BITS-CHAT: “Colpisco la vita, ogni volta più forte”. Quattro chiacchiere con… Loredana Errore

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Quale piega può prendere la vita dopo un evento traumatico come un incidente stradale a cui si è sopravvissuti per quello che si è soliti chiamare miracolo? E soprattutto, come sarebbe stata la vita se quell’evento non si fosse mai verificato?
Domande con risposte impossibili, ovviamente. 

Quello che si può fare è scrollarsi la polvere di dosso, asciugarsi le ferite e ricominciare a camminare seguendo il percorso che sembra più giusto.

Così deve aver fatto Loredana Errore, che nel settembre del 2013 si è trovata coinvolta in un tragico incidente automobilistico. Un evento che ha lasciato i suoi segni, oggi forse più sull’anima che nel corpo, e che ha richiesto di attraversare il periodo buio della ripresa, con i suoi dubbi e le sue domande.

Ma, come spesso fortunatamente succede, al buio più fosco segue la luce, che in questo caso è una Luca infinita. E proprio questo è il titolo del nuovo disco di Loredana, uscito a quattro anni dal precedente Pioggia di comete, ma soprattutto arrivato dopo il timore di aver visto la fine.

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Il primo elemento che colpisce di questo album è la copertina: cosa hai voluto rappresentare con il diverso trucco degli occhi?
In quell’immagine ho rappresentato il bene e il male, due elementi in contrapposizione ma che convivono in noi e che insieme portano ordine. La scelta di una copertina come questa è arrivata dopo l’esperienza dell’incidente: da quel periodo di buio io sono tornata alla luce, una luce infinita appunto. Questo album è la mia dichiarazione di speranza.

All’epoca dell’incidente stavi già lavorando al nuovo album o è nato tutto dopo?
Quando è successo l’incidente ero ancora impegnata con il tour di Pioggia di comete, non stavo ancora pensando a quello che sarebbe successo dopo. Il progetto di questo album è nato tutto in seguito ed è partito proprio da quel tragico evento.

Pensi che in qualche modo l’incidente ti abbia cambiata?
Sicuramente da allora vivo tutto più intensamente, ogni istante, ogni dettaglio. Devo dire però che in questo mi ha aiutato molto anche la fede: già prima dell’incidente avevo sviluppato un forte rapporto con Dio, ho sempre avuto una fede abbastanza solida. Certo, ci sono momenti nella vita in cui dubitare diventa facile, ma in fondo non ho mai smesso di credere. C’è una frase in Nuovi giorni da vivere che riassume bene il significato di questo disco, “Ci vuole coraggio per riprendersi il cielo”: ecco lo spirito con cui sono tornata è proprio questo. Penso anche però che un incidente non può cambiare quello che sei: certe cose devi già averle nel cuore.
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A differenza dell’album precedente, qui non ci sono brani scritti da te: è stata una certa precisa?
Esattamente: quando ho incontrato Carlo Avarello e sono entrata a far parte dell’Isola degli artisti, mi sono messa completamente nelle mani della squadra che ha lavorato con me. Devo dire che non è stato difficile assimilare questi brani: sono stati per me un dono, ho visto in loro la luce infinita che cercavo e che ha poi dato il titolo a tutto il lavoro. In questa logica è stato inserito, per esempio, un brano come Convincimi, firmato da Avarello, Pago e Franco Califano.

E la scelta di reinterpretare Per amarti di Mia Martini?
Quella canzone è stata il primo punto di contatto tra me e Carlo Avarello, che poi ha prodotto l’album: mi è stata affidata in occasione di un evento dedicato a Mia Martini, Buon compleanno Mimí. Non la conoscevo e mi sono resa conto che è un brano difficilissimo, riuscire a portarlo a termine è stato un po’ come scavalcare l’Everest. Per questo poi, quando con Carlo abbiamo iniziato a lavorare al disco, mi è sembrato giusto riproporlo.

Durante il periodo buio dell’incidente, hai mai avuto paura che tutto potesse finire?
Sì, ho più volte avuto questo timore. Non sapevo come ne sarei uscita, cosa sarei ancora stata in grado di fare, sentivo che la mia voce non poteva fare più di tanto e mi chiedevo se sarei stata ancora capace di tornare a cantare come volevo io.

E se fosse successo? Se la musica fosse dovuta uscire dalla tua vita, come l’avresti sostituita?
Già prima che iniziassi a cantare, nella mia vita c’era Dio. Se non avessi più potuto fare musica, se non fossi più riuscita a esprimere le mie emozioni con il canto, avrei probabilmente trovato la soluzione nella fede. Nella vita c’è davvero rimedio a tutto, tranne che alla morte.

Il tuo modo di interpretare i brani è particolare, molto viscerale: non hai mai paura di scoprirti troppo davanti al pubblico?
In effetti me lo sono sentita dire molte volte e sopratutto in quest’ultimo periodo anch’io mi sono chiesta se fosse giusto continuare ad avere questo approccio nelle canzoni: ma la mia attitudine verso la musica è così, non sarei mai in grado di proporre qualcosa di sola tecnica. Ci devo mettere l’anima, il cuore, altrimenti per me cantare non avrebbe senso.

Loredana (DA E PER DI VINCENZO)

Sei riuscita a seguire l’insegnamento di “non aver paura della vita, colpirla più forte, colpirla più volte”, come canti in Lo sguardo stupendo?
Io credo proprio di sì: è una bellissima frase di un brano dedicato a mia madre. Per me la figura materna ha un contorno particolare: da piccolissima ho vissuto esperienze pesanti come possono essere l’abbandono e l’adozione, esperienze che indubbiamente ti segnano per sempre e che mi hanno fatta diventare quella che sono oggi. Sì, io della vita non ho paura, anzi, voglio continuare a sorriderle con entusiasmo.

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di “ribellione”?
Per me la ribellione va intesa prima di tutto nel suo significato sano, non sono certo per la violenza. La ribellione è una forza di giustizia, un elemento che ripristina la giusta realtà: nella mia vita, ho fatto della ribellione un punto di forza, sia in famiglia che all’esterno.

Briga oltre il rap: “La confusione nutre il talento”

Qualunque idea poteste avere di Briga fino ad oggi, cancellatela perché molto probabilmente è sbagliata. Io per primo mi son dovuto ricredere alla grande dopo aver ascoltato il suo ultimo lavoro, Talento.
Lo ricordavo piuttosto spocchiosetto nella sua uniforme di Amici, impegnato a raccogliere applausi e battibeccare con la Bertè, e l’ho ritrovato oggi con addosso un elegante completo scuro, ma soprattutto una maturità e una consapevolezza che non avevo ancora visto in lui.
Il fatto è che Talento, questo disco che – per sua stessa ammissione – ha un titolo ambizioso e insolente, è un lavoro che va ben oltre il rap. Anzi, il rap è solo una delle sue tante componenti, perché dentro c’è molto, molto altro, dalle influenze delle rock britannico all’elettronica, ma soprattutto tantissima melodia e testi a dir poco spiazzanti.
Se il brano che ha aperto il nuovo corso della carriera di Briga, Baciami, era niente di più e niente di meno di un pezzo estivo, tra le 13 tracce (17 nella versione deluxe) che firmano il disco si passa anche attraverso un pezzo cantato come Diazepam, in cui l’artista Briga e l’uomo Mattia si annullano totalmente al servizio di un amore malato, oppure Bambi, l’episodio più folle in assoluto, con tanto di omaggio ai Pink Floyd, o ancora Mily.

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Briga si è pure preso il lusso di assoldare un quartetto d’archi che ricompare in più di un pezzo, ed è evidentemente che il lavoro dietro a questo album è stato notevole. Mentre ne parla, a Briga/Mattia brillano gli occhi, in lui traspare tutto l’orgoglio per la consapevolezza di aver fatto qualcosa di nuovo, di diverso, e di aver per questo accettato la sfida, ben conscio che l’ombra del talent c’è, e resterà a lungo, ma anche che il compito di un artista è quello di trascinare il suo pubblico, e non viceversa. Se un ascoltatore, messo a davanti a queste tracce, ne “skipperà” anche solo una, quella sarà una sconfitta per il brano, ed è ciò che Briga e la sua squadra si sono imposti di evitare.
Talento è nato in nove mesi di lavoro in studio portati avanti anche durante il tour, con la stessa tenacia con cui un falegname ogni giorno entra in officina anche quando non deve soddisfare una commissione ma si mette a battere con lo scalpello per creare qualcosa. Non c’era tempo di chiudersi in se stesso, tanto era accaduto dopo il talent, e la paura che la vita avesse esaurito le sue sorprese c’era, anche se Briga non ha ancora raggiunto il traguardo dei trent’anni.
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Un album oltre il rap, quindi, ma che dal rap parte, perché è Briga che parte da lì, da quel mondo in cui ognuno dice la sua verità, forse discutibile, ma pur sempre una verità, proprio come facevano i cantautori di qualche generazione fa.
Tantissimi gli ospiti, dai “colleghi” Gemitaiz, Sercho, Clementino, Gemello, a nomi del pop e del rock, come Grignani, Lorenzo Fragola (che del suo pezzo si è fatto anche coautore, in una giornata di otto ore filate in studio) e Alessio Bernabei.

Dobbiamo quindi salutare il rapper Briga? No, dobbiamo salutare semmai il Briga solo rapper o solo artista pop o solo cantautore, in nome di un libero eclettismo che lo porta dal brit pop degli amati Oasis ai suoni dei Radiohead, fino all’elettronica acida.
Anche questo è talento, vivere in mezzo a questo mare sconfinato, a questa eterna confusione. Perché la confusione nutre il talento.

BITS-RECE: Loredana Errore, Luce infinita. Quando l’anima brucia di vita

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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C’è una cosa di Loredana Errore che mi ha fatto sentire in lei una sintonia fin dal primo momento in cui l’ho sentita cantare. Era ad Amici, ormai alcuni anni fa, e quando partiva la base di un brano, dalla sua bocca usciva una particolare commistione di brama di vita, gioia, ma anche un dolore avito, una sofferenza che sembrava covare in lei da sempre. E in ogni singola parola che pronunciava cantando, tutto questo veniva fuori con una forza impressionante. Stupendo e terribile insieme. Sicuramente un attaccamento alla vita, prima che alla musica, unico.

Oggi che il tempo è passato e che Loredana ha da poco attraversato un momento personale delicatissimo come lo può essere un incidente stradale di quelli tremendi, tutto questo è rimasto intatto. Nelle nove tracce del suo ultimo album, Luce infinita, quell’attaccamento alla vita si è fatto ancora più robusto, ha tirato fuori ancora di più le unghie e le infilate nella terra.
Il modo che ha Loredana di vivere le canzoni che interpreta è di quelli viscerali, che non ammettono mezze misure: o c’è tutto o non c’è nulla. Lo si sente nelle singole parole, nel modo che ha di mordere le sillabe, trascinarle, strapparle.
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Ci vuole coraggio per riprendersi il cielo, urla in Nuovi giorni da vivere, il primo singolo, e questa frase basterebbe da sola a riassumere l’anima di questo album che ci riconsegna dopo alcuni anni di silenzio un’artista preziosissima, tanto battaglierà quanto fragile.

Loredana canta d’amore, canta di vita, di perdite, di conquiste, di sconfitte, di sorrisi ritrovati, e in lei si sente, costante, una sincerità lucida, limpidissima, quasi abbagliante da guardare in faccia. La rivisitazione di Dio come ti amo di Modugno è quanto di più personale ci possa essere, Luce infinita è un violento vortice d’amore, Lo sguardo stupendo, dedicata alla madre, è invece un pugno d’amore tirato dritto nello stomaco del cielo, fino a farlo sanguinare.

La bellezza di Loredana Errore è che di artisti così in giro non se ne trovano molti, sono rari, rarissimi, perché le anime come la sua sono quelle così grandi da avere il coraggio di spogliarsi, farsi scivolare addosso l’armatura e mostrare i lividi, le cicatrici e i morsi ricevuti. E sorridere meravigliosamente.

E’ grazie ad anime così che la musica prende fuoco.