Cristina D'Avena, la nostra icona pop

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Cristina D’Avena
è un mito, uno di quelli veri.

Una leggenda, una figura sicuramente unica panorama italiano, e forse anche oltre. Le sue sigle dei cartoni ormai da anni non sono più sigle, ma a tutti gli effetti pezzi irremovibili di storia della canzone nostrana: Kiss Me Licia, Sailor Moon, Pollon, Occhi di gatto si sono prese il loro posto vicino a classiconi d’autore, canzoni d’amore e di protesta. E Cristina D’Avena ha smesso da anni di essere considerata una cantante per bambini, guadagnandosi lo statuto di icona, al pari una Carrà o di una Pausini, capace di riempire palazzetti con un pubblico cresciuto insieme a lei, ma che in lei non vede la nostalgia dell’infanzia, ma lo splendore di una diva.
Eppure da un po’ di tempi a Cristina D’Avena veniva chiesto di provare a uscire dal suo mondo incantato per buttarsi finalmente nel pop, quello “vero”, senza capire che lei pop lo è da sempre. Anzi, forse è la più pop di tutte le popstar.
Negli anni Cristina ha resistito alle lusinghe del palco sanremese (tranne che salirci da ospite, in gran tripudio, cantando i La canzone dei Puffi), ha resistito all’idea di vestire i panni della fatalona provocante, come i dettami del pop chiedono, ha resistito al richiamo delle radio, che notoriamente non sono tanto propense a trasmettere le sigle dei cartoni. In tutti questi anni Cristina D’Avena ha avuto la forza di restare fedele a se stessa, e il tempo ci dice che ha avuto ragione, perché diversamente Cristina D’Avena non sarebbe stata Cristina D’Avena.
A lei i panni dell’interprete da sigle non sono mai stati stretti, lei in quelle canzoni ci crede ancora davvero, si cala nelle storie di quei personaggi e diventa parte di loro. E mica è roba facile! Perché un conto è cantare le gioie dell’amore o la disperazione di un abbandono, un altro è essere credibili e mantenere una dignità impersonando una giocatrice di pallavolo, una paladina della luna o una bambina dotata di un braccialetto magico.
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Per quello bisogna crederci davvero dentro al cuore.
Lo avevano capito già anni fa i Gem Boy, che l’avevano coinvolta in una serie di fortunatissimi concerti, a cui lei partecipava dimostrando un grandissimo senso dell’umorismo.
La devozione dei fan è però diventata così grande che a un certo punto anche Cristina ha capito che il suo pop doveva e poteva incontrarsi con quell’altro, quello “da grandi”, senza doverlo per forza guardare dal basso.
Ed ecco l’idea per un compromesso perfetto, la sintesi ottimale per far entrare finalmente i suoi successi nella grande festa pop: un album di duetti con i protagonisti della musica italiana. Ma anche in questo caso, è stata Cristina a vincere: non è lei a essere uscita dal suo mondo in technicolor, ma ci ha fatto entrare i colleghi. Li ha voluti, li ha cercati personalmente e ha aperto le porte di casa sua. E loro ci sono entrati al volo.
Tutto questo è successo in Duets, il vero miracolo discografico italiano degli ultimi mesi: sedici sigle storiche riarrangiate e reinterpretate con altrettanti nomi della musica di casa nostra. Da Noemi a J Ax, da Emma a Loredana Bertè, da Baby K a Elio, “tutti cantano Cristina”, come di fatto recita il sottotitolo del disco. Una festa in musica in cui rock, hip hop e cantautorato si mettono al servizio di un genere che forse non ha neanche un nome, se non quello – assolutamente riduttivo – di “musica per bambini”.
Cover Cristina D'Avena - Duets Tutti cantano Cristina
Alcune coppie funzionano perfettamente (ascoltare Baby K alle prese con Kiss Me Licia o Noemi che canta Lady Oscar, o ancora Ermal Meta che trasforma Piccoli problemi di cuore in un momento commovente), altri meno (il nuovo arrangiamento di Occhi di gatto spegne un po’ il brano e Loredana non riesce a dare il meglio), ma la realtà è sotto gli occhi di tutti: non è questione di età o di stile, se la musica vuole arrivare lo fa senza chiedere permesso.
E Cristina D’Avena è una vera, iconica popstar. E continua a cantare le sigle dei cartoni.

BITS-REPORT: La musica di Ermal Meta vola sul Carroponte di Sesto San Giovanni

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di Mariella Lamonica

E’ indubbiamente una delle rivelazioni più rivelazioni dell’ultimo Festival di Sanremo, anche se la sua carriera, nata soprattutto come scrittore e compositore tanto d’aver collaborato con gente del calibro di Renga, Emma, Mengoni, Patty Pravo solo per citarne alcuni, parte più di qualche anno fa. Di chi stiamo parlando? Di Ermal Meta, terzo classificato all’ultimo Sanremo.
A confermare tutto ciò ci sono i numeri: un tour sold out che sta toccando tante città italiane, una pioggia di dischi di platino e d’oro, oltre che una presenza massiccia con i suoi brani in tutte le radio. Ma Ermal Meta, il cantante di origine albanesi, è tutto questo e molto altro.
Sabato 15 luglio, dopo la data dell’Alcatraz dello scorso 7 maggio, è tornato a Milano, precisamente al Carroponte di Sesto San Giovanni, dove ha regalato energia a go-go e momenti di pura magia.
Prima di lui ad allietare la folla ci hanno pensato Cardio e Carlo Polacchi, poi gli occhi, le mani, il cuore erano tutti per lui, che se li è presi brano dopo brano con leggerezza e sentimento, passione.
Odio le Favole per dare il via a più di due ore di concerto che ha poi snocciolato tutti i successi di Umano, l’album del 2016, e di Vietato Morire, l’ultimo lavoro.
Con lui anche la sua band: Dino Rubini (basso), Marco Montanari (chitarra), Emiliano Bassi (batteria), Roberto Pace (tastiera & pianoforte) e Andrea Vigentini (cori & chitarra acustica).
Tra i momenti più totalizzanti certamente Piccola Anima, canzone portata all’apice con il feat di Elisa, prima accennata in acustico e cantata da un pubblico che l’ha già eletta tra le preferite, e poi presa a pieno potere dal cantante, e Amara Terra Mia: il pezzo di Modugno, presentato anche a Sanremo, ha dimostrato un’estensione vocale da brividi del musicista tanto da vedere la maggior parte dei fans armati di fazzoletti e mentre la pelle d’oca faceva capolino sulle braccia di chi, come la sottoscritta, in quel momento ha chiuso gli occhi e si è lasciato trasportare dalla melodia più dolce. Non potevano mancare Lettera a mio padre, che racconta di un rapporto burrascoso con la figura paterna nonché di un passato difficile e lontano che non si è esentato nel lasciare cicatrici, e Vietato morire.
La chiusura della serata Ermal ha voluto riservarla ad A parte te, una chiusura prolungata in realtà perché “Questa serata è bellissima, vorrei non finisse mai, vorrei non scendere mai da questo palco”, da cui è emersa anche una promessa “Ci rivedremo presto”.

E così con quelle “ali sulla schiena attaccate al posto delle cicatrici” il ragazz è volato via, lontano dal palco, ma non troppo dai cuori che sabato sera sono stati anche un po’ suoi e che ha saputo cullare senza esitazione alcuna ma non solo per due ore, almeno per un’intera e magica notte, e forse oltre.

BITS-SANREMO: "Scusa, ma… Ermal chi??"


di Francesca Binfarè
(allyoucanpop)
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Non c’è spazio più adatto delle pagine virtuali di BitsRebel per scrivere di Ermal Meta, che con il brano Vietato morire ci ricorda la necessità di disobbedire e di ribellarci alla violenza.
La sua canzone è un inno alla vita e alla ricerca della felicità, e sta piacendo molto. Ermal ha vinto la serata dedicata alle cover del Festival di Sanremo, con un’emozionante interpretazione di Amara terra mia di Domenico Modugno. Sommerso di complimenti da ogni parte, immaginiamo cosa si è scatenato sui social.
Bene, ho pensato, adesso non mi chiederanno più “Ermal chi?”. Invece poi ho cambiato idea: visto che lo chiedono in tanti, vuol dire che molte persone l’hanno notato, che la sua musica è arrivata (Simona Ventura e la ‘pancia’ della gente insegnano). Non che fosse mai stato un problema spiegare chi fosse e cosa avesse fatto, anzi. L’ho considerato bravissimo fin dagli inizi e – per un certo periodo – sottovalutato, quindi ne ho parlato sempre volentieri. E poi, se c’è un senso profondo in questo lavoro io lo trovo nel proporre quello che sento di bello e nel cercare di farlo conoscere: io e gli amici di BitsRebel, che così gentilmente mi ospitano in questo spazio, abbiamo l’opportunità di vivere la musica quotidianamente, e possiamo assicurarvi che di cose belle e persone interessanti ce ne sono. Come Ermal Meta, che adesso sta su un palcoscenico importante, forse il più importante. Vi assicuro che questa platea il ragazzo con il fiore all’occhiello che ci ricorda di ribellarci, se l’è sudata.
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Grazie a Sanremo, dicevo, in tanti mi chiedono “Bravo, ma chi è?”. Rispondo qui:
• La fame di Camilla era una band conosciuta, che ha calcato palchi importanti (Heineken Jammin’ Festival, per dire), ma non così famosa – eravamo dalla parte dell’indie pop. Potrei aggiungere purtroppo, ma comunque il succo è che quando nominavo Ermal Meta quasi nessuno sapeva che fosse il cantante del gruppo, e autore principale delle canzoni.
La Fame di Camilla ha partecipato a un Festival: 2010, con Buio e luce. Per Ermal era il secondo Sanremo, dopo quello come chitarrista degli Ameba 4.
• “Ermal chi?” è continuato anche quando si è affermato come autore. Ha scritto canzoni per Marco Mengoni, Patty Pravo, Chiara Galiazzo, Elodie, Lorenzo Fragola, Francesco Renga – e qua mi fermo. Vi assicuro che queste canzoni le conoscete. Negli ultimi due anni le sue canzoni hanno guadagnato 6 dischi di platino e 4 d’oro… Visto che lo conoscete?
Ermal ha scritto le canzoni che hanno vinto The Voice (per Alice Paba) e Amici (per Sergio Sylvestre).
• L’anno scorso ha partecipato al Festival di Sanremo, con Odio le favole. Arrivando terzo tra le Nuove Proposte, pubblicando l’album Umano, facendo un tour. Mettetevi in ginocchio sui ceci: è arrivato terzo tra le Nuove Proposte a Sanremo 2016, e oggi chiedete “Chi è?”. Si scherza, ma questo vuoto di memoria non sarà più concesso: si è ‘carneadi’ una volta sola nella vita, dai.
Ermal Meta è al suo quarto Festival e finalmente è entrato di nome oltre che di fatto nella categoria dei Campioni.
Il suo nuovo album si intitola Vietato morire, come la canzone che ha presentato al Festival. La perla è Piccola anima, che canta in duetto con Elisa.
I suoi fan sono I lupi di Ermal.
Ah, visto che mi è stato chiesto: sì, il nome è suo, è quello vero (è nato in Albania). Ecco chi è Ermal Meta. Per il resto, andatelo ad ascoltare: potreste scoprire che quelle che scrivete in giro, su Facebook, sui diari, qualcuno anche nei tatuaggi, sono frasi sue che senza fatica sono diventate nostre.
Foto: Luis Condrò

BITS-SANREMO: la terza serata

Mumble mumble….Terza serata del Festival, giro di boa e primi sentori di eccitazioni da vittoria.
Partendo sempre dai giovani, Lele e Maldestro (quest’ultimo un po’ carente in intonazione) passano il turno, lasciando a casa Valeria Farinacci e Tommaso Pini (quest’ultimo un po’ a sorpresa).
Stasera quindi a giocarsi la finale saranno quattro gentleman: Francesco Guasti, Leonardo Lamacchia e i suddetti Lele e Maldestro.


Venendo alle cover, come gli altri anni la carrellata è stata a forte rischio sonnolenza, soprattutto perché non tutti se la sono sentita di rischiare con il brano e con il nuovo arrangiamento.
Tra i pochi, Ermal Meta, che si è preso la meritata vittoria: la sua versione di Amara terra mia, oltre a essere stata interpretata magnificamente, è la prova chiarissima che il ragazzo sa bene quel che fa. Un autore bravissimo, che scrive con anima, e un interprete di robusta personalità.
Buona prova anche per Masini con il suo tributo a Faletti, anche se a tratti pareva non riuscire a stare dietro al tempo, e di Paola Turci, che ha scelto di rimettere mano a un classico e della Oxa come Un’emozione da poco.
Sul resto c’è stata fondamentalmente calma piatta: Elodie avrebbe potuto far molto di meglio con il pezzo di Cocciante, soprattutto negli arrangiamenti e nell’intensità dell’interpretazione; Chiara ha fatto il temino scolastico con Diamante di Zucchero; la Mannoia ha fatto la Mannoia con Sempre e per sempre e Samuel ha fatto Samuel con Ho difeso il mio amore. Qualche problema tecnico ha invece rovinato la festa di Sergio e i Soul System, mandando fuori tempo l’esecuzione di un pezzo –Vorrei la pelle nera – dove il groove era centrale.
Non abbiamo purtroppo potuto ascoltare la versione di Ma il cielo è sempre più blu che avevano preparato Nesli e Alice Paba, e che avrebbe sicuramente riservato entusiasmi.

E a proposito di Nesli e Alice, è evidente che le coppie create a uso e consumo sanremese non funzionano, dato che sia loro sia Raige e Giulia Luzi sono i primi due esclusi definitivi. Il gioco per cui prendi due artisti e le metti insieme sul palco pensando di sommare i voti delle rispettive fanbase e quindi di avere vittoria facile non regge.
Nel caso di Nesli, lui già quest’estate parlava di Sanremo, ma il presentimento è che i suoi progetti fossero un po’ diversi, con l’idea di presentarsi da solo, ma che si sia poi trovato a doversi accollare la Paba per ordine giunto dall’alto. Il che non ha però giovato al brano e non mi stupirei se i pensieri di Nesli si siano fatti scurissimi al momento del verdetto.
Rientrano quindi in gara Ferreri, Ron, Atzei e Clementino.

ASPETTANDOSANREMO: "Vado al Festival per la ricerca sulla SLA". Quattro chiacchiere con… Ron

“Se non ci fosse stato il progetto per la ricerca sulla SLA non sarei andato a Sanremo”.
Lo dice chiaramente Ron parlando della sua partecipazione – la settima – al prossimo festival con L’ottava meraviglia.
Il brano, una canzone dal respiro arioso, sarà infatti contenuto nella riedizione di La forza di dire sì, il doppio album pubblicato nel 2016 a favore dell’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) e che vedeva la partecipazione di altri 24 artisti.
Il disco arriverà il 10 febbraio e conterrà anche un secondo inedito, Ai confini del mondo.
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L’ottava meraviglia
 è una canzone d’amore: oggi, questo sentimento dove trova la sua forza?
Abbiamo un continuo bisogno d’amore: ci sentiamo sempre soli e sentiamo la necessità di condividere, di avere accanto qualcuno che ci sorregga. L’idea che gira intorno alla canzone è capire di cosa abbiamo bisogno oggi, in un contesto in cui ci sparano da tutte le parti, in cui vivere è diventato quasi sopravvivere. In questa condizione, ciò di cui abbiamo bisogno è la persona che sta al nostro fianco, è questa “l’ottava meraviglia”. Lo dico davvero.

Com’è nata la canzone?
E’ arrivata quasi da sola, senza cercarla troppo. Mattia Del Forno dei La Scelta mi ha portato un inizio interessante, su cui poi ho lavorato con Emiliano Mangia e Francesco Caprara: mi piace molto lavorare con loro, le cose arrivano in maniera spontanea. 
Nel ritornello si parla di America e di Oriente: cosa rappresentano?
L’America è sempre stato il sogno: ci sono andato per la prima volta a 17 anni, quando le cose si facevano in grande, insieme a Massimo Ranieri e molti altri, e abbiamo cantato al Madison Square Garden. Oggi andare in America vuol dire andare in un locale e chiedere di poter cantare, come mi è capitato alcuni anni fa. Il nome di Trump è ingombrante, come lui, fa paura, ma io dico di provare a lasciarlo fare, solo per un attimo. L’America comunque resta il paese dei sogni, lì se hai talento hai la possibilità di fare qualcosa. L’Oriente invece ha il fascino di un paese che quasi non c’è, un posto magico.
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Dalla tua prima partecipazione a oggi è cambiato il modo di avvicinarti al festival?
La mia prima partecipazione a Sanremo è stata nel 1970: avevo 16 anni, ero appena uscito dalla scuola, ero bellissimo e assomigliava a Brian Jones, le ragazzine mi correvano dietro. Facevo spesso i concorsi per voci nuove ed ero abituato a stare sul palco. Oggi quella forza vorrei averla ancora. Il festival ha poi seguito il mio percorso professionale, e oggi il mio pensiero va soprattutto a come il pubblico accoglierà il brano.
Cosa ti aspetti?
Prima di tutto devo dire che mi fa piacere che ci siano Carlo Conti e Maria De Filippi, due persone intelligenti, che sanno ascoltare, perché ho partecipato ad alcune edizioni isteriche. Per il resto, il mio unico obiettivo è dare una nuova spinta all’album La forza di dire sì, uscito quasi un anno fa a favore della ricerca per la SLA: ci ho lavorato per sei mesi con 24 artisti eccezionali che hanno duettato con me, è arrivato al primo posto in classifica, ma non sono ancora riuscito a raccogliere un bel gruzzoletto da consegnare all’AISLA. Per fare ricerca ci vogliono molti soldi, per cui non mi sono accontentato e ho deciso di ripubblicare l’album con il pezzo di Sanremo e un nuovo inedito, Ai confini del mondo.
Quindi se non ci fosse stato questo progetto non avresti pensato a Sanremo?
Esatto, anche perché non avevo un nuovo disco pronto. Ho voluto usare questa occasione proprio per dare nuova forza al progetto di ricerca, sperando nella grande platea del Festival.

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Perché la scelta di Insieme a te non ci sto più da portare nella serata delle cover?
E’ una canzone che da bambino portavo ai concorsi per voci nuove, era un mio cavallo di battaglia, e ha anche un testo bellissimo, per cui me la sono voluta riprendere. Tra le possibilità c’era anche quella di fare Piazza Grande, ma già l’altra volta avevo portato un brano di Lucio Dalla, Cara, e non mi sembrava di gran gusto. Ho scelto come ospite Annalisa perché la trovo eccezionale, un’outsider, mi sembra una con delle idee, una che potrebbe tranquillamente fare il suo mestiere in America.

Se dovessi racchiudere Sanremo in un ricordo, quale sarebbe?
Ho la fortuna di poter tornare indietro nel tempo, e ricordo di essere rimasto catalizzato da Ancora di Eduardo De Crescenzo.

Negli ultimi anni siamo stati sommersi dall’hip-hop, ma grande fermento arriva anche dai nuovi cantautori: che giudizio puoi darne?
Seguo un po’ tutti, e mi piace molto Ermal Meta. Invece con i rapper faccio ancora molta fatica a trovare un’armonia gradevole tra come cantano, cosa cantano e la musica che ci mettono sopra. Se ascoltiamo i rapper americani, è difficile sentire qualcosa di stonato tra testo e musica, invece con gli italiani succede ancora. Nei miei ascolti spazio tanto anche all’estero comunque: Amos Lee, Cat Steven, Donovan, ma anche Ed Sheeran, Damien Rice, e poi Joni Mitchell, la più grande  tutti.

E gli esordienti di oggi come li vedi?
Grazie ai talent i ragazzi sono più abituati al palcoscenico e all’idea di essere giudicati. Sono avvantaggiati in questo, anche perché è proprio il pubblico a votarli. E’ una realtà che è giusto che ci sia: alcuni mi piacciono molto, come Mengoni, e sono onorato di essere nel cast con Giusy Ferreri ed Elodie.

Cosa stai preparando per il concerto del 6 marzo al Teatro degli Arcimboldi di Milano?
Sarà un grande evento a sostegno della AISLA e tra i tanti ospiti ci saranno Annalisa, Luca Barbarossa, Loredana Bertè, Luca Carboni, Elodie, Giusy Ferreri, La Scelta, Nek, Francesco Renga, Syria. Sarà il primo appuntamento di un tour che toccherà tutta l’Italia e i cui proventi andranno tutti a favore della ricerca sulla SLA.

Ermal Meta riparte da Sanremo con Vietato morire

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Un anno fa, proprio dal palco di Sanremo, iniziava l’avventura solista di Ermal Meta: dopo aver scritto per una nutrita schiera di artisti italiani, con Odio le favole il cantautore “ci ha messo per la prima volta la faccia”, guadagnandosi il terzo posto nella categoria dei Giovani.

A distanza di 12 mesi, dopo aver pubblicato un album – Umano – che ha incontrato grande favore da parte di pubblico e critica, Ermal torna sul palco dell’Ariston, questa volta tra i Big, con Vietato morire, una canzone che descrive la violenza sulle donne come sui bambini, senza retorica, senza lacrime, ma con un monito solido come un macigno: “ricorda di disobbedire perché è vietato morire”.
Proprio in occasione del Festival, venerdì 10 febbraio arriverà anche un album,Vietato morire, doppio CD in vendita a prezzo di un album singolo, che conterrà il disco precedente e 9 nuove canzoni, tra le quali Piccola Anima, che vede la partecipazione di Elisa, e La Vita Migliore, con Luca “Vicio” Vicini dei Subsonica.

Dal 27 gennaio in esclusiva sul sito Music First (www.musicfirst.it) saranno disponibili le copie autografate dell’album.

Sempre dal 27 gennaio l’album sarà in pre order su iTunes al prezzo speciale di lancio di 9.90 euro per i due dischi, mentre dal 10 febbraio il doppio su iTunes costerà 11.99 euro.
 

Apriti cielo: il ritorno di Mannarino tra Brasile e Mediterraneo

Alessandro Mannarino fa parte della nuova generazione di cantautori, di quella nuova messe di musica italiana che per anni si è mossa tra i cunicoli della scena indipendente e poi pian piano a iniziato ad affiorare, affiancandosi ai nomi più illustri, talvolta soppiantandoli, anche solo per un fattore generazionale. mannarinoweb_phmagliocchetti005In questo nuovo a vigoroso esercito, oltre a Mannarino figurano Brunori SAS, Le luci della centrale elettrica (ovvero Vasco Brondi), Cosmo, Paletti, Dente, Edipo, Ermal Meta e tanti, tanti altri.
Il loro è uno sguardo nuovo, per certi aspetti ancora incontaminato, “vergine”, ma attento, lucido: non sono più mossi dall’onda politicante dei loro maestri De Gregori, Fossati, Guccini, spesso usano l’ironia, sconfinano trai generi, portando il rock nell’elettronica, il pop nell’hip-hop.
Mannarino, per esempio, per il suo quarto album Apriti cielo, ha fatto una grande (grandissima) ricerca sonora che ha collegato il Mediterraneo con le sponde del Brasile, il blues con il folk, il pop con le suggestioni di Bahia, ha fuso mandolino e samba.
Nelle nove tracce del disco si parte da Roma – e da dove sennò – per arrivare al folklore del sud, dell’Africa, del jazz, fino appunto al vento brasilero, lo stesso che anni fa ispirò la Vanoni, tanto per fare un altro grande nome.
A differenza delle opere di molto suoi colleghi, Apriti cielo non è un album grigio, non disegna cieli nuvolosi: al contrario, è un disco in cui splende un sole meraviglioso, anche se di motivi per festeggiare non c’è ne sono poi così tanti.

mannarino_phmagliocchetti004-ok“Mi piace il fatto che l’espressione “apriti cielo” – racconta Mannarino – possa essere letta in modi diversi, sia come un’esortazione che come esclamazione, e mi piace il fatto che ognuno possa dare il proprio senso e significato al titolo, come quando si guardano le nuvole o le stelle e si creano delle forme. Siamo noi che mettiamo i significati nelle cose della vita, possiamo trovare un senso positivo o negativo a tutto quello che viviamo… questo è un po’ il significato del disco: la tua vita dipende da te”.Non è che Mannarino le tragedie non le veda o non ne parli: di inquietudini c’è ne sono, soprattutto sul finale, ma non si sente quella voglia di sedersi sui problemi, crogiolarcisi dentro piangendo lacrime commiserevoli. Si canta per esempio la Roma ferita, così come c’è il riferimento doloroso ai migranti, raccontato con trasparente e imbarazzante verità, ma non si può non sentire tutta la forza vitale dei cori inseriti in diversi punti dell’album, come in Apriti cielo, Arca di Noè, la quasi favolistica Babalù e addirittura la conclusiva Un’estate, che è tutto tranne che una canzone positiva. apriticielo_CD_cover_front_12x12
Tanti, più di 30, i musicisti che hanno dato il loro apporto (Enzo Avitabile tra questi), mentre a mixare è stato chiamato Michael H. Brauer.
La nuova era dei cantautori italiani è davvero arrivata.

Sanremo 2017: tra rose, gigli e qualche fiore "avvizzito", ecco il mazzo dei 22 artisti in gara

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Ed eccoli qua, li abbiamo attesi a lungo e sono arrivati, i 22 nomi dei Big che prenderanno parte al Festival di Sanremo 2017.Dopo il “mosaico” e la “macedonia”, per descrivere il cast della prossima edizione, Carlo Conti ha usato la metafora del mazzo di fiori, tanto per restare in terra sanremese.
E mantenendo la metafora, il primo commento che mi viene da fare è che tra rose, gigli e garofani, dentro a questo bouquet sia finito qualche ramo artisticamente un po’ avvizzito e qualche erbaccia che si poteva tranquillamente mettere da parte.
Ma visto che senza aver ascoltato i brani ogni parola è superflua, e considerando che mancano due mesi per scaldare bene i motori, mi limito a esprimere soddisfazione per ritrovare Elodie, Samuel, Nesli, Giusy Ferreri, Ermal Meta e Francesco Gabbani.
La grande sorpresa sarà però vedere sul palco dell’Ariston Fiorella Mannoia, forse il nome più gettonato nei pronostici e poi confermato, che dopo un lungo periodo di lontananza dal Festival si ributta nella mischia da concorrente.
Nessuna band pervenuta, qualche duetto inedito ancora da mettere a fuoco.

Questa la lista dei magnifici 22, con i titoli dei brani in gara:

Di rose e di spine Al Bano
Tutta colpa mia Elodie
Fatti bella per te Paola Turci
Vedrai Samuel
Che sia benedetta Fiorella Mannoia
Do retta a te Nesli e Alice Paba
Il diario degli errori Michele Bravi
Portami via Fabrizio Moro
Fatalmente male Giusy Ferreri
La prima stella Gigi D’Alessio
Togliamoci la voglia Raige e Giulia Luzi
L’ottava meraviglia Ron
Vietato morire Ermal Meta
Mani nelle mani Michele Zarrillo
Il cielo non mi basta Lodovica Comello
Con te Sergio Sylvestre
Ragazzi fuori Clementino
Nel mezzo di un applauso Alessio Bernabei
Nessun posto è casa mia Chiara
Occidentali’s Karma Francesco Gabbani
Ora esisti solo tu Bianca Atzei
Spostato di un secondo Marco Masini

Piccola domanda profana da ascoltatore: per quale logica del regolamento Sylvestre ed Elodie sono tra i Big, mentre La Rua, Lele e Chiara Grispo erano in corsa tra i Giovani, pur avendo tutti partecipato alla stessa edizione di Amici?