BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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È bello vedere che almeno gli tanto anche il mondo del tanto vituperato mainstream riesce a offrire qualcosa che, nell’ambito del pop al femminile, non abbia proprio lo stesso livello glicemico della media.
Prendere per esempio il caso di Melanie Martinez. Classe 1995, originaria di Porto Rico, nel 2012 ha partecipato all’edizione americana di The Voice, ritrovandosi sotto la protezione di Adam Levine. Una volta fuori, andando contro ciò che la più lineare logica di mercato avrebbe previsto, si è presa un bel po’ di tempo per lavorare al suo primo progetto discografico, l’EP Dollhouse, che infatti è stato pubblicato solo nel 2014. Già in quelle prime quattro tracce, la ragazza mostrava gli elementi che avrebbero poi caratterizzato il suo primo vero album, vale a dire un concept incentrato sullo stridente contrasto tra la smagliante apparenza e le crepe della realtà nella vita di una qualsiasi famiglia benpensante, il tutto immerso in un’atmosfera quasi favolistica pullulata di bambole e ninnoli.
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Un tema nuovamente è più ampiamente affrontato in Cry Baby, l’album di debutto. La storia che Melanie vuole raccontare è quella di una bambina – chiamata proprio come l’album – che non riesce a trovare il suo posto nella realtà che le sta intorno, gli amichetti di scuola non la comprendono e non la accettano, lei è la diversa, l’esclusa. Lei è un freak. Un racconto portato avanti con un pop in cui non si fanno mancare influenze hip hop e di un certo cantautorato, ma che soprattutto procede sotto luci dai colori non sempre rassicuranti. Il rosa confetto si muta in viola, l’azzurro diventa petrolio. E i sorrisi si incupiscono.
La storia della protagonista passa anche attraverso problemi famigliari e delusioni di cuore. Una favole a tinte noir, priva della candida innocenza che caratterizza di solite le piccole eroine. Cry Baby viene esclusa e soffre, ma si costruisce il lieto fine nel suo colorato mondo di bambole, ritrovando la sicurezza solo in se stessa.
Incarnando perfettamente anche nell’aspetto il personaggio da lei creato, Melanie Martinez ci si presenta come la ragazzina triste del pop, quella che dallo stile musicale più zuccheroso che ci sia sa trarre ombre.
È non è certo un caso che scorrendo le tracce dell’album vi siano momenti in cui torna spaventosamente alla mente Lana Del Rey, la più triste delle popstar, quella che usava il pop per ricordarci che siamo tutti destinati a morire.
Melanie Martinez non arriva a tanto, ma ci vedere che anche il pop sa piangere, e quando lo fa potrebbe persino essere bellissimo da ascoltare.

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