BITS-RECE: UDDE, “Diaspora”. Non qui, non ora, ovunque, sempre
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
La storia di questo disco parte dalla foto che poi ne è diventata la copertina.
Un’immagine sospesa nel tempo, in un non luogo che potrebbe trovarsi ovunque, in un inverno glaciale che potrebbe sembrare eterno, cristallizzato nel tempo. Tutto immortalato in uno scatto slegato da ogni coordinata.
Quando UDDE – musicista e compositore sardo di origine, ma di stanza in Grecia – ha visto questa immagine, in lui è scattata una scintilla che lo ha messo al lavoro su un disco che riuscisse a catturarne l’essenza. Era il 2014.
Diaspora, il disco, è uscito nell’aprile del 2024.
Dieci anni di tempo, di lavoro, di ripensamenti, di scritture e riscritture, di ispirazioni catturate e cancellate. Le 11 tracce definitive sono il risultato di una scrematura di almeno 30 pezzi.
Aprendo un qualsiasi dizionario, alla voce “diaspora” si trova una definizione che suona più o meno così: dispersione di un popolo o di una comunità al di fuori della propria patria o territorio d’origine.
Uno dei tratti caratteristici di ogni diaspora è il fatto che i gruppi di individui che si ritrovano a migrare altrove mantengono intatta la loro identità culturale all’interno del nuovo contesto in cui si stabiliscono.
Prendendo questa definizione e applicandola all’album, l’equazione torna perfettamente: Diaspora appare effettivamente come un progetto diasporico. Ogni traccia è una pietra di un cammino, un piccolo sasso gettato qua e là nello spazio e nel tempo della lavorazione del disco. Eppure, prese tutte insieme, le tracce sono straordinariamente coese, compatte, coerenti.
Ogni pezzo di Diaspora è un piccolo mondo lucente, un candido ecosistema autosufficiente, che non tradisce però l’identità più alta dell’intero progetto.
Diaspora è un album solo nella forma: nella sostanza è una raccolta di petali leggerissimi, volati qua e là liberamente, senza vincoli, legami.
Arrivando più nello specifico a inquadrarne l’identità, Diaspora è un album evanescente, diafano, etereo nelle sue atmosfere oniriche e sospese.
Il suo autore ha dichiarato di essersi ispirato a un ventaglio di fonti che vanno da Cocteau Twins, David Bowie, Brian Wilson, Syd Barrett, e molti, molti altri nomi: tutti riferimenti che qui dentro si potrebbe anche cercare di carpire, ma sono talmente reimpastati, metabolizzati, trasformati che non importa davvero sapere quali siano.
C’è ovviamente tanta elettronica, c’è sperimentazione, c’è una scrittura che sembra quasi volersi nascondere sotto i vari effetti del cantato.
Diaspora nasce da una lunga ricerca, ma è esso stesso una ricerca che chi lo ascolta deve compiere pezzo dopo pezzo. Un mosaico candido e glaciale da osservare da vicino, per cogliere in ogni sua tessera ogni piccola scaglia preziosa. Oltre ogni luogo, lontano da ogni tempo.