“143”, perché l’ultimo album di Katy Perry non funziona?

“143”, perché l’ultimo album di Katy Perry non funziona?

Nel momento in cui scrivo, 143, ultima fatica discografica di Katy Perry, non ha ancora fatto la sua comparsa nelle classifiche, ma le previsioni del debutto sono tutt’altro che rosee.

Diciamocelo però, un po’ lo sapevamo: o Katy tirava fuori l’album del millennio, capace di risollevarle la carriera, oppure il destino del disco era già segnato ancora prima della sua pubblicazione. Colpa, purtroppo, dei due precedenti album, Witness (2017) e Smile (2020), non esattamente campioni di vendite, che hanno appannato l’aura di invincibilità di cui la Perry si era circondata nei primi anni ’10, ai tempi di Teenage Dream (2010) e Prism (2013). Due album fortissimi, che le hanno fatto guadagnare record su record. Basti ricordare che grazie ai singoli estratti da Teenage Dream, Katy Perry è stata l’unica artista – al pari di Michael Jackson – ad aver piazzato 5 canzoni dello stesso album al vertice della classifica americana. E poi sono arrivati, Roar e Dark Horses, estratti da Prism, entrambi certificati diamante negli USA.

Insomma, fino a una decina di anni fa Katy Perry sembrava l’incarnazione terrena del pop, l’artista capace di mettere d’accordo tutti. Se Madonna iniziava a perdere appeal sul pubblico più giovane, Britney e Christina erano in una fase calante della carriera, Lady Gaga destabilizzava con i look eccessivi e le scelte musicali non sempre digeribilissime (vedi alla voce Artpop), Katy era tutto ciò che al pop si poteva chiedere: canzoni super catchy e immagine rassicurante.

Poi, dicevo, è arrivato Witness, e quel magico mondo fatto di colori pastello e suoni zuccherati ha perso il suo mordente. Peggio ancora è andata a Smile, tre anni più tardi. Si potrebbe star qui ad analizzare il perché di quella débâcle, ma sarebbe un esercizio inutile. Accontentiamoci di sapere che è andata così.

Lo scorso luglio, a distanza di 4 anni, Katy torna è tornata, e ovviamente la notizia del suo comeback ha fatto tremare i muri e nutrito le aspettative. Aspettative che si sono però afflosciate come un sufflè malriuscito non appena è stato pubblicato il singolo della nuova era discografica, Woman’s World. Una canzone mediocre e facilona, che oggi troverebbe forse la sua giusta collocazione nel disco di qualche emergente. Invece è stato il brano di punta per il lancio del nuovo progetto. Catastrofe…
Troppo scontato, troppo semplice, troppo sfacciatamente ruffiano; e non è bastato neanche il messaggio femminista, davvero troppo annacquato per il mercato discografico del 2024.

La scelta di pubblicare in fretta e furia un secondo singolo (Lifetimes) e poi un terzo (I’m His, He is Mine) in poco più di un mese è stata la famosa pezza che ha fatto più danni del buco.
Troppo evidente la necessità di correre ai ripari, ma niente da fare, i due brani sono passati praticamente inosservati.

Restava da sperare che il resto fosse migliore.

Ora che l’album è uscito, possiamo tirare le somme, e capire perché poteva essere – e probabilmente sarà – un altro flop.

Molto semplicemente, 143 è un disco anonimo e superficiale. Un album che sembra essere rimasto fermo al 2013: forse per non correre rischi, Katy Perry ha scelto di riproporre le stessa ricetta che l’ha portata alla gloria. Peccato che siano passati più di 10 anni da allora, e che le cose siano cambiate un po’.
Prima di tutto, ci si augura che il pubblico che seguiva Katy anni fa sia cresciuto insieme a lei, e oggi si aspetti qualcosa di più maturo. E poi in questi anni il mondo del pop è stato rivoluzionato: solo per restare nell’universo femminile, sono arrivate creature come Billie Eilish e Taylor Swift (che nel 2013 esisteva già, ma era pressochè “confinata” al country) che ci hanno mostrato che si può essere pop e mainstream senza puntare tutto sulla semplicità. Non che loro siano state innovative in questo, ma sicuramente hanno abituato il pubblico di oggi a un ascolto diverso.

Presentato come un disco celebrativo dell’amore fin dal titolo – 143 sarebbe una forma in codice di “I love you”, sai che roba… – il settimo lavoro di Katy Perry si rivela essere una raccolta di pezzi buoni per ballare una sera, può essere la colonna sonora di un pigiama party, ma non è, oggi, quello che ci si aspetta da un nome del suo calibro.

I suoni pescano a pienissime mani dalla dance degli anni ’90 (I’m His, He’s Mine contiene anche un sample di Gypsy Woman, successo house del 1991), e questo poteva essere un buonissimo fil rouge. Ma oltre c’è ben poco di scoprire.

La sensazione è Katy Perry si sia fatta contagiare dalla sindrome di Peter Pan, e sia rimasta incagliata in una sorta di eterna giovinezza, convinta che dare ai fan un nuovo carico di canzoni-confetto sarebbe bastato ad accendere il loro entusiasmo come in passato. Ma così non è stato.

Quello che è mancato è stato prima di tutto la voglia di cambiare, evolversi, far vedere di essere altro rispetto a quello che tutti già conoscevano; e poi è mancato il coraggio di alzare la famosa asticella.

Intendiamoci, non tutto quello che è in 143 è da cestinare: Crush per esempio è un buon pezzo, ed è uno dei pochi che si fanno ricordare (anche qui c’è stata una ripresa dal passato, da My Heart Goes Boom). Così come non sono male Nirvana e Wonder. Ma tre pezzi passabili non sono abbastanza a fare un buon disco.

Infine, una considerazione a margine: tra le critiche mosse all’album vi sono state anche quelle di chi ha biasimato la scelta della Perry di lavorare con Dr. Luke, figura assai controversa nel musicbiz per via della vicenda processuale che lo ha visto coinvolto dopo le accuse mosse da Kesha.
Senza entrare nel merito della questione, sono abbastanza sicuro che il tallone d’Achille del disco abbia ben poco a che spartire con la condotta morale di Dr.Luke.

143 è un disco mediocre, punto e basta.

“Ora che non ho più te”. Il ritorno synth-pop di Cesare Cremonini. Nel 2025 negli stadi

“Ora che non ho più te”. Il ritorno synth-pop di Cesare Cremonini. Nel 2025 negli stadi

Ora che non ho più te è una canzone reale. L’ho scelta come apripista perché ha rappresentato una svolta dal punto di vista della produzione musicale e un volta pagina nella mia vita. Non è un ricordo che voglio ritorni, è un’esperienza che deve diventare biografia, tornando libera. Credo sia importante abbandonare le cose nel momento in cui ti è permesso, è inutile chiudere una relazione, un’amicizia, un rapporto di lavoro, qualunque pezzo della tua vita, prima del dovuto, prima che sia il momento. Esiste un passato nella canzone, esiste un amore finito, ma esiste anche una nuova vita da affrontare per me e per chi era con me. “Ora che non ho più te non riposo mai”. Non c’è stato niente di più vero per me. Non servono metafore, quando non riposi più, quando non riesci più a dormire. Poi la nuova musica uscendo ti veste di nuovo, tutto all’improvviso cambia. Sei padrone, per alcuni secondi, del tuo destino.”

A due anni dall’ultimo tour e dall’ultimo album, Cesare Cremonini torna con un nuovo singolo, anticipazione di un nuovo album, e una nuova serie di concerti negli stadi.

Il pezzo scelto per il gran ritorno è Ora che non ho più te, un brano synth-pop scritto dallo stesso Cremonini e Davide Petrella, che mostra una nuova evoluzione del percorso artistico del cantautore bolognese. Quasi un ponte che collega idealmente Bologna, con l’eredità di Dalla e Carboni, all’America, con le sonorità di The Weeknd.

Il testo è un dialogo con il proprio passato, alla ricerca di una redenzione di fronte alla fine di una relazione.

“Ora che non ho più te è il sipario che si apre su un progetto fatto di tante scenografie che svelerò canzone dopo canzone. In questo brano c’è tutta la voglia di tornare a parlare un linguaggio più reale, delle cose che vivo, senza nascondermi. Sto attaccato alla vita: lavoro, viaggio, conosco, mi butto nelle esperienze. Anche le scelte musicali rispecchiano questo atteggiamento, è un brano che vuole farti cantare, urlare, ballare con i piedi per terra”.

Sul sito di Universal Music Italia è disponibile in pre-order il 45 giri del singolo in una speciale edizione limitata in vinile colorato.
Link per il pre-order: https://shorturl.at/Lo3Ux

Ad accompagnare il nuovo singolo, un video diretto da Enea Colombi girato in Friuli, nella zona del Magredi del Cellina.

Per il grande ritorno Cesare Cremonini è stato ritratto da due importanti nomi della fotografia internazionale Luigi & Iango, che hanno immortalato l’artista italiano nei loro studi di New York a fine agosto.

Oltre al nuovo progetto discografico, Cesare Cremonini si prepara anche a tornare live con CREMONINI LIVE25.

Queste le date:
8 giugno LIGNANO
15 giugno MILANO
19 giugno BOLOGNA
20 giugno BOLOGNA
24 giugno NAPOLI
28 giugno MESSINA
3 luglio BARI
8 luglio PADOVA
12 luglio TORINO
17 luglio ROMA

A partire dalle ore 10:00 di giovedì 26 settembre, i biglietti saranno disponibili per gli utenti iscritti a My Live Nation. Per accedere alla presale basterà registrarsi gratuitamente su livenation.it/cremonini 

La vendita generale si aprirà alle ore 11:00 di venerdì 27 settembre su www.ticketmaster.itwww.ticketone.it  e www.vivaticket.com e nei punti vendita autorizzati.

#MUSICANUOVA: Rahim Redcar “DEEP HOLES”

#MUSICANUOVA: Rahim Redcar “DEEP HOLES”

Rahim Redcar – prima conosciuto come Christine and the Queens – ha annunciato l’uscita del suo nuovo album, HOPECORE, prevista per il 27 settembre.

Il disco, anticipato dal singolo DEEP HOLES, è stato interamente scritto, prodotto e mixato dall’artista.

“Hopecore è stato realizzato con lacrime, sangue e soprattutto con una fede incrollabile nella pura e cruda espressione dell’anima. La musica ha preso qui la sua piena vastità profetica, si è fatta più selvaggia e ha richiesto una ricerca assoluta in cui nessun altro è entrato a manomettere le intenzioni. Un richiamo della carne, una preghiera per la giustizia e la libertà”.

L’artista si è recentemente esibito davanti a 10 milioni di spettatori nell’ambito della cerimonia di apertura delle Paraolimpiadi di Parigi 2024, dove ha eseguito una spettacolare interpretazione di Non, Je Ne Regrette Rien di Edith Piaf e un’avvincente interpretazione di Born to Be Alive di Patrick Hernandez.
Si è inoltre esibito in una performance di “Supernature” con Cerrone alla cerimonia finale di Parigi 2024 all’Arco di Trionfo, sabato 14 settembre.

HOPECORE inaugura una nuova era dopo l’opera epica di 20 brani PARANOÏA, ANGELS, TRUE LOVE (2023) e il precedente album Redcar les adorables étoiles (2022).

Questa la tracklist di HOPECORE:

  1. FORGIVE 8888888
  2. ELEVATE
  3. INS8DE OF ME
  4. DEEP HOLES
  5. RED BIRDMAN EMERGENCY
  6. OPERA – I UNDERSTAND
  7. MANUELA DANSE

#MUSICANUOVA: Epoca22, “IBIS REDIBIS”

#MUSICANUOVA: Epoca22, “IBIS REDIBIS”

“Ibis redibis” è una locuzione che la mitologia latina attribuisce alla Sibilla Cumana, “Ibis redibis non morieris in bello”, è la predizione “senza soluzione” che l’Oracolo lascia a un soldato romano, giunto fino all’antro della sacerdotessa per chiedere dell’esito della propria missione.
La frase, infatti, è ambigua e suggerisce una duplice interpretazione a seconda di dove venga collocata la virgola all’interno della sentenza (Ibis, redibis, non morieris in bello , “andrai, ritornerai, non morirai in guerra“, oppure Ibis, redibis non, morieris in bello, “andrai, non ritornerai, morirai in guerra).

Proprio su questa ambiguità gioca il nuovo singolo degli Epoca22, intitolato appunto IBIS REDIBIS, terzo estratto dall’album La Città Radiosa in uscita venerdì 11 ottobre 2024.

Come un flusso esoterico, un vortice ipnotico e violento, il brano alterna stasi, ripartenze, climax e variazioni, che rendono vivide le sculture sonore concepite dalla band.

Gli Epoca22 scardinano così i limiti di genere, portando rock, post punk e cantautorato su nuovi territori.

IBIS REDIBIS è una domanda e una risposta, una ricerca di vaticinio.

#MUSICANUOVA: Caspio, “Normali”

#MUSICANUOVA: Caspio, “Normali”

Non c’è nulla di male nella normalità, ma quella di cui Caspio parla in Normali è artificiosa, alienante. Una normalità che ci svuota del nostro tempo e di quello che siamo veramente, ci continua a chiedere sempre di più fino a sfinirci.

Non sappiamo perché inseguiamo questo tipo di normalità, perché scegliamo spontaneamente di conformarci a standard che forse non sentiamo davvero nostri.
Forse, semplicemente, lo facciamo “perché la gente ci guarda”.
E se quella gente non ci stesse davvero guardando e fosse proprio “normale” come noi?

Con questo brano, in pieno stile Pixies, Caspio anticipa il suo primo album in uscita in inverno con distribuzione Believe Music Italia.

#MUSICANUOVA: Marcello Gori, “Troppi (ok boomer)”

#MUSICANUOVA: Marcello Gori, “Troppi (ok boomer)”

Non una semplice canzone, ma un inno social-generazionale, dedicato a tutti i possibili “boomer” alle prese con il mondo di oggi, fra responsabilità e voglia di evadere, iper-competitività e social network, “apocalissi nucleari e problemi psicologici”.

Troppi (ok boomer), nuovo singolo di Marcello Gori, racconta l’alienazione in cui tutti siamo immersi, non avendo ancora compreso, della maggior parte delle cose del mondo, se ci ripugnano o ci affascinano.

Un brano in equilibrio fra la profondità della musica d’autore e la memorabilità di una canzone pop.

Troppi (ok boomer) è il primo singolo che anticipa il secondo album di Marcello Gori, Panorama umano.

St. Vincent, a novembre la versione in spagnolo di “All Born Screaming”

St. Vincent, a novembre la versione in spagnolo di “All Born Screaming”

Con una mossa tanto inedita quanto inaspettata, St. Vincent annuncia l’uscita di Todos Nacen Gritando, la versione in lingua spagnola dell’ultimo album All Born Screaming, pubblicato lo scorso aprile.

La nuova versione dell’album uscirà il 15 novembre tramite Total Pleasure Records in collaborazione con Virgin Music Group.


St. Vincent spiega l’ispirazione di Todos Nacen Gritando e come è stato raggiunto l’equilibrio tra l’accuratezza della traduzione e l’intensità della performance, con il prezioso aiuto di Alan Del Rio Ortiz:

“Le origini di Todos Nacen Gritando risalgono ad alcuni degli spettacoli più memorabili che abbia mai fatto, in Messico, in Sud America e recentemente al Primavera di Barcelona nel 2023. Anche se separati dal tempo e dalla geografia, e attraverso una gamma di ambienti e luoghi diversi, queste folle erano unite nella loro passione, cantando ogni parola di ogni canzone in perfetto inglese. È stato davvero stimolante. Alla fine mi sono chiesta: “Se loro possono cantare in una seconda o terza lingua, perché io non posso andare incontro a loro? Così ho arruolato il mio migliore amico e collaboratore Alan Del Rio Ortiz per lavorare alla traduzione di questi testi, modificando qua e là per motivi melodici, facendo ogni sforzo per rimanere fedeli alla canzone in questione senza sacrificare l’accuratezza. Dopo aver riscritto e cantato nuovamente ogni traccia vocale dell’album, il risultato è Todos Nacen Gritando, un lavoro d’amore e un tributo alle persone che lo hanno ispirato”.

L’uscita dell’album è preceduta da Hombre Roto, versione in lingua spagnola di Broken Man, già scelto come brano per anticipare l’uscita di All Born Screaming.

BITS-RECE: Gia Ford, “Transparent Things”. Oscure trasparenze

BITS-RECE: Gia Ford, “Transparent Things”. Oscure trasparenze

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Se sarà vera gloria ce lo dirà il futuro. Quel che è certo è che il nome di Gia Ford è una delle grandi promesse della nuova scena pop.

Dopo essersi fatta conoscere – e apprezzare – dalla stampa che conta con una manciata di singoli, l’artista inglese arriva ora alla pubblicazione dell’album d’esordio, Transparent Things, un lavoro che ha tutte le carte in regola per portare il suo nome all’attenzione del pubblico internazionale.

Quasi un concept album incentrato sul tema dell’emarginazione e dell’alienazione, il che è sufficiente a inquadrare il personaggio: con la sua aura ombrosa e crepuscolare, Gia Ford è la perfetta incarnazione dell’alt pop del nuovo millennio, per quanto la sua comfort zone vada ben al di là dei confini del pop.

Impossibile infatti non scorgere nel suo DNA l’eredità dei Portishead o di PJ Harvey, così come le atmosfere dei Garbage (provate a chiudere gli occhi, e ditemi se nella sua voce non ritrovate Shirley Manson…) e di una certa scena anni ’90, il che avvicina volentieri le sonorità dei suoi brani all’indie e al rock.

Sonorità ibride e dark, proprio come Gia Ford, misterioso angelo dalle ali tinte di nero, creatura ancora da scoprire.

Transparent Things è un album che si scioglie traccia dopo traccia, è un incantesimo dolce e ammaliatore.

A noi non resta che lasciarci sedurre, e scommettiamo che funzionerà.

 

#MUSICANUOVA: Pugni, “Foglie morte”

#MUSICANUOVA: Pugni, “Foglie morte”

“L’autunno è solo una primavera
con le foglie morte”

Dopo Orchestra di silenzi,  Spigoli e Falco Ubriaco, Pugni torna con Foglie morte, quarta anticipazione dell’album d’esordio in uscita l’11 ottobre.

Una canzone per fuggire dai nostri autunni più difficili, quelli interiori, dall’immobilismo del tempo, dal vortice di nulla che a volte sembra risucchiarci.

In Foglie Morte Pugni riflette sulla ciclicità dell’esistenza, sull’importanza del saper ripartire da zero anche quando sembrano non esserci prospettive, trovando il coraggio di affrontare i momenti e i sentimenti negativi e anzi facendone anche una risorsa.

“Le foglie morte in autunno si depositano sulle radici dell’albero da cui sono cadute, marciscono e fanno da concime all’albero stesso, permettendogli di crescere più forte di prima. Racconta Pugni. Questa canzone nasce proprio da questa riflessione ed è un invito a fare come gli alberi, capaci di fiorire ancora più rigogliosi in primavera proprio grazie a ciò che hanno perso durante l’autunno.”

Le emozioni sono cicliche, come le stagioni, e quindi nessun autunno è per sempre.

Pugni presenterà il suo disco d’esordio in un release party l’11 ottobre a OFF TOPIC a Torino. Biglietti qui

Stasera non vorresti esistere

Sulle stesse righe da tre ore

E non la guardi la televisione

E la musica è troppo rumore

sei solo stanco o forse debole?

sei strano o sei super sensibile?

ti tocca tutto, l’allegro chirurgo

di un cuore di lacrime

ma puoi stare tranquillo

è questione di tempo

se sta arrivando freddo

l’autunno è solo una primavera

con le foglie morte

con le foglie morte

l’autunno è solo una primavera

con le foglie morte

con le foglie morte

ripensi così tanto al passato

che hai fatto il giro e parli dal futuro

una voce all’orecchio

ci sei tu da bimbo

ti spiega perché

l’autunno è solo una primavera

l’autunno è solo una primavera

con le foglie morte

con le foglie morte

l’autunno è solo una primavera

con le foglie morte

con le foglie morte

BITS-RECE: Lady Blackbird, “Slang Spirituals”. Fino in fondo all’anima

BITS-RECE: Lady Blackbird, “Slang Spirituals”. Fino in fondo all’anima

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.

Se non credete all’adagio secondo cui ciò che non uccide fortifica, dovete ascoltare il nuovo lavoro di Lady Blackbird.

Si intitola Slang Spirituals, e anche se non siete avvezzi al soul e al gospel, vi farà vibrare le corde dell’anima.

Una volta entrata nell’adolescenza, ho iniziato a capire che la religione era qualcosa che mi veniva imposto e non mi è mai sembrata giusta”, racconta l’artista originaria del Nuovo Messico a proposito dei suoi anni giovanili trascorsi con la famiglia d’origine. “Quando ho iniziato a sviluppare la mia identità di donna lesbica, mi sono sentita giudicata, mi sono sentita un’emarginata ed etichettata come una peccatrice. Questo seppelliva chi ero veramente e avevo bisogno di trovare una via d’uscita”.

Quella via d’uscita, naturalmente, è stata la musica.

Dopo il disco d’esordio Black Acid Soul, che le ha fatto guadagnare l’attenzione e l’apprezzamento della critica internazionale, Lady Blackbird torna adesso con un lavoro potente, monumentale, vibrante, sorretto dal confortante abbraccio di una voce accogliente e raggiante, capace di trasportare emozioni in ogni singola nota.

Un voce dal potere consolatorio.

Ogni traccia dell’album è un frammento di vita, il racconto delle lacrime spese, o della celebrazione dell’amore, o della rivendicazione di una ritrovata consapevolezza di sé.
Le radici di Lady Blackbird scavano a fondo nel terreno del soul, del gospel e del jazz, ma qui non mancano divagazioni verso la psichedelia (in When The Game Is Played On You, un pezzo di oltre 7 minuti) o verso la ruvidezza del blues, come nella conclusiva Whatever His Name, con i suoi 8 minuti e mezzo. E se il gospel è tradizionalmente legato al messaggio cristiano, Lady Blackbird ne fa quasi il veicolo di una religione personale, quella di una donna che ha rischiato di perdersi e si è ritrovata.

Slang Spirituals è un’apoteosi della voce dell’anima, un manifesto di libertà e di orgoglio umano. Un disco di fronte al quale è semplicemente impossibile non provare il classico brivido alla schiena che sentiamo davanti alle cose belle.

Ognuno, ascoltandolo, troverà in Slang Spirituals la “propria” traccia, quel brano che più degli altri punta dritto al cuore e offre riparo all’anima. Dall’apertura decisamente “uplifting” di Let Not (Your Heart Be Troubled) e Like A Woman, passando per le suggestioni lunari Man on the Boat, e giù fino all’intensa e magnifica No One Can Love (Like You Do).
Quando poi il canto di Lady Blackbird ci accarezza su Someday We’ll Be Free è impossibile non fidarsi di quella promessa.

Se mai vi siete chiesti perché il soul si chiami così, questo disco ve ne darà una nitidissima dimostrazione.

Un giorno tutto questo dolore ti sarà utile, ha scritto qualcuno. Se il risultato è un album così, c’è davvero da crederci.