BITS-RECE: Alda, “Nel margine”. Vuoi venire nel buio con me?
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Sono 7 brani affilatissimi a dare forma al mosaico sonoro di Nel margine, primo album di Alda Nebiu, in arte semplicemente Alda.
7 brani avvolti da atmosfere cupe, foschissime, gelide, tra barre hip hop e urban crude e crudeli e tappeti sonori imbastiti di elettronica, ma in cui non mancano neppure soluzioni originali, come il reggaeton di Mamma, lontanissimo dalle suggestioni solari e vacanziere a cui il genere ci ha troppo abituati.
Nonostante sia al suo debutto discografico – se si escludono un EP e i singoli rilasciati negli anni scorsi – la ragazza sembra avere le idee piuttosto chiare in testa su ciò che l’ha spinta a raccontare sé stessa nelle canzoni e su ciò che vuole comunicare con la sua musica. A cominciare dall’immagine scelta per la copertina dell’album: “Ho scelto l’elemento del ponte, perché il ponte è il contrario del muro. Il ponte è un confine che unisce, anziché dividere. È un luogo di flusso, un luogo sospeso che viene attraversato.”
E riguardo al titolo aggiunge: “Vivere nel margine significa certamente ritrovarsi in una posizione scomoda, ma allo stesso tempo è una posizione che ti permette di osservare le cose da svariati punti di vista. Stare nel margine vuol dire avere la possibilità di vedere quello che succede all’esterno, e contemporaneamente quello che succede verso l’interno.”
Quelli raccontati da Alda sono tasselli della storia di una ragazza che si è da sempre sentita diversa, fuori posto, emarginata.
Ossessioni, ansie, tachicardie, paure, atteggiamenti di autodifesa, conflitti interiori tra ciò che si è e ciò che si può e che si deve mostrare agli altri sono i sentimenti che animano le sue canzoni: “È strano quando le emozioni ti attraversano. Spesso mi capita di provare delle sensazioni così intense da annullarsi. Le persone come me o parlano troppo, o non parlano proprio. Quando passi da un estremo all’altro fai fatica a trovare un luogo sicuro.”
E giunta al bivio tra tacere o far sentire la propria voce, Alda sembra aver scelto questa seconda strada, trovando nella musica il canale adatto per mostrare agli altri il proprio mondo interiore.
A dimostrarlo è anche la sua scrittura, fatta di parole che difficilmente cedono al compromesso e che trascinano in un’atmosfera claustrofobica e opprimente, ottenuta anche attraverso ripetizioni ossessive di parti del testo.
Se queste sono le premesse, c’è di che ben sperare per il futuro.
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