BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.


Emiliano Merlin è il nome e la mente che si nasconde dietro al progetto unòrsominòre. (scritto esattamente così, con gli accenti e il punto finale). Musicista – e ricercatore di astronomia – veronese trasferitosi a Roma, dopo l’esordio con La vita agra nel 2012, nell’aprile 2017 ha pubblicato due nuovi lavori in contemporanea (a offerta libera su bandcamp nell’edizione digitale), l’album Una valle che brucia e l’EP Analisi logica. Due lavori che dovevano necessariamente restare separati vista la netta differenza di suoni e intenzioni che li caratterizza. Una differenza che, almeno nel mio caso, si porta dietro anche una netta distinzione di giudizio. Quanto l’album è sovraccarico di emozioni, tanto l’EP suona vuoto e pretestuoso.

E proprio da qui voglio partire. Le tre tracce di Analisi logica seguono quella ruvida natura indie rock che non sono mai riuscito a digerire, ma ancora di più quello che non riesco a digerire è la lezioncina morale – l’ennesima – che un cantautore si sente in diritto e dovere di rovesciare su di noi, povero popolo troppo impegnato tra selfie e aperitivi per capire come gira davvero il mondo. Un testo come quello di O tempora, il pezzo di apertura, pur con tutto il sarcasmo, suona come una versione riveduta, corretta e inacidita dell’Avvelenata di gucciniana memoria, con la differenza che in quel caso eravamo davanti a un testo e a un’intenzione di ben altra levatura, e soprattutto non c’era – o almeno non ci ho mai percepito – la voglia dell’autore di porsi su un livello più alto, ma semplicemente l’amara dichiarazione di non essere parte di un certo tipo di circo umano. Anzi, Guccini se la prendeva con quella frangia di critica seriosa di cui il nostro unòrsominòre. sembra proprio far parte. Là c’era il bersaglio della politica, qui di Instagram. E va beh, segno dei tempi. Apprezzabili comunque le numerose variazioni ritmiche della base, realizzate in un certosino lavoro di copia-e-incolla di sequenze.
Suonano meno retorici i due pezzi successivi, Épater le bourgeois e pezzali, che non riescono comunque a rendere veramente interessante il disco.
unòrsominòre. 3 (foto Michele Bergamini)
Come dicevo però, a fronte di un EP liquidabile, unòrsominòre. regala meraviglie con quello che un tempo si sarebbe chiamato LP, cioè l’album vero e proprio, Una valle che brucia. Undici tracce partorite da un lunghissimo e densissimo flusso di coscienza, musicalmente sospese tra chitarre e sintetizzatori.
Una valle che brucia è un disco inquieto, tormentato e spietato, capace di metterti a disagio nel suo essere nudo e sincero. Le riflessioni dei testi passano dalle considerazioni sulla presenza o assenza di Dio, ai gesti eroici di chi ha offerto la propria vita per il prossimo, fino a scontrarsi con la tragedia odierna dei migranti. Anche qui, non mancano episodi di critica sociale nell’era del web e dei tuttologi (Fare bene / Fare meglio).
Amaramente disillusa la preghiera atea di Hubris o Preghiera senza dio, violentissima e vivida la denuncia di Mattatoio, che si scaglia sull’uccisione degli animali per scopi alimentari. Dappertutto regna una tensione emotiva greve, plumbea e quasi liturgica, sulla quale si scolpiscono come diaspro testi densissimi.

Il capolavoro, unòrsominòre. lo realizza con Varsavia, brano ermetico e dall’atmosfera disagiante, grondante di riferimenti storici e letterari. Un monolite cantautorale ingombrante e apocalittico, nero e deserto come un campo di lava rafferma.

L’edizione fisica dei due lavori, disponibile su ordinazione via mail, consiste in una bustina di cartoncino riciclato, contenente i due cd, fotografie, e un codice per downloadare alcuni contenuti speciali (una raccolta di foto delle sedute di registrazione del disco, un libretto con i testi delle canzoni stampato nel formato degli articoli scientifici, con tanto di note a fondo pagina, e una versione alternativa di una delle canzoni del disco).

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