (è nato in Albania). Ecco chi è Ermal Meta. Per il resto, andatelo ad ascoltare: potreste scoprire che quelle che scrivete in giro, su Facebook, sui diari, qualcuno anche nei tatuaggi, sono frasi sue che senza fatica sono diventate nostre.
Foto: Luis Condrò

a quarta serata

E via, anche la quarta serata è andata. Scorrono velocissimi come sempre i giorni di Sanremo e ormai, arrivati al secondo ascolto, tutta l’attenzione più che sulle canzoni è sul piazzamento che avranno nella classifica finale di stasera.
Intanto il primo verdetto è arrivato con la proclamazione di Lele a vincitore delle Nuove Proposte, e molti dicono che se lo aspettavano. Io sinceramente no, anche se è indiscutibile che il ragazzo partiva un passo avanti avendo dalla sua una dose di notorietà arrivata dalla partecipazione ad Amici.

Detto ciò, passiamo alla gara dei Campioni.
Questa volta la mannaia è caduta su Ron, Giusy Ferreri, Al Bano e Gigi D’Alessio: esito in buonissima parte prevedibile e direi anche condivisibile.

Tra i restanti 16, sembra ormai definirsi chiara una cinquina destinata a occupare i piani alti della classifica finale, vale a dire Gabbani, Mannoia, Meta, Turci e Bravi, non necessariamente in quest’ordine.
Perché se è vero che alla vigilia del Festival gli elogi erano solo per Fiorella Mannoia ed Ermal Meta, nel corso delle serate è piombato il ciclone Gabbani a scompigliare le carte, facendosi largo a suon di gomitate e balletti. La Mannoia ha sì un gran pezzo, ma – come già avevo avuto modo di osservare – troppo in linea con i suoi standard, e questo potrebbe rivelarsi un freno. Su Meta non si può francamente dire nulla, se non riconoscere il talento di un cantautore che finalmente si sta prendendo il giusto riconoscimento.



Ci sono poi alcune canzoni partite in sordina ma che di ascolto in ascolto si sono fatte forza, come Il diario degli errori di Michele Bravi, tenerissimo nell’affrontare con la sua giovane età le pesanti parole di quel testo (ah, se ascoltate la canzone chiudendo gli occhi potreste simpaticamente risentire Noemi…), e soprattutto Ora esisti solo tu di Bianca Atzei. E qui devo fare mea culpa, perché verso di lei ero pieno di pregiudizi, come molti altri del resto: sì, è vero, la Atzei non ha mai piazzato un successo in classifica, non vende, non viene passata in radio (eccezion fatta per RTL), forse è davvero raccomandata e probabilmente la sua collocazione tra i Campioni è frutto più di diplomazia altrui che non di un vero pedigree, ma la sua canzone ha un giro melodico assassino che ti si pianta in testa. Tutto il resto, a questo punto, non mi interessa, e le sue lacrime durante l’ultima esibizione mi sono sembrate sincere. Chiamatemi anche stupido, ma io la salvo.


Sensazionale poi Paola Turci, che sta facendo di questa partecipazione al Festival una vera e propria occasione di rilancio tra il grande pubblico.
Tra gli altri, pienamente promossi Samuel ed Elodie, che ieri sera si è riscattata dopo un esordio un po’ spento. Non vincerà, perché la canzone non è abbastanza forte, ma se saprà muovere bene i prossimi passi penso potrà fare belle cose e si scrollerà dalle spalle l’ombra di Emma.


BITS-SANREMO: la terza serata

Mumble mumble….Terza serata del Festival, giro di boa e primi sentori di eccitazioni da vittoria.
Partendo sempre dai giovani, Lele e Maldestro (quest’ultimo un po’ carente in intonazione) passano il turno, lasciando a casa Valeria Farinacci e Tommaso Pini (quest’ultimo un po’ a sorpresa).
Stasera quindi a giocarsi la finale saranno quattro gentleman: Francesco Guasti, Leonardo Lamacchia e i suddetti Lele e Maldestro.


Venendo alle cover, come gli altri anni la carrellata è stata a forte rischio sonnolenza, soprattutto perché non tutti se la sono sentita di rischiare con il brano e con il nuovo arrangiamento.
Tra i pochi, Ermal Meta, che si è preso la meritata vittoria: la sua versione di Amara terra mia, oltre a essere stata interpretata magnificamente, è la prova chiarissima che il ragazzo sa bene quel che fa. Un autore bravissimo, che scrive con anima, e un interprete di robusta personalità.
Buona prova anche per Masini con il suo tributo a Faletti, anche se a tratti pareva non riuscire a stare dietro al tempo, e di Paola Turci, che ha scelto di rimettere mano a un classico e della Oxa come Un’emozione da poco.
Sul resto c’è stata fondamentalmente calma piatta: Elodie avrebbe potuto far molto di meglio con il pezzo di Cocciante, soprattutto negli arrangiamenti e nell’intensità dell’interpretazione; Chiara ha fatto il temino scolastico con Diamante di Zucchero; la Mannoia ha fatto la Mannoia con Sempre e per sempre e Samuel ha fatto Samuel con Ho difeso il mio amore. Qualche problema tecnico ha invece rovinato la festa di Sergio e i Soul System, mandando fuori tempo l’esecuzione di un pezzo –Vorrei la pelle nera – dove il groove era centrale.
Non abbiamo purtroppo potuto ascoltare la versione di Ma il cielo è sempre più blu che avevano preparato Nesli e Alice Paba, e che avrebbe sicuramente riservato entusiasmi.

E a proposito di Nesli e Alice, è evidente che le coppie create a uso e consumo sanremese non funzionano, dato che sia loro sia Raige e Giulia Luzi sono i primi due esclusi definitivi. Il gioco per cui prendi due artisti e le metti insieme sul palco pensando di sommare i voti delle rispettive fanbase e quindi di avere vittoria facile non regge.
Nel caso di Nesli, lui già quest’estate parlava di Sanremo, ma il presentimento è che i suoi progetti fossero un po’ diversi, con l’idea di presentarsi da solo, ma che si sia poi trovato a doversi accollare la Paba per ordine giunto dall’alto. Il che non ha però giovato al brano e non mi stupirei se i pensieri di Nesli si siano fatti scurissimi al momento del verdetto.
Rientrano quindi in gara Ferreri, Ron, Atzei e Clementino.