David Bowie: un cofanetto speciale per i 50 anni di “Space Oddity”


E’ programmato per il 15 novembre David Bowie Conversation Piece, un cofanetto di 5 CD, ed equivalente digitale, che testimonia la trasformazione iniziale di Bowie nel periodo dal 1968 al 1969, grazie alle home demo, alle sessioni radio BBC e alle registrazioni in studio con il chitarrista John ‘Hutch’ Hutchinson e il gruppo sperimentale Feathers.
La raccolta festeggia inoltre il 50esimo anniversario della pubblicazione del singolo Space Oddity e il secondo album di David, David Bowie (aka Space Oddity).

La raccolta contiene dodici tracce demo inedite del periodo, così come un nuovo missaggio dell’album Space Oddity (aka David Bowie) di Tony Visconti, a lungo produttore/collaboratore di Bowie.
Il nuovo missaggio dell’album contiene la title track del cofanetto Conversation Piece, che occupa ora la sua posizione originale nella tracklisting che a suo tempo era stata modificata a causa di un problema tecnico di minutaggio.

Riguardo il missaggio di Space Oddity 2019 Tony Visconti afferma: “è stato così divertente scovare queste gemme di musica e avere più tempo per mixarle una seconda volta, aggiungendo un gioco di chitarra qui, uno squillo di trombone lì, la voce di Marc Bolan in un coro e molti dettagli in generale che ci siamo fatti sfuggire anni fa, quando l’etichetta ci diede al massimo una settimana per mixare quest’album. Nel dettaglio troverete un David Bowie di 22 anni, che presto avrebbe avuto un successo sconvolgente”.

Un libro di 120 pagine con copertina rigida accompagna il cofanetto e contiene memorabilia esclusivo dalla collezione personale del manager precedente di David, Ken Pitt, così come materiale del David Bowie Archive®, che include foto di Ray Stevenson, Vernon Dewhurst, David Bebbington, Ken Pitt, Alec Byrne, Tony Visconti e Jojanneke Claasen.
Le note di copertina sono state scritte dagli esperti Mark Adams, Tris Penna e Kevin Cann insieme a un contributo degli amici di una vita come David George Underwood, Tony Visconti, Vernon Dewhurst, Dana Gillespie and John ‘Hutch’ Hutchinson.

Il missaggio 2019 dell’album Space Oddity sarà pubblicato separatamente ed individualmente su CD, digitale standard, digitale 96/24 e vinile.
Le varie configurazioni in vinile saranno distribuite casualmente in tutto il mondo con delle etichette miste scritte a mano, numerate dall’1 al 1969 su vinile argentato e dal 1970 al 2019 su vinile dorato, i restanti saranno su vinile nero.

Tracklist:

[i titoli con simbolo * sono inediti e le due tracce Decca presentate qui sono pubblicate in alta qualità rispetto a quelle contenute nell’edizione deluxe dell’album di debutto di Bowie su etichetta Deram. Nel cofanetto è presente anche una rara versione mono integra di ‘Ching-a-Ling’ dei Feathers.]

CD 1Home Demos
April’s Tooth Of Gold (2.29) *
The Reverend Raymond Brown (Attends the Garden Fête on Thatchwick Green) (2.15) *
When I’m Five (3.18) *
Mother Grey (3.00)
In The Heat Of The Morning (2.59)
Goodbye 3d (Threepenny) Joe (3.19)
Love All Around (2.49)
London Bye, Ta-Ta (3.31)
Angel Angel Grubby Face (version 1) (2.31)
Angel Angel Grubby Face (version 2) (2.37)
Animal Farm (2.21) *
Space Oddity (solo demo fragment) (2.39)
Space Oddity (version 1) with John ‘Hutch’ Hutchinson (4.02)
Space Oddity (version 2) with John ‘Hutch’ Hutchinson (5.00) *
Space Oddity (version 3) with John ‘Hutch’ Hutchinson (5.10)
Lover To The Dawn with John ‘Hutch’ Hutchinson (3.50)
Ching-a-Ling with John ‘Hutch’ Hutchinson (2.58)
An Occasional Dream with John ‘Hutch’ Hutchinson (2.49)
Let Me Sleep Beside You with John ‘Hutch’ Hutchinson (2.54)
Life Is A Circus with John ‘Hutch’ Hutchinson (4.50)
Conversation Piece (3.47) *
Jerusalem (4.19) *
Hole In The Ground with George Underwood (3.29) *

CD 2The ‘Mercury’ Demos with John ‘Hutch’ Hutchinson
Space Oddity (5.28)
Janine (3.53)
An Occasional Dream (3.18)
Conversation Piece (3.31)
Ching-a-Ling (3.35)
I’m Not Quite (aka Letter To Hermione) (4.00)
Lover To The Dawn (5.01)
Love Song (4.08)
When I’m Five (3.13)
Life Is A Circus (5.33)

CD 3Conversation Pieces (Mono)
In The Heat Of The Morning (Decca mono version) (2.51)
London Bye, Ta-Ta (Decca alternative version) (2.36)

BBC Top Gear radio session with the Tony Visconti Orchestra, recorded 13th May, 1968

In The Heat Of The Morning (3.01)
London Bye, Ta-Ta (2.39)
Karma Man (3.07)
When I’m Five (3.14)
Silly Boy Blue (4.32)
Ching-a-Ling (2.51)
Space Oddity (Morgan Studios version – alternative take) (4.22)* with John ‘Hutch’ Hutchinson
Space Oddity (U.K. single edit) (4.42)
Wild Eyed Boy From Freecloud (single B-side – mono mix) (4.54)
Janine (mono mix) (3.23)
Conversation Piece (3.06)

BBC Dave Lee Travis Show radio session, recorded 20th October, 1969

Let Me Sleep Beside You (3.20)
Unwashed And Somewhat Slightly Dazed (4.03)
Janine (3.03)

CD 4 – 1969 stereo mixes

The original David Bowie (aka Space Oddity) album

Space Oddity (5.14)
Unwashed and Somewhat Slightly Dazed (inc. Don’t Sit Down) (6.51)
Letter To Hermione (2.32)
Cygnet Committee (9.31)
Janine (3.21)
An Occasional Dream (2.54)
Wild Eyed Boy From Freecloud (4.46)
God Knows I’m Good (3.17)
Memory Of A Free Festival (7.09)

The Extras

Wild Eyed Boy From Freecloud (single B-side stereo mix) (4.56)
Letter To Hermione (early mix) (2.32) *
Janine (early mix) (3.23) *
An Occasional Dream (early mix) (2.54) *
Ragazzo Solo, Ragazza Sola (full length version) (5.14)

CD 52019 mixes (all previously unreleased)

The Space Oddity album

Space Oddity (5.20)
Unwashed and Somewhat Slightly Dazed (6.18)
Letter To Hermione (2.32)
Cygnet Committee (9.28)
Janine (3.21)
An Occasional Dream (2.57)
Wild Eyed Boy From Freecloud (4.50)
Conversation Piece (3.11)
God Knows I’m Good (3.16)
Memory Of A Free Festival (7.14)

The Extras

Wild Eyed Boy From Freecloud (single version) (4.59)
Ragazzo Solo, Ragazza Sola (5.20)

“Space Oddity”: anche Barbie festeggia il 50esimo anniversario del brano di David Bowie


Questo mese segna il cinquantesimo anniversario di due eventi cosmici che hanno plasmato il corso della storia: la pubblicazione di Space Oddity di David Bowie, originariamente pubblicato l’11 luglio 1969, e il primo sbarco sulla Luna, avvenuto pochi giorni dopo, il 20 luglio.

Per festeggiare questi eventi Parlophone ha lanciato il progetto Space Oddity x Unlock The Moon Experience.
Il sito web (www.spaceoddity50.com) permette a tutti gli utenti di puntare la fotocamera del cellulare alla Luna e, una volta perfettamente allineata, sbloccare il nuovo mix 2019 di Space Oddity di Tony Visconti.

Il nuovo video di Space Oddity sarà proiettato in anteprima il 20 luglio durante Apollo 11: A 50th Anniversary Celebration—One Small Step, One Giant Leap, un tributo di una sola notte all’allunaggio del 1969 da parte della National Symphony Orchestra (NSO), in collaborazione con la NASA al Kennedy Center Concert Hall.

La nuova versione del brano è stata inoltre pubblicata il 12 luglio in un doppio singolo 7”: nel vinile è presente la versione mono originale, il lato B originale Wild Eyed Boy From Freecloud e una nuova versione di quest’ultima, sempre realizzata da Tony Visconti.

Ma non è tutto: anche Mattel, storica azienda produttrice dell’iconica Barbie, ha voluto rendere omaggio a David Bowie e a Space Oddity con una nuova bambola con il make up, l’acconciatura e l’abito di Ziggy Stardust, il leggendario alter-ego “alieno” creato da Bowie. La nuova Barbie, in edizione speciale limitata, è disponibile sul sito della Mattel per un costo di 50 dollari.

Paul Jordan

L’elettro-soul di Nakhane tra emancipazione e guerre spirituali

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“Una notte, sognai una voce  che mi diede una data, quella della mia morte. Non ho intenzione di rivelarla, ma all’improvviso, avendo sempre vissuto nella paura della punizione divina, ero certo che non sarei morto il giorno dopo, o anche dieci anni dopo. È stato incredibilmente liberatorio. Ho deciso di recuperare il tempo perduto, di vivere finalmente la mia vita.”
E’ partito così il lavoro del secondo secondo album di Nakhane, You Will Not Die, in uscita il prossimo 16 marzo.

Nonostante la sua giovane età, Nakhane ha alle spalle storia fatta di accettazione e autoaccettazione, lotta per l’emancipazione e lotte spirituali. Nato ad Alice da una famiglia  Xhosa (il secondo gruppo etnico per grandezza in Sud Africa, dopo lo Zulu) e cresciuto a Port Elizabeth, ha rinunciato alla fede cristiana per accettare se stesso e il giudizio degli altri: “Quando ero cristiano e pregavo Dio tutti i giorni, provavo solo odio per me stesso. Ogni giorno della mia vita, facevo tutto il possibile per essere come gli altri, per essere eterosessuale. Ero persino convinto che sarei stato in grado di “guarire” la mia omosessualità. Vivevo nella costante paura; controllavo me stesso in ogni momento.”
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Questo bisogno di autoaffermazione si è quindi riversato nel suo secondi disco, in cui Nakhane ha ricercato suoni più audaci, passando dalla chitarra acustica al pianoforte e scrivendo utilizzando computer e sintetizzatori senza perdersi però nelle infinite possibilità offerte dall’elettronica: “Sapevo di volere dei suoni elettronici. A Johannesburg, senti molti artisti suonare in acustico solo per sembrare più “autentici”, ma non funziona. I suoni dei gay club techno sono molto più veri per me.”
Ciò che ne è venuto fuori è un disco elettro-soul sperimentale e sensuale, in cui non mancano le influenze africane: c’è la bellezza quasi liturgica di Violent Measures, con le sue armonie fraterne e i vocals cristallini; c’è l’insistenza elettrizzante in levare di Clairvoyant; il languore sensuale e spirituale di Presbyteria, dove Nakhane descrive la prima chiesa in cui si è recato, ad Alice; o l’atmosfera magica e oppressiva di The Dead con le sue chitarre blues e le sue misteriose armonie, dove Nakhane menziona i suoi antenati Xhosa. In Star Red Nakhane rende anche omaggio a sua nonna (“una ribelle alla sua religione, fu una delle prime persone a dirmi di vivere la mia vita come mi pareva opportuno”).

Sembra quindi naturale che un artista così nomini influenze eclettiche che dai musical americani, spaziano a Marvin Gaye, Nina Simone, Ahnoni, David Bowie, ma anche Busi Mhlongo, Simphiwe Dana, Mbongwana Star, TkZee.

BITS-RECE: Roberto Cacciapaglia, Atlas. Un oceano di stelle

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Non conosco Roberto Cacciapaglia – personalmente intendo -, ma sono pronto a scommettere che abbia l’animo di un sognatore. Non si spiegherebbe altrimenti come possa un musicista, per quanto ispirato e talentuoso, portare avanti una carriera di oltre un ventennio mantenendo viva quella spinta verso l’alto, quella tensione a rompere i confini tra i generi, a far sconfinare il pianoforte nell’elettronica e nella sperimentazione.
Uno lo può fare una volta, due, ma già al terzo disco l’esperimento ti viene male se non ci credi davvero, e per crederci devi essere sul serio convinto nella forza suggestiva della musica, nella sua capacità do portarti lontano, oltre il tempo e lo spazio.
Ecco, in 22 anni la musica di Cacciapaglia questa forza non l’ha mai persa: ha continuato a volare altissima, libera e soprattutto non ha mai temuto di contaminarsi.
Lo si capisce bene se si fanno scorrere le 28 tracce di Atlas – La riscoperta del mondo, la raccolta che il maestro, dopo aver musicato gli spettacoli dell’Albero della Vita a EXPO 2015, ha da poco pubblicato e nella quale ha riassunto il meglio della sua attività. In aggiunta, due brani inediti (Reverse e Mirabilis) e un omaggio a Bowie con una rivisitazione di Starman.
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Un doppio album che è quasi inevitabile ascoltare pensando a un viaggio. Anzi, a una traversata sull’oceano a bordo di un vascello emerso dall’alba dei tempi. Un viaggio notturno tra flutti altissimi, talvolta minacciosi, mentre sopra di noi splende la più bella volta stellata che si sia mai vista.
La musica si fa tempesta, si fa tuono, si fa onda, il pianoforte è la spuma del mare, le percussioni il temporale, e poi ecco gli archi, le costellazioni. Si sovrappongono, si rincorrono, si condono, crescono e descrescono, il cuore si spaventa, si emoziona, si commuove, ma ecco che arriva la quiete e il viaggio riprende.
Sopraggiungono anche alcune sirene, con il loro canto immortale ed etereo, purissimo.
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Atlas è un’unione perfetta di sinfonia, sperimentazione e suggestione imaginifica, slegata da ogni dimensione. Brani come Wild Side, Lucid Dream, Mirabilis, Celestia e The Future sono veri e propri sussulti alle corde dell’anima, momenti di bellezza abbagliante e commovente.
Ci vuole coraggio a continuare a sognare, ma chi riesce a farlo stringe tra le mani uno dei doni più preziosi.

Aspettando il Super Bowl: l'ultimo anno di Lady Gaga

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Sicuramente ha già deciso la scaletta, probabilmente ha già scelto gli abiti e forse ha anche già imparato a memoria le coreografie: fra poche settimane Lady Gaga ha un impegno, penso di poter dire il più importante della sua vita, almeno fino a oggi. 

Domenica 5 febbraio infatti sarà lei la protagonista dell’Haltime Show alla cinquantunesima edizione del Super Bowl, la finale del campionato di football americano, ovvero il più atteso evento mediatico per gli Stati Uniti, che quest’anno si svolgerà all’NRG Stadium di Houston: un evento che ogni volta raccoglie davanti al televisore almeno 100 milioni di telespettatori sparsi per il mondo.L’Halftime Show è un vero e proprio miniconcerto di un quarto d’ora scarso che riempie l’intervallo tra i due tempi della partita, e la popstar ci sta lavorando almeno da settembre, quando la sua presenza è stata ufficializzata.
Una tappa che ha segnato la carriera dei nomi più mastodontici della musica mondiale, da Michael Jackson a sua sorella a Janet (vi ricordate lo scandalo del capezzolo nel 2004?), passando per Diana Ross, Shania Twain, i Black Eyed Peas, Paul McCartney, Prince, Bruce Springsteen, Madonna, Beyoncé, Katy Perry, fino ai Coldplay e Bruno Mars, protagonisti dell’ultima edizione.

Per Gaga la partecipazione al Super Bowl 2017 non sarà però la prima: proprio l’anno scorso era infatti stata affidata a lei l’apertura dell’incontro con l’inno americano. Una responsabilità che in passato ha visto scivolare grandi artisti in esibizioni non esattamente memorabili (vi ricordate Christina Aguilera?), ma a cui Lady Gaga è andata incontro brillantemente: fasciata in un completo rosso metallizzato, la Germanotta ha offerto una performance barocca (e forse un po’ troppo enfatica) di The Star-Spangled Banner, accolta da unanime entusiasmo. Pare sia stato proprio il successo di quell’esibizione ad aver convinto gli organizzatori a scegliere lei per l’Halftime Show 2017.

Ma il 2016 si era già aperto per la cantante nel migliore dei modi, con la vittoria ai Golden Globe come miglior attrice in una serie televisiva per la sua interpretazione in American Horror Story: Hotel nel ruolo della Contessa. Per Stefani Germanotta non si trattava della prima esperienza davanti alla macchina da presa, ma era la prima volta che veniva nominata per un premio così prestigioso.

Neanche una settimana dopo l’esibizione sul campo del Super Bowl con l’inno americano, Gaga è poi salita sul palco dei Grammy, dove era attesa per rendere omaggio a David Bowie. Realizzata in collaborazione con la Intel – azienda specializzata in dispositivi elettronici -, la sua è stata un’esibizione decisamente scenografica, in cui lo stile “gaghesco” ha preso sotto braccio il mondo del Duca Bianco, in un incontro di musica e tecnologia.
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A fine febbraio è stata invece la volta degli Oscar, dove Gaga si è lasciata sfuggire il premio per la miglior canzone originale (Til It Happens To You, presente nella colonna sonora del documentario The Hunting Ground), lasciando comunque il segno con una toccante performance: vestita di bianco, seduta al pianoforte, la cantante è stata raggiunta sul finale da cinquanta ragazzi vittime di abusi sessuali.

Il 2016 infuocato di Lady Gaga è proseguito poi con l’onore che le ha riservato il patinatissimo V Magazine, per il quale Gaga è stata direttrice nell’intera issue primaverile: per l’occasione, la rivista è uscita in edicola con ben 16 differenti copertine, record mai raggiunto prima. All’interno, servizi fotografici firmati tra gli altri da Steven Klein, Terry Richardson e Nick Knight.


A maggio la popstar ha raccolto l’invito della superdirettrice di Vogue Anna Wintour e non si è fatta mancare la scintillante sfilata sul tappeto rosso del Met Gala, l’evento modaiolo che richiama ogni anno al Metropolitan di New York il gotha del mondo dello spettacolo: richiamandosi al tema della serata, incentrato sulla moda nell’era della tecnologia, Gaga ha sfoggiato un abito di Versace ispirato alle componenti elettroniche .
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Con l’arrivo dell’estate, l’attenzione si è pian piano concentrata sull’attesissimo ritorno discografico, del quale si sono via via svelati i dettagli: ad aprire le danze è stato a inizio settembre il singolo Perfect Illusion (che forse non ha avuto i risultati sperati), mentre il nuovo album è arrivato il 21 ottobre. Il titolo, Joanne, è un omaggio alla zia, sorella del padre, morta in giovane età: con questo nuovo disco abbiamo assistito a un deciso cambiamento di rotta nel percorso musicale di Gaga, che ha messo un po’ da parte il pop, la dance e l’elettronica dei lavori precedenti per abbracciare più intime atmosfere acustiche, di chiara influenza country. La risposta del pubblico non si è comunque fatta attendere e per la quarta volta consecutiva un album di Lady Gaga ha debuttato al primo posto della classifica americana.
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Per far prendere confidenza con il nuovo album, già all’inizio di ottobre Gaga aveva dato il via al Dive Bar Tour, una tranche di tre concerti ambientati in altrettanti bar a Nashville, New York e Los Angeles. Tra le attività promozionali legate al disco non si possono inoltre non citare la partecipazione al Carpool Karaoke di James Corden, divenuto nell’ultimo anno uno degli appuntamenti della TV americana più seguiti, e l’esibizione ai Billboard Awards con il singolo Million Reasons.


Dopo un 2016 a dir poco intenso, da alcune settimane tutto l’impegno di Lady Gaga è dedicato alla preparazione dello show del Super Bowl.
Al momento però ogni dettaglio su ciò che farà è celato dietro una cortina di mistero, salvo per qualche foto, da cui però non si deduce granché.

Provando a fantasticare, ho pensato a quale spettacolo mi piacerebbe vedere sul campo dello stadio di Houston, e questa è la scaletta del mio ideale Halftime Show targato Gaga:
Just Dance
Born This Way/Express Yourself (featuring Madonna)
Bad Romance
Poker Face
Telephone (featuring Beyoncé)
Million Reasons
You And I (featuring Lady Antebellum)
The Edge Of Glory.

Quanto questa fanta-scaletta è esatta lo si scoprirà il 5 febbraio. Nel frattempo l’attesa cresce e i preparativi fervono….

Roberto Cacciapaglia: il 25 novembre esce il doppio best Atlas

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Dopo il successo nel 2015 di Tree Of Life, l’artista ritorna con un nuovo lavoro ricco di pagine e di sfumature: 28 tracce racchiuse nel doppio album best Atlas, una collezione di brani tra i più significativi della storia musicale del compositore, arricchita da due inediti e dall’omaggio a David Bowie attraverso una versione strumentale di Starman.
All’uscita discografica seguirà una serie di concerti, nei quali un organico composto da pianoforte, archi, e postazione elettronica darà vita ad Atlas sui palchi dei teatri d’Italia. Già note le prime cinque date live ufficiali:
11 gennaio 2017 – Ivrea
12 gennaio – Biella
20 gennaio- Savona
30 marzo – Follonica
2 aprile- Potenza.
Il tour internazionale avrà inizio a Mosca l’11 febbraio 2017.
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Supernatural, extraterrestrial. Alieni, mostri e fate: quando il videoclip è visionario

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Alieni, mostri, fate. 

Cosa succede quando il videoclip si immerge nel mondo della magia o vuole dare uni sguardo sugli universi paralleli? La natura si distorce, si piega, si capovolge, diventa addirittura distopica o si riempie di simboli arcani, l’artista incarna le sembianze di una creatura extraterrestre o soprannaturale e per i registi è una succulenta occasione per dare libero sfogo alla creatività più visionaria.

Dagli anni ’70 fino ad oggi, ecco alcuni esempi di come il mondo fantastico e alieno abbia fatto irruzione nel videoclip musicale, trasformando per alcuni minuti i cantanti in splendide o terrificanti creature…

David Bowie, Life On Mars?
Qui c’era solo l’imbarazzo della scelta, perché sono state tante le volte in cui l'”alieno” Bowie ci ha portato fuori dalla realtà (o ha portato la sua in mezzo a noi, dipende da come la si guarda…). In Life On Mars? però la sua identità extraterrestre si manifesta in tutta la sua eleganza.

Madonna, Bedtime Story
Per dare le immagini a una canzone in cui aveva infilato le mani anche Björk come autrice, la Signora del pop costruì un video surreale, sicuramente il più enigmatico e il meno intelliggibile della sua carriera, ambientato in una realtà futuristica e piena di simbolismi arcani.

Björk, Hunter
Più che una cantante, Björk è un’abitante di una galassia remota che ogni tanto si presta a cantare. Qui, per esempio, si mostra completamente calva, mentre sul suo volto prende forma lo strambo muso di… un orso!

Marilyn Manson, The Dope Show
Con quegli occhi bicolori e quel corpo provocatoriamente ermafrodito, ai tempi di The Dope Show il Reverendo sfidava il buoncostume e ci piombava addosso nei panni di un umanoide con seni e pacco di plastica, per di più con una canzone che inneggiava alla droga (o così almeno si diceva). Lo scandalo all’epoca fu rovente.

Busta Rhymes feat. Janet Jackson, What’s It Gonna Be?
Video per l’epoca costosissimo dato l’elevatissimo tasso di effetti speciali. Immersi in una non-realtà, una dimensione indefinita in tempo e in spazio, Busta Rhymes e Janet Jackson appaiono nelle vesti di signori del post-moderno. Lui umanoide dal corpo di mercurio, lei fatalona un po’ cyber e con tanto latex.

Christina Aguilera, Fighter
Diretta dalla superba Floria Sigismondi, Christina Aguilera compie sotto i nostri occhi la trasformazione da enorme bozzolo nero a candida crisalide, in un’ambientazione onirica e distorta. Gli insetti non sono mai sembrati tanto belli.

Grace Jones, Corporate Cannibal
Nel video di questo pezzo dalle atmosfere alquanto sinistre, la pantera giamaicana è poco più di un ectoplasma nero con occhi e bocca che si muovono, si spandono, si restringono e si deformano.

Lady Gaga, Born This Way
Nel cantare che dobbiamo tutti accettarci per come siamo, Mother Monster arrivava direttamente dallo spazio proclamando l’avvento di una nuova, utopica era universale, popolata da creature dalle fattezze umane e dal cuore immacolato. Segni particolari, un paio zigomi “importanti”.

Katy Perry, E.T.
Fosse anche solo per il titolo della canzone, questa è la cosa più aliena che si sia vista nella musica, almeno negli ultimi 20 anni. Volteggiando nello spazio in magnifiche metamorfosi, l’extraterreste Perry arriva sulla terra e si ritrova in uno scenario post-apocalittico, in cui niente e nessuno sembra essere sopravvissuto. Forse…

Brooke Candy, Opulence
Video malatissimo, di una violenza disturbante, scurissimo. Nelle mani esperte di Steven Klein, Brooke Candy veste gli innumerevoli panni di una creatura folle, un personaggio distopico a metà strada tra una diva in crisi di nervi e il protagonista di un incubo. Un viaggio allucinato a velocità fuori controllo.

Die Antwoord, Ugly Boy
Sono tra le band che amano spingersi sempre “un po’ più in là” con l’immagine. Il loro universo visionario li porta per questo video ad alternare immagini di angeli neri, inquietanti bambini-pupazzo, sangue e rose in fiamme.

Daphne Guinness, Evening In Space
Un coloratissimo scenario spaziale, decisamente barocco. Costumi esagerati, gioielli, bolle di cristallo, make up elaboratissimi, aitanti marziani fucsia e luminosi. La grande fashion star ha fatto le cose in stile eccelso per questo video diretto nientemeno che da David LaChapelle. Alla produzione del brano invece c’è Tony Visconti, sì, proprio quello di Bowie. Un pezzo così come poteva non avere un’anima aliena?

Rose McGowan, RM486
Per il suo primo video musicale, l’attrice diventata famosa grazie a Streghe ha scelto di comparire nelle inquietanti fattezze di una creatura bianca e calva, ora nuda, ora ricoperta di glitter rossi, piume, pendenti, spilli sulle unghie.

Rihanna, Sledgehammer
Dal momento che la canzone fa parte della colonna sonora di Star Treck, il video non poteva non riprendere quelle suggestioni spaziali. Sola sulla terra, la meravigliosa aliena Rihanna, dal volto enigmaticamente dipinto, si muove ipnotica in danze arcane sotto a un cielo in piena tempesta cosmica.

Kerli, Blossom (The Halls of Heaven Session)
In totale unione con la natura, la cantante estone, da tempo impegnata nella sensibilizzazione verso l’ambiente, assume i panni di una coloratissima fata delle nevi nordiche.

Lazarus Cast Album: il 21 ottobre arriva l’album con le canzoni del musical

In vista della prima del musical Lazarus in Gran Bretagna, in programma l’8 novembre al King Cross Theatre di Londra, esce la versione dei brani di David Bowie del cast e della band della produzione originale di New York. Il disco, intitolato Lazarus Cast Album, uscirà il 21 ottobre.

Oltre ai classici di Bowie interpretati dal cast del musical, il disco contiene anche le ultime tre incisioni in studio di David. Prodotte da Bowie e Tony Visconti e registrate con Donny McCaslin e il suo quartetto, la stessa formazione che ha suonato su ★ di Bowie, queste ultime tre canzoni – No Plan, Killing A Little Time e When I Met You – rappresentano l’ideale completamento delle performance del cast teatrale.
L’album include anche la versione di Lazarus contenuta in ★.
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L’album ★ è candidato al Mercury Prize 2016 e, nell’ambito della cerimonia di premiazione che si terrà il 15 settembre, Michael C. Hall eseguirà Lazarus insieme a Henry Hey e alla band della pièce teatrale.
Il Lazarus Cast Album è interpretato da Hall, Caruso, Cristin Miloti, Michael Esper e altri componenti del cast, accompagnati dalla band di 7 elementi formata apposta da Hey per le rappresentazioni newyorkesi del musical.
L’album è stato inciso l’11 gennaio 2016. Entrati in studio di registrazione, i musicisti e il cast sono rimasti sconvolti nell’apprendere della morte di Bowie avvenuta la sera prima, e il disco cattura le loro straordinarie performance ricche di emotività.

L’artwork dell’album è curato da Jonathan Barnbrook, che aveva già lavorato con Bowie per ★, The Next Day, Heathen e Nothing Has Changed.

Scritto da Bowie ed Enda Walsh, diretto da Ivo Van Hove e prodotto da Robert Fox, lo spettacolo Lazarus ha debuttato il 7 dicembre 2015 al New York Theatre Workshop.
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Tracklist
CD 1:

1. Hello Mary Lou (Goodbye Heart) – Ricky Nelson
2. Lazarus – Michael C. Hall & Original New York Cast of Lazarus
3. It’s No Game – Michael C. Hall, Lynn Craig & Original New York Cast of Lazarus
4. This Is Not America – Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus
5. The Man Who Sold The World – Charlie Pollack
6. No Plan – Sophia Anne Caruso
7. Love Is Lost – Michael Esper & Original New York Cast of Lazarus
8. Changes – Cristin Milioti & Original New York Cast of Lazarus
9. Where Are We Now – Michael C. Hall & Original New York Cast of Lazarus
10. Absolute Beginners – Michael C. Hall, Cristin Milioti, Michael Esper, Sophia Anne Caruso, Krystina Alabado & Original New York Cast of Lazarus
11. Dirty Boys – Michael Esper
12. Killing A Little Time – Michael C. Hall
13. Life On Mars – Sophia Anne Caruso
14. All The Young Dudes – Nicholas Christopher, Lynn Craig, Michael Esper, Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus
15. Sound And Vision – David Bowie
16. Always Crashing in the Same Car – Cristin Militia
17. Valentine’s Day – Michael Esper & Original New York Cast of Lazarus
18. When I Met You – Michael C. Hall & Krystina Alabama
19. Heroes – 4:43 – Michael C. Hall, Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus

CD 2:

1. Lazarus – David Bowie
2. No Plan – David Bowie
3. Killing A Little Time – David Bowie
4. When I Met You – David Bowie

Edizione in vinile: 
LP 1 lato A:
1. Hello Mary Lou (Goodbye Heart) – Ricky Nelson
2. Lazarus – Michael C. Hall & Original New York Cast of Lazarus
3. It’s No Game – Michael C. Hall, Lynn Craig & Original New York Cast of Lazarus
4. This Is Not America – Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus
5. The Man Who Sold the World – Charlie Pollack

LP 1 lato B:
1. No Plan – Sophia Anne Caruso
2. Love Is Lost – Michael Esper & Original New York Cast of Lazarus
3. Changes – Cristin Milioti & Original New York Cast of Lazarus
4. Where Are We Now? – Michael C. Hall & Original New York Cast of Lazarus

LP 2 lato C:
1. Absolute Beginners – Michael C. Hall, Cristin Milioti, Michael Esper, Sophia Anne Caruso, Krystina Alabado & Original New York Cast of Lazarus
2. Dirty Boys – Michael Esper
3. Killing a Little Time – Michael C. Hall
4. Life On Mars? – Sophia Anne Caruso
5. All the Young Dudes – Nicholas Christopher, Lynn Craig, Michael Esper, Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus

LP 2 lato D:
1. Sound and Vision – David Bowie
2. Always Crashing in the Same Car – Cristin Militia
3. Valentine’s Day – Michael Esper & Original New York Cast of Lazarus
4. When I Met You – Michael C. Hall & Krystina Alabama
5. Heroes – Michael C. Hall, Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus

LP 3 lato E (un solo lato):
1. Lazarus – David Bowie
2. No Plan – David Bowie
3. Killing a Little Time – David Bowie
4. When I Met You – David Bowie

BITS-RECE: Daphne Guinness, Optimist In Black. Dal lutto alla vita

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Scelta spiazzante quella di Daphne Guinness.
Cosa succede infatti quando una delle più grandi fashion icon decide di buttarsi nella musica e incidere un disco? Nella maggior parte dei casi, succede poco o nulla, il più delle volte ne viene fuori una manciata di brani strambi zeppi di elettronica. Sì perché per fare le cose cool e trendy oggi ci si butta lì dentro, in quel magma indistinto di suoni prodotti dai synth.

Ma dimenticavo che questo succede se sei una qualunque fashion blogger, fashion trender, fashion quel-che-vuoi, non se sei una vera icona vivente dello stile, una delle più grandi, una a cui persino Karl Lagerfeld si sente in dovere di inchinarsi: una come Daphne Guinness. A quel punto, non potresti permetterti di buttare via tempo ed energia per pubblicare una dozzina di canzoni “tanto per”, ma puoi fare quello che davvero ti va, metterci anima e corpo e farlo al tuo meglio. Così ha fatto, più o meno, la Signora dai capelli bicolore. E anziché rifilarci un anonimo e scontato disco di elettropop/EDM, ha pensato di darsi al rock.

E’ nato così Optimist In Black.
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Certo, Daphne Guinness non è Patti Smith o Debbie Harry, non lo è e lo sa, così come è più che evidente che se nella vita avesse voluto fare la cantante probabilmente a quest’ora sarebbe a raccogliere spiccioli in qualche disgraziato locale di periferia.

Ma la fortuna ha voluto che nascesse in una delle più ricche famiglie irlandesi (proprio i Guinness della birra) e venisse assorbita dal fashion system, così che la musica è rimasta per lei solo una marginale passione, da coltivare quando e come le piace.

Quando si è trattato di dar vita al suo album – e non è affatto detto che rimanga l’unico – Daphne ha chiamato Pat Donne e Tony Visconti, lo stesso che per anni ha affiancato il caro Bowie alla produzione. Portare a termine il lavoro, ha dichiarato, non è stato facile, ci sono voluti tre anni, e sin dalla pubblicazione del singolo Evening In Space, nel 2014, si era capito che stava facendo sul serio: in quel brano infatti non si faticano a ritrovare le medesime atmosfere aliene di Life On Mars. Per il resto, i riferimenti sono da ricercare soprattutto negli ascolti degli anni ’60 e ’70

Con l’eccezione di un alcuni brani – Fatal Flow e No Nirvana Of Cooldom, per esempio – che effettivamente mostrano quei suoni fluidi di cui parlavo all’inizio, per il resto Optimist In Black è un lavoro di impronta cantautorale piuttosto malinconica, visto che dentro Daphne ha infilato i pezzi più dolorosi della propria vita, senza risparmiare stoccate all’ex marito (Bernard-Henry Lévy, il filosofo) o il ricordo degli amici scomparsi (la collega Isabella Blow e lo stilista Alexander McQueen, morti entrambi suicidi a pochi anni di distanza): Optimist In Black sembra un po’ la stanza privata di Daphne, un cantuccio in cui rifugiarsi dopo essersi tolta gli abiti di haute couture. Uno spazio suo, da arredare come meglio credeva, senza la pretesa di consegnarci una nuova Bibbia della musica, ma nemmeno senza scialacquare l’occasione.

Optimist In Black non è un disco da classifica, probabilmente non è un disco che lascerà segni nella memoria, ma è un lavoro che ha le gambe per stare in piedi. Un disco di una donna che, arrivata a lambire i 50 anni e restando quotidianamente immersa nel luccichìo del fashion biz ai massimi livelli, sa che la vita riserva anche brutti scherzi, tremendi a volte, e che arriverà per tutti un momento in cui dovremo vedercela da soli.

Dovremo affrontare dolori, ci butteremo addosso il nero del  lutto, e certi segreti ce li porteremo dentro in silenzio, certi di poter contare solo su di noi. 

Di tutto il resto, chi se ne frega: il mondo là fuori sarà fantasticamente luccicante.