A distanza di un anno dalla pubblicazione, Potere, l’ultimo album di Luché, torna in una ricca versione speciale contenente anche il primo libro del rapper napoletano e alcuni inediti.
Potere (il giorno dopo), disponibile in versione fisica, digitale e streaming, uscirà il 28 giugno nei negozi e in tutte le piattaforme. Al suo interno la tracklist originale dell’album, il singolo Stamm Fort feat. Sfera Ebbasta (uscito a gennaio 2019 e certificato disco di platino) e Parliamo, il primo tra gli inediti già disponibile e prodotto da Charlie Charles.
Il cofanetto è inoltre impreziosito da Il giorno dopo, il primo libro di Luché: un lavoro estremamente personale, in cui l’artista partenopeo svela tutto di sé, tracciando un lucido autoritratto che si distingue per sincerità e coraggio.
Non esistono altre storie come quella di Luché, nel panorama rap italiano. E anche se ne ha già dato ampi scorci nei suoi album, ha deciso di mettersi in gioco in prima persona e raccontarla anche in un libro, appassionante come un romanzo, ma reale al 100%. Dall’infanzia nel complicato quartiere di Marianella al senso di rivalsa che lo spinge a trasferirsi giovanissimo a Londra; dalla fondazione e lo scioglimento di un gruppo di culto come i CoSang alla lotta per riemergere dalle loro ceneri. E ancora, il complesso rapporto con la scena rap italiana; i conflitti e le amicizie con i colleghi; la narrazione della strada e dei suoi personaggi; l’amore e le sue molte facce.
Attraverso queste pagine, e attraverso una vicenda umana unica nel suo genere, il lettore rivivrà inediti retroscena che appassioneranno sia i fan della prima ora che i neofiti assoluti.
Con una morale di fondo che è impossibile da dimenticare: il giorno dopo sarà sempre un giorno migliore.
Tracklist:
1. Intro (feat. Paola Imprudente)
2. Potere / Il sorpasso
3. Nada
4. Je ce credevo
5. Facile
6. LV & Balmain (feat. Gué Pequeno)
7. Torna da me
8. Star
9. Lo sai chi sono (feat. CoCo)
10. Diamanti nei denti
11. 10 anni fa (feat. CoCo)
12. Non abbiamo età
13. Dormiamo insieme
14. Gli Altri
15. Potere 2 (feat. Enzo Avitabile)
16. Al mio fianco
17. Parliamo
18. Stamm Fort (feat. Sfera Ebbasta)
19. Dieci Anni Fa RMX (feat. CoCo & Tony Effe)
20. Burn
In un’epoca in cui la proliferazione del rap non accenna a diminuire, ma anzi riempie ancora di più le classifiche sotto la declinazione della trap, succede che i rapper stessi cerchino di svincolarsi dalle definizioni, un po’ per rinnovarsi e non rischiare l’oblio, un po’ per dimostrare la propria originale identità.
Poi c’è chi originale” e fuori dagli schemi lo è sempre stato, e in questo clima di continua rivoluzione urban rischia di trovarsi addosso definizioni approssimative. Prendiamo il nuovo disco di Mecna, Blue Karaoke, per esempio, in uscita il 22 giugno: quarto capitolo discografico di una carriera e di un nome che dagli esordi del 2012 ha sempre conosciuto l’ascesa, ampliando sempre di più il proprio pubblico , ma soprattutto guadagnandosi una stima e una credibilità finora inattaccabili. Perché Corrado Grilli, questo il suo vero nome, è uno che ha sempre fatto il suo, dividendosi tra la musica e l’attività di grafico, che ha messo anche al servizio di diversi colleghi realizzando gli artwork dei loro album.
Lontano dalle faide – reali o mediatiche -, estraneo alla brama di visibilità che colpisce i nuovi “trappers”, dopo Lungomare paranoia del 2017 Mecna esce da Macro Beats e pubblica ora un disco che definire rap sarebbe limitante se non addirittura sbagliato. Ci sono le rime, le barre, qualche intervento di autotune, ma soprattutto ci sono un mood e una scrittura che travalicano il rap è abbracciano l’r’n’b e il soul, l’elettronica, persino il pop in certi momenti. E c’è la melodia.
“Questo è un disco che nasce da una rottura, come succede spesso”, esordisce Mecna nel presentare il nuovo lavoro, “perché si cresce, si cambia, si fanno delle scelte. Non è però un disco sentimentale”. La sua scrittura non ama i toni urlati, preferendo le atmosfere sommesse e intimiste, perché racconta tanto del suo autore, e l’introspezione è forse uno dei più resistenti fili che legano tutte le nuove tracce. Lo si intuisce subito dalle confessioni di Senza di me, il brano che apre l’album, e poi si trova la conferma in Pratica o in Hotel, quest’ultima in duetto insieme a Fabri Fibra. Riflessioni in solitaria, notturne, meditazioni, flussi di coscienza, distacchi, amore. Sì, amore.
Il titolo del disco, Blue Karaoke, Mecna lo spiega così: “Per quanto a volte sia una situazione trash, al karaoke si cantano canzoni rimaste nella memoria, i classici, ed è quello che mi auguro anche per la mia musica, al di là di questo album, che possa restare negli anni. Però nel mio caso è un karaoke triste, blue appunto, preso male“.
Un po’ staccata da tutto il resto, e proprio per questo presenza lampante all’interno dell’album, è poi Ottobre rosso, una sorta di lettera aperta al mondo del rap: “Forse ascoltandola si potrebbe pensare che io volessi lanciare una critica al panorama hip-hop italiano. In realtà, questo momento di celebrità che il rap sta vivendo è positivo, perché permette a tutti di esprimersi, offre più spunti: più ce n’è, meglio è. Sarebbe bello se il rap in Italia riuscisse a sdoganarsi come in America o in Francia, dove il rapper non è più associato allo stereotipo del tizio con i pantaloni larghi e la bandana. Anche qui in Italia comunque si è creata una buona convivenza tra i rapper, più o meno pacifica”. Ottobre rosso vede la partecipazione di Ghemon, che torna a collaborare con Mecna dopo diverso tempo: “Siamo cresciuti insieme, in un sodalizio, e l’ho sempre stimato, anche perché anche lui, come me, è sempre stato visto come un outsider, ma con la voglia di far parte di un movimento”.
Oltre a Ghemon e al già citato Fibra, completa l’elenco degli ospiti CoCo in Tu ed io, uno dei punti di maggiore sperimentalismo dell’album, insieme a Non sono come te. La chiusura è invece affidata a 31.09, terzo capitolo che segue le precedenti 31.07 e 31.08, e che va a formare una sorta di trittico sulla fine di una storia.
Tanti gli instore in programma a partire da venerdì 22 giugno, ma solo una data live, il 12 luglio al Circolo Magnolia di Milano: “Un tour estivo, all’aperto, non è adatto alle mie canzoni. Anche i fan lo hanno riconosciuto: c’è distrazione, invece per le mie canzoni serve un’atmosfera di raccoglimento”. D’altronde, sarà anche un karaoke, ma pur sempre blue.
Instore tour: 22 giugno – Varese ore 15.00 – Varese Dischi Galleria Manzoni 3 22 giugno – Torino ore 18.30 – Mondadori Via Monte di Pietà 2 23 giugno – Milano ore 18.00 – Mondadori Piazza Duomo 24 giugno – Verona ore 18.30 – Feltrinelli Via Quattro Spade 2 25 giugno – Padova ore 15.30 – Mondadori Piazza Insurrezione XXVIII Aprile 45 25 giugno – Mestre ore 18.30 – Feltrinelli P.za XXVII Ottobre 26 giugno – Bologna ore 18.30 – Mondadori Via M. D’Azeglio, 34 27 giugno – Lucca ore 15.30 – SkyStone&Songs Piazza Napoleone, 22 27 giugno – Firenze ore 18.30 – Galleria del Disco Piazza della Stazione, 14 28 giugno – Roma ore 17.30 – Discoteca Laziale Via Mamiani 62 29 giugno – Bari ore 15.30 – Feltrinelli Via Melo 119 29 giugno – Lecce ore 18.30 – Feltrinelli Via dei Templari 9 30 giugno – Foggia ore 18.30 – Mondadori Via Oberdan 9/11 2 giugno – Napoli ore 18.00 – Feltrinelli Piazza Garibaldi 3 luglio – Palermo ore 18.30 – Feltrinelli Via Cavour 133 4 luglio – Catania ore 18.30 – Feltrinelli Via Etnea 285
BITS-CHAT: Un rap violento, che parla (anche) d’amore. Quattro chiacchiere con… Luchè
“Un disco molto personale, con momenti introspettivi e dark: ho voluto trovare un suono che mi distinguesse da quello che c’è in giro. Ho lavorato tanto sui ritornelli. Ci sono pezzi più forti, altri più intensi, parlo anche d’amore. Non ci sono invece pezzi crudi, O’ Primmo ammore in questo senso è un’eccezione, perché non voglio ripetermi: ho voluto parlare di me, ma in modo diverso dal passato, ho messo davanti la mia persona rispetto al contesto.”
Così Luchè parla del suo ultimo album, Malammore, il terzo lavoro solista da quando nel 2012 il progetto Co’ Sang, di cui faceva parte con il collega ‘Ntò, ha cessato di esistere. Da allora sono arrivati gli album L1 e L2.
O’ Primmo ammore è stato uno dei primi brani che il pubblico ha ascoltato del nuovo disco, essendo stato inserito nella colonna sonora della serie TV Gomorra. Già, Gomorra, proprio quella “di Saviano”, quella di Napoli, la città di Luchè, anche se ormai vive da parecchi anni a Londra.
“Spesso mi capita di spiazzare le aspettative: non sono per forza il rapper del ghetto di Napoli. Sono anche quello, ma non solo, e mi piace cambiare direzione ogni volta, far venire fuori qualcosa di nuovo, anche se all’inizio chi mi ascolta potrebbe non capire.”
Perché scegliere Che Dio mi benedica come singolo di lancio? Quella è una canzone che difficilmente ci si aspetta da me. Parla di un ragazzo che non si piace, ha dei complessi, sta uscendo da una relazione. Una situazione che ho vissuto sulla mia pelle, ma ognuno di noi ha delle insicurezze, tutti almeno una volta ci siamo odiati, ecco perché ho voluto scriverla.
E la scelta del titolo dell’album? Che cos’è il Malammore? Non potevo continuare la serie L3, L4, L5… Forse in futuro ci tornerò. Malammore è stato il mio primo tatuaggio, fatto a 17 anni, ma è anche il nome di uno dei personaggi di Gomorra. E’ una parola che indica l’amore, la passione, il dramma, racchiude il mood del disco: è un amore dannato, una passione che ti annienta, come la musica per me. Rimettermi in gioco ogni volta, cercare di superarmi mi distrugge, anche se io amo la musica: amo la canzone finita, non amo il processo di creazione. Malammore è questo, un compromesso di amore e sofferenza.
Questa sofferenza si combatte? Sì, ma non so bene come: si combatte e basta. Io continuo a fare musica perché mi sento spronato da quelli che mi ascoltano, so che ci sono loro che aspettano le mie canzoni, e questo mi fa continuare a scriverne di nuove.
In Violento fai riferimento al fatto che alle major non piaceva la tua musica: resta il fatto però che questo album esce per Universal. Cos’è successo? Ti sei censurato per poterlo pubblicare? No, no, la libertà che mi sono preso è stata totale. Ho firmato con Universal a disco già chiuso: negli incontri che ho avuto con i discografici per definire l’accordo, mi hanno dimostrato di aver capito che esiste un mercato hip hop fatto da un determinato numero di persone, e che quel mercato se lo dividono i vari rapper, ognuno con la propria fanbase. Quindi non è tanto importante avere un singolo radiofonico, ma è l’artista che tira: se c’è un singolo forte a disposizione meglio, ma insieme siamo arrivati alla considerazione che il pubblico segue il rapper indipendentemente dal passaggio in radio. Ecco perché non mi hanno imposto nulla. Nella canzone dico che alle major non piaccio perché il mio sound è violento, ma è sempre stato così.
Tra le collaborazioni ci sono Gue Pequeno, Baby K e CoCo: perché hai scelto di coinvolgere loro? Con Gue Pequeno abbiamo fatto Bello, un pezzo forte, pieno di punchlines, “spaccone”, tamarro, come ama fare lui. Baby K invece l’ho coinvolta per un pezzo d’amore, Quelli di ieri: ho fatto io il beat e ho chiamato lei per la parte cantata, sapendo già che le sarebbe piaciuto. CoCo lo seguo dagli inizi, è il mio migliore amico: insieme stiamo creando il movimento “black Friday”. Per il resto, ho lavorato con il gruppo di lavoro che già mi seguiva.
Malammore è un album piuttosto lungo, con 19 pezzi: avevi tanto da raccontare? Dopo due anni dall’ultimo album, non volevo tornare con un disco di 11 pezzi, sarebbe stato incompleto: inoltre, 3 tracce erano già uscite, per cui di fatto gli inediti sono 16. Volevo bilanciare i vari stili, le influenze. Quando scrivo, di solito scarto pochissimo: se non mi sento sicuro di un pezzo, non lo finisco neanche.
Pensi che l’hip hop sia cambiato in questi ultimi 3-4 anni di grande esposizione mediatica? E’ cambiato molto: la nuova generazione di rapper strizza molto l’occhio all’America, molto più di quanto non facessimo noi. Tra le cose che vedo e che non mi piacciono c’è la ricerca della canzone trash, fatta per una comicità “alla Pierino e Bombolo”, come se fossimo un pubblico di cretini. Dall’altra parte, ci sono però dei rapper che hanno sonorità internazionali, che si richiamano alla Francia o, come dicevo, all’America: sono giovani, per cui magari devono crescere, ma ci portano fuori da quel fastidioso “rap all’italiana”. Il pubblico cerca dei messaggi, cerca dei leader, dei punti di riferimento, e i rapper possono essere in questo senso dei modelli.
Una domanda di rito per BitsRebel: cosa significa per te il termine “ribellione”? La ribellione non la definisci, la provi. In questa società, la più grande forma di ribellione è essere se stessi: oggi i ragazzi si muovo in massa, non ragionano da soli, ma per schemi. La ribellione è importante se ha uno scopo, non se è fine a se stessa: penso a Napoli, una città dove la ribellione è necessaria, perché siamo stati strumentalizzati e spesso viviamo credendo che questa sia la situazione che ci meritiamo. Per Napoli, ribellarsi vuol dire opporsi a un destino che sembra già scritto: dobbiamo ritrovare la dignità, meritiamo di avere degli input, meritiamo un sistema che funzioni, meritiamo di non sentirci inferiori. Perché in Italia quasi nessuno ha parlato dell’evento di Dolce&Gabbana che si è svolto a Napoli, mentre i media stranieri sì? Perché Napoli serve per essere strumentalizzata, per farci Gomorra: c’è razzismo, dà fastidio vedere Napoli capitale della moda, anche solo per qualche giorno. Apprezzo Saviano soprattutto quando parla di politica, meno quando analizza l’attualità: le sue denunce sarebbero state utilissime se poi fosse cambiato qualcosa, ma nella sostanza la rivoluzione sociale non c’è stata.
Nell’assopimento delle coscienze, la musica ha delle colpe? La musica no, sono gli artisti ad averle: dipende da come si usa la musica, e oggi molti la sfruttano solo per diventare famosi. La musica potrebbe fare tantissimo, ma deve scontrarsi con queste situazioni, e con una grande ignoranza del pubblico.