In questo Natale così diverso, fatto di divieti e distanze, arrivano gli auguri speciali di Alda Merini e Giovanni Nuti.
Il cantautore ha infatti musicato Natale, un testo che la poetessa milanese aveva scritto in occasione di uno dei suoi ultimi Natali. In questa festività Nuti e Merini portano così il loro messaggio in musica e invitano ad aprire il cuore.
Continua il lungo sodalizio artistico del musicista con la grande poetessa, durato sedici anni in vita, ma che ha visto Nuti portare avanti il loro repertorio di poesia e musica anche dopo la sua scomparsa, grazie anche a importanti collaborazioni nel suo nome (tra tutte con Milva, Valentina Cortese, Monica Guerritore, Lucia Bosè, Carla Fracci).
Natale è stato composto al pianoforte da Giovanni Nuti nella sua abitazione ed è stato arrangiato per archi e suonato “a distanza” da Simone Rossetti Bazzaro, storico violinista al suo fianco in tanti concerti. Il brano è dedicato a tutti coloro che hanno sofferto in questa pandemia e a tutti gli artisti che da quasi un anno non possono più calcare i palcoscenici, ma non hanno smesso di scrivere, comporre, suonare, “distanti” fisicamente, ma vicini nel desiderio di fare musica e tornare ad emozionare ed emozionarsi.
“Il depresso è come un vigile urbano / Sempre fermo sulla sua catastrofe”.
Così recitano due versi centrali de Il depresso, una poesia in cui Alda Merini tratteggia con disarmante sincerità e trasparenza, e con altrettanta ironia, il ritratto del depresso per professione, cioè colui che, lontano dal voler uscire dalla propria condizione di sofferenza, vi resta immerso trascinando con sé anche chi gli è accanto.
Versi che, per ironia del destino, sembrano suonare oggi più chiari che mai a tutti noi, costretti a una reclusione forzata per la diffusione del Coronavirus, con il rischio di cadere in un pessimismo senza uscita.
Come molte altre liriche di Alda Merini, anche Il depresso è stato messo in musica da Giovanni Nuti, che ne ha proposto una vivace rilettura sonora in collaborazione con Andrea Mirò e Dario Gay, contenuta nel cofanetto Accarezzami musica il “Canzoniere” di Alda Merini, pubblicato nel 2017. Il brano è stato presentato dal vivo nella serata del 20 ottobre 2017 al Teatro Dal Verme di Milano, e dell’esibizione è ora disponibile il video ufficiale.
Abbiamo raccolto le riflessioni dei tre artisti, cogliendo l’occasione anche per alcune personali riflessioni sul momento che stiamo vivendo.
Quattro chiacchiere con… Giovanni Nuti
Uno degli elementi che colpiscono del brano è l’atmosfera ironica, quasi giocosa arriva subito all’ascoltatore.
Fa parte del lavoro che ho sempre fatto con le poesie di Alda Merini. Alda aveva un forte senso dell’ironia, e in questo caso ho pensato che l’atmosfera più adatta fosse quella di un canto popolare, una musica che rimandasse all’atmosfera delle feste di paese.
Un tono che è all’opposto di una tematica tanto seria e impegnativa come quella della depressione, che Alda riesce a descrivere con una trasparenza e una sincerità quasi disarmanti.
Alda Merini aveva un grandissimo rispetto della depressione, quella vera, che aveva conosciuto anche personalmente. Non aveva invece certo una buona impressione dei “depressi di professione”. Il depresso di cui parla è una vittima che diventa carnefice, manipola gli altri, è una larva che succhia le energie delle persone che ha attorno, soprattutto è un individuo che “resta fermo sulla sua catastrofe”, come recita un verso della poesia. Se si resta fermi sulle proprie catastrofi non se ne esce, ma anzi le catastrofi si rafforzano. Il tono scherzoso di Alda serve proprio a togliere tragicità alla situazione: più ci si sofferma sulla drammaticità del momento più la tragedia persiste e non ce ne si allontana.
Sembrerebbe quasi un monito per il difficile periodo che stiamo tutti vivendo.
Non a caso ho scelto di far uscire proprio ora il video dell’esibizione. Un libro, una poesia, una canzone sono fondamentali, danno la possibilità di soffermarsi e riflettere, e sono l’occasione di guardare oltre alla difficoltà del periodo. Questo momento è l’occasione per un cambiamento interiore di tutti, abbiamo la possibilità di capire che siamo oltre la nostra natura materiale: siamo luce, siamo energia, siamo il nostro pensiero. Siamo obbligati ad avere un rapporto con noi stessi, e dobbiamo scendere in profondità in noi per non restare fermi sulle disgrazie quotidiane che i mezzi di informazioni ci presentano tutti i giorni. In un momento come questo non dobbiamo vergognarci di provare gioia: è proprio grazie alla gioia che le nostre vibrazioni si elevano e noi possiamo diventare energia per aiutare gli altri. Abbiamo tutti paura, siamo coperti da una cappa di negatività, e c’è bisogno del contrario, di emozioni che ci portano oltre. L’arte e la bellezza sono cibo spirituale. Dobbiamo diventare consapevoli della nostra spiritualità e della nostra umanità: tutto è spirito, tutto è energia, tutto è dotato di vibrazioni, lo aveva scoperto anche Einstein.
Dalle tue parole traspare una grande fiducia su quello che potrà accadere quando l’emergenza sarà finita.
Per forza, gli artisti sono i nipoti di Dio, come potrei non avere fiducia in quello che succederà?
Cosa pensi che ci possa insegnare questa esperienza?
Apprezzare le cose che contano, e lasciar andare tutto ciò che è momentaneo. Ci sarà un risveglio spirituale, che ovviamente non sarà per tutti, ma per chi lo vorrà accogliere. Stiamo imparando a riscoprirci, stiamo conoscendo il nostro prossimo, a partire dal nostro vicino; stiamo riscoprendo la gentilezza, la bellezza, la non improvvisazione. Eravamo abituati a correre per stare dietro al successo, al nostro ego, perdendo però l’essenziale. Avevamo gli sguardi costantemente rivolti agli schermi dei cellulari, invece abbiamo dovuto iniziare ad alzarli per guardarci in faccia. È un risveglio collettivo che penso possa fare bene anche ai preti, che dovranno tornare a essere amorevoli con tutti e dovranno riscoprire il significato dell’accoglienza. Il nostro fratello è un riflesso di noi stessi.
Pensi che la Chiesa sia riuscita a far sentire la propria presenza?
Papa Francesco è straordinario, è arrivato a dire che i medici e gli operatori sanitari sono i santi della porta accanto. Purtroppo, il papa non è la chiesa, e l’ambizione a volte prende il sopravvento anche tra gli operatori ecclesiastici.
L’arte la cultura come potranno riprendersi da questo momento?
È difficile poterlo dire, perché l’arte e la cultura presuppongono l’aggregazione. Un concerto, una mostra, una manifestazione presuppongono che le persone si raccolgano in un unico luogo, e sarà difficile riportare le persone in un luogo chiuso fino a quando a non si sarà trovato un vaccino e fino a quando non si sarà sicuri che il virus sarà debellato. Forse spetterà agli artisti trovare un modo per non fermarsi e portare la propria arte alla gente. Il nostro futuro è fatto di emozioni, perché sono le emozioni a creare le realtà. Ecco perché è fondamentale creare emozioni di pace, di calma, di tranquillità. Dobbiamo imparare a fare come lo sciamano, che combatte le sciagure e le difficoltà con una danza. Dopo tutto, anche Il depresso finisce con un risata.
Quattro chiacchiere con… Andrea Mirò
Come hai accolto l’occasione della collaborazione per Il depresso?
Non era la prima volta che lavoravo con Giovanni Nuti ed è stato come ritrovarmi un gruppo di amici. Giovanni è molto bravo a intercettare la musicalità della Merini dandole una bellissima veste sonora, in cui non è stato difficile infilarsi quando abbiamo realizzato Il depresso. La serata al teatro Dal Verme è stata bellissima, Monica Guerritore è anche salita sul palco con noi sul finale del brano presa dall’entusiasmo. Alda Merini poi è stata una donna e una poetessa di uno spessore esagerato: ti affetta il cuore con una sincerità priva di abiti. Ha vissuto in tempi ben più difficili di quelli di oggi, soprattutto per chi era donna e scriveva poesie. Mi piace moltissimo anche la sua vena ironica, sa essere spiazzante e sa usare la leggerezza. Purtroppo, forse ancora oggi non è letta, conosciuta, celebrata e glorificata come si dovrebbe.
Hai parlato di leggerezza: secondo te si acquisisce e si affina o è una dote naturale?
Fa sicuramente parte del nostro carattere e del nostro background: chi è sempre stato affossato dagli eventi e ha sempre vissuto nel fango farà fatica ad alzare la testa per guardare le stelle, ma vale la pena provarci e lavorarci. Vale anche per l’essenzialità, una dote pura, un lavoro di cesello, come quello compiuto da Michelangelo su un pezzo di marmo. Togliere, per arrivare al nocciolo: un lavoro pesantissimo, che solo i grandi artisti riescono a raggiungere.
Un lavoro difficile anche perché è fondamentale sapere fin da subito a cosa si vuole arrivare.
Esattamente. Per questo dico che l’essenzialità, così come la leggerezza, è qualcosa che fa parte di noi, ma che in parte va anche acquisito. È un lavoro di crescita.
Parlando invece di sincerità, un artista ha sempre il dovere di essere sincero?
Dipende da quello che si intende. Sicuramente un artista deve prendersi la responsabilità di tutto quello che sceglie di dire e di fare. Mi riferisco alla messa in scena di una storia, cioè al modo in cui un racconto viene riproposto al pubblico attraverso la musica, il teatro o la scrittura. Il pubblico ne coglierà poi una lettura personale. In questo senso, la sincerità rappresenta il pensiero dell’artista ed è suo dovere metterla nel proprio lavoro, sia quando racconta di sé, sia quando sceglie di toccare tematiche più universali o più distanti, che magari non ha vissuto in prima persona ma che è in grado di trattare grazie alla sensibilità e alla cultura che ha acquisito. Oggi siamo circondati da artisti che raccontano storie da cameretta, che mi annoiano. Il grande artista è chi sa partire da una storia semplice per farne qualcosa di più grande, di universale. Penso a Guccini, Vecchioni, Fossati, Ruggeri, ma anche Brassens, Brel, Dylan. Incontro di Guccini non è solo il racconto di un’esperienza personale, ma parla dell’animo umano, di come si cresce e ci si evolve.
Oggi gli artisti sono ancora disposti a mettersi in gioco e a rischiare come facevano in passato?
Probabilmente no, ma la colpa non la additerei solo a loro. È colpa di una grande trasformazione. Fare l’artista e il cantautore è un altro mestiere rispetto al passato. Si guarda soprattutto ai numeri, che c’erano anche prima, ma andavano a braccetto con tutto il resto. Si poteva rischiare e proporre qualcosa di provocatorio continuando a rivolgersi alle grandi platee. E poi un tempo non c’erano i social, c’era fame di contenuto, di musica, di live. C’era il senso dell’attesa, la fruizione di un’opera durava anni, poteva capitare di scoprire l’esistenza di un disco dopo un anno dall’uscita, era normale, non cambiava nulla. Sarà banale dirlo, ma oggi la musica viene venduta come un prodotto da banco.
Da musicista, come vivi questa situazione?
Sento di appartenere all’underground, che non si può più chiamare indie, visto che nemmeno l’indie oggi è davvero indie. Andare controcorrente si può, la platea è molto più ristretta, ma anche molto più esigente. In generale, il livello medio si è purtroppo abbassato, anche perché perdiamo troppo facilmente la memoria e ci dimentichiamo del passato. A 6 anni mio figlio ascoltava i Joy Division, Buscaglione e i Beach Boys, oggi, che ne ha 15, sente il bisogno di appartenere a un gruppo e subisce i bombardamenti che arrivano dall’esterno. Ma in un momento di crescita ci sta. Personalmente non cambierei la mia adolescenza con quella dei ragazzi di oggi, mi sembra che manchi la capacità di cernita. Crediamo di essere tanto liberi, ma siamo più schiavi che mai.
Questo periodo di reclusione può insegnarci qualcosa di buono in questo senso?
Spero che sia per tutti l’occasione di far pensare. Quando si è abituati a correre, è difficile doversi specchiare tutti i giorni. Abbiamo un tempo scandito dal giorno e dalla notte, ma le nostre giornate sono in stand by. Molte persone entreranno in crisi, stiamo vivendo una vera rivoluzione, anche se non è portata avanti con i forconi. Ogni giorno leggo di persone quasi entusiaste di essere recluse per avere finalmente il tempo di fare cose che di solito non riescono a fare, io mi sento invece molto frustrata. Non posso fare quello che vorrei, devo occuparmi delle ingerenze familiari, mi vengono mille idee per nuovi progetti da realizzare, e devo appuntarmele anche di notte. Poi ci sono da organizzare i tempi della spesa, gestire i figli che hanno le videolezioni. Per certi aspetti, è tutto piuttosto fantozziano.
Su quali progetti stavi lavorando prima che tutto si fermasse?
Stavo lavorando ad alcune serate che si sarebbero dovute svolgere a Roma e a Milano per un progetto dedicato a John Lennon e Yoko Ono, intitolato La ballata di John e Yoko, con Ezio Guaitamacchi e Omar Pedrini. Era in programma anche l’inizio del lavoro su Far finta di essere sani, una riproposizione di uno spettacolo di Gaber per il teatro Menotti: saremmo dovuti andare in scena a giugno, invece è tutto cancellato. Lo scenario che si prospetta è terrificante, sembra che se ne riparlerà per il 2021. So che Tiziano Ferro è stato massacrato per quello che ha detto alcune settimane fa da Fabio Fazio quando ha chiesto al Governo di avere risposte anche per il settore della musica, ma non è altro che la verità. Per ogni evento ci sono decine, per non dire centinaia, di persone, che lavorano e che vedono il proprio destino ancora incerto. Ma anche gli artisti stessi hanno famiglia e hanno il diritto di sapere cosa succederà. Invece tutto rimanda alla solita mentalità italiana per cui se alla domanda “che lavoro fai?” rispondi l’artista o il musicista, la replica sarà “sì, ok, ma di lavoro cosa fai?”.
Concludo con una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di “ribellione”?
La ribellione è l’affermazione di sé, oggi fortissimamente. Essere ciò che siamo fino in fondo, perseguire i propri obiettivi fino in fondo, quali che siano. Coltivare la propria libertà di scegliere e di essere, tenendo quindi conto anche della libertà altrui. Una volta che hai capito questo, il rispetto per gli altri viene naturale.
Quattro chiacchiere con… Dario Gay
Come hai accolto l’occasione della collaborazione per Il depresso?
Con grande entusiasmo. Il rapporto di conoscenza e di collaborazione con Giovanni Nuti nasce molto tempo fa, avevamo già lavorato insieme. Nel mio album Ognuno ha tanta storia ci sono tre canzoni che abbiamo scritto insieme e nel corso del tempo ci siamo spesso contaminati a vicenda. Abbiamo scritto insieme anche un brano che vorrei pubblicare non appena questa emergenza sarà rientrata, si intitola L’inno della pettegola. Siamo un po’ folli entrambi. Ecco perché quando Giovanni mi ha proposto la collaborazione non ho neanche voluto scegliere il brano, mi sono fidato ciecamente di lui.
Che rapporto hai con la poesia di Alda Merini?
Un rapporto molto forte. In passato ho lavorato anche con Milva, seguendo da vicino la realizzazione dell’album Milva canta Merini, e ho potuto leggere delle poesie di Alda rimaste ancora oggi inedite. Posso dire che la poesia della Merini la sento molto dentro di me.
In Il depresso c’è anche una lettura molto trasparente e tremendamente sincera di un certo tipo di depressione.
E poi c’è l’ironia. Alda aveva la capacità di affrontare temi di grande gravità con estrema ironia, al limite del comico. Anche questo mi avvicina molto a lei e a Giovanni. Basti pensare che al funerale di mio padre mi sono trovato di fronte a una situazione talmente paradossale che mi ha fatto ridere, nonostante l’estremo dolore di quel momento. Credo che faccia parte del mio essere per natura dissacrante (ride, ndr), anche se capisco che gli altri potrebbero non capire e fraintendere.
Pensi che l’ironia come forma di comunicazione riesca ad arrivare al pubblico?
Sì, se è fatta con intelligenza, La poesia di Alda Merini è fruibile da tutti: è semplice e diretta, e anche il gioco che lei fa sulle tragedie può essere accettato anche dagli altri. Cosa ben diversa è invece la stupidità, oggi purtroppo molto diffusa.
Riesci a trovare un modo per guardare oltre a questo momento difficile?
Ho la fortuna di fare musica e pur non avendo uno studio di registrazione in casa sto continuando a scrivere, e mi escono canzoni solari, di speranza. La musica mi ha aiutato in molte situazioni difficili in passato, per esempio quando ho perso persone care. Ho anche partecipato ad alcune iniziative in video, insieme ad altri artisti sto preparando il video di un mio vecchio pezzo, Domani è primavera, in cui è coinvolto anche Giovanni Nuti. Ognuno dovrebbe spendere il proprio tempo in cose che ama fare. Ma questa esperienza può essere anche l’occasione per passare più tempo con i familiari, riscoprire il vicino di casa. Ho la fortuna di avere un bel rapporto con i vicini, mi mandano i piatti che preparano e io passo a loro le ricette in cui mi diletto. Sto anche riscoprendo rapporti umani inaspettati: per esempio, ho un amico in Marocco che da quando ha saputo della situazione che stiamo vivendo in Italia non lascia passare un giorno senza telefonarmi per sapere come sto. Oppure con mia grande sorpresa ho visto comparire una mia foto in un video realizzato da due cari amici, i Cómplices, un duo molto popolare in Spagna. Hanno voluto raccogliere le immagini dei loro affetti più cari e hanno incluso anche me. C’è del bel bello anche in questo periodo ed è l’occasione di riflettere e fare buoni propositi per il futuro.
Se ti guardi indietro, pensi che sia cambiato il tuo modo di scrivere?
Sono un po’ discontinuo purtroppo, ma non credo che lo stile sia cambiato, Ho un approccio diverso, oggi osservo le cose con occhi diversi e colgo umori che un tempo non riuscivo a cogliere. Non ho mai avuto una scrittura immediata, ma sicuramente oggi è più matura. Non scriverò mai di politica, non lo so fare, mentre continuerò a parlare dell’animo umano, di amore, ma anche rabbia, denuncia, sempre accarezzando i sentimenti senza mai esplicitarli troppo. In passato mi sono esposto prima di tutti gli altri sul tema dell’omosessualità. Ho fatto coming out nel 2001, quando ho scritto la sigla dei Gay Pride, Domani è primavera, poi nel 2005 ho scritto Ti sposerò, un brano dedicato a un altro uomo, ed erano i tempi dei Pacs, non si parlava ancora di unioni civili. Per protesta abbiamo anche organizzato un finto Pacs a Roma, al quale ho partecipato come testimonial. Il brano era stato inizialmente proposto a Rai Trade, ma non è stato pubblicato perché era considerato politico, non sociale, ed è stato pubblicato in seguito dalla Edel. Già nel 1991, a Sanremo, avevo suscitato scandalo con Sorelle d’Italia parlando di transessuali e per poco non sono stato denunciato. Oggi fortunatamente si sono fatti passi da gigante e su certe tematiche è caduto il tabù.
Pensi che gli artisti siano sempre disposti a rischiare?
Ci sono occasioni in cui gli artisti si mettono al servizio di cause sociali, come è successo per il concerto-evento previsto a settembre a Reggio Emilia contro la violenza sulle donne, che vede coinvolte sette artiste italiane. Speriamo che in qualche modo l’evento possa avere luogo. Per il resto, mi sembra che oggi ci sia molta voglia di trasgredire, con il risultato però di omologare tutto. Ognuno vuole emergere, e alla fine non emerge nessuno: penso alle polemiche che hanno coinvolto Junior Cally prima di Sanremo, o ai video di Bello Figo. La vera trasgressione era quella di Renato Zero, Ivan Cattaneo o Loredana Bertè, oggi è solo un espediente per far parlare di sé, tutto ha una durata effimera.
Chi ti piace oggi?
Diodato. Mi ha fatto molto piacere la sua vittoria a Sanremo, anche se ho preferito cose che ha fatto in precedenza, come il pezzo per la colonna sonora di La dea Fortuna, Che vita meravigliosa. Mi piacciono anche Calcutta e Tommaso Paradiso, e mi diverte tantissimo MYSS KETA.
A suo modo dissacrante anche lei.
Decisamente. I suoi testi sono scritti benissimo e credo che ci sia un grande pensiero dietro al suo personaggio. Mi piacciono anche le performance di Achille Lauro, anche se musicalmente lo trovo meno interessante. Al di là di tutto, resto un “ruggeriano” convinto. Sono cresciuto con Enrico Ruggeri, ho lavorato e continuo a collaborare molto con lui e ho imparato tanto stando in tour con lui. Tra gli stranieri amo Lady Gaga. È una delle più grandi artiste della sua generazione, una grande musicista, cantante e attrice. Ho capito veramente chi fosse quando ho visto il primo video che ha fatto con Tony Bennett, e l’ho seguita in American Horror Story.
Concludo con una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di “ribellione”?
Sono sempre stato un ribelle, non ho mai subito le regole: le ho accettate solo quando le condividevo. Ribellione è non omologarsi al pensiero comune: anche se sei l’unico a pensarla diversamente dalla massa devi alzarti in piedi e far sentire la tua voce. Negli anni ’90 sono andato a convivere con un ragazzo, una scelta non così facile all’epoca, ma io volevo vivere la vita come l’avevo scelta. La mia è stata una ribellione anche verso la società, perché non ho mai fatto finta di essere il cugino del mio convivente, e devo dire che ho trovato intorno a me persone migliori di quello che potevo immaginare. Ma dipende anche da noi, dobbiamo porci per quello che siamo davvero, senza vergogna.
Accarezzami musica – il “Canzoniere” di Alda Merini (Nar International/Sagapò) è un cofanetto con tutta la produzione in musica della poetessa milanese, frutto della esclusiva collaborazione, durata 16 anni, con il musicista e interprete Giovanni Nuti. L’opera è disponibile in edizione speciale con 6 CD, 1 DVD, 114 canzoni di cui 13 inedite, 21 brani con la voce recitante di Alda Merini, duetti di Giovanni Nuti con 29 artisti ospiti.
Nel cofanetto anche un volume di 96 pagine con tutti i testi, 4 poesie inedite e 2 disegni autografi di Alda Merini, foto della poetessa dell’archivio fotografico di Giuliano Grittini e scritti di Vincenzo Mollica, Massimo Cotto, Sua Eminenza il Card. Gianfranco Ravasi, Lucia Bosè, Roberto Cardia, Giovanni Nuti.
Il progetto è stato realizzato con il sostegno della Fondazione Gianmaria Buccellati.
Dieci anni fa, il 1 novembre 2009, ci lasciava Alda Merini, una delle personalità più dirompenti della letteratura italiana del ‘900: la “poetessa dei Navigli”, come la ricordano in tanti, la “poetessa della gioia”, come lei stessa desiderava essere ricordata.
Sono state numerose le manifestazioni organizzate a Milano in questi giorni per ricordare l’anniversario: evento conclusivo del programma di celebrazioni del decennale sarà una nuova rappresentazione del Poema della Croce, che si terrà nella suggestiva cornice della Chiesa di San Marco lunedì 18 novembre con il patrocinio dal Comune di Milano e dell’Arcidiocesi e promosso dall’Associazione Alda Merini.
L’opera, con i testi della stessa Merini e le musiche di Giovanni Nuti, che con la poetessa ha lavorato a strettissimo contatto per 16 anni, rivivrà in un allestimento completamente rinnovato curato da Beppe Menegatti.
A Carla Fracci sarà affidato il ruolo di Maria, che fu interpretato proprio da Alda Merini nel Duomo di Milano nel 2006.
“Carla Fracci è la poetessa della danza”, afferma Giovanni Nuti, “Il suo linguaggio è stato quello del corpo, con cui ha dato voce alla bellezza. Il percorso è lo stesso di quello compito dalla poesia, cambia solo la forma. Ho pensato a lei in questo ruolo rileggendo una poesia che Alda Merini le aveva dedicato, in cui scriveva Tu sei l’amore / tu sei il sentimento / tu sei illogica come la ragione / tu sei leggera come la follia. È perfetta, perché nel Poema della Croce Maria è folle, la sua follia la aiuta ad accettare la scelta di Gesù per dimostrare che la morte non esiste. Per Alda Merini Carla Fracci è amore, come Maria è amore nel Poema della Croce”.
Qual è il significato profondo del Poema della Croce?
“Un salmo della Bibbia recita Chi semina nelle lacrime raccoglierà nella gioia. Il senso del Poema è proprio questo, far capire che Dio sa ‘trasformare le lacrime in vino dolce’, come si recita nell’opera. Ed è proprio questo che Alda Merini ha fatto con la sua poesia, trasformare il dolore in gioia. Un messaggio che non passa mai di moda e che forse oggi è necessario rimarcare più che mai”.
Sembra che parlare di dolore sia più semplice che parlare di gioia.
“Basta guardarsi intorno, non si parla che di dolore, siamo nel dolore. La maggior parte delle persone è focalizzata sul dolore e sull’odio. Dobbiamo invece capire che il messaggio di Gesù è quello di trasformare le lacrime in vino dolce per tutta l’umanità: il suo è un amore incondizionato rivolto a tutti, anche a coloro che non credono e che forse non ne sarebbero meritevoli. L’amore di Gesù è in comunione con i forti e con i deboli, il suo perdono e la sua accoglienza sono per tutti, anche se oggi parlare di accoglienza sembra proibito”.
L’impressione è che anche la Chiesa talvolta non riesca a far arrivare questo messaggio di amore universale. Perché?
“Credo che ci sia un problema di educazione, c’è il timore che si vada sul peccato, e nel momento in cui si contempla il peccato si contempla anche la paura. Dio viene visto come colui che punisce, ma Dio non deve far paura: Gesù, che nella Trinità diventa Dio, accoglie tutti, non giudica. Dio è solo amore, e ama tutti indipendentemente delle scelte che possiamo compiere. Ecco perché il messaggio del Poema della Croce tocca ogni persona, anche coloro che non credono in Dio”.
Esistono davvero persone capaci di fare a meno di un contatto con il soprannaturale? Anna Maria Canopi, benedettina del monastero di clausura di Orta San Giulio, affermava che anche chi si professa ateo in realtà idealizza un proprio Dio a cui rivolgersi.
“È proprio così, a ognuno viene naturale allinearsi a un elemento spirituale, e quando si prova gioia nell’osservare la natura e il mondo si sta gioendo di qualcosa che non è terreno. Nella natura tutto è spirito, lo aveva scoperto Einstein: qualsiasi oggetto è energia, quindi spirito. Ha solo vibrazioni più basse, non percepibili”.
Nell’opera viene anche sviluppato l’amore tra la madre e il figlio: che tipo di amore è?
“Un amore talmente umano in cui chiunque può riconoscersi. Gesù e Maria si presentano per quello che sono anche con i loro difetti. E qui ritorna Alda Merini, che invitava ad abbracciare i propri difetti. I veri giusti sono gli imperfetti: Gesù stesso è imperfetto, Gesù è come noi, è fragile, e lo stesso è Maria. Sono due figure umane con un amore incredibile che sgorga dai loro cuori: i difetti diventano pregi.
In questi anni hai più volte riproposto il Poema della Croce: pensi di averne colto nel tempo dei messaggi nuovi?
“Siamo tutti in continua evoluzione, e un testo che tratta un messaggio così potente offre sempre qualcosa di nuovo, probabilmente tra 20 anni scoprirò ancora qualcosa che non sono riuscito a cogliere. Nel Poema della Croce c’è una maestria incredibile. Per questa nuova rappresentazione ho analizzato attentamente il testo insieme a Beppe Menegatti, regista che proviene dalla scuola di Visconti, facendo un lavoro che spesso gli attori non fanno più, ma che è stato molto utile”.
Cosa ti piacerebbe che le nuove generazioni cogliessero nel Poema della Croce?
“L’accettazione e l’importanza dell’unicità di ognuno, che è un elemento straordinario: la bellezza sta nelle emozioni, non nell’adesione a un canone, anche se i valori della società sono all’opposto e viene insegnato solo a primeggiare sugli altri. Ognuno di noi è un capolavoro di Dio. Il Poema della Croce mostra anche che la vera morte è la morte dell’Ego, perché l’amore è eterno e il messaggio della Croce è la rinascita”.
Oggi, a dieci anni dalla morte di Alda Merini, quale pensi che sia la sua più importante eredità?
“È difficile dirlo, perché la sua è un’eredità davvero grande e sta nella sua poesia. Dentro alla sua poesia c’è introspezione, analisi, un lungo percorso che passa anche dal dolore per poi abbandonarlo. Credo che il suo più importante insegnamento sia che il nostro destino è quello di essere felici. Alda sapeva cogliere la preziosità in un bicchier d’acqua: se si riesce a cogliere la preziosità in una cosa così piccola, quanto si può essere felici nell’osservare tutto quello che ci circonda?”
Giovanni Nuti e Carla Fracci saranno accompagnati da un’orchestra di 15 elementi e 5 cantori diretti dal maestro Daniele Ferretti, con la partecipazione di Sabrina Brazzo e Andrea Volpintesta, alcuni danzatori della compagnia Jas Art Ballet, e l’attore Jonathan Lazzini.
I proventi della serata (biglietti 80€, 50€, 30€ – TicketOne) saranno interamente devoluti per progetti di ricerca e assistenza di AIM – Istituto Besta e di Lega Italiana Sclerosi Multipla.
La musica, con le potenti parole della più grande poetessa del secolo scorso, promuove i valori della solidarietà, dell’accoglienza e della convivenza pacifica per dare sostegno e protezione ai rifugiati che si trovano nei centri di detenzione in Libia.
Con questo spirito il CIR – Consiglio Italiano per i Rifugiati – ha scelto di dedicare ad Alda Merini un concerto speciale in programma per la Fondazione Taormina Arte Sicilia nel meraviglioso scenario del Teatro Antico di Taormina il prossimo 10 agosto, organizzato per raccogliere fondi da destinare al Programma Guardiamo Oltre le Frontiere.
Da sempre sensibile alle cause umanitarie e impegnata a combattere le ingiustizie, testimonial e madrina di tante campagne e iniziative di beneficenza, Monica Guerritore, con Giovanni Nuti, sarà la protagonista di una serata che farà della solidarietà la propria bandiera con lo spettacolo … Mentre rubavo la vita. Un concerto esclusivo in cui i due artisti cantano, accompagnati da una band di quattro elementi, gli appassionati, dolorosi e ironici versi della grande Poetessa.
Ad arricchire la serata un’ospite d’eccezione, Carmen Consoli.
“Nessuna donna resta indifferente davanti alla forza, all’energia libera, vitale, colorata, sensuale di Alda Merini – dice Monica Guerritore –. La musica di Nuti rende travolgenti i suoi testi. Io stessa ne rimango stupita. Al pubblico piacerà enormemente: ballerà, riderà e piangerà insieme a noi!”.
La serata si svolgerà sospesa tra cielo e mare, nella bellezza senza tempo del Teatro Antico, una bellissima “terrazza” proiettata sul quel Mar Mediterraneo nel quale troppe persone in fuga continuano a perdere la vita cercando migliori condizioni di vita. Il concerto vuole infatti accendere i riflettori su uno dei temi più attuali e tragici degli ultimi tempi.
Il CIR, come ha dichiarato il suo presidente Roberto Zaccaria, “vuole fornire con questo programma non solo assistenza alle persone più deboli che vivono in Libia, ma soprattutto protezione ai rifugiati che si trovano nel paese, anche all’interno dei centri di detenzione, affinché sia garantita la tutela dei diritti umani e affinché i soggetti più vulnerabili siano identificati, portati all’esterno e avviati ai corridoi umanitari verso l’Europa”.
Obiettivo principale della serata sarà, attraverso il linguaggio universale della musica e la popolarità di una delle artiste più amate in Italia, risvegliare e sensibilizzare di fronte a una questione di civiltà che riguarda tutti, sfruttando le potenzialità di un programma che, dal 2018 al 2020, si propone di rispondere concretamente e con tempestività ai bisogni primari di persone in grave emergenza.
Con questo concerto il CIR aspira ad assistere 400 rifugiati.
I biglietti sono disponibili online a questo link.
Testi delle canzoni: Alda Merini
Musiche: Giovanni Nuti
Testo e drammaturgia: Monica Guerritore
Video (a cura di): Lucilla Mininno
Regia: Mimma Nocelli
Musicisti:
José Orlando Luciano – pianoforte e tastiere
Tommaso Lega – chitarra
Simone Rossetti Bazzaro – violino
Emiliano Oreste Cava – percussioni e batteria
“Sono nata il 21 a primavera…” recita l’incipit di una delle più famose poesie di Alda Merini.
La celebre poetessa dei Navigli ricordava infatti spesso di essere nata il 21 marzo, giorno che segna l’arrivo della primavera.
Proprio in occasione del compleanno di Alda Merini Giovanni Nuti presenta il video del brano Le posate degli angeli, registrato live dal teatro Dal Verme di Milano il 20 ottobre 2017 in occasione della presentazione de Il muro degli angeli, il doppio CD di duetti contenuto nel cofanetto Il Canzoniere di Alda Merini – Accarezzami musica (Nar International/Sagapò).
Ad interpretare il brano, insieme a Giovanni Nuti, i Piccoli Cantori di Milano, sotto la guida della loro direttrice Laura Marcora: un coro di voci infantili che esiste dal 1964, composto da bambini tra i 5 e i 14 anni, che vanta tantissime collaborazioni importanti.
La musica del brano Le posate degli angeli è di Giovanni Nuti con l’arrangiamento di Stefano Cisotto (ottimizzazione video Marco Rossetti).
A proposito del brano, Giovanni Nuti scrive: “Nel testo Alda Merini dice che ‘la minestra degli angeli è un bacio che sfiora le labbra…’ – perché pensava che il bacio fosse nutrimento spirituale e ‘la parte più pura dell’amore’. E’ San Paolo che raccomanda di salutarsi con il bacio che è il fondamento della pace tra fratelli. Gli angeli sono sempre stati importanti nella poetica e nella produzione di Alda Merini. Ne sono testimonianza la sua predilezione per il poeta Rilke e i suoi ‘angeli tremendi’ e il volume da lei intitolato ‘La carne degli angeli’.
Alda sentiva le presenze angeliche anche nella vita quotidiana. ‘Siamo tutti circondati da angeli’ mi diceva spesso. Avvertendo la loro vicinanza, si sentiva al sicuro. Quando posava le sigarette accese sul bordo del portacenere o del suo comodino per svolgeva altre attività, io le dicevo ‘Alda, hai lasciato la sigaretta accesa, fai attenzione!’. ‘Non preoccuparti’ – mi rispondeva prontamente – ‘ci sono gli angeli che si occupano di me!’ Gli angeli alle nostre tavole – continua Nuti – sono portatori d’amore. Quando ci facciamo attraversare dall’amore non ci sentiamo più soli, non siamo più in lotta l’uno contro l’altro e usciamo dalla competizione della vita. L’amore e la protezione degli angeli alimentano la nostra creatività, e ci danno la forza per superare ogni difficoltà. In un momento come quello che stiamo vivendo, in cui sentiamo tutto ‘il peso del mondo’ e abbiamo lo spirito appesantito, ecco che gli angeli ci portano la leggerezza e la gioia. Alda Merini è stata indubbiamente un angelo per me perché con lei ho condiviso la gioia del creare insieme.
Per questo non mi stancherò mai di proporre le canzoni del nostro ‘canzoniere’ e anzi le voglio far conoscere a un pubblico sempre più vasto. Tra i vari progetti c’è anche quello di portare in Spagna e in Francia e precisamente a Parigi lo spettacolo Mentre rubavo la vita con Monica Guerritore. Stiamo facendo tradurre alcune canzoni dello spettacolo in francese. Forse non tutti lo sanno, ma è stata la Francia per prima a candidare al Nobel Alda Merini.
Un’altra cosa a cui tengo molto è il nuovo allestimento del Poema della Croce, l’opera sacra che io e Alda abbiamo composto, lei per i testi e io per la musica e rappresentato insieme. Ora ci sarà Carla Fracci nel ruolo recitante di Maria che fu di Alda, con la regia del marito Beppe Menegatti”.
Giovedì 30 agosto (ore 21,00), presso il Teatro Comunale Cortesi di Sirolo (Ancona), si terrà la cerimonia della XIV edizione del Premio Nazionale Franco Enriquez 2018: per una comunicazione e un’arte di impegno sociale e civile. Fra i premiati di quest’anno, anche Giovanni Nuti nella categoria “poesia e musica”, sezione: raccolte, produzioni e recital.
Questa la motivazione con cui la prestigiosa giuria del Premio, coordinata dal Maestro Paolo Larici, Presidente del Centro Studi Drammaturgici Internazionali dedicato al grande regista Franco Enriquez, e composta da critici e scrittori del panorama nazionale e internazionale, ha deciso di premiare il cantautore toscano per la pubblicazione l’ottobre scorso del cofanetto Accarezzami musica – Il Canzoniere di Alda Merini e gli showcase del progetto realizzati in alcune città italiane: “Accarezzami musica – il Canzoniere di Alda Merini, un’opera vasta e colossale che raccoglie il frutto di un matrimonio artistico tra due grandi anime, Alda Merini e Giovanni Nuti. In questa raccolta discografica (prodotta da Nar International/Sagapò) e nei tre recital di presentazione (ci piace ricordare quello di Milano), la loro sinergia è stata capace di donarci pagine di straordinaria bellezza che scaturiscono da ogni singola nota e da ogni singolo verso. ‘La poesia è bellezza e la bellezza ci aiuta a vivere’ soleva dire la grande poetessa, una bellezza che dal vivo si trasforma in energia carnale e vitale che rapisce e di cui non si può fare più a meno”.
Nelle precedenti edizioni del Premio, che hanno visto in giuria la presenza di buona parte del teatro Italiano e di molti artisti amici di Franco Enriquez, sono stati premiati artisti come Gianfranco De Bosio, Ferruccio Soleri, Umberto Orsini, Emanuele Luzzati, Pierluigi Pizzi, Elisabetta Pozzi, Paolo Graziosi, Ascanio Celestini, Maddalena Crippa, Maurizio Scaparro, Massimo Bubola, Gigi Cifarelli, Franco Cerri, Maria Paiato, Mariano Rigillo, Gabriele Lavia.
Durante la serata del 30 agosto tra gli altri premiati vi saranno anche Filippo Crivelli, Ennio Fantastichini, Luca Lazzareschi, Jacopo Gassman. Giovanni Nuti si esibirà presentando alcuni brani del suo Canzoniere meriniano.
Sempre nella cornice del Teatro Comunale Cortesi di Sirolo, la sera precedente, il 29 agosto (inizio 21,30), Giovanni Nuti, accompagnato dalla sua band (Massimo Germini, chitarra; Josè Orlando Luciano, tastiere; Simone Rossetti Bazzaro, violino; Emiliano Oreste Cava, percussioni) terrà un concerto con una più ampia selezione dei brani composti con la grande poetessa (Produzione: Sagapò Music – Management: Musicando). Info e prenotzioni: tel. 071 9330952 – 335 477618
Composti a Recanati nel 1819, i versi de L’infinito di Giacomo Leopardi diventano musica. A quasi 200 anni dalla nascita della celebre poesia, Fabio Armiliato, tenore di fama internazionale, canta i versi leopardiani musicati da Giovanni Nuti, compositore noto per il suo “canzoniere“ realizzato con un’altra grande poetessa, Alda Merini. Il brano, pubblicato dall’etichetta Sagapò, è disponibile dal 20 luglio in anteprima su iTunes e successivamente sugli altri stores digitali.
Scrive Fabio Armiliato: “Da sempre musica e poesia si uniscono per creare un connubio artistico ancora più elevato. Aver avuto l’opportunità di cantare L’infinito di Leopardi, cioè una delle massime espressioni poetiche e letterarie, grazie alla musica di un artista come Giovanni Nuti, mi ha riempito cuore e anima, facendomi provare un’esperienza unica e carica di emozioni. Come scriveva J.S. Bach ‘La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori’ e sono convinto che Leopardi nella sua genialità aveva già sentito l’Infinito della musica nelle sue stesse parole, guardando verso l’eterno, con gli occhi e il cuore di chi non si ferma alle cose terrene”.
Presentato in anteprima il 24 marzo scorso presso la Sala Maffeiana del Teatro Filarmonico di Verona durante la manifestazione “Siamo fatti per l’Infinito” organizzata dall’Accademia Mondiale della Poesia, il brano è stato composto per l’occasione da Giovanni Nuti seguendo la grande tradizione liederistica che ha sempre realizzato il felice matrimonio di musica e poesia. Giovanni Nuti dichiara: “Ho accettato con ‘timore e tremore’ la proposta di Laura Troisi – direttore generale dell’Accademia mondiale della poesia – di musicare i versi de L’infinito di Leopardi. Confrontarsi con uno dei componimenti poetici più noti della letteratura mondiale richiedeva una dose di tracotanza e di incoscienza cui neppure tutti i miei anni di frequentazione e osmosi creativa con Alda Merini mi hanno preparato. Ho cercato di accostarmi con consapevolezza e umiltà a questa poesia, sgombro però di troppe letture e troppe interpretazioni, ‘come se’ la leggessi per la prima volta, in modo da far scaturire la mia musica dall’inesauribile ombra di silenzio del Canto leopardiano. Sono molto felice che l’amico Fabio Armiliato abbia accettato di interpretarlo, impreziosendolo con la sua straordinaria vocalità e la sua grandissima sensibilità interpretativa”.
Prodotto da Paolo Recalcati e Jose Orlando Luciano, che ne ha curato anche l’arrangiamento, L’infinito è interpretato da Fabio Armiliato con l’accompagnamento di Simone Rossetti Bazzaro al violino, Irina Solinas al violoncello e Jose Orlando Luciano al pianoforte.
Lo scorso 20 ottobre, in occasione dell’uscita del cofanetto Accarezzami musica, Giovanni Nuti ha voluto ricordare Alda Merini con una serata speciale al teatro Dal Verme di Milano, riproponendo dal vivo molti dei brani nati dalla lunga collaborazione con l’indimenticata poetessa milanese. Un evento che ha visto l’entusiastica partecipazione di numerosissimi ospiti del mondo della musica e dello spettacolo, riuniti nel segno dell’amicizia e dell’amore per Alda. Tra di loro, Monica Guerritore, con cui Nuti porta in teatro da alcuni anni lo spettacolo Mentre rubavo la vita, Rita Pavone, Omar Pedrini, Grazia Di Michele, Dario Gay, Andrea Mirò, Fabio Armiliato, Marco Ferradini, il coro dei Piccoli cantori di Milano, Daniela Poggi e Carla Fracci. Durante l’evento è stato reso omaggio anche a Daniela Dessì e Mariangela Melato.
Tra i momenti più intensi della serata, il duetto che ha visto protagonisti accanto a Nuti Fabio Concato e Lucia Bosè in Il pifferaio di Hamelin, brano incluso nel cofanetto nel doppio album di inediti Il muro degli angeli, e di cui viene ora reso disponibile il video dell’esibizione.
Un brano che racconta la storia di un’amante velenosa e di un amato vilipeso, e nel quale non è difficile ritrovare i ricordi del manicomio, esperienza disumana vissuta da Alda: lì, tra quelle mura crudeli, la sofferenza sembrava vietare ogni forma di amore.
La morte è una tappa naturale della vita, ed è una delle poche, vere certezze che abbiamo, anche se di morte si preferisce non parlare mai, forse per paura, per un’educazione culturale o per un umano tentativo di esorcizzarla e allontanarla.
Succede così che quando la morte arriva e tocca da vicino la nostra vita non siamo quasi mai pronti ad accoglierla, e ne temiamo l’arrivo per noi stessi.
Una paura legata a una concezione della morte come un passo estremo, la fine di ogni cosa, soprattutto se a supportarci non c’è la fede in una vita anche al di là di quella del corpo.
Proprio da queste considerazioni si è mosso Giovanni Nuti per la realizzazione di La morte non è niente, brano il cui testo riprende le celebri parole del monaco Henry Scott Holland: un invito a considerare la morte solo come un passaggio, un cambiamento, ma non il fine ultimo di un’esistenza.
Il singolo sarà disponibile sulle piattaforme digitali da venerdì 8 dicembre, e ne verrà realizzata anche una versione fisica per chi ne farà richiesta.
Come sei arrivato alla realizzazione di questo brano? Sono venuto a contatto con molte madri che hanno perso i figli e mi hanno chiesto di mettere a disposizione la mia musica per sensibilizzare la gente al tema della morte e per questo ho pensato di musicare il bellissimo testo del monaco anglicano Henry Scott Holland La morte non è niente che erroneamente viene attribuito a Sant’Agostino, con la traduzione di Paolo Recalcati. Ne è uscita una canzone che mi auguro possa essere di conforto a tutti coloro che hanno perso un loro caro e che li aiuti a sentire che l’amore non muore mai. Quello della morte non è certamente in tema molto frequente nelle canzoni. Hai provato a chiederti il motivo? Il pensiero della morte crea da sempre in tutti un grande disagio. Non se ne parla. Viviamo in una cultura che evita l’argomento e poi quando siamo costretti per una perdita di un proprio caro, ed è una cosa che inevitabilmente capita a tutti, ci si domanda perché sia così spaventoso e doloroso. Per accettare l’idea della morte bisogna guardarla negli occhi affrontandone la paura e questo terrore scopriamo che ha tanto da insegnarci. Anch’io ho sempre rifiutato l’idea della morte e ho sempre allontanato qualsiasi pensiero legato a lei sino a che la vita me l’ha presentata e da lì si è spalancata la porta della consapevolezza. Senti la vicinanza dei tuoi cari defunti? Due anni fa ho avuto la dipartita prima di mia mamma e dopo quattro mesi quella di mio fratello. Ho iniziato a leggere libri sull’argomento, a documentarmi, volevo sapere cosa sarebbe successo quando uno “muore”. Volevo avere notizie dei miei cari perché il dolore è difficilissimo da gestire. E così sono arrivato ad avere messaggi dall’aldilà che sono dei grandi doni dal mondo spirituale. I nostri cari non ci abbandonano mai e continuano a vegliare su di noi. Il loro alto livello di vibrazione elimina la sofferenza. Sono piume dentro l’immensa luce del Divino. Se quando erano nei loro corpi ci amavano ora nel mondo spirituale ci amano ancora di più. Ho la consapevolezza che la vita continua dopo l’esistenza fisica. Il rapporto con chi è deceduto ci insegna ad amare ancora di più la vita apprezzando ogni giorno, ogni momento. Recentemente è uscito Accarezzami musica, il cofanetto che raccoglie quasi per intero il canzoniere di Alda Merini che tu hai musicato. Che risposte hai avuto dal pubblico? Migliori di ogni aspettativa, sia da parte del pubblico che della critica, solitamente piuttosto fredda nell’esprimere entusiasmo per progetti come questo. Sapevo che si trattava di un’opera importante, che raccoglie anni di lavoro, ma non pensavo che sarebbe andata così bene, anche in termini di vendite. Si dice spesso che la poesia non ha molto spazio nel mondo di oggi, invece questa accoglienza mi fa piacere anche perché dimostra la forza sempre attualissima delle parole di Alda. A proposito di Alda, c’è un appuntamento in vista. Sì, il 17 dicembre alla Casa delle Arti Spazio Alda Merini di via Magolfa a Milano faremo una serata in musica. Ci saranno alcuni ospiti, Grazia Di Michele, Marco Ferradini e Dario Gay, e ad accompagnarmi saranno Simone Rossetti Bazzaro al violino, Josè Orlando Luciano al piano ed Emiliano Oreste Cava alla batteria. Sarà un’occasione per ricordare Alda, in attesa di vivere i giorni delle feste.
Sono passato solamente dall’altra parte: come mi fossi ritirato nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Tra noi è tutto come prima, come eravamo lo siamo ancora. Chiamami con il nome che ti è familiare e che mi hai sempre dato parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Ridi sempre delle sciocchezze che ci facevano ridere, ed apprezza le piccole cose che ci piacevano quando stavamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita ha ancora tutto il significato che ha sempre avuto: La morte non è niente, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Ti sto aspettando, è solo un intervallo, sono dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace. La morte non è niente: il tuo sorriso è la mia pace. Musica di Giovanni Nuti. Testo originale di Henry Scott Holland. Traduzione di Paolo Recalcati. Arrangiamento, tastiere e programmazione computer: Stefano Cisotto. Violino e viola: Simone Rossetti Bazzaro. Registrato presso Flamingo Recording Studio Milano. Dipinto di copertina di Emiliano Alfonsi. Foto di Alberto Roveroni. Video di: Alberto Roveroni e Giovanni Nuti Fotografia e Montaggio: Alberto Roveroni Girato presso “LePark” MilanoMusica di Giovanni Nuti.
“Prima di venire / dai un calcio al muro di fronte / perché lì dentro c’è la spia / che ha guardato in faccia il mio amore”. Recitano così alcuni versi di Prima di venire, bellissima poesia di Alda Merini che Giovanni Nuti ha trasformato in un’altrettanto intensa canzone. Si parla di un muro. Elemento così poco poetico, che nelle parole della poetessa dei Navigli trova però un suo posto preciso. Perché la poesia di Alda era esattamente questo, una continua convivenza di corpo e anima, dimensione terrena e spirituale, desiderio e rinnegamento, potenza e tenerezza. E in questo universo brulicante di vita, anche i muri trovano la loro ragione di essere. Per Alda Merini i muri non erano solo quelli del palazzo fatti di mattoni, ma erano anche quelli tremendi fatti delle sbarre del manicomio. Un’esperienza drammatica, che lei però non si è mai rifiutata di raccontare anche nei suoi aspetti più crudi, e dalla quale ha trovato linfa per alimentare i suoi versi urlanti di amore. Conoscevo già, e avevo imparato ad amare, la forza di Prima di venire, forse uno degli episodi che preferisco in assoluto, insieme a Il bacio, tra quelli musicati da Nuti all’interno del canzoniere meriniano, ma recentemente mi è capitato di riascoltarla dal vivo, e le sue parole mi sono risuonate dentro con una vibrazione nuova. L’occasione è stata la serata Alda Merini – Il Concerto del 20 ottobre al teatro Dal Verme di Milano: evento più che speciale a scopo benefico a favore dei City Angels, svoltosi proprio nella giorno della pubblicazione di Accarezzami musica, il ricchissimo cofanetto contenente quasi tutta la produzione di Alda Merini realizzata insieme a Giovanni Nuti con l’intervento di altri numerosi artisti, insieme al DVD del Poema della Croce interpretato nel Duomo di Milano il 13 ottobre 2006 da Nuti e dalla stessa Merini.
L’emozione della serata era palpabile nell’aria, anche per la presenza di ospiti come Omar Pedrini, Grazia Di Michele, Daniela Poggi, Carla Fracci, Rita Pavone, Lucia Bosè, Fabio Concato, Marco Ferradini, Andrea Mirò, Dario Gay, Fabio Armiliato e il coro dei Piccoli Cantori di Milano, che si sono alternati sul palco accanto a Giovanni Nuti e Monica Guerritore, protagonisti dello spettacolo Mentre rubavo la vita. Spazio anche per un ricordo di Daniela Dessì. Una serata che non ha solo celebrato la voce della più grande poetessa italiana, ma che è stata anche e soprattutto un trionfo di bellezza: la forza di quella poesia era lì, sviscerata in scena sotto le forme più diverse, declinata sotto i toni del dolore, della tenerezza, della commozione, e dell’amore. Della sua vita, Alda diceva di averla vissuta fino in fondo, anche nella sua parte più infernale, e che proprio per questo doveva essere ricordata come la poetessa della gioia. E c’è da credere che sia stato così. La sua è una poesia che annulla le distanze e che mette a nudo un’anima profondamente umana e contemporaneamente tesa all’infinito. Una poesia capace di infrangere le convenzioni, ribaltare i moralismi, annullare i pregiudizi, perché autentica e disarmante. Una poesia capace di spaccare i muri con il solo soffio della parola. E quella sera ha raccolto tutti in un caloroso abbraccio. L’evento Alda Merini – Il Concerto sarà riproposto il 23 ottobre al teatro Sistina di Roma e il 2 novembre al Teatro Duse di Bologna: tutte le serate avranno finalità benefica.