BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
La prima volta che l’ha vista esibirsi, a David Lynch è apparsa come la più bella aliena che avesse potuto immaginare, tanto che nel 2011 ci ha fatto un album insieme, This Train, in cui affrontavano gli orizzonti dell’electro-blues.
Adesso però Chrysta Bell ha fatto da sola e ha pubblicato il suo primo vero album da solista, We Dissolve.
Ora, io non so esattamente che musica facciano e ascoltino gli alieni lassù tra le galassie, ma posso dire che quella di Chrysta Bell è elegantissima, raffinata, senza essere mai superba. Un pop sognante e affusolato, foderato di velluto dai colori notturni.
Ci sono elementi elettronici, classici, blues, jazz, anche rock, tutti però lasciati scorrere sotto la superficie di melodie sornione e degne di una diva quale la signora pare essere. Non c’è ovviamente il pop facile facile, non ci sono pezzi “radiofonici” (che brutta parola!), ma non siamo neanche nell’universo dell’indie (altra brutta parola…) più prepotente.
A tratti il disco scintilla di chitarre, a tratti si fa rarefatto e più ipnotico, a tratti si scioglie in arrangiamenti orchestrali, mentre la voce della Bell non perde per un attimo la classe austera che probabilmente ha folgorato Lynch.
A dispetto del titolo, il singolo Gravity – piazzato in chiusura – è probabilmente il momento di maggiore slancio e forse il più ricco di echi del passato.
Il pop di lusso non è destinato solo alle élite. Ci voleva un’aliena per un’aliena per farcelo capire?