BITS-RECE: Emmecosta, Velour EP. Velluto scandinavo

BITS-RECE: radiografia emozionale di un fisco in una manciata di bit.
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Positano e Göteborg. L’ultimo lavoro degli Emmecosta si muove lungo questa traiettoria a senso unico, in un percorso lungo quattro brani, quelli di Velour, ultimo EP della band italiana ma ormai svedese di base.
Tenui ambientazioni di synth-pop e suggestioni sognanti fanno da padrone in questo lavoro che sembra respirare la tipica quiete di una mattinata nordica, ai confini di una grande foresta o sulle sponde di lago nebbioso.
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Se i caldi elementi mediterranei emergono come riflessi di malinconia, l’anima del gruppo è nutrita soprattutto dallo spirito del nord, è lì che vive ed è lì che si muove a suo agio.
Il gruppo spiega il significato di Velour come “la sensazione di desiderio incrollabile per un posto dove non siamo mai stati… una voglia di terra lontana o di una profonda sensazione di “nostalgia” per un posto che non abbiamo mai visto… Attraversiamo una strana sensazione di disorientamento, qualcosa di magico visto da lontano.”
Da dizionario invece, il velour è un tessuto felpato, simile al velluto. Ecco, la musica degli Emmecosta è esattamente questo.

#MUSICANUOVA: Noemi, Autunno

Al primo ascolto mi ha fatto storcere il naso, poi è andata un po’ meglio. Resta il fatto che il nuovo singolo di Noemi si intitola Autunno, ma sembra una qualunque canzone da spiaggia, una delle tante hit vestite di elettropop che puntualmente riempiono le radio tra giugno e agosto.
A metterci mano sono stati Dario Faini e Tommaso Paradiso, quest’ultimo ormai firma prezzemolina dei singoli italiani, che hanno messo insieme un inno alla malinconia.
Tutto sommato, un ritorno innocuo. “Sarà un autunno difficilissimo”…

Modern Art: urbanesimo e tropici per il ritorno di Nina Zilli

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Due anni fa cantava di frasi e fumo, oggi inaugura l’era dell’urbanesimo.
Proprio così, “urbanesimo”, nel senso che dal soul e dalle sonorità vintage con cui l’avevamo lasciata, Nina Zilli si è spostata sul versante dell’urban, quello cioè che ingloba in un insieme pullulante r’n’b, hip hop e reggae, mettendoci anche una discreta quantità di elettronica e pop ad alto tasso di beat. L’altro termine che lei stessa associa al suo nuovo capitolo discografico è tropicale, perché zeppo di colori (a partire dalla copertina e dal booklet, in cui i testi sono ripresi dalle pagine di un diario di Nina).
Questo nuovo capitolo discografico ha un titolo eloquente, Modern Art, a indicare qualcosa di nuovo, “moderno” per l’appunto, come i suoni che lo riempiono, profondamente versatile e con i piedi ben piantati sulla strada.
Se prima c’erano le nuvole, oggi c’è il sole, che precisamente è quello dello Giamaica, dove il disco ha preso forma, insieme a Milano.
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Dodici brani in tutto, di cui undici inediti e una rivisitazione urbana, “moderna” e piuttosto ben riuscita di Il mio posto qual è di Ornella Vanoni. Unico ospite, J-Ax in Butti giù.
Si parla di amore, inteso nella sua più ampia accezione di sentimento universale e condiviso, perché, anzi, quello privato rischia di riservare le più grandi delusioni: proprio oggi in cui tutto viene condiviso virtualmente, Nina lancia dei brani-manifesto richiamando l’attenzione sull’importanza di una condivisione reale di intenti e di amore, l’unico modo davvero efficace per annullare il desiderio di guerra e di violenza. Pacifismo. Una condivisione autentica, come quella che si realizzava prima che Facebook ingurgitasse il nostro stile di vita.

Un album che punta uno scalino più in su del precedente mostrando forza, consapevolezza e assoluta libertà di movimento, e che rappresenta – se non proprio un’evoluzione – una svolta stilistica nel percorso di un’artista che eravamo abituati a vedere incasellata nella pur elegante cornice del soul, ma che ha sempre avuto anche una certa familiarità con il reggae, tornando ora a calpestarlo.
Forse un po’ spiazzante a un primo impatto (il singolo Mi hai fatto fare tardi non è in effetti tra i momenti più incisivi), Modern Art ha dei grandi punti di forza in brani come 1xunattimo, nel pop uptempo di Notte di luglio e nella cover Il mio posto qual è, e riesce a stare in piedi senza cadere in una riduttiva imitazione dei modelli d’oltreoceano, dove l’urban è effettivamente di casa.

BITS-RECE: Anohni, Paradise EP. Un paradiso infernale

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
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A meno di un anno dalla pubblicazione di Hopelessness, il suo angoscioso album di debutto sotto il nome di Anohni, l’artista britannica non placa i suoi tormenti e completa il cerchio con Paradise, EP di sei tracce figlie legittime delle precedenti per testi e sonorità.
Un progetto dedicato al mondo femminile, come si può subito notare dalle immagini di copertina (che vanno poi a riempire le pagine interne del booklet dell’edizione fisica), in cui compaiono i volti – anzi, i “ritratti”” – delle eroine scelte da Anohni, oltre ad Anohni stessa, a cui si aggiungono i nomi di altre “combattenti” nella pagina dei ringraziamenti. Due su tutte, Shirin Neshat e Naomi Campbell.

Il mondo dovrebbe essere nelle mani di una donna, di questo Anohni è più che convinta, perché millenni di potere maschile hanno portato la Terra sull’orlo della rovina.
Se con Hopelessness la cantante si era scagliata con rabbia sulla società e la politica, andando a colpire anche un bersaglio di solito immune come Obama, qui il suo sentimento si fa ancora più disperato e la sua rabbia verso il genere umano ancora più collerica.
I brani raccontano di un mondo impregnato di dolore, tragedia, un paradiso ribaltato dalle angosce e privato di ogni senso di umanità; viene chiamata in causa la religione e le violenze perpetrate suo nome (Jesus Will Kill You), si dice che i nemici si annidano ovunque (You Are My Enemy) e nel brano di chiusura sembra profilarsi uno scenario apocalittico per tutta la Terra (She Doesn’t Mourn Her Loss).

Archiviati ormai i tempi di malinconia e idillio di Antony & The Johnsons, la voce di Anohni resta balsamica, confermandosi come una delle più indipendenti e disturbanti della scena internazionale, mentre i suoni oscillano tra l’inquietudine nera e sinfonica del pezzo di apertura, contorni quasi liturgici, fino a episodi volutamente ruvidi e cacofonici.
Là dove di solito il pop e l’elettronica si soffermano sulla bellezza e restano spesso in superficie, la musica di Anohni scava nella coscienza e si fa portatrice di denuncia e disillusione, nel nome di un femminismo che non resta confinato alla richiesta di parità tra i sessi, ma grida battaglia per la salvezza di tutti.

A completare il progetto, un settimo brano, I Never Stopped Loving You, non inserito nel disco e disponibile solo inviando alla stessa Anohni una mail (anohni@rebismusic.com) contenente “un cenno anonimo di fragilità, una frase o due che racconti ciò che vi sta più a cuore, o delle vostre speranze per il futuro”.

Taylor Swift: il ritorno elettronico e velenoso della “vipera” bionda

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Non c’è dubbio: quello di Taylor Swift è il primo vero grande ritorno discografico della nuova stagione. Lo si poteva immaginare fin da quando è stato annunciato, e così è stato.

Dopo il mezzo buco nell’acqua di pubblico e critica raccolto da P!nk con What About Us, singolo attesissimo, uscito quando eravamo tutti in vacanza e passato pressoché inosservato, è la biondina della Pennsylvania a inaugurare con gran chiasso mediatico il lungo ciclo di comeback che ci attende nei prossimi mesi.
Il nuovo singolo è Look What You Made Me Do e apre una nuova era sotto tutti i punti di vista: non solo anticipa il nuovo album, Reputation, atteso per il 10 novembre, ma ci mostra anche una nuova Taylor.
Messo (definitivamente?) da parte il country – da cui comunque si era già parecchio allontanata con gli ultimi lavori -, la Swift si butta ora in un pezzo elettro-spigoloso quasi più vicino all’urban che al pop, con inserti di I’m Too Sexy dei Right Said Fred, mentre il testo del brano è una velenosa dichiarazione di guerra a un acerrimo nemico, da molti riconosciuto in Kanye West (ricordate i VMA?) o Katy Perry (ricordate Bad Blood?). O forse entrambi, vista l’abilità della Swift nell’aprire faide con i colleghi.

La vecchia Taylor è morta, e a dirlo è proprio lei nella canzone (Mi dispiace, la vecchia Taylor non può venire al telefono in questo momento. / Perché? / Oh, perché è morta!). Per rimarcarlo, con abilissima mossa di marketing, dalle sue pagine social alcuni giorni fa sono spariti tutti i vecchi post, sostituiti dall’immagine di un serpente in assetto d’attacco.
Un chiaro riferimento alla reputazione che negli anni Taylor si è costruita e che lei stessa sembra ora divertirsi ad alimentare: la première del video è stata infatti fissata per domenica 27 agosto durante la cerimonia dei VMA, che quest’anno saranno condotti da Katy Perry.
Pare che toccherà proprio alla padrona di casa dell’evento presentare in diretta mondiale il video e la curiosità di vedere la scena vale più dell’intero show.

Ah, che viperetta questa Taylor…..

#MUSICANUOVA: Era Serenase, Letargo

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Il progetto Era Serenase nasce nell’estate 2014 dai cugini Davide “EraSfera” Brancato, rapper e songwriter, e Serena “Serenase” Gargani, cantante, beatmaker e videomaker.

Il duo decide di scrivere, registrare e girare il video del primo brano, Minyponi, nel giro di due giorni, quasi per scommessa. Il risultato è divertente e nei mesi successivi escono su YouTube con altri due brani, Cartongesso e Crystal-Ball.
Quest’ultima canzone porta il duo tra i cinque selezionati della categoria rap/hip-hop del concorso per cantautori “Genova per Voi” nel 2015.
Da qui nasce il desiderio di dedicarsi al primo album, chiusi nella loro casa in campagna tra orto, galline e capre. Crystal-Ball, questo il titolo del primo disco, è in uscita ad ottobre e vedrà collaborazioni importanti con artisti della nuova scena alternative hip-hop italiana tra cui Willie Peyote e Dutch Nazari.

Una prima anticipazione è il nuovo singolo Letargo.
Il video vede alla regia Serena Gargani (già al lavoro, tra gli altri, con Ex-Otago, Dutch Nazari, Kaufman) ed è stato girato nei “caruggi” del centro storico di Genova.
“Una sera, dopo un’estenuante session di scrittura e registrazione nella nostra casa di campagna sulle alture di Genova, con alcuni amici ci siamo persi in una lunghissima discussione sul fatto che oggi non ci sia più molto ritegno nel parlare, nell’esporsi, nel voler esternare sempre e comunque la propria opinione su tutto e tutti. Tutto ciò accade soprattutto sui social, dove la gente tende a esprimere il suo ego senza quei filtri e quelle autocensure che forse, a volte, sarebbe il caso di considerare un po’ di più. Il giorno dopo ci siamo alzati, piuttosto tardi, e in due ore è nata Letargo”.

Sul video Serena Gargani racconta: “Il video di Letargo è un carosello contro il troppo parlare. Era Serenase sono alla testa di un corteo colorato e abbastanza surreale che manifesta contro l’uso smodato della parola. Tutti si divertono ma non aprono bocca, in linea con la frase chiave della canzone: Nella vita più parlo, più mi rendo conto che non serve più farlo.

BITS-RECE: Lorde, Melodrama. Sofismi pop di una principessa triste

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Due elementi hanno segnato la nascita di questo disco: la fine di una storia d’amore e il fatto di essere il secondo album della carriera, che, si sa, si dice essere il più difficile per ogni artista.
In effetti Lorde arrivava da quella botta di successo mondiale che l’aveva fatto conoscere con Royals e l’album d’esordio Pure Heroine: un successo di una portata forse un po’ inaspettata, anche perché aveva appena 18 anni. Come ripartite quindi?
Ci è voluto un po’ di tempo perché la ragazza metabolizzasse tutto e sapesse far fruttare al meglio i due fattori: perché quanti artisti hanno scritto canzoni o interi album sulla fine di una storia? E quanti sono passati dallo scoglio secondo album? Nel primo caso, moltissimi, nel secondo, praticamente tutti.
E allora, come venirne fuori? Con un disco come Melodrama. Dentro, ci è finito di tutto, dal pop all’r’n’b, dall’elettronica ai lenti suonati al pianoforte, e nei contenuti si passa dalla gioia al dolore, come la stessa artista ha riconosciuto: un disco pulsante di luci al neon di caotiche feste in discoteca e i lumicini di momenti riservati solo a sé. I primi due due singoli, Green Light e Liability ne sono un esempio: tanto il primo è ipnotico e vorticoso nelle sue atmosfere quasi da house, tanto il secondo – anche nella reprise – è scarno e vulnerabile. È poi c’è Hard Feelings/Loveless, brano dalla doppia faccia, sunto eloquente degli stati d’animo condensati nel disco.

Un album che probabilmente in molti non si aspettavano così, nelle sue diverse anime umorali e sonore, pulsante e sofferente, con le parole sempre cantate da quella voce così trascinata di peso a cui Lorde ci ha abituati fin dall’inizio, e che in certi casi rischia di diventare proprio il suo limite, incatenandola al ruolo un po’ di principessa depressa e un po’ di maestrina del pop, tipo come Lana Del Rey, ma con più ritmo.
Tutto questo fa comunque di Melodrama un album intrigante, selvaggio ma non ostile, moderatamente aristocratico: un vero e proprio esempio di melodramma moderno diviso in tutte le sue “arie”, i suoi atti e le sue scene. I racconti di vita, amore e disperazione di una ragazza che si è trovata tra le mani un successo molto più grande di lei e ha dovuto trovare il modo di far confluire tutto nella sua musica con ordine, senza farsi travolgere dal fine della storia e dal fantasma del secondo disco, e soprattutto continuando a vivere.
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Piuttosto, ciò a cui Lorde deve prestare attenzione è non diventare un’artista-feticcio della nicchia dei “filosofi del pop”, vale a dire i presunti alternativi fighetti, fanatici di suoni cervellotici e per forza alternativi.
Per quello che ha fatto fino a oggi, Lorde sta esattamente sulla linea del crinale, tra il becero mainstream del vasto pubblico e l’attitudine indie: un equilibrio che probabilmente prima o poi perderà favore di uno o dell’altro, quale sarà il tempo a dirlo.
Per quel che mi riguarda, spero solo che non si trasformi nell’ennesima divinità osannata dalla nicchia hipster.

Io te Francesca e Davide: Syria canta Ambra… con Ambra

“Ci sono cose che non si possono spiegare, quando accadono per magia e le vivi rimangono indelebili per sempre. Cantare con Ambra è un altro sogno importantissimo che si avvera, la stimo da sempre come donna, mamma ed attrice, che privilegio sono felicissima!” (Syria)

“Questa cover, importante per Syria e divertente per me, ha riunito gente di talento che amo molto e che grazie a questo pezzo torna a farsi sentire. Cecilia tra i miei numeri 1 per sempre.” (Ambra)
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Il brano è la cover di una canzone di Ambra pubblicata nel 1997 e fa parte dell’ultimo album di Syria IO+IO.
Ora ne arriva una nuova versione che vede collaborare le due artiste.
L’inedita collaborazione tra Syria e Ambra nasce da una regola matematica: due rette parallele che si sono incontrate all’infinito di una canzone.

Senhit: il 30 giugno arriva l’EP, poi un’estate di live e… calcio

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Uscirà il 30 giugno Hey Buddy, primo EP della cantante italo eritrea Senhit.
I brani, in gran parte prodotti da Brian Higgins (che ha lavorato tra gli altri con Kylie Minogue, Pet Shop Boys, Kaiser Chiefs), sono stati presentati in Italia e ad Amsterdam, Parigi, Manchester, Berlino e Londra.

Hey Buddy conterrà i singoli Something On Your Mind e Higher, prodotto da Corrado Rustici, gli inediti Went Out With A Bang e Last Tango e i remix di Living For The Weekend e Something On Your Mind.

In estate Senhit sarà inoltre impegnata con i live del Festival Show e negli appuntamenti di Giochi del calcio di strada, un torneo dedicato ai passatempi praticati nelle piazze e nei campetti, che arriva ogni weekend in una nuova città d’Italia e vede Senhit esibirsi come special guest con le sue canzoni, ma anche in veste di blogger e videomaker sui suoi social e, ogni sabato sera, porta sul palco l’energia dei sui brani electro pop.
Giochi del calcio di strada è un tour legato allo sport targato HelloSport e Calciatori Brutti.
Ogni weekend comincia il sabato mattina con tornei, conferenze e giochi, proseguendo fino a domenica sera (per informazioni info@calciodistrada.it – http://calciodistrada.it/).

Queste tutte le date: il 17 e il 18 giugno a Capo d’Orlando (Messina) in via Palermo, il 24 e il 25 giugno a Gaeta (Latina) nello Stadio Riciniello, l’1 e 2 luglio a Polignano a Mare (Bari) nel Piazzale Marco Polo, l’8 e 9 luglio a Finale Ligure (Savona) in Piazza Vittorio Emanuele II, il 15 e 16 luglio a Rimini in Largo Boscovich e il 22 e 23 luglio a Bibione (Venezia) in Piazza Zenith.