I “ricordi” di Alessandro Ragazzo


Cosa sarebbe la nostra vita senza i ricordi? Cosa saremmo noi senza i nostri ricordi? Saremmo probabilmente qualcosa di molto diverso, o forse non esisteremmo proprio.
Perché ciò che siamo oggi è il risultato di quello che siamo stati, la somma delle esperienze vissute e delle lezioni imparate, a volte non senza dolore, ma non importa.
Eppure spesso non ce ne accorgiamo, e lasciamo ai ricordi solo lo spazio della nostalgia.

Proprio ai ricordi è dedicato il nuovo EP di Alessandro Ragazzo.
Il titolo è Ricordi?, con il punto di domanda alla fine, proprio come capita spesso di dire quando con la memoria facciamo qualche passo indietro.

Attraverso cinque brani dalle sonorità acustiche ed elettroniche, il cantautore veneziano va alla riscoperta del valore dei ricordi nella sua vita come filtro per interpretare la realtà nei suoi dettagli: gioia, rabbia, amore, inquietudine e speranza. Nel grande mare dei ricordi c’è spazio per ogni sentimento, per una notte persa, per un maggio arrivato all’improvviso, per patatine mangiate dal sacchetto.
Sarà anche malinconia, ma è soprattutto vita.

“Ehi tu”, il nuovo singolo di Alessandro Ragazzo tra musica e periferia


Una dichiarazione d’amore ispirata da Venezia da parte di un cantautore che Venezia a imparato a conoscerla bene, anche negli angoli dove gli occhi dei turisti non riescono e non possono arrivare.
Ehi tu è il nuovo singolo di Alessandro Ragazzo, cantautore veneziano che nel 2015 si è fatto conoscere con un EP dedicato proprio alla sua città, Venice.

Le parole del nuovo brano evocano situazioni tipiche della quotidianità di chi vive la periferia, mentre sullo sfondo appare Marghera, città industriale la cui storia è strettamente legata a Venezia e decaduta dopo i fasti degli anni ’70-’80: “Marghera è collegata molto a questo brano perché è periferia, perché è vita di strada perché persone sensibili che nascono in ambienti così e hanno situazioni molto difficili, si buttano via ma è solo un disperato bisogno di amore ed attenzioni”.

Ma la riflessione del cantautore va anche molto oltre: “Penso a chi si è avvicinato all’eroina perché non aveva nulla, una passione, una famiglia o qualcuno che potesse credere in loro. Penso ad una persona estremamente fragile ed intelligente che cresce in un ambiente senza sensibilità che è costretto a reprimere tutto perché deve adattarsi all’ambiente in cui è nato. Penso ai ragazzi di periferia, che fanno fatica a seguire un sogno ma hanno con una grande libertà nel cuore che probabilmente non sanno di avere. Penso a chi cerca fortuna in una slot machine. Penso a quanto avere degli “esempi negativi” sotto gli occhi in continuazione mi abbia spinto a cercare di fare qualcosa di bello, a studiare la musica ad avere una passione. Penso anche a quante personalità diverse e opposte potessero ritrovarsi in un parchetto e come ogni diversità si annullasse e fossimo tutti sullo stesso piano. A quanto pare partire da un luogo con meno possibilità mi ha aiutato a crearmi un mondo interiore in cui ripararmi e sognare”.

BITS-RECE: Alessandro Ragazzo, New York. Solitudine e immensità

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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New York è molto più di una città, lo sappiamo, ce lo hanno insegnato i libri, i film, le canzoni. New York è l’incarnazione del caos, del ferro e del cemento, è il centro del potere, il punto in cui converge l’infinito. Un luogo dove l’ideale si fa realtà, il sogno acquista forma, la libertà sventola la sua bandiera più alta.

Tutti, anche chi non ci ha mai messo piede, si sono fatti un’idea di New York, e per quanto la sua skyline sia arcinota, ognuno ha della Grande Mela un’idea personale, perché New York è davvero così, parla milioni di lingue, palpita in milioni di ritmi, si fa guardare sotto milioni di angolazioni.

Non stupisce quindi trovarne un’ennesima – stupenda – interpretazione nel secondo EP di Alessandro Ragazzo, giovane cantautore veneto, che aveva già dato un’ottima prova d’esordio con Venice, EP dedicato a Venezia, ritratta nei suoi lembi notturni e malinconici.
È una mano gentile quella di Ragazzo, nella musica come nei testi, capace di dar forma a racconti intimi e riservati, svelando le emozioni più fragili e le sensazioni più personali. Ed infatti, quella che emerge nei quattro brani del disco è una New York forse inedita, che solo gli occhi più attenti riescono a vedere: Ragazzo ne raccoglie i respiri più leggeri e uggiosi, la racconta negli angoli silenziosi e lamentosi, che sono poi quelli dell’anima. Anzi, New York diventa un pretesto per far vibrare le corde interiori.
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In uno sfumato incontro tra pop, rock e indie, la partenza con Freckles è quasi commovente, mentre subito dopo The King Came incombe tra desolazione e austerità. In mezzo a increspature di synth e chitarre, New York si staglia immensa e immobile, fredda sotto a un cielo grigio. Ma anche minacciosa, paurosa.

Pochi, pochissimi luoghi al mondo sanno essere tanto crudeli e ospitali come New York, metafora grandissima della natura dell’uomo.
Quello che ne fa Alessandro Ragazzo è un ritratto nudo, vivissimo, solitario. E profondamente umano.