BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Una copertina completamente nera, senza alcuna indicazione di titolo e autore. In questa veste Gesaffelstein propone al pubblico il suo ultimo lavoro, Hyperion, che arriva a ben 5 anni dal precedente Aleph. E facendo scorrere le tracce del disco forse è chiaro che veste più adatta non poteva esserci.
Hyperion è infatti un lavoro scurissimo, notturno, fatto di un elettronica di impronta decisamente dark: un album che a tratti assume quasi la forma di una tenebrosa epopea dove i protagonisti sono i soli sintetizzatori, talvolta accompagnati dalle voci di featuring di primo livello: il funk di Pharrell Williams si nasconde tra le note di Blast Off, mentre The Weeknd dà il suo contributo in Lost in the Fire, l’episodio dell’album dove arriva qualche raggio di luce in più. Eteree le partecipazioni delle sorelle Haim in So Bad e di Electric Youth e The Hacker in Forever, dove ci si avvicina di più ai confini dell’elettropop.
La coda dell’album è affidata a un fosco terzetto di tracce: si parte con la claustrofobica Vortex, sospesa tra cupe vertigini trance, per passare poi alle solfuree esalazioni sintetiche di Memora. A chiudere è Humanity Gone, più una traccia una vera e propria suite di elettronica di oltre 10 minuti, spalmata tra sacralità (l’incipit con il suono dell’organo suona come l’avvio di un altisonante commiato) ed epica desolante. Un “de profundis” senza parole di una tragedia ormai compiuta, o comunque inevitabile: quella umana.
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