Mario Biondi b
Lo dico subito, senza esitazioni: Mario Biondi non è bravo. Mario Biondi è un figo. Ma un figo vero, naturale, di quelli che non devono sforzarsi per esserlo, forse perché hanno la “fighezza” che gli scorre nelle vene al posto del sangue. Non ci può fare niente, lo è e basta.

Mario Biondi sale sul palco e lo fa suo, e tu che sei lì davanti non puoi che restare ipnotizzato a guardarlo, provando un entusiasmo che probabilmente è solo una parte infinitesima di quello che prova lui, perché a Mario Biondi stare sul palco di un concerto deve piacere proprio tanto. Ma tanto tanto!

Sono già passati dieci anni da quando il suo nome ha iniziato a circolare tra il grande pubblico con l’album Handful Of Soul, anche se lui cantava già da tempo.
Questo anniversario lo ha festeggiato a novembre con la raccolta Best Of Soul, e adesso con un a serie di concerti in cui ripercorre questo decennio dorato, partendo dalla fortunata This Is What You Are fino a oggi. Ho assistito al primo dei due live in programma al Teatro degli Arcimboldi di Milano, e dal momento che in precedenza non l’avevo mai visto dal vivo, la domanda che mi sono fatto è stata perché diavolo mi fosse sempre lasciato sfuggire l’occasione.
Locandina_Best Of Soul Tour b
Quando è al centro della scena, Biondi seduce, balla, ancheggia, gigioneggia, scherza, e poi ovviamente canta, uh se canta!, accarezzando con uguale naturalezza soul, pop, echi di bossanova, disco music.
Di solito quando si parla di lui, uno dei primi paragoni che vengono mossi – anche per il timbro molto simile – è quello con Barry White, che tutti chiamavano il leone del soul. Ecco, se dovessi associare un animale a Mario Biondi, più che al leone io pensieri a un gattone, al Maine Coon per l’esattezza, che ti guarda sornione, ti strizza gli occhi, ti allunga le sue zampe felpate, conquistandoti senza scomporsi. E ti fa le fusa con una voce nerissima e profondissima.
Due ore abbondanti di concerto volate via in uno schiocco di dita, senza cali di tensione o di stanchezza. Musica, musica, musica, ricordando anche maestri e mentori, come Al Jarreau e Burt Bacharach. Roba che quando ti alzi dalla poltroncina hai la frenesia in corpo e vorresti ricominciasse tutto daccapo.

Menzione speciale per Serena Brancale e Serena Carman, le due vocalist che affiancano Biondi sul palco: ragazzi, che voci!!

Non si diventa soulman, ci si nasce nasce. E Mario Biondi, modestamente e indiscutibilmente, lo nacque.

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