Quando l’anno scorso Daphne Guinness ha pubblicato Optimist In Black, pensavo che quel disco fosse una felice evasione di una iper-icona della moda, un divertissement musicale partorito nei momenti di noia tra una sfilata e uno shooting patinato. Invece a sorpresa la signora torna alle note con un nuovo singolo, Remember To Breathe. Esattamente come aveva fatto per il suo primo album, la Guinness è rimasta fedele alle influenze del glam-rock, e anche stavolta dietro al risultato c’è la mano sapientissima di Tony Visconti (per capirci, uno che ha lavorato a lungo e a strettissimo contatto con Bowie).
Se il progetto di Optimist In Black partiva da due lutti dolorosissimi per Daphne (la morte di Isabella Blow nel 2007 e il suicidio di Alexander McQueen nel 2010), il concepimento di Remember To Breathe è avvenuto in un’atmosfera quasi opposta, come in una sorta di rinascita, mentre le registrazioni si sono svolte rigorosamente in analogico. Come lei stessa ha dichiarato sulle pagine di V Magazine, già nei brani del primo album si poteva percepire un passaggio dal buio alla luce, dal dolore a una nuova vitalità ritrovata, al punto che i lavori per il secondo album – ebbene sì, pare che ci sarà – sono partiti addirittura 10 giorni dopo l’uscita di Optimist (sul suo profilo Instagram ci sono numerose immagini scattate nei mesi scorsi in studio di registrazione).
Ad accompagnare il nuovo singolo è un video ovviamente glitteratissimo e iper stiloso, diretto da Fiona Garden e Ben Ashton.
Raccogliere un anno in 30 canzoni non è facile, per niente, ma è tanto divertente, anche solo per il gusto di giocare a fare il piccolo musicologo. Ho scelto quindi diriassumere il 2016 – il mio 2016 – in 30 brani perché in 20 mi sarebbe stato ancora più difficile: troppi i ricordi legati a queste canzoni per lasciarne fuori alcune. E anzi, avrei fatto una classifica da 40 o 50 posti, se non fossi sicuro che a chi avrebbe letto sarebbe cresciuta una barba più lunga di quella di Gandalf.
In questa personalissima lista costruita in ordine crescente ci sono le canzoni che più di tutte hanno riempito le mie giornate in questi ultimi 12 mesi: canzoni su cui ho pianto, riso, riflettuto, goduto, amato, odiato, letteralmente e metaforicamente, sono le canzoni che mi hanno lasciato qualcosa in più delle altre, e proprio questo è stato uno dei criteri con cui ho scelto di tenerle dentro escludendone altre: queste mi hanno dato qualcosa che è andato oltre il semplice piacere dell’ascolto. L’altra regola che ho seguito è stata quella di includere solo brani usciti per la prima volta quest’anno: per il resto, non ho guardato al genere, al successo che hanno ottenuto o alla fama dell’artista.
Ho cercato di restare – pur nella soggettività della classifica – più obiettivo possibile, ma con buona probabilità, se dovessi stendere quest’elenco domani, l’ordine sarebbe diverso, soprattutto per le ultime posizioni.
In fondo, è un gioco… Stay Rebel, Forever!
30. Brooke Candy, Changes 29. Daphne Guinness, The Long Now
28. L’Orso, Chiudi gli occhi siamo nello spazio
27. Giorgia, Oronero
26. Ghost feat. Ornella Vanoni, Hai una vita ancora
25. Emis Killa feat. Jake La Furia, Non è facile
24. Stadio, Un giorno mi dirai
23. Elisa, No Hero
22. Alessandra Amoroso, Vivere a colori
21. Boosta, 1993
20. Ligabue, Made in Italy
19. Noemi, Fammi respirare da tuoi occhi
18. Alessandra Amoroso, Comunque andare
17. Loredana Errore, Luce infinita
16. Honor, You And My Nightmares
15. Lady Gaga, Grigio Girls
14. Loredana Errore, Bugiardo destino
13. Paola Iezzi, LoveNight
12. Annalisa, Se avessi un cuore
11. Patty Pravo, Cieli immensi
10. Francesco Guasti, Universo L’anno scorso Guasti si è visto sfumare la partecipazione a Sanremo a due passi dal traguardo, e pare si sia arrabbiato tantissimo. Quest’anno ci ha riprovato e ce l’ha fatta con questa canzone intensa e “scalcitante”. Inutile dire che tiferò per lui.
9. Elodie, Un’altra vita Un brano ruvido, che se la vede con il più grande rimpianto che almeno una volta ha attraversato la mente di ognuno di noi.
8. Patty Pravo, Se Samuel Romano dei Subsonica ha regalato a Patty Pravo la gemma più preziosa e splendente di Eccomi, il suo ultimo album. Una dichiarazione d’amore potente e fragile nello stesso tempo, pura come un ghiacciaio in una mattina di marzo.
7. Loredana Bertè, È andata così Ligabue ha firmato il brano del gran ritorno in scena della Bertè: pur mostrando chiarissima l’impronta del suo autore, la canzone veste alla perfezione l’anima di Loredana, al punto che può essere considerata il sincero testamento artistico di un’interprete che non si è mai risparmiata, salendo ogni volta “a cuore nudo” sul palco.
6. Raphael Gualazzi, L’estate di John Wayne In genere Gualazzi non rientra tra i miei ascolti, ma questa sua parentesi da ombrellone venata di vintage quest’estate mi ha fatto innamorare.
5. Tricarico feat. Arisa, Una cantante di musica leggera Due mondi, ognuno a suo modo folle, si sono incontrati dando vita a una bomba elettropop: prendi un testo semplicissimo e brillante, mettilo su una melodia appiccicosa come marmellata e chiama a duettare una delle voci più limpide che ci siamo in Italia. Un dialogo ideale tra un ascoltatore e la sua diva.
4. Anna Oxa, L’America non c’è È la canzone-outsider. Dopo anni di silenzio, la Oxa è tornata con un brano di grande modernità e sperimentazione: mi è bastato un ascolto per capire che non me lo sarei tolto dalle orecchie. Al momento in cui scrivo, il brano non è ancora stato ufficialmente pubblicato: l’unica traccia che se ne ha risale a questa primavera, durante una puntata di Amici.
(Piccola nota fuoricampo: provate ad ascoltare il testo alla luce dell’elezione di Trump…)
3. Soltanto, Tutta la vita davanti È il brano di apertura di Skye, secondo album del busker milanese Soltanto. Una toccante canzone-manifesto di un’esistenza, riassunto di una filosofia di vita, che lascia traspirare libertà da ogni singola nota.
2. Thegiornalisti, Completamente Una musica leggerissima per un testo di parole pesanti come macigni. Un pezzo di puro pop che odora di umano, amore e lenzuola ancora calde; un’ammissione di sconfitta da parte di un uomo che non teme di mettersi a nudo mostrando tutta la sua vulnerabilità.
1. Noemi, Amen La perfetta incarnazione di ciò che di solito chiedo alla musica, e probabilmente il più bel pezzo della discografia di Noemi fino a oggi: melodia da brivido alla schiena e testo che ti gratta l’anima. Una solenne preghiera laica in cui si parla di un cuore sanguinante, preso a calci, un’anima rotolata nel fango, stanca di camminare, si chiede scusa all’amore e al Signore e si chiede finalmente pace. Meraviglia.
La playlist dei brani è disponibile a questo link.
Cosa succede quando il videoclip si immerge nel mondo della magia o vuole dare uni sguardo sugli universi paralleli? La natura si distorce, si piega, si capovolge, diventa addirittura distopica o si riempie di simboli arcani, l’artista incarna le sembianze di una creatura extraterrestre o soprannaturale e per i registi è una succulenta occasione per dare libero sfogo alla creatività più visionaria.
Dagli anni ’70 fino ad oggi, ecco alcuni esempi di come il mondo fantastico e alieno abbia fatto irruzione nel videoclip musicale, trasformando per alcuni minuti i cantanti in splendide o terrificanti creature…
David Bowie, Life On Mars? Qui c’era solo l’imbarazzo della scelta, perché sono state tante le volte in cui l'”alieno” Bowie ci ha portato fuori dalla realtà (o ha portato la sua in mezzo a noi, dipende da come la si guarda…). In Life On Mars? però la sua identità extraterrestre si manifesta in tutta la sua eleganza.
Madonna, Bedtime Story Per dare le immagini a una canzone in cui aveva infilato le mani anche Björk come autrice, la Signora del pop costruì un video surreale, sicuramente il più enigmatico e il meno intelliggibile della sua carriera, ambientato in una realtà futuristica e piena di simbolismi arcani.
Björk, Hunter Più che una cantante, Björk è un’abitante di una galassia remota che ogni tanto si presta a cantare. Qui, per esempio, si mostra completamente calva, mentre sul suo volto prende forma lo strambo muso di… un orso!
Marilyn Manson, The Dope Show Con quegli occhi bicolori e quel corpo provocatoriamente ermafrodito, ai tempi di The Dope Show il Reverendo sfidava il buoncostume e ci piombava addosso nei panni di un umanoide con seni e pacco di plastica, per di più con una canzone che inneggiava alla droga (o così almeno si diceva). Lo scandalo all’epoca fu rovente.
Busta Rhymes feat. Janet Jackson, What’s It Gonna Be? Video per l’epoca costosissimo dato l’elevatissimo tasso di effetti speciali. Immersi in una non-realtà, una dimensione indefinita in tempo e in spazio, Busta Rhymes e Janet Jackson appaiono nelle vesti di signori del post-moderno. Lui umanoide dal corpo di mercurio, lei fatalona un po’ cyber e con tanto latex.
Christina Aguilera, Fighter Diretta dalla superba Floria Sigismondi, Christina Aguilera compie sotto i nostri occhi la trasformazione da enorme bozzolo nero a candida crisalide, in un’ambientazione onirica e distorta. Gli insetti non sono mai sembrati tanto belli.
Grace Jones, Corporate Cannibal Nel video di questo pezzo dalle atmosfere alquanto sinistre, la pantera giamaicana è poco più di un ectoplasma nero con occhi e bocca che si muovono, si spandono, si restringono e si deformano.
Lady Gaga, Born This Way Nel cantare che dobbiamo tutti accettarci per come siamo, Mother Monster arrivava direttamente dallo spazio proclamando l’avvento di una nuova, utopica era universale, popolata da creature dalle fattezze umane e dal cuore immacolato. Segni particolari, un paio zigomi “importanti”.
Katy Perry, E.T. Fosse anche solo per il titolo della canzone, questa è la cosa più aliena che si sia vista nella musica, almeno negli ultimi 20 anni. Volteggiando nello spazio in magnifiche metamorfosi, l’extraterreste Perry arriva sulla terra e si ritrova in uno scenario post-apocalittico, in cui niente e nessuno sembra essere sopravvissuto. Forse…
Brooke Candy, Opulence Video malatissimo, di una violenza disturbante, scurissimo. Nelle mani esperte di Steven Klein, Brooke Candy veste gli innumerevoli panni di una creatura folle, un personaggio distopico a metà strada tra una diva in crisi di nervi e il protagonista di un incubo. Un viaggio allucinato a velocità fuori controllo.
Die Antwoord, Ugly Boy Sono tra le band che amano spingersi sempre “un po’ più in là” con l’immagine. Il loro universo visionario li porta per questo video ad alternare immagini di angeli neri, inquietanti bambini-pupazzo, sangue e rose in fiamme.
Daphne Guinness, Evening In Space Un coloratissimo scenario spaziale, decisamente barocco. Costumi esagerati, gioielli, bolle di cristallo, make up elaboratissimi, aitanti marziani fucsia e luminosi. La grande fashion star ha fatto le cose in stile eccelso per questo video diretto nientemeno che da David LaChapelle. Alla produzione del brano invece c’è Tony Visconti, sì, proprio quello di Bowie. Un pezzo così come poteva non avere un’anima aliena?
Rose McGowan, RM486 Per il suo primo video musicale, l’attrice diventata famosa grazie a Streghe ha scelto di comparire nelle inquietanti fattezze di una creatura bianca e calva, ora nuda, ora ricoperta di glitter rossi, piume, pendenti, spilli sulle unghie.
Rihanna, Sledgehammer Dal momento che la canzone fa parte della colonna sonora di Star Treck, il video non poteva non riprendere quelle suggestioni spaziali. Sola sulla terra, la meravigliosa aliena Rihanna, dal volto enigmaticamente dipinto, si muove ipnotica in danze arcane sotto a un cielo in piena tempesta cosmica.
Kerli, Blossom (The Halls of Heaven Session) In totale unione con la natura, la cantante estone, da tempo impegnata nella sensibilizzazione verso l’ambiente, assume i panni di una coloratissima fata delle nevi nordiche.
BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
Scelta spiazzante quella di Daphne Guinness. Cosa succede infatti quando una delle più grandi fashion icon decide di buttarsi nella musica e incidere un disco? Nella maggior parte dei casi, succede poco o nulla, il più delle volte ne viene fuori una manciata di brani strambi zeppi di elettronica. Sì perché per fare le cose cool e trendy oggi ci si butta lì dentro, in quel magma indistinto di suoni prodotti dai synth.
Ma dimenticavo che questo succede se sei una qualunque fashion blogger, fashion trender, fashion quel-che-vuoi, non se sei una vera icona vivente dello stile, una delle più grandi, una a cui persino Karl Lagerfeld si sente in dovere di inchinarsi: una come Daphne Guinness. A quel punto, non potresti permetterti di buttare via tempo ed energia per pubblicare una dozzina di canzoni “tanto per”, ma puoi fare quello che davvero ti va, metterci anima e corpo e farlo al tuo meglio. Così ha fatto, più o meno, la Signora dai capelli bicolore. E anziché rifilarci un anonimo e scontato disco di elettropop/EDM, ha pensato di darsi al rock.
E’ nato così Optimist In Black.
Certo, Daphne Guinness non è Patti Smith o Debbie Harry, non lo è e lo sa, così come è più che evidente che se nella vita avesse voluto fare la cantante probabilmente a quest’ora sarebbe a raccogliere spiccioli in qualche disgraziato locale di periferia.
Ma la fortuna ha voluto che nascesse in una delle più ricche famiglie irlandesi (proprio i Guinness della birra) e venisse assorbita dal fashion system, così che la musica è rimasta per lei solo una marginale passione, da coltivare quando e come le piace.
Quando si è trattato di dar vita al suo album – e non è affatto detto che rimanga l’unico – Daphne ha chiamato Pat Donne e Tony Visconti, lo stesso che per anni ha affiancato il caro Bowie alla produzione. Portare a termine il lavoro, ha dichiarato, non è stato facile, ci sono voluti tre anni, e sin dalla pubblicazione del singolo Evening In Space, nel 2014, si era capito che stava facendo sul serio: in quel brano infatti non si faticano a ritrovare le medesime atmosfere aliene di Life On Mars. Per il resto, i riferimenti sono da ricercare soprattutto negli ascolti degli anni ’60 e ’70.
Con l’eccezione di un alcuni brani – Fatal Flow e No Nirvana Of Cooldom, per esempio – che effettivamente mostrano quei suoni fluidi di cui parlavo all’inizio, per il resto Optimist In Black è un lavoro di impronta cantautorale piuttosto malinconica, visto che dentro Daphne ha infilato i pezzi più dolorosi della propria vita, senza risparmiare stoccate all’ex marito (Bernard-Henry Lévy, il filosofo) o il ricordo degli amici scomparsi (la collega Isabella Blow e lo stilista Alexander McQueen, morti entrambi suicidi a pochi anni di distanza): Optimist In Black sembra un po’ la stanza privata di Daphne, un cantuccio in cui rifugiarsi dopo essersi tolta gli abiti di haute couture. Uno spazio suo, da arredare come meglio credeva, senza la pretesa di consegnarci una nuova Bibbia della musica, ma nemmeno senza scialacquare l’occasione.
Optimist In Black non è un disco da classifica, probabilmente non è un disco che lascerà segni nella memoria, ma è un lavoro che ha le gambe per stare in piedi. Un disco di una donna che, arrivata a lambire i 50 anni e restando quotidianamente immersa nel luccichìo del fashion biz ai massimi livelli, sa che la vita riserva anche brutti scherzi, tremendi a volte, e che arriverà per tutti un momento in cui dovremo vedercela da soli.
Dovremo affrontare dolori, ci butteremo addosso il nero del lutto, e certi segreti ce li porteremo dentro in silenzio, certi di poter contare solo su di noi.
Di tutto il resto, chi se ne frega: il mondo là fuori sarà fantasticamente luccicante.