BITS-RECE: Aldo Granese, Sirene. Sesso, illusione e tragedia

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
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Puttana, prostituta, meretrice, o un’infinità di altri termini, più o meno volgari e gergali, per indicare la stessa figura. Una figura di donna, perché ovviamente in un mondo maschilista, un uomo che si vende ha sempre diritto a un trattamento di maggiore favore. Come ricorda la voce del popolo, il ruolo della grande seduttrice esiste dall’alba dei tempi, e nei secoli è stato etichettato in modo dispregiativo, o con impomatate definizioni politically correct ancora con nomi circondati da aura aulica. Ma se cambia il nome, non cambia certo la sostanza, e la figura della prostituta è sempre lì, pronta a ricordarci quanto fragile sia la natura umana, nonostante i moralismi e la più ferrea volontà.
Se a tutti è ben evidente l’associazione della prostituzione con il sesso, il proibito e la passione, meno volentieri ci si ricorda che spesso dietro a quei tacchi vertiginosi e quegli abiti provocanti si nascondono storie di tragedia, sfruttamento, negazione della stessa dignità umana.
Un aspetto che non è sfuggito ad Aldo Granese, cantautore irpino che proprio attorno al mondo della prostituzione ha fatto ruotare il suo ultimo lavoro, Sirene.
Ecco, la sirena, creatura mitologica, incantatrice e inafferrabile, crudele e meravigliosa, al cui fascino neppure l’astuto Ulisse seppe resistere, ma anzi, scelse di abbandonarsi.
Con un’immagine poetica, ma senza censure e buonismi, Granese racconta in 10 tracce un mondo illuminato dalle luci dei lampioni, passionale, osceno, immorale, desiderato, ma anche drammaticamente sfruttato e ignorato.
Le sirene di Granese lasciano baci color porpora, danzano un tango fatale, lasciano volontariamente una vita ordinaria per farsi dispensatrici di amore facile, abbracciano il rischio oppure si allacciano a catene da cui non potranno più sfuggire. E in questo scenario, l’uomo non può che essere un disarmato marinaio pronto a cadere nell’incantesimo o uno spietato cacciatore desideroso di mattanza.
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“C’è chi l’amore lo fa per noia / Chi se lo sceglie per professione / Bocca di rosa né l’uno né l’altro/ Lei lo faceva per passione”, cantava De Andrè. E poi c’è chi lo fa per disgrazia, per schiavitù, per un destino  da cui non si può scappare. E queste sono altre storie, storie di sirene naufragate.

Izi e il suo rap “pizzicato” dalla vita

izi 4Fa hip hop, ma ha anche la passione per i grandi cantautori, e tra le sue canzoni preferite Il giudice di De andrè e La nave di Gaber⁠⁠⁠⁠.
A distanza di un anno dal suo primo album ufficiale Fenice e dopo l’esperienza della cinematografica in Zeta, film diretto da Cosimo Alemà, Izi torna con Pizzicato: “Pizzicato nel senso di trafitto da tutte le dipendenze, le paure e i demoni che ci deteriorano e dai quali dobbiamo assolutamente liberarci per raggiungere l’equilibrio interiore, pizzicato in quanto infastidito da una società vuota in cui i veri valori si stanno sempre più perdendo per far posto all’apparenza e all’inettitudine, pizzicato come colui che può cambiare le regole del gioco e aprire gli occhi a coloro che lo ascolteranno. Siamo noi gli artefici del nostro destino e dobbiamo vivere il grande dono della libertà ma consapevolmente”.

Quella di Izi è una storia delicata e intima: dalla nascita convive con il diabete cronico che nell’ultimo anno e mezzo gli ha fatto rischiare 5 comi diabetici e che lo ha portato a intraprendere un percorso spirituale e introspettivo sfociato in questo nuovo progetto ricco di contenuti positivi.
Un invito tra consapevolezza e maturità ad ascoltarsi profondamente, cercando di smascherarsi il più possibile e liberandosi dai vincoli e dai mostri interiori a cui siamo sottoposti.
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Preziosissime e importanti le collaborazioni e i featuring, con alcuni dei migliori rapper del panorama italiano, sia della nuova che della old school: da Fabri Fibra, a Caneda, Enzo Dong, Tedua e Vaz.
Alla produzione sono stati invece chiamati Shablo, Charlie Charles, Sick Luke, Simoo, David Ice, Marz, Noise, Estremo e il re Mida del rap Marco Zangirolami.

#MUSICANUOVA: Ilenia Pastorelli, La ballata di Hiroshi

Parte con l’effetto surreale della Canzone di Marinella De Andrè, e poi va per la sua strada e si inoltra nello scenario di Lo chiamavano Jeeg Robot, il film d’esordio di Gabriele Mainetti, campione d’incassi e di riconoscimenti agli ultimi David di Donatello.

La ballata di Hiroshi è interpretata da Ilenia Pastorelli, l’attrice protagonista, che nella pellicola è Alessia, una ragazza convinta che Hiroshi Shiba, l’eroe della serie manga Jeeg Robt d’acciaio, esista nel mondo reale e lo identifica con Enzo, interpretato da Claudio Santamaria.