Brillare, sprofondare, quasi morire per poi risorgere. È stata questa la storia di Kesha.
Le sue vicende legali e personali sono finite sulle pagine di tutti i giornali, oltre che in tribunale: per anni l’artista non ha potuto pubblicare nuova musica a causa di vincoli burocratici che la legavano all’ex produttore Dr. Luke, da cui l’artista voleva allontanarsi dopo aver subito violenze sessuali e psicologiche.
Dopo lunghe traversie legali e periodi trascorsi in cliniche di rehab a causa della depressione, la vicenda si è finalmente risolta e Kesha ha potuto far ritorno alla musica.
Il come back ufficiale lo fa ora Praying. Messo (momentaneamente?) da parte l’elettropop glitterato che l’aveva fatta conoscere al pubblico, Kesha si ripresenta con un brano dalle influenze orchestrali e quasi soul, che vede anche la firma di Ryan Lewis.
Ad accompagnare il singolo, un video diretto da Jonas Akerlund che riassume il significato di questo brano e di questo ritorno dopo il lungo periodo buio.
Kesha ha inoltre spiegato il senso profondo del nuovo singolo e del suo messaggio in una lettera pubblicata sul sito Lenny Letter.
L’11 agosto è invece prevista l’uscita in digitale di Rainbow, il nuovo album, a cinque dal precedente Warrior. Trai nomi coinvolti, i Dap-Kings, che suoneranno i fiati nella title track, gli Eagles Of Death Metal e Dolly Parton, che rilegge assieme a Kesha Old Flames Can’t Hold A Candle To You, successo country degli anni ’80 alla cui scrittura aveva preso parte anche la madre di Kesha.
Insomma, al di là di tutto, questo è sicuramente uno di quei casi in cui il ritorno di un artista fa particolarmente piacere.
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